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Autore: SunlitDays    19/02/2011    6 recensioni
Essere padre non è come Harry aveva immaginato
Vincitrice del premio Miglior Protagonista Femminile al contest Red Carpet - Notti Magiche
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Autrice: SunlitDays (terachan)
Beta: Silice
Title: Love is Us
Ship: Harry/Ginny
Rating: arancione
Summary: essere padre non è come Harry aveva immaginato.
N/A: questa fic è nata in inglese e, se siete interessati, potete trovarla qui, ma ci tengo a precisare che questa storia non è una traduzione, sia la versione italiana che quella inglese sono mie.

Edit: La Ginny della mia storia ha vinto il premio di Miglior Protagonista Femminile al contest Red Carpet - Notti Magiche per "... aver dato forza e spessore a un personaggio che nei libri risulta marginale e per avergli reso giustizia e ridato dignità agli occhi dei fanreader... ". Un milione di grazie alle giudici.

Se Harry non avesse saputo in che condizioni si trovasse casa sua nell'ultimo periodo, appena entrato avrebbe tirato fuori la bacchetta. Era tutto in disordine; giocattoli sparsi dappertutto, piatti ancora sporchi nel lavello. Un uragano non avrebbe potuto fare un lavoro migliore. Perciò, si limitò a sospirare e ad agitare la bacchetta per cercare di far sembrare il posto vivibile. Piatti incantati cominciarono a ronzare di vita, giocattoli tornarono al loro posto e - era sangue quello? Preoccupato, salì le scale alla ricerca di Ginny e suo figlio. Di sicuro James era di nuovo caduto sbucciandosi il ginocchio. A metà scalinata, cominciò a sentire il pianto di suo figlio. Harry sospirò di nuovo. Era una di quelle giornate.

Come previsto, trovò James piagnucolante seduto sul bordo della vasca da bagno e Ginny in ginocchio che gli disinfettava la ferita. "Tutto a posto?" chiese. Sentendo la voce di suo padre, James pianse più forte. Aveva imparato da tempo che, tra i due genitori, Harry era quello dal cuore più tenero, quello che cedeva facilmente ad ogni suo capriccio. Ginny sbuffò. Era in vestaglia, i capelli scompigliati e tracce di trucco sciolto le macchiavano il viso.
"E' caduto dall'altalena in giardino. Te l'avevo detto che non dovevamo comprargliela. Posso dirgli di non andare troppo in alto un migliaio di volte, ma lui mi ascolta? Nooo". Il suo tono di voce era teso. Harry drizzò le spalle. Era davvero una di quelle giornate.

Si avvicinò a suo figlio e lo prese in braccio per consolarlo. James nascose il faccino nel suo collo e singhiozzò. "Mi fa-fa male" gemette.

"Tesoro", gli rispose Harry, "quante volte ti ho detto di dar ascolto a tua madre? Su, su, adesso passa. Amore", aggiunse rivolto a Ginny "devo fare la doccia, sono distrutto. Puoi pensarci tu?"

Ginny si alzò, stizzita, prese tra le sue braccia il bambino e uscì dal bagno. Harry li guardò andar via. Una voce nella sua testa gli diceva di aiutare Ginny, ma il mal di testa e la spossatezza ebbero il sopravvento.

Affamato e stanco, dopo la doccia Harry entrò in cucina. Un piatto caldo lo aspettava sul tavolo, la cucina era tornata immacolata. Ginny si trovava in un angolo, un mucchio di vestiti appena lavati la circondavano. Oziosamente, agitava la bacchetta piegandoli e accatastandoli l'uno sull'altro ordinatamente. Il suo sguardo era smunto stanco e vuoto. Harry le si avvicinò per darle un bacio di saluto in ritardo, lei girò la testa, così che le sue labbra trovarono la sua guancia, invece.
"Sei nervosa?" le chiese.

"Stanca", rispose concisa.

"E' stata proprio una giornata dura. Non siamo vicini a risolvere il caso come non siamo vicini a inventare le bacchette auto-incantanti". Ginny emise un verso indistinto.

Cedendo alla fame, Harry si sedette a tavola e cominciò a mangiare. "E' un po’ salato" le disse, tanto per rompere il silenzio.

"Oh, chiedo perdono a messere Harry Potter se la sua cena non è perfetta. E' appena tornato dal suo faticoso lavoro e la sua ingrata moglie gli offre un piatto salato. Che non si ripeta mai più", disse, con un tono fortemente sarcastico.

"Ho solo fatto una constatazione, non volevo dire-", ma sua moglie lo interruppe, la voce non più sarcastica.

"So bene cosa volevi dire. Volevi dire che sei stanco e che torni a casa trovandola un porcile, con un bambino che piange perché tu l'hai viziato e la cena non di tuo gradimento perché non sono brava come mia madre. Beh, mio caro, qui non sei il solo a lavorare. Stanotte non ho dormito perché tuo figlio ha deciso di passare la notte in bianco e non ho avuto il tempo di fare il bucato perché tuo figlio non si è fermato un attimo e la cena è salata perché non ho la capacità di pensare a più cose contemporaneamente". Disse, la voce che si alzava ad ogni sillaba.

"Non urlare" le rispose Harry, non avendo per nulla voglia di litigare, troppo stanco anche per ascoltarla, "Sveglierai James e-", di nuovo, Ginny non lo lasciò finire.
"E cosa? Tanto sarò io a restare sveglia ancora un'altra notte, perché il signorino deve lavorare domattina e ha bisogno di riposo. Non io, io non lavoro, sono solo una schiava-"

"Adesso basta Ginny! Fai così solo perché non riesci ancora ad accettare il fatto che hai dovuto abbandonare il Quidditch prima del previsto. Ho solo fatto una constatazione. Non farne un dramma come tuo solito. E non ho mai detto che tu non fai nulla. Lo so-"

"Il mio solito! Adesso sono una moglie pignola, una che non si accontenta mai-"

"Non ho detto questo-"

“Dimmi, Harry, quando è stata l’ultima volta che hai passato del tempo con me e James?” chiese, la voce gelida.

Harry non aveva risposta per questa domanda.

"Preparatela da solo la cena, domani, e dato che ci siamo, se riesci a trovare delle lenzuola pulite, preparati anche il divano. Perché è lì che dormi, stanotte. Io vado a letto"

Marciò fuori dalla cucina, lasciando Harry sconsolato e arrabbiato con un piatto salato e ora freddo che non aveva più voglia di mangiare.

~~~~~


Quando la mattina dopo Harry si svegliò, di malumore e con la schiena intirizzita dolorante per aver dormito sullo scomodo divano, la casa era silenziosa. Salì in camera sua per cercare dei vestiti puliti e trovò Ginny e James che dormivano abbracciati. Era sempre così, ultimamente. James aveva ormai preso il suo posto. La stanza era in un caos tremendo. Ginny doveva aver passato un'altra notte in bianco e, a giudicare dai giocattoli sparsi sul letto e sul pavimento, a intrattenere James perché non piangesse. Sentì una morsa di colpa allo stomaco. Che diritto aveva di lamentarsi per il mal di schiena, quando Ginny non riusciva mai a dormire? Ma immediatamente mise da parte il sentimento. Non era colpa sua se tornava stanco da lavoro. Quello che faceva era importante. C’erano dei bambini coinvolti. Sospirando, si preparò per una nuova giornata di lavoro.

Se il litigio con sua moglie e il mal di schiena non avessero contribuito abbastanza al suo malumore, di sicuro la ramanzina ricevuta dal suo capo avrebbe completato la sua giornata. Non era colpa sua se la lentezza del protocollo lo aveva costretto a entrare in azione e a disobbedire agli ordini per l'ennesima volta. Aveva trovato il Mago Oscuro che si divertiva a fare esperimenti sui bambini e non aveva avuto alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire in attesa di un foglio di pergamena. E non era vero che lui non aveva rispetto per le autorità. A volte Robards gli ricordava fin troppo Snape. Come se non bastasse, aveva avuto un battibecco con Ron. E non accadevano mai cose buone quando Harry litigava con Ron.

Non c’era da stupirsi, quindi, se, quando Harry tornò a casa quella sera, sperasse di trovare la scena che aveva sognato il giorno che Ginny gli aveva detto di aspettare un bambino: sua moglie sorridente, che lo accoglieva con un bacio e una cena calda sul tavolo e suo figlio che gli correva incontro, allegro, ma abbastanza stanco da addormentarsi di lì a un’ora. Invece, trovò qualcosa di inaspettato. Non che la casa fosse in ordine, ma era troppo silenziosa. Un biglietto sul tavolo lo informava che James era malato, che lui e Ginny si trovavano dai nonni e che la cena era in frigo.

Harry fece un pausa, combattuto. Voleva davvero controllare che suo figlio non avesse nulla di grave, ma era stanco e irritabile, e, sul serio, che differenza avrebbe fatto la sua presenza? Così, dopo un veloce incantesimo di Riscaldamento, mangiò e, nemmeno un’ora dopo, dormiva.

Dei suoni attutiti lo svegliarono poche ore dopo. Girandosi, vide Ginny seduta sul letto che cullava James. Dovevano essere tornati mentre dormiva. Provò un moto di irritazione. Doveva dormire. Il giorno dopo avrebbe interrogato il Mago Oscuro per scoprire dove aveva nascosto i bambini e per fare ciò doveva essere vigile. Costantemente. Perché non poteva avere un figlio come Teddy, che si addormentava ovunque, o come Victoire, sempre dolce e tranquilla?

Si girò dall'altra parte e strinse gli occhi. No, essere padre non era come aveva immaginato.

~~~~~


Come ogni mattina, quando Harry si svegliò, Ginny e James dormivano. E, come ogni mattina, era duro. Come gli mancavano i giorni in cui lui e Ginny potevano fare l'amore dolcemente e lentamente, prima di salutarsi. Dovevano essere passati almeno due mesi dall'ultima scopata, se non contavi la sveltina nel giardino della Tana, mentre James era occupato a giocare con Victoire. Sospirando, si rassegnò ad un'ennesima sega sotto la doccia.

Bagnato e infreddolito, dopo una breve e per nulla soddisfacente doccia, Harry si mise alla ricerca di un calzino. Cercò dappertutto, in ogni cassetto, nell'armadio, sotto il letto... dove diavolo era finito quel calzino? Sospirò per la seconda volta e, chiedendosi quanti sospiri gli mancassero prima della fine della giornata, decise che se non avesse svegliato Ginny, non sarebbe mai arrivato a lavoro in tempo.

"Ginny", disse a bassa voce, attento a non svegliare James, "Ginny, non trovo il calzino", le scosse leggermente la spalla e Ginny scattò seduta.

"Cos..." disse, gli occhi che scattavano subito sulla forma dormiente di James.

"Shh, tranquilla, ma non trovo il suo compagno", le disse, alzando il calzino solitario. Ginny si strofinò gli occhi, ancora stordita, e disse, "E' nel cassetto" e ricadde sul letto.

"Ho visto ma non c'è", le rispose.

"Mettiti degli altri", strascicò.

"Non ne è rimasto nemmeno un paio pulito", disse Harry, impaziente.

Ginny sbuffò, si girò e lo guardò con occhi arrossati, i capelli arruffati. La sua espressione sembrava più disperata che arrabbiata.

"Allora lavateli e lasciaci dormire", disse. Harry non disse nulla perché, anche se non era sua abitudine, sembrava che Ginny stesse per piangere.

~~~~~


Sotto il cielo nuvoloso, la landa sembrava un posto tetro e solitario, chilometri e chilometri di terra arida, non un albero, ciuffi d'erbaccia che crescevano qua e là, il tutto aveva un aspetto sinistro.

E' perfetto, pensò Harry. Perfetto per il suo umore e per la scena a cui aveva appena assistito. Se ne stava in piedi, a pochi metri dalla baracca abbandonata, a fissare l'orizzonte di questo territorio sabbioso, gli occhi spalancati. Se li avesse chiusi, avrebbe rivisto il corpo martoriato di una donna, la bocca spalancata per un ultimo urlo, le braccia tese di una madre il cui ultimo gesto era stato proteggere suo figlio. Come sua madre... solo che, questa volta, nemmeno l'amore materno era riuscito a salvare il bambino.

Capelli biondi macchiati di sangue, gli stessi occhi di sua madre...

Un uomo era seduto sulle scale d’ingresso. Poteva sentire il suo pianto disperato, l’agonia di un padre che aveva perso tutto.

Harry strinse le labbra per non vomitare.

Quando Davies aveva confessato di aver ucciso i cinque bambini scomparsi, svelando dove aveva nascosto i corpi, Harry aveva saputo subito che gli si presentava una situazione difficile. Quello che Harry non aveva previsto era scoprire che il piccolo Evan era stato vivo fino a un'ora prima, che aveva sofferto una morte lenta e dolorosa, tra le braccia della madre defunta.

Mentre Harry interrogava il bastardo, Evan probabilmente giaceva in una pozza di sangue sussurrando il nome di sua madre e chiedendosi perché il suo papà non tornava a casa a salvarli.

Mentre Harry aspettava che la burocrazia facesse il suo corso e di ricevere l'ordine di entrare in azione, Evan moriva.

Perse la battaglia con il suo stomaco e vomitò.

Una mano sulla spalla lo riscosse, "Stai bene, Harry?", Ron lo guardava con sguardo simpatico. Dopo anni di amicizia, non aveva bisogno di chiedergli cosa lo turbasse. Anche lui era un po' cinereo, ma evidentemente era più forte di Harry in questi casi.

"Hai bisogno di qualcosa?"

"Voglio solo tornare dalla mia famiglia", rispose, e si accorse di quanto fosse vero.

Ron annuì, comprensivo. "Raduno tutti e partiamo subito alla ricerca degli altri bambini."

Si guardarono per un lungo istante, poi spostarono lo sguardo contemporaneamente, imbarazzati.

"Bene. Dì alla squadra che li vedrò fra un mese. Mi prendo una vacanza". rispose Harry.

Ron annuì e senza aggiungere altro, si allontanò.

~~~~~


Un paio di ore dopo, Harry poté ammettere che era stata una soddisfazione dire a Robards dove doveva ficcarsi il suo protocollo.

Entrando in casa, l'unico suo desiderio era vedere sua moglie e suo figlio. E non importava se la casa era un disastro, non importava se James avesse fatto i capricci, non importava se Ginny era di malumore. Voleva solo vedere i loro visi.

Il solito uragano doveva esser passato in cucina e Harry si guardò intorno, incantato, a dispetto di tutto. La presenza di Ginny e James era ovunque, nelle riviste di Quidditch, nella bacchetta giocattolo, nella tazza di tè vuota, nelle macchie di pappina sul tavolo e sul pavimento.

Entrò in salotto, le dita che si contraevano dalla voglia di toccarli, gli occhi che saettavano in ogni angolo dalla brama di vederli. Erano entrambi sul divano, un libro fra di loro.
"-e da allora in quel regno mai più una strega o un mago furono perseguitati."

James emise una risatina deliziata, "Attra votta, attra votta", disse.

Ginny sospirò esausta, ma sorrise dolcemente all'espressione del bambino.

"D'accordo, ma solo una". concesse.

Harry entrò nel loro campo visivo, si fermò e non si mosse, voleva solo guardarli.

"Papà", James si liberò con estrema facilità dalle braccia di sua madre e raggiunse Harry. Gli si attaccò alla gamba e saltellò, allegro e per nulla stanco. Harry ne era grato.

Aveva le dita sporche d'inchiostro colorato e - quando era diventato così alto?

"Come è andata la giornata?", gli chiese Ginny.

Lui alzò lo sguardo e incontrò il suo. I suoi capelli rossi erano legati disordinatamente, ciuffi ribelli le cadevano sul viso, cerchi scuri incorniciavano i suoi occhi stanchi - quando era diventata così bella? Non era molto diversa, davvero. Ma c'era qualcosa, qualcosa che non era lì quella stessa mattina. O forse erano gli occhi di Harry ad essere cambiati?

"Come è andata la tua?", le chiese, non volendo parlare di bambini morti e di sangue, ed essendo davvero interessato alla risposta. "Come si sente James?"

Quando era stata l'ultima volta che lo aveva chiesto? Quando era stata l'ultima volta che aveva giocato con James e aveva abbracciato Ginny con affetto e non con l'intenzione di fare sesso? Sarebbe successo anche a loro? Un giorno si sarebbe seduto sui gradini d'ingresso a piangere e maledire il tempo che aveva perso?

"Oh, sta bene, era solo un po' di febbre", gli rispose Ginny. "Abbiamo passato una giornata come le altre".

Harry si chinò e prese in braccio suo figlio. "Perché non vai a fare un bagno caldo? Penso io a raccontare la storia a James e a metterlo a letto"

Ginny lo guardò interrogativamente, aprì la bocca per parlare, ma sembrò ripensarci. Annuì e si diresse in bagno.

"Papà, papà, 'contami Baba Laba e i Ceppo Gnignante" James sembrava fuori di sé dall'eccitazione.

E non c'è da stupirsi, pensò Harry, quando è stata l'ultima volta che gli ho letto una storia?

"Calma, peste, adesso te la racconto, ma prima andiamo nella tua stanzetta a mettere il pigiama".

Mentre leggeva, tra le tante interruzioni e domande di James, Harry si rese conto di quanto gli fossero mancati quei momenti, mentre giocavano a lanciarsi i cuscini e ridevano come non avevano riso da tempo, Harry ricordò che il giorno della nascita del bambino aveva promesso a se stesso che sarebbe stato il padre che non aveva mai avuto. Mentre James chiudeva gli occhi e si addormentava, Harry scoprì che no, essere padre non era come aveva immaginato, era molto meglio.

~~~~~


"Dorme?" gli chiese Ginny appena Harry entrò in camera. Era a letto, una rivista di Quidditch sul grembo, i capelli sparsi sul cuscino come tante lingue di fuoco.

"Come un angioletto. La battaglia con i cuscini lo ha stravolto". Si stese sul letto, al fianco di Ginny e affondò la mani nei suoi capelli. Aveva sempre adorato farlo. Lanciò dall'altra parte della stanza la rivista e la baciò dolcemente, mentre la mano scivolava sul suo fianco. Erano diventati più tondi dopo la nascita di James. Ginny se ne lamentava, ma Harry li trovava tremendamente sexy.

Si tirò indietro e la guardò.

"Ti amo", le disse.

"Si, lo so", rispose Ginny.

"No! Ti amo" enfatizzò.

Ginny ridacchiò, "Ho capito".

"No! Non hai capito. Ti amo"

"Harry", disse Ginny, guardandolo con quello sguardo duro e splendente che sembrava leggerlo dentro.

"Cosa è successo?"

Prese un respiro profondo, disperato, doveva capire.

"E' successo che ti amo. Io- tu e James siete la mia vita e mi dispiace - mi dispiace se non ti sono stato vicino, mi dispiace se ho perso tutti i progressi di James nell'ultimo periodo, mi dispiace se se-"

"Harry" disse Ginny e anche lei ora sembrava disperata. "Lo so!", girò il volto dall'altra parte per nascondergli le lacrime. Ma Harry le voltò il viso, voleva guardarla, anche le sue lacrime erano preziose.

“Dispiace anche a me. Mi sono comportata come una moglie brontolona e non ho tentato di capirti. So che stai lavorando su un caso di bambini scomparsi e so quanto ti tocchi il soggetto e-“

Harry la baciò. Non avevano bisogno di altre parole.

"Ricordami", disse, "ricordami questo momento quando mi comporterò da stronzo e trascurerò te e James".

"Te lo ricorderò. E tu ricordami di questo momento quando dimenticherò il motivo per cui ho sacrificato la mia carriera. Ti amo, Harry".

L'amore, quella notte, fu lento e passionale, frenetico e aggressivo, fu carezze e parole, lacrime e risate. L'amore, quella notte, fu solo Harry e Ginny.
   
 
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