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Autore: Thilwen    20/02/2011    2 recensioni
“La ragazza, una mano sul tronco, un piede pronto a spingersi avanti, si voltò a guardarlo con curiosità e astio. «E, sentiamo, perché tu dovresti essere più bravo di me?» gli chiese sgarbata.
Severus la fissò immobile, senza lasciar trasparire nessuna espressione dal suo volto. «Perché io lo faccio sempre» mentì con una freddezza impeccabile. «Sono abituato ad arrampicarmi sugli alberi».”
Lily e Severus. Due amici, un litigio e un piccolo gatto in cima a un albero.
E un premio, per l’Eroe.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Disclaimer: Harry Potter and co. appartengono a J.K. Rowling e  tutti coloro che ne detengono I diritti. Nulla di tutto ciò mi appartiene, né vi è alcuno scopo lucroso.

Beta: mise_keith;

Data: 5/12/2008

 

Note:*

Una storia senza pretese su due personaggi che amo molto. Uno in particolare, com’è ben noto.

Vuole anche essere una riflessione su di un preciso momento della pre-adolescenza e il conseguente sviluppo di determinati eventi e impulsi futuri. Diciamo che in piccolo riproduce il coraggio e il grande bisogno d’amore –e una potenziale ma introversa grande capacità d’amare- di quello che per me è il miglior personaggio della saga.

Buona lettura e ditemi la vostra.

 

Note**:

Chi ha letto sopra la data di creazione si sarà di certo accorto che questa fan fiction è stata scritta più di due anni fa e non è mai stata pubblicata.

Non so cosa mi abbia spinto a pubblicarla adesso, probabilmente la nostalgia, o la voglia di riprendere a scrivere. Comunque, visto che è stata scritta e ricorretta, perché avrebbe dovuto giacere ancora nel pc?

 

Ringraziamenti e dediche: A Chiara, mise_keith. L’ho sempre saputo, ma solo ora mi è chiaro quanto ella sia indispensabile per ogni cosa che faccio. Soprattutto scrivere.

 

E a Roberto. Nonostante odi Snape. Perché questo è il premio per il mio eroe.

 

 

 

Il premio dell’Eroe

 

«Me l’avevi già detto».

Sì. Gliel’aveva già detto.

Sussurrato, forse, come si fa con i segreti, appena spirato dal suo sorriso sottile, le guance rosse per l’eccitazione.

Ben poche cose, in fondo, non sono eccitanti a dodici anni.

Già quando gliel’aveva detto per la prima volta, un pesante fastidio si era depositato in fondo al suo stomaco.

Ma aveva fatto finta di nulla, quella volta, e aveva evitato l’argomento.

Fino a quel pomeriggio. Quando lei gliel’aveva trillato a un orecchio come dato di fatto, accompagnato con un grande sorriso smagliante.

Lily si appendeva con forza a una manica della sua giacca. I suoi capelli rossi erano stati ordinati in una treccia severa, qualche ora prima, ma adesso qualche ciocca le scivolava sul viso e alla base del collo.

Lo guardava affannata, gli occhi spalancati in attesa di una risposta entusiasta, aspettando di condividere quella gioiosa novità con lui.

«Allora?» reiterò. «Non pensi sia meraviglioso?»

Severus non lo pensava per niente. Non credeva che un viaggio di due settimane fra pietre antiche, sabbia sottile e inutili distese di mare e sole fosse una cosa così speciale.

Alzò le spalle, svincolandosi dalla presa della ragazzina.

«Se ti piace così tanto…»

Lei non lo guardò. L’espressione eccitata si cancellò dal suo volto bianco e rosa per lasciare posto a un’amara delusione. Chinò gli occhi verdi fino a fissarli sulla punta delle sue scarpe, mentre l’altro scontrosamente si allontanava di qualche passo.

«Beh» sbottò infine, la voce comunque ferma e vibrante d’orgoglio. «Io sono molto felice di partire con la mia famiglia per la Grecia. Mamma e papà desideravano da tanto tempo fare un viaggio simile. Sono sicura che mi divertirò tantissimo».

Severus continuò ad avanzare, come se non si fosse accorto che l’amica era ferma diversi metri dietro di lui. «Senza dubbio» sbottò. «Con quella piattola di tua sorella…»

«Non parlare così di Petunia!» Lily pestò un piede a terra, seccata, e poi lo raggiunse con una breve corsa. «Sa anche essere una ragazza simpatica quando vuole!»

«Quando vuoi avere ragione» la rimbeccò lui. «Oseresti dire che perfino James Potter è un ragazzo simpatico».

Gli occhi verdi di Lily lampeggiarono con furia. «Io non direi mai che James Potter è un ragazzo simpatico» sibilò astiosamente. «Quello che non riesco a capire è perché tu debba essere così indisponente con me».

Severus prese fiato per replicare. La sua pelle cinerea era vagamente rosata sulle guance per l’agitazione. Ma il suo sguardo si manteneva controllato.

Infine non disse nulla.

Camminarono in silenzio lungo il marciapiede per alcuni minuti, senza guardarsi.

Lily era offesa dalla freddezza ingiustificata dell’amico; procedeva a testa alta, evitando di rivolgergli sguardi diretti, dicendosi di stare facendo la sua stessa strada solo perché era la più breve per tornare a casa.

Severus era a dir poco e inspiegabilmente furioso.

Gli sembrava ci fosse qualcosa di molto vicino a “un tradimento” nella gioia mal contenuta della ragazza a causa di quel viaggio. Lei, come poteva essere così contenta di stare due settimane lontano da lui? Senza vedersi, senza parlarsi, senza poter gozzovigliare insieme per il quartiere? Senza poter collaborare per i compiti delle vacanze?

Senza poter restare semplicemente in silenzio a guardare il tramonto seduti su di una panchina del giardinetto vicino casa?

Che cosa poteva mai esserci di tanto bello in Grecia, da poter essere migliore di un pomeriggio passato con lui?

Che cosa poteva esserci di così piacevole nella compagnia della sua famiglia?

Non riusciva a spiegarselo.

Era un puro tradimento.

Lui, con la sua famiglia, non sarebbe andato da nessuna parte; non con tanta gioia, almeno.

D’altronde, ovunque fossero andati, sua madre avrebbe continuato a piangere comunque. A smozzicare rabbia e dolore, in un angolo, sibilandogli di malagrazia di lasciarla in pace.

Avrebbe allo stesso modo odiato suo padre.

Cosa ci sarebbe stato di diverso? Sarebbe stato solo peggio, perché non avrebbe avuto nessuno con cui passare il tempo.

Giunti all’incrocio Lily si fermò di scatto, lo sguardo fisso avanti.

Severus fece altrettanto, dimenticandosi, vista la tempestività del gesto dell’amica, di essere arrabbiato con lei.

«Che è?» le chiese brusco, ricordandosi di dover essere scontroso.

«Guarda» puntò l’indice in direzione del suo sguardo, con un che di teso nella voce.

Severus ci impiegò un poco a capire cosa l’avesse tanto turbata. All’angolo opposto della strada, su di uno degli alberi che adornavano il viale, s’intravedeva sull’estremità di un ramo un gatto molto piccolo, probabilmente un cucciolo, che terrificato piangeva incapace di poter scendere.

Lily probabilmente doveva aver sentito il miagolio disperato e rintracciato la fonte.

Lui, invece, non ci aveva fatto proprio caso.

«È solo un gatto» le disse quindi ragionevolmente appressandosi a svoltare l’angolo.

L’immobilità di Lily lo trattenne. «È un cucciolo» chiarificò lei, continuando a guardare verso l’albero.

«E allora?» sbottò Severus, sistemandosi con un gesto meccanico la giacca di cotone grigio che gli pendeva dalle spalle.

«Non possiamo lasciarlo lì! Non riesce a scendere» la ragazza aumentò di un’ottava il tono, come se fosse scocciata di dire ad alta voce una cosa tanto ovvia.

Severus sentì un muto imbarazzo diffondersi dentro di lui, una volta compresa la finalità della sua amica. Si morse il labbro e si passò una mano fra i capelli, lisci e, come sempre, scivolosi.

Tuttavia seguì la ragazza senza dire una parola, mentre questa si avviava verso il marciapiede opposto a passo spedito e si fermava giusto sotto il ramo incriminato.

Era davvero un gattino di poche settimane, grigio tigrato, gli occhi acquosi, quello che stava aggrappato sulla fronda di un albero sopra le loro teste.

Non appena li vide, se possibile, miagolò ancora più disperatamente.

«Dobbiamo fare qualcosa» disse Lily, osservandolo impensierita.

Severus sospirò. «E cosa? Non possiamo usare la magia fuori da Hogwarts».

La ragazza sembrò pensarci alcuni secondi, continuando a guardare l’animale terrificato appeso al ramo. Poi fece spallucce.

«Vorrà dire che faremo a meno della magia».

Severus la vide arrotolarsi le maniche della felpa e stringere le stringhe delle scarpe. «Che vorresti fare?»

In effetti, aveva già un brutto presentimento.

«Che domande!» rispose lei. «Lo vado a prendere, ovviamente».

«Sei pazza? Puoi cadere e farti male sul serio!» le disse sconvolto.

Lily sembrò non dar peso alle sue parole. Si avvicinò al tronco e cercò a tentoni dei buoni punti di appoggio per arrampicarsi.

Severus la osservò a bocca aperta; non aveva mai visto Lily prendere l’iniziativa “per quel genere di cose”; era solitamente una ragazza molto cauta e riflessiva. E non particolarmente portata, in effetti, per quel tipo di attività fisica. L’albero non era particolarmente alto, il ramo era circa tre metri e mezzo da terra, ma poteva essere comunque un’azione insidiosa.

Probabilmente se fosse scivolata si sarebbe rotta qualche osso.

E non avrebbe potuto fare quel maledetto viaggio al quale teneva tanto.

Qualcosa di viscido scivolò nello stomaco di Severus.

Che cosa avrebbe fatto se si fosse fatta male sul serio?

«Lascia stare, Lily; provo a prenderlo io».

Non riuscì a impedire che tali parole gli scappassero dalla bocca.

La ragazza, una mano sul tronco, un piede pronto a spingersi avanti, si voltò a guardarlo con curiosità e astio. «E, sentiamo, perché tu dovresti essere più bravo di me?» gli chiese sgarbata.

Severus la fissò immobile, senza lasciar trasparire nessuna espressione dal suo volto. «Perché io lo faccio sempre» mentì con una freddezza impeccabile. «Sono abituato ad arrampicarmi sugli alberi».

Lily lo guardò con sospetto per qualche secondo. Poi si allontanò dal tronco senza troppi complimenti.

«Bene» accordò allora con un tono di pura sfida. «Fai pure tu».

Severus sentì dentro di sé la sua risolutezza farsi meno forte. Tuttavia, accolse la provocazione con una faccia assolutamente indifferente; si tolse la vecchia e deforme giacca di cotone grigio porgendola alla ragazza e restando solo con una maglietta scolorita addosso.

Poi osservò il tronco dell’albero per qualche secondo.

Infine, poggiando il piede su di un’insenatura e afferrando delle sporgenze nodose con un'altra, incominciò ad arrampicarsi.

La cosa non lo faceva sentire particolarmente a suo agio ed evitò di abbassare lo sguardo per incontrare gli occhi verdi di Lily. Era sempre stato un ragazzino piuttosto imbranato, sotto quel punto di vista, e temette quella bugia potesse costargli qualche osso, forse anche qualcuno particolarmente importante.

Ma chi gliel’aveva fatto fare a offrirsi volontario al posto di Lily?

Continuò ad arrampicarsi lentamente, studiando bene i punti dove mettere mani e piedi, ma compiendo i movimenti senza nessuna esitazione, per mostrare la sua finta sicurezza a Lily. Infine giunse all’altezza del ramo sul quale stava il gatto.

«Pensi possa reggerti?» la voce della ragazza sotto di lui era adesso gentile e vagamente preoccupata.

Quel tono amichevole lo confortò.

Osservò il ramo. Era abbastanza largo di circonferenza e sembrava robusto. «Credo di sì», rispose mentre cautamente staccava un piede dal tronco per poggiarlo sulla ramificazione; ebbe l’impressione di perdere l’equilibrio.

«Oh, stai attento Severus!» piagnucolò Lily.

«Stai zitta» sbottò lui, non trattenendo il nervosismo. Avrebbe dovuto andarsene dritto a casa; non sarebbe valsa la pena di rompersi l’osso del collo per quella traditrice pronta ad abbandonarlo gioiosamente per settimane.

Tentò di rilassarsi; non era il momento adatto per pensare a certe cose.

In maniera totalmente sgraziata e facendo sobbalzare in più di un caso il ramo –Lily, sotto, rantolò un paio di volte, strizzando gli occhi per non guardare- non sapendo precisamente come, si ritrovò abbracciato all’arbusto frondoso a pochi metri dalla piccola bestia terrorizzata.

Si mosse, continuando a far tremare un poco il ramo, spostandosi sempre più verso l’esterno.

Infine, non appena si sentì abbastanza vicino da poter tentare, e facendo forza sui muscoli delle sue gambe per non perdere l’equilibrio, allungò una mano verso il gatto.

«Su, piccolo schifoso ammasso di pulci e zecche» gli sussurrò fra i denti con voce suadente ma osservandolo vagamente con odio. «Vieni da Severus».

Il gatto, invece, si scostò ancora di più verso l’esterno, miagolando pietosamente.

«Maledetto» ringhiò Severus, e lentamente si spostò un po’ di più verso l’animale terrificato e spinse nuovamente la mano avanti.

«Su, su, vieni da me» ripeté, tentando di essere più dolce.

Questo smise di miagolare per un secondo e guardò la mano protesa diffidente. Ma non mosse un passo verso di questa.

Non poteva restare ancora a lungo appeso a quell’albero: doveva trovare una soluzione.

Severus pensò di tentare il tutto per tutto; dandosi una spinta in avanti, afferrò il gatto dalla schiena e, con un urlo disperato di questi, lo sradicò letteralmente dall’albero.

«Oh, Severus, l’hai preso!» gioì Lily, qualche metro più giù.

Il gatto spaventato tentò di divincolarsi in ogni modo e Severus riuscì a malapena a tenersi in saldo sul ramo. Anzi, per un momento fu quasi certo di precipitare a faccia in giù, ma i muscoli delle sue cosce lo tennero saldamente in groppa.

Il mostriciattolo peloso, però, non voleva saperne di collaborare.

«Su, fa’ il buono», gli intimò con un ringhio, mentre la bestiolina, provava disperatamente a graffiargli la mano e morderlo.

Gli sembrò di aver impiegato una vita per potersi spostare dal ramo al tronco.

Imprecò selvaggiamente –in un modo che Lily non aveva mai sentito neanche da quel poco di buono di James Potter e la sua banda di perdigiorno, a Hogwarts-, quando il gattino avvicinato al suo corpo si aggrappò con le unghie nella profondità della carne della sua spalla, mentre tentava alcune manovre di spostamento pericolose. Riuscì a trattenersi a stento dall’afferrare quell’inutile palla pelosa lanciarla lontano dal suo corpo.

«Brutta bestiaccia schifosa!» gli sibilò per tutto il tempo della discesa.

Non appena mise i piedi a terra, mentre un sospiro di sollievo gli scuoteva le profondità dello spirito, si staccò, con la dovuta cautela, quella creatura di dosso porgendola a Lily con un’espressione di puro disgusto.

«Prendilo per favore» le disse seccamente.

La ragazza afferrò delicatamente di gattino dalla mano di Severus, accarezzandolo e mormorandogli parole insulse; in pochi secondi la piccola tigre che gli aveva quasi fatto rompere l’osso del collo si trasformò in un docile micetto da compagnia, tranquillamente acquietato al petto della sua amica.

Evidentemente doveva preferire le ragazze.

«Bestiaccia» si limitò a sbottare ripulendosi con gesti stanchi le mani, i calzoni e la maglietta.

Riprese la giacca che gli tendeva Lily.

«Ti sanguina un poco la spalla» gli disse la ragazza osservandolo con un sorriso. «Ti ha fatto molto male?».

«Solo qualche graffio». Severus si morse il labbro inferiore; in effetti, la piccola ferita infertagli dal felino gli bruciava un poco. Si sistemò alla meglio la giacca, accennando a Lily di muoversi, perché era già tardi.

Andarono verso casa, lei allegra con il gatto assopito fra le braccia, lui particolarmente provato.

«Che ne farai di quello?» le chiese dopo un po’.

Sembrò che la ragazza dovesse pensarci. «Mmm, spero me lo facciano tenere, altrimenti vedrò di darlo in adozione a qualcuno che si sappia prendere  cura di lui» rispose. «Ti piacerebbe averlo, Severus?» aggiunse scherzosamente.

«Neanche per sogno» ribatté senza aver bisogno di fingere.

Lily rise, sembrava fosse passato un secolo da quando, non più di mezz’ora prima avevano bisticciato sgradevolmente.

Si ricordò, d’improvviso il motivo del litigio; si ritrovò a pensare che gli sarebbe mancata nei prossimi gironi la sua risata.

«Parti dopodomani, vero?» le chiese, mordendosi subito dopo la lingua, come se stesse masticando qualcosa di particolarmente sgradevole.

La ragazza rispose dopo un secondo con voce ferma e secca. «Sì».

Severus deglutì un paio di volte a vuoto. «Spero tu ti diverta» smozzicò infine, suo malgrado. Sarebbe stato troppo triste se si fossero separati in collera.

Sentì gli occhi verdi di Lily disegnare lentamente il suo intero profilo, ma non si voltò a guardarla.

«Grazie».

Rimasero in silenzio finché non furono a pochi metri dalla casa di lei.

«Comunque» borbottò la ragazza. «Se ti va, ti scrivo qualche lettera».

Severus fece spallucce. «Se vuoi».

Si fermarono. Rimasero qualche secondo l’uno di fronte all’altra guardando in direzioni opposte.

«Domani sarò impegnata con le valige, non so se avrò il tempo…»

«Capisco» disse Severus asciutto.

Lily si strinse al petto il gatto. «Grazie per averlo salvato».

Severus non rispose. Non sapeva, comunque cosa dire.

Del gatto gliene fregava ben poco.

«Fai buon viaggio» le augurò infine guardandola appena, non sapendo cos’altro aggiungere e facendo per andarsene.

«Grazie» rispose nuovamente Lily, ma lo fermò per un braccio e si spinse a dargli un leggero bacio sulla guancia.

Qualcosa nel meccanismo respiratorio di Severus dovette bloccarsi.

In effetti, anche nel suo cervello. E nelle sue funzioni motorie.

Probabilmente in ogni parte del suo corpo eccetto il suo cuore, che prese a battergli con una furia violenta.

Sentì un calore, scomodo ma piacevole, assalirgli le viscere.

Lei si allontanò immediatamente, con un sorriso aperto e amichevole. «Questo è il premio dell’eroe» si giustificò allegramente, mentre indietreggiava verso casa.

Severus si toccò la guancia aggrottando le sopracciglia.

Non seppe effettivamente cosa pensare. Di manifestazioni d’affetto tanto espansive nella sua vita aveva avuto ben pochi esempi.

«Ti scriverò» disse Lily, salutandolo con la mano e imboccando con una breve corsa il vialetto della sua abitazione, stringendo il gatto fra le braccia.

Quando Severus si ricordò di salutarla a sua volta, era già sparita.

 

  
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