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Autore: I am a child    20/02/2011    0 recensioni
No, questa non è una storia... è una realtà che vorrebbe essere una storia.. nelle strade di Pombio, quartiere di periferia, Gresias chiede solo una cosa: la vita che le spetta. Quella che qualcun altro, o qualcos'altro, le ha rubato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gresias .

Continuava a tremare. Terrorizzata. Se avesse potuto, Gresias, si sarebbe rintanata nel suo vestito, come la più codarda delle tartarughe. Con una sola differenza però… Gresias non era codarda.
Ma sentirsi investire da tutta quella cattiveria, quelle parole acide e ferocemente tristi, quel sorriso di perfidia… tutto questo le faceva desiderare di essere in un altro luogo, poggiare i piedi su un’altra strada.
Già. La strada. Sin da piccola Gresias era stata cresciuta dalla polvere, da erba e dalla terra. Mentre saliva in brevi centimetri verso il cielo e viveva in un’ambigua libertà… ignota perfino a lei stessa.
E ora, ora.. lo sapeva.. se lo sentiva, che un giorno, prima o poi, sarebbe accaduto. Dov’era la giustizia di cui la maestra Franca parlava sempre? Sarebbe dovuta arrivare la polizia a salvarla.. ma si rendeva conto che la storia si stava riavvolgendo dall’altra parte del nastro, come un gruppo di diapositive che è stato montato al contrario. Accidenti a lei, e al suo entusiasmo! 
I carabinieri erano arrivati con la loro pulita macchina blu, erano svoltati nella sua via. Via Belli. “Quel pauroso ghetto di case popolari, che postaccio!”. Questo era il nome di casa sua. Queste parole sentiva svanire nell’aria quando si parlava di lei. Lei che nove anni fa nasceva piccola e raggrinzita nelle terre del caldo Marocco. In una tenda, le aveva raccontato la mamma, con tante zanzare che impedivano l’udire del silenzio, e che nessuno era riuscito a scacciare. Ma poi.. era arrivata lei e, con il suo grido, aveva coperto ogni suono. Con le sue lacrime disse che era pronta a vivere. E anche adesso, che in se stessa sapeva di non aver commesso nulla di sbagliato, guardava avanti. I carabinieri si erano fermati davanti al parco trascurato di via Belli, attirati da voci profonde e scoppi di petardi. Appena Gresias li vide si riempì di curiosità e la sua mente stabilì che un saluto e qualche parola scambiata con quei signori così distinti, così eleganti.. con quella macchina così pulita ( da vedere il pulmino della scuola, per capire..) non le avrebbe di certo fatto male.
La signora seduta al posto del passeggero era molto dolce e simpatica, dallo sguardo tranquillo, lunghi e lisci capelli castani, il viso magro ma dall’espressione giovane.
Era una “ donna-carabiniere”. Doveva essere molto coraggiosa, per aver scelto di fare quel lavoro. Anche lei da grande sarebbe stata così. Sarebbe diventata importante. 
Furono parole limpide e innocenti, nessuno accennò ai petardi. Era una delle prime giornate d’autunno e l’argomento più scontato era quello. Le foglie che volteggiavano nell’aria, volavano nel vento esibendosi in un triplo salto mortale, si poggiavano a terra, si accartocciavano, traboccavano di rugiada. Poi i carabinieri si erano stancati di lei, e la signora dai lunghi capelli castani aveva ammesso che dovevano andare a fare qualcos’altro, chissà dove.
Allora Gianluca aveva scavalcato il cancello del parco ed era saltato giù, con il suo penoso stile da grande uomo/ grande scemo, l’aveva afferrata per il bavero della maglietta, mentre lei arretrava con i suoi passi leggeri… L’aveva quasi alzata da terra. E adesso era lì. Che la fissava con aria di sfida, di vendetta, mentre urlava tra le risa degli altri amici nel campo: “Che diavolo gli hai detto a quegli sbirri? Eh? Gli hai detto che c’abbiamo i petardi? Vero? Rispondi, Cristo! Io t’ammazzo, hai capito? Magari gli hai pure detto che ne abbiamo messi altri dieci in casa della vecchia, eh? Brutto sputo!” Gli occhi di Gresias viaggiavano dentro quelli di Gianluca, pregando che le avrebbe riservato solo due botte, non di più. Viaggiavano oltre i confini di Voghera, nel Marocco in cui era nata e mai vissuta. Viaggiavano nella ninna nanna della sua mamma, che ora era al lavoro, a pulire il pavimento in segreto, da chissà quale sgarbata signora… Una delle solite. Una delle tante, di quelle che non capiscono quanto sia speciale la sua mamma. Troppo speciale per essere trattata così male. Solo adesso, nell’istante in cui Gianluca la posa di nuovo per terra e se ne va, tra la delusione degli spettatori, si risveglia dai pensieri che nel frattempo l’avevano rapita.

  
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