Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: NiNieL82    07/01/2006    11 recensioni
Alle volte non si può pretendere di essere conosciuti da tutti...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IMPORTANTE

IMPORTANTE: la storia che vi apprestate a leggere è solo il frutto della mia fantasia (piuttosto malata). Qualunque cosa che riguardi i personaggi che citerò è puramente inventata. Non conosco Orlando Bloom. Ne tanto meno i suoi famigliari, amici e colleghi. E nemmeno il cane, che so solo che si chiama Sidi. Eheheheh. So quindi che l’attore inglese ha una relazione con la Bosworth. Non è mia intenzione minare la sua immagine con questa fic. 


Ed eccomi con una nuova one shot. Sono appena ritornata da Londra. Che dirvi? È bellissima. Quindi.. Non posso fare altro che dedicarle una fic. Indovinate con chi? Brave! Orlando Bloom. Mi raccomando! Fatemi sapere se vi piace..


Ma tu sai chi sono io??

“Allora mi raccomando. Prendi la rossa per Holborn. Poi prendi la nera per Charing Cross. Lì scendi e sei arrivata a Trafalgar. Non è difficile. Da lì trovare la National Gallery è una passeggiata… Melanie…Melanie? Ma mi stai ascoltando?” chiese Sue all’amica.
Melanie guardò Sue sorridente. Era arrivata da Milano da appena due mesi ed era riuscita a farle cambiare la vita. La casa era in continuo disordine, mentre nel bagno, lo stereo trasmetteva solo ed esclusivamente musica jazz a tutto volume. Nonostante avesse trovato lavoro in una deliziosa libreria a Covent Garden, Melanie, si divertiva a passare maggior parte del suo tempo libero a fare la turista per Londra, con la macchina fotografica. Non sembrava nemmeno che avesse deciso di trasferirsi a Londra, anzi, sembrava che se ne stesse per andare, visto lo zelo che ci metteva nel cercare posti nuovi da vedere. 
Così era facile vederla con la cartina dei bus e della metro tra le mani e la fotografica appesa al collo a cercare qualche cosa che le desse un po’ di emozioni. Qualche cosa di veramente artistico, che la lasciasse a bocca aperta. Perché infondo Melanie era un’artista. E cercava l’arte in tutto quello che la circondava.
“Tranquilla Sue. In questi due mesi ti ho mai dato motivo di preoccuparti? Non mi sono mai persa una sola volta. E non credo che ci riuscirei nemmeno volendo. Ci sono tante di quelle metro che basta che ne prenda una e sono a casa..” sorrise Melanie. E baciando una guancia dell’amica disse: “Ora vado. Altrimenti non ce la faccio a vederla tutta…” e mettendo il cappotto avvolse la sciarpa al collo e corse giù per le scale.
“Attenta Mel. Mi raccomando… Non fare di testa tua come al solito… ma tanto che sto a parlare io, che quella nemmeno mi ascolta?” disse Sue, chiudendo la porta dietro di se. Quella era Melanie. Che le piacesse o no.

Salì le scale della metro e spuntò direttamente a Trafalgar. Sorrise e, prendendo la digitale cominciò a scattare foto al Nelson’s Column e alle fontane della piazza. Poi si voltò e vide la cupola della National davanti a se.
Con passo svelto salì le scale e si trovò dentro al museo. Si avvicinò al banco dell’entrata e prese la cartina insieme a qualche opuscolo. E salendo le scale aprì la porta e si gettò nella parte che nella cartina era contraddistinta dal rosso e che indicava il periodo rinascimentale e aveva in ogni stanza almeno una decina di quadri. E tuffandosi in quella marea di meravigliosi quadri, entrò in uno dei pochi posti che si avvicinavano alla sua anima.

Stava guardando un meraviglioso quadro di un’artista fiammingo, quando sentì dei piccoli gridolini, provenire dalla stanza accanto. Si voltò un attimo e vide un ragazzo moro, all’incirca della sua stessa età, vestito in maniera abbastanza orribile, seguito da una donna più grande di lui e da una ragazza che poteva superarlo solo di un paio di anni. Melanine, non sapendo chi fosse continuò a guardare assorta il quadro dell’artista fiammingo, mentre alcune ragazze, dietro di lei, mostravano festose il quadernino degli schizzi per farlo firmare a quello sconosciuto.
Forse era famoso ma a Melanie importava davvero poco.

Orlando entrò nel museo accompagnato dalla madre e dalla sorella. A dire il vero lui, alla National Gallery c’era stato parecchie volte, quando ancora non era famoso, dato il suo amore per l’arte. Ma ora, entrare nel museo un po’ lo infastidiva. Non che odiasse le fan che gli chiedevano un autografo, anzi. Se era arrivato sino a lì lo doveva a loro. Il problema era che non aveva più un po’ di libertà. Ed era convinto che tutti quelle grida di entusiasmo, mischiate all’eccitazione di avvicinarlo, disturbassero chi, di lui, non gli importava nulla. E si stupì che di quelle persone, ce ne fossero davvero tante.
“Ob. Io e la mamma andiamo a vedere la zona blu. Cominciamo dall’arte bizantina… Facciamo che ci incontriamo al parcheggio dove hai lasciato la macchina alla chiusura, verso le sei…” disse Samantha, la sorella dell’attore.
Orlando sorrise e facendo un gesto della mano sulla fronte, disse:
“Ok! Alle sei alla macchina. Mi raccomando, non fermatevi a parlare con gli estranei” scherzò allontanandosi.
“Ma è mai possibile che abbia messo al mondo un deficiente del genere?” chiese Sonia, la madre di Orlando alla figlia, che ridendo la prese per un viaggio e si allontanò dalla sala rinascimentale.

Stava guardando intorno quando si voltò e vide un bellissimo quadro. Doveva averlo visto anche prima, la mostra era fissa, ma notò quei colori e la perfezione dell’immagine. Il quadro rappresentava l’immagine dell’adorazione dei magi al Bambino. Guardò il quadro e notò che una ragazza ammirava rapita l’opera, avvicinandosi, di volta in volta per notare dei particolari che lui, troppo lontano, non notava.
Orlando sistemò la giacca, guardando il bel corpo, alto e slanciato avvolto in un paio di jeans scuri e in un bellissimo maglione a collo alto, celeste, nel quali si muovevano, quasi si esibissero in una danza, dei lunghissimi e lisci capelli castano scuro, con qualche riflesso completamente naturale, che tendeva verso il rosso. Si avvicinò velocemente e guardò il quadro. Si aspettava che la ragazza si voltasse. Non lo fece. Orlando si schiarì la voce (da quanto tempo che non faceva una cosa simile per farsi notare?) e si sistemò la giacca. La ragazza si voltò. Orlando, che si aspettava una reazione isterica, rimase decisamente stupito quando la ragazza si voltò e inarcando un sopracciglio sbuffò infastidita, squadrandolo da capo a piedi.
Conscio del fatto di essere una faccia nota, Orlando pensò solo due cose: 
1) mi conosce e fa finta di essere ritrosa nei miei confronti solo perché vuole essere una preda non facile da catturare;
2) mi conosce ma magari è una di quelle che mi detestano (infondo mica posso piacere a tutte).
Sorridendo si avvicinò a guardare il cartellino vicino al quadro e lesse a voce alta:
“Adorazione dei magi.. Artista fiammingo… Mio Dio quanto ci ha messo a fare questo quadro.. “
La ragazza si voltò e le fece un segno con la mano di avvicinarsi. E guardando il mantello rosso del magio a sinistra, fece notare all’attore i ricami ai bordi:
“Jan Gosseart era un’artista fiammingo. Una delle loro capacità e quella di curare nella pittura ogni minimo particolare. Infatti, se guardi bene, potrai notare che i bordi del mantello, quelli dipinti in oro, non sono fatti da un'unica linea.. Guarda. Dimmi cosa vedi..” sorrise la ragazza.
Orlando si avvicinò e guardò il quadro. Maledizione! Il bordo d’oro, visto da vicino era fatto da tanti piccolissimi puntini dorati e il mantello era fatto pelo per pelo, per rendere più veritiera l’immagine.
“Mamma mia.. Sembra vero..” esclamò Orlando, facendo sorridere la ragazza.
Melanie si sollevò. Orlando la guardò bene per la prima volta. Aveva un viso dolce. Gli zigomi alti, la bocca piccola e carnosa leggermente rosata, pendenti etnici alle orecchie e occhi di uno colore più tendente al grigio che all’azzurro, dietro lunghissime e folte ciglia nere.
Non era il suo tipo. È risaputo che a Orlando Bloom piacciono le bionde, ma quella ragazza aveva un qualche cosa di speciale, che lui ancora non riusciva a cogliere. Un qualche cosa che voleva scoprire. E poi, una delle sue due deduzioni era vera, proprio lui non si sarebbe tirato indietro.
“Lavori in qualche galleria o sei solo una patita d’arte?” chiese Orlando guardando la ragazza.
“A dire il vero mi sono laureata all’accademia delle belle arti di Firenze…” disse Melanie tranquilla tornando a fissare il quadro.
“Sei italiana, quindi?” sorrise l’inglese.
“Si! Mio padre è inglese, ma si è trasferito in Italia per stare con mia madre. Diciamo che l’Inghilterra è la mia seconda patria. Così da due mesi mi sono trasferita qui. Svelato l’arcano sui miei studi a Firenze” disse la ragazza.
Orlando si grattò la testa. Quella strana attrazione non era dovuta al fatto che era carina, sotto molti punti di vista. No. E nemmeno dal fatto che era intelligente. Le piaceva per il semplice fatto che voleva mettere in moto il suo spudorato egocentrismo, mostrando a se stesso e a quella ragazza che, ad un fascino come il suo non si può resistere. Quindi, con la sua solita faccia tosta, chiese:
“Che ne dici se mi accompagni tu, in giro per il museo? Credo che da solo tutte queste cose non le capirei.”
Melanie aggrottò la fronte pensando, spazientita:
-Ma che diavolo vuole questo?- e per liberarsene disse, con un sorriso, stringendo il suo cappotto al petto e aprendo la mappa della National, fingendo di leggerla:
“Uhm! La mia migliore amica mi ha consigliato di non parlare agli sconosciuti…”
“Orlando. Mi chiamo Orlando. Ti può bastare?” rispose il ragazzo tendendo la mano.
Melanie squadrò il ragazzo da capo a piedi. Poi con un mezzo sorriso disse:
“Melanie. Può bastare anche a te?” chiese la ragazza stringendo la mano a sua volta.
Orlando sorrise e disse:
“Strano modo di dire si?” 
Melanie sistemò il cappotto e aprendo la piantina disse, guardando le stanze da visitare:
“Seguimi. Se vuoi girare tutto il museo è inutile stare fermi ad un solo quadro”

Passarono tutta la giornata assieme. Per Orlando fu una straordinaria sorpresa accorgersi che, nonostante la fatica di vedere i quadri e quindi dover stare sempre in piedi (fatta eccezione dei quadri grandi davanti ai quali erano situate delle panche di legno o dei comodi divanetti in pelle nel quale sedersi per ammirare bene l’opera) la gita con quella sconosciuta si rivelasse piacevole, specialmente se alla fine avrebbe conquistato la ragazza con un autografo o con un piccolo bacio che l’avrebbe fatta svenire. Certo che, dopo di un’ora, gli sembrava impossibile che la ragazza non l’avesse guardato con occhi sognanti e avesse detto:
“Ti prego potresti farmi un autografo?”
Anzi. Sembrava proprio che non lo conoscesse. Ma questo era impossibile. Almeno per Orlando e per il suo innato narcisismo.

Melanine, dal canto suo guardava rapita i quadri. Trovarsi davanti ad opere che aveva visto solo in foto la rendeva euforica. Era come se avesse potuto stringere la mano dell’autore stesso, se, guardando i loro quadri, li avesse riportati in vita e li avesse potuti conoscere e così sapere le emozioni che volevano trasmettere con le loro tele. 
Certo. Quel ragazzo accanto a lei, poteva essere carino e sicuramente conosciuto da qualcuno, qualche attoruncolo di cui non aveva mai sentito parlare in vita sua, ma l’aveva un po’ contraria quando disse davanti al quadro di Turner:
“William Turner… Hai mai visto ‘La maledizione della prima luna’….”
Melanie lo incenerì con lo sguardo e disse:
“Questo è un quadro di Joseph Mallord William Turner. Si intitola ‘Ulisse schernisce Polifemo’ e se lo guardi bene, potrai notare dei particolari che solo con la spiegazione e affinando lo sguardo riesci a notare. Guarda ad esempio.. Non sono tutti che notano le ninfee che nuotano davanti alla barca di Ulisse, guidandola. E se guardi, il sole al tramonto, noterai dei cavalli che tirano il carro di Apollo, il dio del sole nonché, padre di Polifemo, un po’ arrabbiato per quello che hanno fatto al figlio.. Guarda alla tua sinistra. La vedi quella grotta? Lì sta Polifemo…”
Certo. Famoso. Bello. Ma scambiare un pittore famoso con un protagonista di un film che lei nemmeno conosceva, beh, quello era davvero troppo.

Si trovarono, poco prima delle sei davanti all’uscita della galleria. Melanie soddisfatta. Orlando altrettanto. Certo. Non aveva dato il minimo cenno di conoscerlo e per lui era un po’ un affronto. E per di più cominciava a credere che lei nemmeno sapesse chi fosse la persona che aveva di fronte.
Fu Melanie la prima a parlare e dire:
“Bene Orlando! È stato un piacere girare la galleria assieme a te. Magari ci becchiamo in giro…”
-E no cara. Se non ti pieghi da sola ti piego io- pensò il londinese.
“Che ne dici se andiamo a bere un caffè?” chiese Orlando con zelo.
Melanie sorrise e disse:
“Devo forse ricordarti che sono italiana? Il vostro per me non è caffè. Scusa se posso risultarti odiosa, ma piuttosto ti invito io a casa a bere un ottimo caffè italiano, fatto con la moca. Non trovi?”
Gli occhi di Orlando lampeggiarono e disse:
“Magari. Perché non mi dai il tuo indirizzo. Ci passo appena posso…”
Mel che aveva capito l’antifona, sorrise dolce e disse: 
“Passa a Covent Garden. Davanti al mercatino, alla fine dei portici. Li mi troverai tutti i giorni. Okay Orlando?” e baciandogli veloce una guancia, disse: “Ciao. Spero di rivederti..” e correndo scese le scale della National, correndo verso le scale di Trafalgar Square, mischiandosi alla folla e lasciando Orlando interdetto, fermo a guardarla allontanarsi. Non era possibile che quella ragazza non lo conoscesse. Doveva essere proprio fuori dal mondo. E mentre pensava, tre ragazzine si avvicinarono sognanti lanciando piccole grida di eccitazione dicendo:
“ORLANDO! MIO DIO MA SEI PROPRIO TU. FACCI UN AUTOGRAFO…”.
Il londinese sorrise dolce alle ragazze e disse:
“Certo ragazze. Per me è un onore..”
Tutto si poteva dire di Orlando. Ma non che non fosse disponibile e dolce con le sue fan.

Come tutti i giorni, Melanie prese con Sue la metro per Covent Garden. Seduta nel sedile, sorrideva ad una bambina facendole delle smorfie per farla ridere. E la salutò prima di scendere.
“Allora. Alle sei e mezza ci troviamo davanti all’entrata della metro. Mi raccomando. Se non puoi venire avvertimi prima. Non mi lasciare come una cogliona davanti alla metro. Va bene?” disse Sue salutando l’amica con due baci sulla guancia.
Mel sorrise e disse:
“Tranquilla. Ti avviso. Ciao, a stasera Sue” e sorridente si allontanò dalla sua amica che la guardò scotendo la testa. Quella ragazza era davvero fuori dal mondo.

Melanie stava seduta dietro il banco leggendo il suo libro preferito: “Memorie di una geisha”. Stava sfogliando tranquillamente le pagine, quando sentì la porta aprirsi e lo scampanellio del piccolo campanello messo in cima alla porta. Alzò lo sguardo e mise una mano davanti alla bocca.
Davanti a lei c’era un ragazzo coperto per metà del viso da una sciarpa multicolore dal gusto discutibile e con un paio di RayBan neri grandi. Una giacca in pelle e i jeans con finti strappi. 
“Se sei venuto qui per fare una rapina cadi male. Ho appena aperto e ci sono solo pochi spiccioli nella cassa…” sorrise Mel.
Il ragazzo sorrise e si tolse la sciarpa e gli occhiali. Era Orlando.
“Ciao!” disse l’attore salutando la ragazza.
“Ah! Sei tu!” disse Mel guardando di nuovo il libro.
Orlando sollevò un sopracciglio fino a che la ragazza non lo spiazzò del tutto dicendo qualcosa tipo:
“Se cerchi qualche libro d’arte ti posso dare una mano… Basta che il primo libro che comprerai sarà quello di J.M.W. Turner. Dopo quello che hai detto posso perdonarti solo così.”
Orlando accolse la stoccata con un sorriso tra l’amaro e il finto divertito e disse:
“Bella battuta davvero!” 
In quel momento si chiese perché non si decidesse a lasciar perdere quella ragazza e andare da qualche altra parte, magari con qualche fan compiacente che le desse qualche soddisfazione in più di quella libraria acidella. Manco che ce l’avesse solo lei, alla fine. 
Una parte di lui stava urlando per mandarcela al diavolo, mentre l’altra gli gridava di lasciar passare, dato che la vendetta è un piatto che va gustato freddo. Guardò il libro che stava leggendo Mel e disse:
“Memorie di una geisha?”
“Si!” rispose la ragazza socchiudendo il libro per guardarlo e poi volgendo lo sguardo sul ragazzo disse: “Se lo vuoi lo puoi comprare. È nello scaffale dove stanno i best sellers, laggiù infondo.”
Orlando la guardò con la bocca aperta. 
Possibile che non sapesse davvero chi fosse?
Sospirò guardandola mentre dondolava il piede tranquilla, leggendo. Si avvicinò al reparto d’arte e prese un libro di Rodin e con un sorriso disse:
“Diciamo che sono molto più attratto da Rodin che da Turner”
Mel guardò il libro e disse:
“Caspita. Allora ti piace la scultura?”
“Certo! E scolpisco qualche volta” sorrise il ragazzo. “Che ne dici se ne parliamo davanti a quel caffè che mi avevi promesso?”
Mel guardò il libro e disse:
“Beh! Devo dire che un ragazzo che legge libri su Rodin non è pericoloso. Quindi, diciamo che ti posso ospitare senza patemi” 
Orlando esultò mentalmente, guardando il viso della ragazza.mentre sorrideva e le faceva lo scontrino. 
Quella sera l’avrebbe piegata e l’avrebbe costretta a buttare quella maschera di indifferenza che lo faceva infuriare, da una parte, ma lo attirava a lei in maniera ancora più grande.
“Allora a stasera” ribatté l’attore. “Passo a prenderti alla chiusura” 
“Alle sei Orlando…” sorrise Mel guardandolo mentre usciva. 
Mel si sentiva impacciata, niente da dire.. Ma se lui era famoso, chi cavolo era?

All’uscita Orlando aspettava Mel all’uscita della libreria.
“Ciao” disse lei chiudendo la porta in vetro della libreria.
Orlando sorrise e disse:
“Allora? Dove andiamo?” 
“A prendere la metropolitana” disse tranquilla la ragazza sistemando le chiavi nella borsetta.
“Dai ho la macchina qua fuori…” disse il ragazzo prendendole il polso.
Mel si staccò e disse:
“Allora aspetta. Mando un messaggio ad una mia amica e le dico che stasera esco.”
“Mi avevi promesso che avremo tranquillamente parlato davanti ad un caffè italiano, preparato da un’italiana…”
“Conosco un locale a Piccadilly dove fanno un espresso davvero ottimo. Quello si che è un caffè italiano. Costa un po’, ma credo che tu te lo possa permettere.. Non per farti i conti in tasca…” disse Mel prendendo il cellulare dalla borsetta.
Orlando la guardò. Il fatto che una terza possibilità potesse unirsi alle altre tre accarezzò i suoi pensieri. Quella che la ragazza non lo conoscesse. Ma lui per primo la eliminava. Perché poteva solo significare che quella ragazza fosse completamente fuori dal mondo.

Camminare per Piccadilly, per Orlando, significava tenere gli occhiali anche alle sette di sera. E questo non era proprio bello. Mel sorrideva divertita, mentre il ragazzo si guardava attorno. 
Una volta seduti al tavolo la ragazza fissò l’attore. E mentre aspettavano il caffè chiese:
“Tu sei famoso. È vero?”
“Posso dire di essere abbastanza conosciuto…” sorrise l’attore.
In realtà il bel londinese si aspettava che da un momento all’altro Mel cominciasse a dire:
“Ma tu sei Orlando Bloom… Oh mio Dio. Come non ho potuto accorgermene prima…”
Melanie sorrise alla cameriera che le portava il caffè e disse prendendo una bustina di zucchero:
“Io non leggo molto i giornali. A meno che non siano quotidiani e parlino di cose serie. E non sono per niente patita di cinema. Quindi mi scuserai se non so che film hai girato. Potrai anche non credermi. Ma è la verità. Il mio mondo è arte e lettura. Mi piacerebbe diventare un critico d’arte. Ma la strada è lunga… Ora mi prenderai per pazza, lo so. non saresti il primo. Davvero. È solo che se conosci Melanie Wallace sai che ha la testa tra le nuvole. E che se il mondo dovesse crollare, lei nemmeno se ne renderebbe conto. Volevo solo che lo sapessi. E che tu non mi prenda per una tua fan impazzita, che fa di tutto pur di avvicinarsi al suo idolo, anche fingere di conoscerlo. A dire il vero, quando sei entrato nella National mi sono incazzata come una iena con tutte quelle ragazzine che urlavano e ti fermavano. Un museo non è un posto per fare piazzate simili. È un posto dove bisogna osservare con tranquillità i quadri.. Ma tranquillo. Mi sono ricreduta…” e sorrise dolcemente.
Orlando, se in quel momento si fosse assomigliato ad un cartone animato, avrebbe avuto la mascella che gli toccava il tavolino dalla sorpresa. Era la prima volta in vita sua che incontrava una ragazza che non sapeva nemmeno chi fosse. E da una parte questa scoperta lo fece rilassare parecchio. Per lui fu come tornare ad essere un allievo dell’accademia di arte drammatica, sconosciuto, che poteva uscire senza essere riconosciuto e una ragazza non gli si buttava addosso solo perché era un attore. 
Prese anche lui una bustina di zucchero e la versò nella tazza. Col cucchiaino sciolse lo zucchero e prendendo la tazzina disse, prima di bere un sorso di caffè:
“Che fai domani?”
“Vado all’ Hyde Park a correre” disse Mel. 
Orlando sorrise e bevendo un sorso del caffè, disse:
“Domani ci possiamo incontrare lì. Ho bisogno di fare un po’ di moto. E magari porto anche Sidi con me. Che ne dici?” 
Mel sorrise e chiese:
“Sidi?”
“Sidi! Il mio cane. Ha bisogno anche lui di fare movimento…”
Mel sbarrò gli occhi stupita. E sorridendo disse:
“Okay!” e bevendo il caffè guardò il londinese mettere un’altra bustina di zucchero, facendola ridere, mentre diceva:
“Cristo. Ma è fortissimo questo caffè!”

La mattina dopo, sulla metro, Mel guardò Sue e le chiese:
“Conosci Orlando Bloom?”
Sue si voltò e sorrise. E fingendosi stupita disse:
“Allora ci stiamo accorgendo del mondo che ci circonda finalmente. È la prima volta da quando ti conosco che fai una domanda stupida…”
“Lo conosco..” disse Mel.
Sue la guardò fissa. La ragazza venne bloccata dall’annunciatrice che disse:
“Questa stazione è Holborn..”
Scesero dalla metro e Sue seguì la ragazza.
“Va bene che sei un po’ strana Mel. Ma dirmi una scemenza simile mi sembra un po’ troppo anche per una come te.”
“Ti dico che lo conosco. Ci siamo conosciuti alla National. E lui è venuto, ieri alla mia libreria e siamo usciti assieme. Credo che mi abbia preso per pazza quando gli ho detto che non lo conosco…” rispose vaga Mel.
“Hai detto a quel… quel… quello è un dio da quanto è bello e tu gli hai detto che non lo conoscevi?” disse Sue sempre più sbalordita.
“Se è per questo mi son messa pure ad insultarlo alla National…” continuò Mel.
Sue si mise a sedere in uno dei sedili della metro. E passandosi una mano sulla faccia disse:
“Oh mio Dio! Oh mio Dio! Dimmelo che non sei normale. Dimmelo. Cosa gli hai detto? Cosa hai fatto a quella povera creatura dalla proverbiale bellezza?”
Mel si portò un dito sul mento e disse:
“Beh! La colpa è stata sua. A dire il vero stavamo guardando ‘Ulisse schernisce Polifemo.’ Di Turner e lui si è messo a parlare di un certo Will Turner di un film che si intitolava qualche cosa come ‘La sparizione della luna’…”
“LA MALEDIZIONE DELLA PRIMA LUNA” disse Sue. “Sai che è un suo film?”
“A dire il vero nemmeno ne conosco l’esistenza. Ora so una cosa in più” disse la ragazza allontanandosi.
Sue si sollevò e la seguì e disse:
“Ma quando smetterai di stare sopra le nuvole? Quando capirai che puoi vivere anche tra i comuni mortali e non cercare l’arte e la lettura per svagarti. Sei due mesi a Londra. Due. È la prima volta che permetti ad un ragazzo di avvicinarsi a te. E sai che i ragazzi non t sono mancati. Sei bella e intelligente. Almeno con questo, se è vero che è chi dice di essere, combina qualche cosa. Fallo per tutta la popolazione femminile che non ha un nome tra le stelle di Hollywood. Fallo per me. E per la tua vita sessuale che, da quando hai lasciato Matteo non è più la stessa. Anzi. È proprio un deserto…”
Mel guardò l’amica e disse:
“Lui mi fa ridere. Davvero. È fuori di testa. Con lui mi sono bloccata per quello..” e si allontanò correndo.
Sue la seguì con lo sguardo. Sapeva che Mel era una ragazza speciale, facile da amare. Ma sapeva anche che, per lei, amare, era davvero una prova difficile.
Chinò la testa e la scosse in segno di diniego, quasi non capisse il comportamento dell’amica, anche se non era così. Poi, chiamandola, si avvicinò a lei. Un’altra giornata di lavoro a Covent Garden le aspettava.

La sera scende abbastanza presto, d’inverno, a Londra. Con l’MP3 attaccato all’elastico della tuta e gli auricolari all’orecchio. La sua musica preferita risuonava. Paolo Conte. Il suo jazz. Via con me. La sua canzone preferita. 

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
good luck my babe,
it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
I dream of you...
chips, chips, du-du-du-du-du

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
non perderti per niente al mondo...
via, via, non perderti per niente al mondo
lo spettacolo d'arte varia
di uno innamorato di te...

Ad un tratto lo vide. Orlando. Vestito con un paio di jeans, un giubbotto all’apparenza sgangherato, gli immancabili occhiali da sole e i capelli curatissimi, con un simpaticissimo cane nero che gli trotterellava al fianco.
-Eccolo Sidi!- e sistemando l’auricolare sentì Paolo Conte intonare ancora:

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
good luck my babe,
it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
I dream of you...
chips, chips, du-du-du-du-du…

Mel sorrise. Sistemò la coda e mettendo apposto la felpa disse:
“Ho girato per ben due volte intorno ad Hyde Park, mentre ti aspettavo…”
“La colpa è di Sidi. Ha visto una bella barboncina e mi ha fatto fare tutto Buckingham Palace correndo come un pazzo. Se mi vedeva la regina Elisabetta che figura ci facevo. Cattivo Sidi..” scherzò l’attore mentre il cane si accucciava e lo guardava triste.
Mel rise più forte e disse:
“Dai povero, non ha nessuna colpa lui…” e chinandosi accolse il cane tra le braccia coccolandolo un po’.
Orlando la guardò sorridente e disse:
“Che ne dici se per stasera la smettiamo di correre e andiamo a farci un giro?”
Mel inarcò un sopracciglio e disse:
“Stavo correndo solo io a dire il vero?” 
“Vuoi portare Sidi?” scherzò il londinese.
Mel rise e disse:
“Ci sto!” e prendendo il guinzaglio del cagnolino, cominciò a scorazzarlo per l’Hyde Park illuminato ormai solo dai lampioni.

Ordinarono qualcosa da un Mc. Donald lì vicino e poi tornarono a sedersi nelle panchine dell’Hyde Park, quelle che stanno vicino all’entrata. Mel guardò il cielo stellato e sorrise, dicendo:
“Lo sai che è la prima volta che vedo una notte stellata qua a Londra?” e diede un morso al panino.
Orlando sollevò la testa e guardò a sua volta il cielo e disse:
“Vero. A Londra è sempre un po’ difficile trovare il cielo soleggiato o stellato, se è inverno…”
“Magari aspetterò quest’estate per vedere il sole…” sorrise Mel prendendo una patatina dal cartoncino rosso e intingendola nel ketchup. “Uhm. Buona la plastica del fast food. Vero Orlando?” disse Mel.
L’attore rise. E disse, addentando il panino:
“Sono inglese e sono abituato a queste cose..” 
“Spaghetti. Mi mancano. Un giorno te li preparo. Li cerco e te li preparo. Sempre che tu abbia ancora voglia di vedermi” 
Orlando inghiottì il boccone e pulendosi con un fazzoletto disse:
“Chi ti dice che non ti voglio rivedere? Certo che lo voglio. Anzi.. Che ne dici se per un mese, tu ed io usciamo un po’assieme?”
Mel alzò entrambe le sopraciglia e disse:
“E per cosa, di grazia?”
“Beh! Dopo che mi hai detto che non sai nemmeno chi sono, scusa se voglio almeno colmare questa lacuna di persona” rispose in maniera sfrontata l’attore.
Mel rise e chiese:
“Fai così con tutte quelle che non hanno idea di chi sia Orlando Bloom?”
“No! Solo quelle per cui ne vale la pena…” sorrise l’attore addentando una patatina.
Mel mangiò un’altra patatina e disse:
“Va bene” e tendendogli la mano, disse: “Tra un mese dovrò essere laureata in materia Orlando Bloom, a pieni voti, visto il mio professore…” 
“Naturalmente. E sappi che sarò un maestro spietato, visto il tuo comportamento iniziale…” rise il ragazzo.

Da quel giorno cominciarono a frequentarsi assiduamente. Fu divertente per entrambi imparasi a conoscere l’un l’altro. Orlando si ricredette sul fatto che Mel stesse mentendo e con una certa punta di narcisismo mostrò alla ragazza tutti i suoi film che aveva girato fino a quel giorno.
E Mel si ricredette sulle doti dell’attore. Scoprì che era u ottimo scultore e che aveva imparato a scolpire per via della dislessia che lo aveva sempre afflitto. 
Naturalmente i due dovettero fare i conti con la stampa e, in breve tempo, la libreria e la casa di Mel divennero il maggior punto d’incontro di paparazzi e giornalisti che volevano rubarle una foto o una dichiarazione.
Ma per quello che dicevano i giornali, i due continuavano a tenere un rapporto platonico.
Anche se…

“Orlando ha finalmente trovato una donna col cervello, non c’è che dire..” disse Dom facendo ridere i presenti e facendo arrossire violentemente Mel che alzandosi dalla sedia, a mezza voce, disse:
“Scusate. Ma devo andare in bagno…”
La ragazza si allontanò e fu allora che Orlando fulminò l’amico di Manchester con lo sguardo e disse:
“Ma quanto sei stronzo Monaghan? Che ti avevo detto? Di stare attento con lei, che non è come tutte le altre..”
“Ehy! Non ti arrabbiare. Le ho fatto solo un complimento..” si scusò Dom bevendo un sorso di vino dal uo bicchiere.
“Che è una ragazza speciale ce ne siamo accorti anche da soli, Ob” intervenne Billy.
Quella sera, Orlando, aveva organizzato una festa con tutti gli amici che avevano girato la trilogia in Nuova Zelanda. E con loro aveva invitato anche Mel. E la battuta di Dom, da una parte, servì all’attore per raccogliere le varie impressioni degli altri ragazzi.
“Intelligente è intelligente. Me ne sono accorto da come parla. E poi quella sua spiccata dote di descrivere un quadro col cuore…” disse Viggo mangiando un pezzo del suo filetto.
“Beh” intervenne Elijah ridendo. “Non hai fatto altro che monopolizzare la sua attenzione per tutta la sera, parlando di quadri, meno male siamo intervenuti io e Billy e Sean a salvare la situazione…”
“Stavi facendo addormentare me senza essere ubriaco..” disse Dom colmando fino all’orlo il suo calice di vino rosso.
Orlando rise e spense la sigaretta nel portacenere. E grattandosi la testa disse:
“Credo che per me stia andando ben oltre l’amicizia, ragazzi.. Mi sembra che ogni giorno che passa, io, possa scoprire qualche cos di nuovo su di lei. Mi piace stupirla facendole girare Londra. E mi piace guardare i miei film assieme a lei…”
“Ma ti infastidisce il fatto che non si batte chiodo nemmeno a scendere Gesù in persona…” intervenne Dom con un mezzo sorriso, ma venne bloccato da Billy che colpendogli la testa disse:
“Sempre a pensare a quello tu, eh?”
Orlando rise e disse:
“Stasera voglio provare a vedere come va. Almeno i giornali parleranno di una storia vera. Sono andati a scrivere che ci hanno sentiti gemere in maniera sconcia in un locale a cinque stelle.. E io non l’ho mai toccata con un dito..”
“E lei? Come l’ha presa?” chiese Elijah.
“Lei ride con me. Ma un po’ è spaesata da tutte queste attenzioni. Una volta ho dovuto mandare il mio agente a prenderla dalla libreria dove lavora. C’era delle mie fan che la volevano aggredire, per quanto ne so…” rispose l’attore londinese.
In quel momento entrò Mel. Nella stanza calò il silenzio e la ragazza, con un sorriso luminoso, disse:
“Allora? Si stava ridendo fino a qualche minuto fa… Che festa è senza un pizzico di allegria..” 
Gli attori sorrisero e ripresero la loro vecchia vena ironica. L’intelligenza di Mel gli permetteva di scherzare, dato che, a qualsiasi battuta, non solo non si offendeva, ma con un sorriso rispondeva per le rime a chiunque. Perfino alle battute un po’ pesantocce del manchesteriano che si ritrovò a tavola, per la prima volta da quando Orlando lo conosceva, con una degna avversaria.

Dopo che tutti se ne furono andati, Orlando guardò Mel e avvicinandosi disse, stringendola forte al petto.
“Che ne dici se stanotte rimani qui?”
La ragazza sollevò la testa e guardò il ragazzo. E piano disse:
“Che vuoi veramente?”
Orlando rise e si staccò dalla ragazza e avvicinandosi al tavolo disse:
“Fare l’amore con te. E da un paio di settimane che non penso ad altro. Mi hai fatto prendere una bella sbandata. Mi piaci Melanie Wallace. Mi piace il modo in cui mi guardi quando dico qualche baggianata. Mi piace quando fai la maestrina saccente e mi vuoi impartire lezioni di ogni genere. Mi piace vederti assorta nella lettura da dietro il vetro della tua libreria, quando ti vengo a prendere. E mi piace guardarti quando ti prepari all’ultimo minuto, beccando costantemente la povera Sue. E mi piace che, quando usciamo e si torna tardi, tu poggi la testa sullo schienale e dormi, dolcemente. Mi piace vederti quando dipingi e ti sporchi il viso di vernice. E mi piace vederti spaventata quando guardi un mio film. E sono sicuro che non ti odierò, quando farai una qualche critica, perché sarà costruttiva e non cattiva o montata ad arte da qualche per sminuirmi anche quando non lo merito. Mi piace osservarti quando cerchi un vestito e ti perdi a fissare le sfumature della tela. Mi piace vederti sbuffare per togliere un ciuffo dal viso. Mi piace da impazzire vederti sorridere per qualsiasi cosa. E impazzisco quando devo salutarti. Ecco perché ti richiamo subito dopo. Non per chiederti quando possiamo rivederci e basta, ma per sentire la tua voce, ancora una volta. E ti giuro, per me è stato difficilissimo trattenermi quella sera che hai litigato con Sue e hai dormito nel letto con me, dopo aver pianto. Ed è difficile, ogni giorno di più, non poterti baciare. Perché mi piaci Mel, per tutti i tuoi pregi e per i tuoi difetti. E perché mi cerchi perché sono Orlando, il ragazzo della National Gallery. E non Orlando l’attore di Hollywood che smuove masse di ragazzine…”
Il fiume di parole del ragazzo venne bloccato da Mel che poggiando la mano sulle labbra del ragazzo sorrise e le baciò lievemente sussurrando un tenerissimo:
“Idem” prima di farsi prendere in braccio dal giovane attore e baciandosi, arrivare alla camera da letto.

Per tre mesi Orlando, quasi ogni mattina si svegliava con Mel tra le braccia. E per tre mesi visse con lei una storia d’amore dolcissima, che completò entrambi e riempì le pagine dei giornali scandalistici. Sun in testa a tutti.
Ma quello che successe dopo, avrebbe cambiato un po’ di cose.

Mel arrivò a casa di Orlando felicissima. Quando aprì la porta si buttò al collo dell’attore e gridando disse:
“Mi hanno presa..”
“Alla National?” chiese il ragazzo baciandole il collo.
“Al Metropolitan…” disse lei felice.
“A New York” disse Orlando cambiando espressione.
Mel smise di sorridere davanti all’espressione del ragazzo. E guardandolo negli occhi disse:
“Perché fai quella faccia. È l’occasione che aspettavo da una vita..”
“Ti allontanerai da me..” rispose laconico l’attore.
“Non mi allontanerò. Tu potrai venire a trovarmi quando vuoi….” disse Mel carezzando i ricci del ragazzo dolcemente.
Ma Orlando scansò la mano e seccato disse:
“Ti ho già detto che quest’anno avrei lavorato come un pazzo. Non potrei raggiungerti a New York…”
“Orlando non posso rinunciare a questa occasione” disse Mel con le lacrime.
“Due quadri sono più importanti di me? Se tu vai a New York la nostra storia finisce qui..”
“Un anno. Mi hanno chiesto solo un anno. Non può essere troppo per te…” disse Mel cominciando a piangere.
“Io non ci resisto..” disse Orlando allontanandosi.
Mel guardò il ragazzo entrare nella camera da letto e sbattere la porta. E a testa china uscì.

Sue la ritrovò sul Tower Bridge. Piangeva disperatamente poggiata al parapetto in pietra, vicino alla cabina. 
“Mel. Dai rientriamo. Fa freddo qui…”
Mel si voltò e guardò l’amica e abbracciandola, disse, con la voce rotta dai singhiozzi:
“Se parto lo perderò. Ma non posso abbandonare l’occasione della mia vita… Io tra sei giorni cambierò la mia esistenza per sempre. Lui è un attore. Ha una sua carriera avviata. Non può chiedermi di rinunciare ai miei sogni per essere felice lui…”
Sue l’abbracciò. Mel amava Orlando. Ma sembrava che Orlando, non meritasse il suo amore… Almeno in quel momento..

Quattro giorni dopo…
Orlando fumava una sigaretta guardando la televisione. Non aveva più cercato Mel anche se ne sentiva il bisogno. 
Si grattò il viso da sbarbare e prese una bottiglia di coca cola da terra e ne bevve un lungo sorso. Se voleva potava ubriacarsi. Aveva giusto una birra nel frigo…
Ad un tratto sentì il campanello suonare. Andò ad aprire e poggiandosi alla porta, disse, facendo il sorpreso.
“Sue. Chi ti manda. La donna del Metropolitan?”
Sue sollevò un sopraciglio e disse:
“Vengo di mia spontanea volontà..”
“Entra allora..” disse Orlando facendole spazio.
Sue non si mosse e incrociando le braccia al petto disse:
“Se la lasci andare via senza chiederle scusa, servirà solo a perderla per sempre. Abbi le palle e affrontala. Dille che la ami e che vuoi stare con lei. Ma dille anche che sei felice per lei. E che accetti, anche se ti fa male l’idea che deva andarsene da Londra. Che per te lei è importante, ma che deve scegliere la sua strada, non la tua. Perché per amare Mel devi capire che lei, per ventisei anni, ha vissuto amando l’arte. E amando chi l’ha aiutata a coltivare questo suo amore. E se tu le tagli le gambe perderai quella ragazza. Irrimediabilmente..” e dicendo questo, a testa china si allontanò.
Orlando rimase qualche secondo frastornato, poggiato sull’uscio. Capì la portata della cazzata che aveva fatto e con un gesto veloce chiuse la porta davanti a se. E, buttandosi nel divano, si abbandonò ad un pianto sconsolato.

Due giorni dopo…
[IL VOLO FR2564 PER NEW YORK PARTIRA TRA VENTI MINUTI DAL GATE 26…]
“Questo è il mio” disse Mel abbracciando Sue.
“Non vuoi nemmeno aspettare?” disse l’amica.
Mel scosse la testa in segno di diniego. Per lei erano stati giorni penosi. Non voleva prolungare la sua pena anche all’aeroporto. Sue le sorrise e stringendola disse:
“Tranquilla. Tutto si sistemerà.”
Mel sorrise con gli occhi lucidi. E prendendo il trolley, si avviò verso il luogo d’imbarco per i voli internazionali.
Stava per dare il piccolo trolley all’addetta, quando sentì:
“MEEEEELLLLLLL”
Si voltò e vide Orlando arrivare, correndo come un pazzo. Scansò tutto e tutti e si buttò al collo della ragazza, stringendole. E con la voce rotta disse::
“Non partire. Aspettami. Partiremo assieme col primo volo per New York. Ma stai con me. Ti prego..” e poggiò la fronte contro quella della ragazza tenendole il viso tra le mani.
Mel sospirò e pianse debolmente e scotendo la testa disse:
“No. Lo sai che non posso. E sai anche cosa significa questa mia risposta. Mi hai regalato tre mesi bellissimi. Niente e nessuno potrà cancellarli dalla mia testa. Ma mi hai fatto capire una cosa. Non posso legarti a me per un anno. Non se staremo ai capi opposi del pianeta… Vado e ti lascio libero. Starà a te decidere se aspettarmi o no. Io non ti chiedo nulla…” e dicendo questo staccò le mani di Orlando dal suo viso e piangendo si allontanò. Fu allora che Orlando gridò:
“TRA UN ANNO CI SARÒ. E CI RITROVEREMO DOVE CI SIAMO INCONTRATI..”
Mel si voltò e lo guardò. E con gli occhi lucidi prese l’aereo.

Un anno dopo…

“Questo quadro si intitola ‘Ulisse schernisce Polifemo’ …” diceva Mel parlando alla folla. 
Era ritornata a Londra da sei mesi oramai. Ma di Orlando nemmeno l’ombra. Ormai aveva smesso anche di cercarlo tra la gente che la seguiva nel tour della galleria. E si soffermava sempre su quel quadro, parlandone con gioia e con gli occhi lucidi. E così, quando presentò il quadro dicendo l’artista, si commosse leggermente. Una sua collega se ne accorse e toccandole la spalla prese il suo posto.
Mel si voltò a guardare quel quadro. Tirò su col naso e sorrise, quando sentì qualcuno camminarle dietro e dire:
“Questo è un quadro di Joseph Mallord William Turner. Si intitola ‘Ulisse schernisce Polifemo’ e se lo guardi bene, potrai notare dei particolari che solo con la spiegazione e affinando lo sguardo riesci a notare. Guarda ad esempio.. Non sono tutti che notano le ninfee che nuotano davanti alla barca di Ulisse, guidandola. E se guardi, il sole al tramonto, noterai dei cavalli che tirano il carro di Apollo, il dio del sole nonché, padre di Polifemo, un po’ arrabbiato per quello che hanno fatto al figlio.. Guarda alla tua sinistra. La vedi quella grotta? Lì sta Polifemo…”
S voltò e lo vide. Orlando. Teneva per mano una ragazza bionda. 
“Bel quadro Orlando. Come fai a sapere chi lo ha fatto?” chiese la ragazza.
Orlando guardò Mel trattenendo le lacrime e stringendo la mascella disse:
“Una mia amica, davvero importante…”
“Come mai non la conosco?” continuò la ragazza.
“Perché è andata a vivere a New York e da allora non l’ho più sentita. Spero che stia bene e che sia felice. E vorrei davvero tanto che sapesse che in questi mesi non l’ho dimenticata, ma la porterò per sempre nel cuore” rispose Orlando fissando Mel. 
Kate non si accorse dello sguardo del ragazzo, perché guardava il quadro. E non si rese nemmeno conto che la ragazza che aveva di fronte piangendo se andava via a testa china.
Quando Mel uscì dalla galleria, una pioggia finissima bagnava Trafalgar.
Aveva ottenuto il successo personale e aveva sacrificato l’amore. Asciugò le lacrime e sorrise felice. Infondo sapeva che in una piccola parte del suo cuore, Orlando, la pensava ancora. Come lei del resto.
Con passo svelto scese le scale che un anno prima aveva salito. 
Quello era l’unico modo di chiudere per sempre quella parte della sua vita. 
E stringendosi nel cappotto, lasciò alle spalle tutti i ricordi di una persona che aveva amato, senza sapere nemmeno chi fosse.


Via con me
Paolo Conte

Via, via, vieni via di qui,
niente più ti lega a questi luoghi,
neanche questi fiori azzurri...
via, via, neanche questo tempo grigio
pieno di musiche
e di uomini che ti sono piaciuti...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
good luck my babe,
it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
I dream of you...
chips, chips, du-du-du-du-du

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
non perderti per niente al mondo...
via, via, non perderti per niente al mondo
lo spettacolo d'arte varia
di uno innamorato di te...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful...

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
pieno di uomini...
via, entra e fatti un bagno caldo,
c'è un accappatoio azzurro,
fuori piove un mondo freddo...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful...






























   
 
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