Here’s
Your Nickel Back
Mike odiava il proprio lavoro. Fare il
commesso da Starbucks poteva andare bene se avevi sedici anni e ti serviva un
lavoretto dopo scuola, ma se di anni ne avevi quasi venticinque e vivevi ancora
con i tuoi… beh, era imbarazzante.
A Mike mancava suo fratello. Quel pazzo
di Chad – non esisteva una definizione migliore di pazzo – aveva schiaffato un paio di magliette in uno zaino ed era
partito per Vancouver, convinto di riuscire ad acchiappare il successo mondiale
al quale avevano sempre anelato. Per quanto condividesse quel sogno, Mike non
era convinto che sarebbero riusciti a diventare la band da sogno che
desideravano. Non avevano nemmeno un nome, accidenti! Quando mai si era vista
una band senza nome?
“Ti spiace scendere dalla nuvoletta
rosa e darmi una mano?” lo implorò Chuck, il suo collega, strappandolo
bruscamente ai suoi pensieri. Mike tornò di malavoglia al lavoro: Chuck aveva
diciassette anni e tanti brufoli da sembrare una fetta di pizza. Almeno io sono di bella presenza, si
consolò l’uomo.
“A chi tocca?” domandò, rivolto alla
piccola folla di clienti assiepati davanti al bancone.
“Un caffellatte alla cannella, per
favore” rispose una ragazza. Prima di voltarsi per preparare il caffè, Mike
riuscì a lanciarle un’occhiata: sui venticinque anni, capelli neri lunghi e
mossi, occhi scuri e abbigliamento casual. Era sicuro di non averla mai vista
prima: se la sarebbe ricordata, una ragazza così carina.
“Caffellatte alla cannella, ecco a
lei.” Prese la banconota dalle mani della ragazza, ma la vide allontanarsi
prima di ricevere il resto. “Ehi, il suo resto!” la apostrofò, appena in tempo.
“Tienilo pure” rispose la cliente. “In
fondo è solo un nichelino, non ti cambia la vita” spiegò, con un sorriso.
Lasciò la caffetteria, e Mike non riuscì a non sorridere. Infilò la monetina
nel barattolo delle mance e tornò al lavoro.
*
Tornato a casa, Mike si infilò sotto la
doccia, senza riuscire a smettere di pensare a quanto successo quel pomeriggio.
Era da stupidi continuare a pensare a una ragazza che aveva visto per due
minuti, e che tra l’altro non era nemmeno sicuro di ricordare bene, ma era più
forte di lui. Continuava a ripensare al caffellatte alla cannella e al
nichelino nel barattolo. L’illuminazione lo colse mentre si rivestiva dopo
essersi lavato. Forse non era troppo tardi per il loro sogno…
Dopo otto squilli e mezzo, finalmente
quel pazzo di Chad rispose al telefono. “Pronto?” Aveva la voce profonda e
impastata di chi ancora non si è svegliato del tutto, ma Mike decise di
sorvolare e di evitare battute sarcastiche.
“Nickelback”
disse, tutto d’un fiato, senza preoccuparsi di risultare chiaro.
“Eh?”
“Nickelback”
ripeté Mike. “Per la band. Il nome.”
“Eh?”
“Te lo spiego quando arrivo.”
“Arrivi dove?”
“A Vancouver. Da te, fratellino. Mica
ti lascio inseguire il nostro sogno da solo.”
Note
Dell’Autrice – Girovagando su Wikipedia senza una ragione, ho trovato
una curiosità circa il nome dei Nickelback: secondo le fonti, deriva da una
frase ripetuta da Mike all’epoca in cui lavorava da Starbucks. Non ho potuto
fare a meno di ricamarci su, e di immaginare come sia potuta andare.
Se vi
va, commentate. Se non vi va, fatelo lo stesso. Scherzo ^^