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Autore: Terre_del_Nord    22/02/2011    22 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.003 - Mandato di Cattura

IV.003


Alshain Sherton
località sconosciuta, Shetland - ven. 24 dicembre 1971

Sollevai la faccia dal bacile del Pensatoio e per alcuni secondi continuai a tremare, per l'emozione che avevo provato e per le domande che si accavallavano in me, per il senso di liberazione che si fondeva alla paura e, al tempo stesso, all'orgoglio per quello che iniziavo a intuire.

    Mio figlio... Non solo mio figlio non mi ha tradito... Mio figlio...

    “Hai bisogno di bere qualcosa?”

Mi voltai, guardai il vecchio, seduto su una sedia di fronte al camino, girato di spalle, attizzava il fuoco con un bastoncino, senza far uso della Magia, mi spostai e mi avvicinai, teneva gli occhi socchiusi, fumava uno dei suoi orrendi sigari, pieni di erbe strane, la mente persa in un mondo tutto suo, il corpo avvolto nel mantello antracite. Mi soffermai, silenzioso, a osservare anch'io le fiamme.

    “Ho bisogno di risposte... Devo capire cosa diavolo hai in mente, Fear... e spero per te che non sia come immagino... ”

Eravamo in una grotta, sulla costa nord di uno dei più piccoli scogli delle Shetland, avvolti nel buio e nel freddo della lunga notte invernale, con il mare che ululava tutto il suo furore, lì a pochi metri da noi: solo un potente Incantesimo congiunto ci consentiva di non morire assiderati. Era uno degli innumerevoli rifugi di Fear, abituato a non vivere mai troppo a lungo in mezzo agli uomini, e soprattutto mai nello stesso luogo: una vita raminga la sua, alla ricerca di una pace interiore che non avrebbe mai raggiunto, lo sapevamo fin troppo bene entrambi. Guardai le immagini che aveva disposto ordinatamente su un masso allestito come un altare: era questo ciò che lui chiamava casa, tre immagini, le sole cose che portava sempre con sé, insieme al bastone dei MacPherson, forse l'unica reliquia ancora esistente della sua antica famiglia, e una Bacchetta che, ne ero certo, non aveva più usato dopo i fatti di Durmstrang. Mi soffermai su quei volti e ricordai le parole con cui mi aveva raccontato, da ragazzino, di quella donna dai capelli color del grano, che si muovevano al vento, la bellezza di una dea nordica, e di quel bambino col volto tempestato di lentiggini, che sorrideva e correva libero lungo un crinale fiorito. E il giovane dai capelli lunghi e fulvi, i lineamenti nobili ed eleganti, scolpiti dalla fierezza della nostra Terra, un sorriso che non gli avevo mai visto.

    Un sorriso morto secoli fa… Una famiglia felice, distrutta da un unico errore. Può capitare anche a me... basta compiere un solo altro passo, e capiterà anche a me...

Un'oppressione cupa mi prese e non mi lasciò più andare. Intercettai il lampo furioso degli occhi di Fear, aveva compreso quale fosse il corso dei miei pensieri, lo vidi da come serrava la mascella, dal tremito appena ricomposto del suo corpo.

    “Questo è ciò che ha visto il Signore Oscuro, quando gli hanno portato i ricordi di tua figlia. Ha quasi tre giorni di vantaggio rispetto a te, vero, ma non riuscirà mai a conoscere la verità: ho appena celato i ricordi di Orion e di suo figlio, certi fatti, per loro, non sono mai esistiti; possono rievocarli solo di fronte alla Fiamma: ma sono entrambi privi di Rune, perciò non potranno condividerli con altri, né mantenerne memoria, una volta lontani da Herrengton... Il Lord vedrà queste immagini anche nella mente di Mirzam e, col tuo permesso, sarebbe meglio se le trovasse anche nella tua... Posso celare tutto quello che vuoi, lo sai... nemmeno col Veritaserum lui potrà... ”

Mi ritrassi immediatamente: non potevo consentire a quell'uomo di toccare i miei ricordi, non prima di avere ben chiaro che cosa avesse in mente, non mi fidavo più di lui, non potevo rischiare di confondere realtà e finzione, per nessuna ragione al mondo, non volevo e non potevo farlo.

    “Dimmi che cosa significa, Fear... Perché mio figlio ha mentito, perché dice quelle parole? Che cosa vuol dire tutto questo?”
    “Sai già che cosa significa, non sei uno stupido! Non hai più scelta, Alshain: se vuoi salvare la tua famiglia dal Signore Oscuro, ormai puoi passare solo da questa strada... Non ha senso nemmeno parlarne... stiamo solo perdendo tempo prezioso…”
    “Credi davvero che starò qui buono a guardare Mirzam pagare per tutti? Non mi conosci, vecchio!”

Fear restò in silenzio, lasciandomi macerare nei miei patemi, come quando avevo ancora quindici anni, in attesa che comprendessi che ormai non c'era più nulla da fare.

    “Apri gli occhi, Alshain! È passato, per te, il tempo delle decisioni, questo è il momento di accettare la realtà e agire di conseguenza! Non si può tornare indietro… Mirzam si è trovato all'improvviso di fronte a una decisione destinata a te, ma se per te sarebbe stato difficile e devastante scegliere, non è stato altrettanto difficile per lui... Io l'ho sostenuto, perché ora Mirzam e Sile hanno almeno una possibilità di salvarsi, grazie a Habarcat, mentre gli altri tuoi figli non ne avrebbero avuta nessuna, lo sai bene, e non ne avranno nessuna ancora per molto tempo! L'abbiamo appena visto con Rigel: il Lord non lascia all'avversario il tempo di crescere, di imparare, di difendersi... Non si cura di lottare ad armi pari... Sei il loro padre, li devi difendere tu, è a questo che serve un padre! Da morto non serviresti loro a niente! In carcere non serviresti loro a niente!”
    “Anche Mirzam è mio figlio! Lo è anche lui, non te lo scordare! È compito mio difendere anche lui!”
    “Se non l'avessi ancora capito, Mirzam ormai è un uomo! Un uomo che ha scelto consapevolmente la sua strada, con i rischi a essa legati: è un buon fratello e l'ha appena dimostrato, ha agito così per l'amore che nutre per Meissa, senza indugi. Non sembrava nemmeno lui, era così deciso, determinato, non ha esitato un attimo... Ed è anche un bravo figlio, perché ti ha risparmiato un dilemma che ti avrebbe annientato... Quale migliore dimostrazione che ora è un uomo? Solo di questo dovresti rammaricarti, di non aver ancora capito chi è tuo figlio... Ora non rendere tutto inutile con i tuoi dubbi, fai la tua parte, per quanto dura sia. A Mirzam ci penserò io, non lo lascerò solo, te lo giuro…”
    “No, deve esserci un'altra strada... Non posso lasciare che l'odio del Signore Oscuro si scateni tutto su di lui, non posso, nemmeno per salvare gli altri miei figli... ”

Fear si alzò di scatto, la sedia si rovesciò a terra: era vecchio, consumato dal dolore e dal tempo, ma c'era un'infinita potenza già solo nella sua figura, che mi faceva sentire piccolo davanti a lui, sollevò la sinistra e pensai che mi avrebbe tramortito, invece l'appoggiò calda sul mio petto, sul mio cuore.

    “Hai avuto venti anni e li hai sprecati! Quanti altri vuoi buttarne via, Alshain? Quello che ti divora è solo il rammarico, vuoi essere consumato da un rimorso maggiore? Vuoi trascinare con te tutti gli altri? Ti nascondi spesso dietro questo tuo cuore ma l’ascolti meno di quanto dovresti, quando si tratta di lui! Hai sempre saputo di dover essere fiero di tuo figlio… Perché si è avvicinato al Lord? Te lo ricordi il vero motivo? È l'amore la forza che l'ha spinto... Che cosa ti ha detto prima di sposarsi, quali sono i suoi propositi, a chi s’ispira? A te! Alla famiglia che hai creato! Pensa alle sue parole! Quello è tuo figlio, quello è il tuo Mirzam! Tua moglie ha ragione, ce l'hai qui, scritta nel tuo cuore, la verità! Ascoltalo! Lui è come te.  Non mandare tutto a monte, come ho fatto io, Alshain... non farlo!”

Ero scosso, turbato, incapace di ragionare, pensai alla rabbia di Deidra, alla disperazione, alla paura e all'odio con cui mi aveva sputato addosso quelle parole: “Io non ho bisogno di conferme... ” Perché io, al contrario, ne avevo tanto bisogno? Perché? Eppure avrei dato la mia vita per lui, per ognuno di loro… E ora... ora che quella strada era diventata l'unica da percorrere... Come sarei sopravvissuto, come saremmo sopravvissuti a tutto questo? Con quale coraggio mi sarei presentato a Deidra? Come?
Tremavo, mi sedetti a terra, accanto al fuoco, le mani a sorreggere il capo e i mille pensieri. Fear mosse pochi passi nella penombra, dopo poco tornò indietro con un calice pieno di un infuso distensivo, me lo porse, dandomi una pacca sulla spalla, poi lentamente si sedette accanto a me e iniziò a raccontare.

    “Ti dirò di quella notte, così forse capirai quanto è successo, capirai che era l'unica strada e che il tuo compito è aiutarci, non ostacolarci... Sono stato io ad aiutare Mirzam a mettere in atto il suo piano. Non avevamo tempo, non abbiamo avuto scelta. Tuo figlio era a Inverness, a festeggiare il suo addio al celibato, quando Rodolphus Lestrange l'ha avvicinato per dargli il suo “dono di nozze”. Una proposta sincera: “Dai a me, solo a me, l'anello di Salazar ed io non vi tradirò davanti al Signore Oscuro”. A Lestrange interessa diventare grande agli occhi del suo Milord, certo, ma non vi considera dei nemici da eliminare, quanto una risorsa da sfruttare per la causa... perché lui crede davvero che Milord agisca per la causa dei Purosangue, non per se stesso... Quel giovane è molto più furbo e ambizioso di suo padre, infido, come ogni Lestrange, certo, ma… tuo figlio si è conquistato in qualche modo una sorta di lealtà da parte sua, e se fossi in te ne terrei conto, tutto può tornare utile, in un momento difficile come questo.”
    “Lo so, Fear, lo so... per quanto quella famiglia mi disgusti, non potrò mai dimenticare che Rodolphus Lestrange ha salvato mio figlio in varie occasioni. ”
    “Bene, perché non è più tempo di nutrire pregiudizi, Alshain: la strada che avete tutti di fronte è piena di sporchi compromessi, la tua vita non sarà più come l'hai conosciuta in questi anni... scordati i tuoi principi, scordati molto di quello che ami... quello che conta ora è solo sopravvivere... "

Lo guardai turbato, poi guardai le mie mani. Sì, era vero, lo sapevo: questo era solo l'inizio... l'inizio di una caduta in un baratro senza fondo. Nel mio futuro c'era ormai solo la menzogna, l'odio, il sangue, l'orrore, dovevo prepararmi a fingere, mentire, odiare, uccidere, dovevo rievocare il mostro che avevo celato in me per vent’anni, grazie all'amore della mia Deidra. Sarei diventato tutto ciò che più disprezzavo. Dovevo...

    “Mirzam ha negato di avere l’anello, gli ha addirittura riso in faccia quando ha saputo che Bellatrix pensava che fosse stato lui, tuo figlio, a introdursi a Lestrange Manor per combinare lo scambio! Quella donna lo odia, anzi, vi odia tutti… e anche di questo dovrai sempre tenere conto. Non mi è piaciuto come ti guardava alla festa, Alshain... Stai attento, soprattutto ora che con tua moglie le cose non saranno semplici... ”
    “Ti prego... continua a raccontare e non parlarmi di Deidra... ”

Il vecchio annuì, mi guardò con quella che poteva essere solo compassione, poi riprese celando i propri veri pensieri su di me e su quello che mi angustiava in quel momento.

    “Per Mirzam non è stato difficile negare di fronte a una sciocchezza simile, però Rodolphus è furbo, sa come colpire, così gli ha detto che, al contrario, lui sospettava dei Black... Tuo figlio si è spaventato, certo, ma è riuscito a mantenere il sangue freddo necessario a farlo ragionare, l’ha convinto che era un’assurdità e alla fine l'ha distratto, dicendogli che era pronto ad agire, di volergli dimostrare subito i suoi propositi... Così è andato in missione con gli altri, quella notte, e alla fine... è successo quello che prima o poi sarebbe dovuto accadere. Ha ucciso, Alshain... per la prima volta ha ucciso…”

Balzai di nuovo in piedi, incredulo: non era possibile, non riuscivo a concepire l'idea che Mirzam fosse diventato un assassino, una sola parola mi martellava la mente, una sola assurda, inutile parola: Perché…

    “Per favore, Alshain... siediti, non è come credi: non l’ha voluto, né cercato... Di certo saprai di quell'Auror caduto dai muraglioni alcune notti fa, a Londra…”
    “Che cosa? Salazar! Un Auror! Ha ucciso un Auror? Che cosa…”
    “Quell’uomo inseguiva tuo figlio perché l’ha visto scappare, ma Mirzam non aveva fatto nulla di male… certo, non era riuscito a impedire agli altri di portare a termine l'impresa, ma... non aveva fatto nient’altro che difendersi... E anche con quell'Auror... Quell'uomo ha cercato di attaccarlo, Alshain, e nel farlo ha perso l'equilibrio ed è caduto! Mirzam ha provato a salvarlo, ma non ha fatto in tempo, si era già schiantato al suolo. Mi ha giurato che è stato un incidente, solo un maledetto incidente ed io gli credo: Mirzam era sconvolto, distrutto dal senso di colpa... ”
    “Perché mi dici tutto questo solo adesso? Maledizione, Fear! Sono suo padre! Potevo aiutarlo... Dovevo essere io ad aiutarlo!”
    “C'era altro da fare, Alshain… Il Rito era molto più importante, estremamente importante... Tu non saresti riuscito a mantenerti sereno con una storia del genere... Dovevamo dare una possibilità di salvezza a quei due ragazzi... Almeno adesso, una seria possibilità di farcela ce l'hanno...”
    “Non posso crederci, non è possibile... Non è...”

Perché Mirzam doveva affrontare tutto questo da solo? Per colpa mia... solo per colpa mia… Avevo rovinato tutto tra noi, non si fidava più di me... Non si fidava e aveva paura di chiedere aiuto a me... a suo padre… A questo punto l'avevo portato... a questo punto... Mi sedetti di nuovo a terra, le mani tra i capelli, disperato e sempre più confuso.

    “È venuto da me, ferito a una gamba, uno dei due Auror l'aveva colpito, mentre l'altro... Credo sia quel Potter venuto a Herrengton con Crouch: Mirzam dice che potrebbe averlo visto abbastanza da vicino da riconoscerlo... Dobbiamo fare attenzione, Alshain, per tutto il giorno Crouch l'ha osservato con più attenzione di quanta ne abbia prestata al Ministro... e ormai hanno scoperto che non è partito con Sile... Emerson dice che sarà spiccato un ordine d’arresto per interrogarlo sull’attentato, in questo momento potrebbero già cercarlo…”
    “Era questa la cosa terribile di cui mi accennavi prima?”
    “Sì, e ti avverto, credo che giocheranno sporco: c’era qualcosa di Oscuro, nella sala di Habarcat! Non ho potuto controllare, era pieno di Aurors e... Nella sala di Habarcat c'era qualcosa che non doveva esserci... prima che tu svenissi, prima della sparizione di Meissa, ho percepito Magia Oscura nella stanza, qualcosa di malefico e mortale… un Manufatto Oscuro... ”
    “Vorresti dire che qualcuno avrebbe nascosto Manufatti Oscuri per incastrarlo? Perché? Chi? Io non capisco! Deidra ha detto che hanno perquisito tutto, prima e dopo l'arresto di Williamson, e non è stato trovato nulla, Fear…”    
    “In quella stanza c’era qualcosa, Alshain… e qualcuno, non so chi, né perché, se l'è portata via... se l’avessero preso i Ministeriali… a quest’ora… ”
    “Qualsiasi cosa accada, troverò testimoni credibili che dicano che mio figlio quella notte era da tutt'altra parte... e quanto a ipotetici Manufatti Oscuri... ”
    “Non sottovalutare Crouch e la sua smania di far carriera, Alshain… Né l’odio che molti provano per te, per la Confraternita, per le Terre… Non si accontenteranno di incriminare quel Williamson, per quello che è successo a Herrengton, faranno di tutto per legare il vostro nome all’attentato!”

Lo sapevo… ero stato un folle a invitare tutta quella gente a quella festa… Ero stato un folle, anzi, a invitare il Ministro, a credere di potermi alleare con lui per il bene della Confraternita, senza mettere in conto possibili ritorsioni... Salazar...

    “Penseremo anche a questo, Fear... ora, però devo sapere tutto di quella notte e devi sincero o non potrò più fidarmi di te... lo sai... ”
    “D’accordo… Mirzam era sconvolto, l'ho curato e gli ho dato lo stesso infuso che stai bevendo ora per calmarsi, mi sono fatto raccontare tutto e ho capito che la situazione era grave, molto grave... Tuo figlio aveva già ben chiari il problema e un'idea per risolverlo, doveva mettere al sicuro Meissa e l’anello, ingannando Milord, come avevate già fatto con Lestrange, ma non sapeva come agire nel concreto… L’ho aiutato a mettere tutto in pratica, gli ho spiegato come “convincere” la bambina a dargli l’anello, ma Mirzam mi ha celato una parte dei suoi propositi, per esempio non avevo idea che volesse nascondere il libro e le singole parti in luoghi diversi…”
    “Non capisco... Come avete fatto a creare un falso ricordo se non avevate a disposizione il ricordo originale? Mirzam non era con me in quella stanza, quando Orion mi ha consegnato la pietra…”
    “Mirzam doveva prelevare il ricordo originale e portarmelo, così l’avrei alterato sovrapponendogli un ricordo simile che avremmo ricreato qui: alcuni capelli, un po' di Polisucco e un prezioso aiuto hanno fatto il resto…”
    “Non vorrai dire che ti sei fatto aiutare da... ”

Non rispose, si limitò a rivolgermi un sorriso infido e misterioso: capii che si era spinto di nuovo di là dei patti che avevamo stretto e, con un brivido, mi chiesi quali altri segreti mi nascondesse.
    
    “Pagherò a tempo debito anche per questo, se vorrai... ma non adesso... Ci ho lavorato un pomeriggio intero, alla fine ho impresso al ricordo un Incantesimo mimetico e confondente, così che non si notassero le alterazioni: più sei coinvolto, più sei desideroso di conoscere, più i dettagli diventano sfuggenti, la mente si deconcentra... Ed io mi ci gioco la testa: la bramosia del Lord per Habarcat è più che sufficiente a farlo cadere in quella stupida trappola!”
    “Sì, ma tutto questo significa che... se Mirzam è tornato a casa, ha lanciato un Imperius a Meissa per ottenere l’anello e prenderle i ricordi… e te li ha riportati in un secondo momento… allora a Diagon Alley, quando era con Lestrange, aveva addosso... ”
    “Sì, aveva con sé i ricordi e probabilmente tutto o parte dell'anello... Ha avuto molto coraggio e soprattutto molta fortuna, perché Lestrange l'ha portato proprio da Milord, quella mattina...”
    “Salazar... due pazzi, ecco cosa siete... due... ”
    “Mirzam sapeva cosa c’era in gioco in quel momento e ha agito con astuzia e coraggio. Dopo il mio intervento, prima che partiste per Grimmauld Place, ha fissato il nuovo ricordo sulla bambina, avevo intenzione di farlo io stesso, appena avessi avuto la possibilità di avvicinare Meissa, ma Deidra mi controlla a vista dalla cena a Essex Street… così Mirzam si è dovuto occupare anche della seconda parte del piano ed io non ho avuto modo di conoscere tutti i dettagli…”
    “Quindi non hai la certezza che questi siano davvero i ricordi che le hanno rubato! Sei sicuro che sia andato tutto come... ”
    “Sì... Ho avuto modo di avvicinarla per pochi istanti durante il banchetto, le ho offerto un succo di zucca e sfiorandole la mano…”

Di colpo mi prese un attacco di nausea, come ogni volta che ricordavo gli insegnamenti del mio maestro, l’assoluta tranquillità con cui mi spiegava come era possibile trarre dal prossimo tutto ciò che si desiderava, anche attraverso le azioni più turpi. Non riuscivo ad accettare che questa volta, l’oggetto delle sue macchinazioni fosse addirittura la mia bambina.

    “Come ti è saltato in mente di fare tutto questo a una bambina di undici anni, me lo spieghi? Servendoti per giunta di suo fratello! A parte che è… è… immorale… ma Mirzam non ha ancora nemmeno l'esperienza necessaria per compiere Magie simili! E se qualcosa fosse andato storto? Se le avesse procurato dei danni irreversibili? Ci pensi? Come hai potuto esporlo a… Salazar… non ho parole! Dovevi dirmi quello che stavate architettando, maledizione! Se era proprio necessario... L'avrei fatto io!”
    “Sei bravo a parlare di moralità e di rischi e di conseguenze… A te com’è saltato in mente di affidarle l'anello? Andiamo, Alshain! Lo sai bene, è questione di attimi: in pochi attimi devi scegliere il male minore! Quando hai lanciato un Imperius su tuo figlio o quando hai affidato a Meissa un impegno tanto gravoso, hai fatto quello che ti pareva più giusto in quel momento, la soluzione migliore per proteggere le persone a te care... Il mio unico errore è stato non aver capito che avrebbero colpito tanto presto! Pensavo di avere il tempo di dirti tutto... di portare avanti una strategia comune... ”
    “Non mi pare che questo sia stato il tuo unico errore…”
    “Ah no? Orion Black e suo figlio non hanno memoria alcuna del proprio coinvolgimento nella storia dell'anello e non essendoci altre prove, sono salvi; i ricordi di Meissa e Mirzam sono ben protetti e per ora, consciamente, entrambi credono che gli eventi siano andati come li hai visti nel bacile e come li conosce Milord; d’ora in poi, Meissa e gli altri tuoi figli non subiranno più l’attenzione del Signore Oscuro, che si sposterà tutta e sola su Mirzam. Lui e Sile sono protetti da Habarcat... Inoltre... il Lord non ha idea di quale dei tuoi figli ti dovrà sostituire un giorno: quando si accorgerà di avere un anello inutile, non potrà toccare nessuno di loro, per non rischiare di colpire lo Sherton che gli serve... Quanto all’anello, è di nuovo nelle tue mani, in attesa di un nascondiglio definitivo e sicuro: presumo che il libro sia stato prelevato e nascosto in un luogo in cui solo tu puoi trovarlo. Gli unici ad avere piena coscienza della verità ormai siamo noi due... se permetti, ti aiuterò a celarla, così che nemmeno sotto Cruciatus tu possa tradire te stesso e i tuoi figli!”

Lo guardai, riflettei a lungo: aveva ragione, quella follia era ormai andata troppo oltre. Avevamo generato anche molta confusione, i Black erano salvi e Mirzam si era, di fatto, sostituito a Meissa nelle mire del Lord: questo non mi rallegrava, ma razionalmente sapevo che aveva più possibilità di Meissa di sfuggirgli o affrontarlo. Eppure... Avrei mandato al diavolo tutto, il mio orgoglio, la mia onestà, la mia vita, per la loro salvezza! Non m’importava dell’anello, delle Terre, di Milord… L’unica cosa che contava per me era salvarli, tutti, nessuno escluso! Mi sconvolgeva il pensiero che Mirzam avesse scelto per se stesso, in quel gioco, un ruolo che lo poneva in pericolo di vita, e lui non sapeva nemmeno, fino in fondo, della potenza del Rito, aveva di fatto scelto volontariamente di sacrificarsi per sua sorella... Una paura atroce per quello che poteva accadergli se il Rito avesse fallito, mi attanagliava e per quanta fiducia avessi nella Magia delle Terre, non riuscivo a non sentirmi oppresso e disperato.

    Mio figlio… che sono stato capace persino di giudicare un traditore…
    No, non posso starmene qui a guardare, devo aiutarlo: è il mio compito... a qualsiasi costo...

    “Tutto perfetto, Fear, hai ragione, ma avete considerato che cosa succederà quando Milord indosserà l’anello e scoprirà che è del tutto inutile?”
    “La tradizione dice: “Gli anelli del Nord perdono il proprio potere quando sono sottratti con la violenza o con l'inganno”... Milord dovrà prendersela solo con se stesso e la propria ignoranza! Farà fuori chi gli ha consegnato l'anello, se vorrà sfogarsi con qualcun altro e non con se stesso!”
    “Certo... e per quanto tempo ciò sarà sufficiente a placarlo? Lo sai bene che cosa farà: catturerà Mirzam, lo costringerà a indossarlo e usarlo per lui e in questo modo scoprirà l’inganno, perché l’anello non funzionerà nemmeno con mio figlio! Allora me li prenderà uno dopo l'altro, e Mirzam si sarà sacrificato per niente!”
    “Non troverà mai il vero anello, Alshain, e noi lo convinceremo che chi ha rubato l’anello l’ha anche danneggiato, che il potere sulla Fiamma è perduto, che l’Erede di Slytherin potrà accedere alle Terre e farsi riconoscere dalla Fiamma solo per altre vie. Se, come dici, è un Mezzosangue, non entrerà mai nelle Terre, e voi Sherton a quel punto sarete i suoi unici possibili intermediari presso quella Magia che tanto ambisce. La sua sete di potere è così grande che farebbe un patto persino con il diavolo piuttosto che rinunciare a Habarcat e alla sua consacrazione. Figuriamoci se non scenderà a patti con te…”
    “Preferirà ucciderci tutti che subire un’onta del genere! Chiedere il nostro aiuto, equivarrebbe a mostrare a tutti la sua natura imperfetta!”

Mi alzai, sentivo il mare ruggire furioso, la mia anima lo accompagnava funerea in quel lamento: tutto quello che avevo saputo non aveva fatto altro che aggiungere pene e sofferenze, il senso di colpa mi stava annientando. Ora, però, più urgente della disperazione, era la necessità di sottrarre mio figlio al pericolo che si stagliava minaccioso su tutti noi: dovevo trovarlo, parlargli, chiarire tutto, trovare il modo di nasconderlo e di proteggerlo. Sì, potevo sfruttare il caos di quel momento, per farlo sparire, per metterlo in salvo. Non avevo idea di dove fosse, non sapevo se il Ministero fosse veramente già sulle sue tracce, e se qualcuno avesse creato prove contro di lui, per incastrarlo. Dovevo trovarlo prima di Milord e dei Ministeriali.

    “Devo trovare un modo per proteggerlo, di là del potere del Rito... Voglio che si nasconda, là dove nessuno possa trovarlo... Nasconderò uno dopo l'altro tutti gli altri, se necessario... ”
    “Il potere di Habarcat è sufficiente a proteggerlo, ma se altre garanzie... Troverò il modo, Alshain... lo troverò... ora, però, lasciami sistemare i tuoi ricordi... ”
    “No, prima devo trovarlo e parlare con lui… Dammi il tuo bastone e il tuo pugnale, Fear…”
    “Che cosa vorresti fare? Non abbiamo tempo da perdere!”

Non gli risposi, il vecchio, cauto e sospettoso, mi diede ciò che avevo chiesto, ma gli bastò notare la mia determinazione per comprendere.

    “Alshain, no… Lascia fare a me, sei ancora troppo debole!”

Percepii la sua mano sulla spalla un solo istante, ma era già troppo tardi: mi ero avvicinato al caminetto, avevo allungato verso la fiamma la mano che reggeva ancora la verghetta di Salazar e mi procurai un profondo taglio con la lama; recitai delle formule di Magia Antica, finché il fuoco, assaporato il mio sangue, si divise in due ali, smettendo di bruciare al centro. Mi chinai e presi un pugno di cenere, lo strinsi tra le dita bagnandolo del mio sangue, ci soffiai dentro altre formule, poi mi alzai, mi misi al centro della stanza, tenendo il bastone di Fear nella mia destra; chiusi gli occhi e iniziai a muovermi lentamente in cerchio, recitando le formule e lasciando fluire cenere e sangue tra le dita. La forza del mare e della tempesta penetrò il mio essere e divennero un tutt’uno con la mia Magia: mi lasciai guidare da quell’energia, istintivamente, senza mediarla con la coscienza o, peggio, con la ragione. C’erano solo la Magia primordiale, il mio cuore, il mio sangue, la mia ostinazione, la mia mente che chiamava mio figlio con insistenza, inesorabile e disperata, finché i miei occhi si riempirono d’immagini, via via più nitide, e vidi Mirzam e Sile, che si baciavano nella neve, in un posto che conoscevo, che riconobbi all'istante, la soglia di casa nostra, a Essex Street. Riaprii gli occhi, impaziente, pronto a smaterializzarmi a Londra, ma Fear aveva ragione, sentii di aver consumato in pochi istanti le flebili energie rimaste; rischiai di cadere, senza più forze, il vecchio mi sorresse appena in tempo, ero sul punto di perdere nuovamente i sensi. Senza forze e senza scelta, affidai me stesso e mio figlio a lui.

    “Sono a Londra, gli Aurors non li hanno ancora trovati… salvali, a qualunque costo… Ti prego! Portali da me, devo parlargli, Fear... Devo dirgli che so... poi potrai fare dei miei ricordi e della mia vita ciò che vorrai... ”

Il vecchio annuì, lo sguardo pieno di preoccupazione e di un dolore che conosceva bene. L’ultima cosa che vidi fu la sua mano davanti ai miei occhi. L’ultima cosa che sentii fu la sua voce che recitava al mio orecchio la formula necessaria a smaterializzarci. L’ultima cosa che pensai fu la preghiera per i miei figli. Tutti i miei figli.

***

Lord Voldemort
Little Hangleton, UK - ven. 24 dicembre 1971

Lo studio era illuminato dall'ultimo sole del giorno, tiepidi raggi penetravano dalle vecchie finestre ad arco ogivale, accarezzando le pareti dominate dai ritratti degli antichi Signori di Herrengton, gli scaffali ricolmi di libri, l'ampio tavolo pieno di ampolline e alambicchi. Sospirai, bramoso, facendomi permeare io stesso dal sole, percependo l'odore delle pergamene, delle erbe, delle pietre. Spaziavo in quell'ambiente con occhi voraci, il cuore che pulsava rapido: avevo la possibilità, per la prima volta, di guardare oltre il velo di Magia Antica che proteggeva quella Terra; nemmeno sondando la mente del giovane Sherton avevo visto dettagli così nitidi della loro vita quotidiana. Semplici ricordi, preziosi ricordi, scaturiti senza la protezione del giudizio.

    Pura Verità.

Un'emozione potente si era fatta largo in me, il richiamo stesso del Sangue, il ritorno alle Origini più nobili e antiche del mio Essere.  La voce della mia Essenza più profonda. Solo quando, da ragazzo, ero entrato, Io, primo dopo tanti secoli, nella Camera dei Segreti avevo sentito una sensazione altrettanto forte. Quella era la mia Storia e al tempo stesso il mio Destino. Erano diventati un tutt'uno, in me, Futuro e Passato, non solo nel pensiero, ma in maniera tangibile, sensibile, reale, concreta: le mie dita avevano toccato la Magia millenaria delle Origini. Presto sarei entrato anche nelle Terre, avrei camminato tra quelle antiche pietre, avrei visto con i miei occhi i segni lasciati dalla potenza di Salazar.

    Io.

Avrei celebrato, Io stesso, persino i sacrifici nella Sacra Grotta. E tutti si sarebbero prostrati ai miei piedi, venerando Me, più forte e più grande di Salazar stesso, perché Io avevo superato il mio stesso Sangue e i miei Maestri, perché Io avevo battuto persino la Morte conquistando addirittura l'Immortalità. Ero Io l'Essenza stessa della Magia Vera, pura, incontrastata.
Dominai con una certa difficoltà le sensazioni che si facevano largo in me, rischiai di perdere il contatto con i ricordi di Meissa Sherton: svuotai di nuovo la mente da pensieri ed emozioni, respirai di nuovo a fondo, rilasciando il respiro lentamente, percepii una specie di vertigine e di straordinaria esaltazione, sentii il corpo pronto a comprendere tutto, inebriato di nuovo, cullato di nuovo, da quel sole, da quegli odori, da quell'atmosfera. Con la mente sgombra, smisi di essere me stesso, Lord Voldemort, per guardare il mondo con gli occhi di una bambina di undici anni, una bambina che osservava Alshain Sherton, suo padre, senza il timore e il sospetto che quasi tutti mostravano in sua presenza.  E senza il disgusto che quell'uomo aveva sempre suscitato in me. No, non c’era nulla di tutto questo: guardare quell'uomo, attraverso quegli occhi, mi dava una sensazione potente, intensa, soffocante, una sensazione che mi squassava fin dalle viscere, così insopportabile che rischiai di nuovo di perdere la concentrazione.

    Amore.

Quello che c'era negli occhi di quell’inutile ragazzina era Amore. Lo stupido, insulso, sentimento, che più odiavo. Il sentimento dei deboli, degli illusi, dei perdenti. Sentivo il suo amore per suo padre, in un modo così potente e nauseante, che fui preso da una rabbia cieca: quelli dovevano essere i Prediletti di Salazar, dovevano avere i suoi Principi impressi a fuoco nel Cuore e nel Sangue, e invece... Invece erano solo degli esseri stupidi, deboli, inutili, vergognosamente vulnerabili. Ora comprendevo il perché della decadenza del Mondo Magico: persino una delle famiglie più pure tra gli Slytherin aveva perduto la percezione della Verità! Dovevano essere Maghi e Streghe pieni di ambizioni sfrenate e di odio per la feccia, orgogliosi ed esaltati per la propria evidente superiorità, invece avevano a cuore solo insulsi sentimenti, come volgare plebaglia. Sentii forte come non mai il desiderio di punire quell'uomo, meritava di pagare già solo per la debolezza che aveva iniettato nelle vene dei suoi stessi figli! Mi ripugnava... Volevo cancellare lui per cancellare tutto ciò che rappresentava: il decadimento, la debolezza, l'indecisione. Sì, meritava di morire anche solo per questo. Volevo farne un esempio per tutti, nessuno doveva più dimenticare il significato dell’essere grandi e delle conseguenti responsabilità. Nessuno doveva più dimenticare l’importanza degli unici Principi da seguire. Sì, meritava di morire già solo per la venerazione che sua figlia provava per lui. Un figlio deve provare odio, terrore, al limite rispetto, non amore. Ci avrei pensato Io a correggere quegli errori: avrebbero compreso tutti, Meissa Sherton per prima, che l'amore porta solo a questo… all'annientamento. Avrei trasformato quell'amore in orrore, l'ammirazione e la speranza in fuoco e sangue.

    Meissa Sherton conoscerà presto la differenza tra la Realtà e le favole. Tutti, lei per prima, capiranno che l'amore è un’illusione propria dei deboli.
    Al mondo non c'è posto per i deboli... Non deve più essercene... Non più. Mai più.

Dovevo calmarmi, rischiavo di perdere di nuovo il contatto con quei pensieri e quei ricordi. Riflettei: di solito ero molto saldo nel dominarmi, quelle immagini invece mi distraevano, sembravano possedere la capacità di confondermi. C'era forse della Magia in quei ricordi, una Magia capace di impedire di vedere dettagli importanti? Forse era così, forse c'era persino una Magia capace di variare l'intensità delle sensazioni provate al mutare dell’osservatore, perché Rodolphus, che pure era un Mago di Magia e potere molto inferiori ai miei, non era rimasto confuso. Sherton era astuto, aveva senz’altro usato dei trucchi per proteggere i suoi segreti. Dovevo fare molta attenzione.
Di nuovo respirai a fondo e m’imposi di non pensare ai miei propositi di vendetta. Mi ritrovai nello studiolo, immerso nella luce calda del pomeriggio, sentii l'odore di salsedine permeare l'aria attorno a me, confondendosi con gli odori di erbe tagliate, c'era senza dubbio la mola da qualche parte, e l'odore muschiato, umido, delle pergamene antiche, che macerano nell'oscurità, nel freddo, nel silenzio. Mi soffermai sul ritratto del padre di Alshain. Avevo visto quel Mago una sola volta, a Hogwarts, mentre usciva furente dall'ufficio di Armando Dippet, all'epoca dell'apertura della Camera: quando era successo, molti avevano concentrato attenzione e sospetti sui suoi due figli, in particolare sul piccolo Alshain. Fin da allora, il secondogenito di casa Sherton aveva qualcosa d'inquietante, lo percepivo quando lo incrociavo in Sala Comune o nei corridoi, per questo desideravo avvicinarlo, comprendere i suoi segreti, convinto che mi sarebbero stati utili nei miei progetti. Anche lui sentiva me, la mia vera natura, lo vedevo; era sfuggente, però, si teneva alla larga, non capivo se avesse paura di me, o si sentisse, per qualche motivo, superiore a me. M’irritava già da allora, perché non assecondava i miei desideri, perché trascurava la mia cerchia e cercava rifugio nella compagnia di quell'essere pomposo e inutile di Orion Black: era persino riuscito a sfuggirmi, quando l'avevo astutamente attirato e intrappolato nel bagno da cui si accede alla Camera dei Segreti, desideroso di vedere cosa gli sarebbe successo al cospetto del Basilisco… Era stata colpa di Black, se la situazione mi era sfuggita di mano e da allora erano diventati amici del cuore.

    Disgustoso...

Il maggiore dei fratelli Sherton, al contrario, frequentava i miei stessi compagni, era intimo amico di Lestrange e spesso era in combutta con suo “cugino”, Abraxas Malfoy: non aveva, però, nulla che mi servisse, era solo un patetico idiota, uno sbruffone senza un briciolo di vero potere, non sarebbe mai stato una vera guida, come stoltamente credeva. In seguito, Malfoy si era occupato di lui, alla prima occasione, liberandoci di quell'insulsa e boriosa presenza: tanto avevamo capito tutti che il vero Erede di Hifrig era il secondogenito.

    “Mirzam, vorrei che facessi vedere a tua sorella la pietra!”

Lasciai da parte i miei ricordi e ritornai a prestare attenzione alla scena: Meissa era seduta di fronte a suo padre, accanto aveva Mirzam, si voltò verso il fratello ed io lo guardai, non riusciva a nascondere il proprio nervosismo, si capiva da quell'odioso vezzo di lisciarsi di continuo i capelli. Il giovane, con un cenno d’assenso, estrasse un morbido sacchettino di velluto borgogna dalla tasca interna della toga e lo depose sul tavolo, Alshain lo prese con delicatezza e fece rotolare fuori una pietra, non grande, uno smeraldo dai sinistri bagliori verde cupo: la sua faccia restò impenetrabile ma, guardando il suo petto, vidi il respiro contratto tipico della persona concentrata, trepidante, e compresi che doveva riporre molte aspettative in quella gemma. La bambina si lasciò suggestionare da quel verde intenso senza tuttavia osare toccarlo, mentre suo padre si alzò, trafficò intorno al caminetto fino a scoprire un nascondiglio, da cui estrasse una piccola scatola di legno, intarsiata con Rune e simboli cabalistici. Sherton ritornò al tavolo, la bambina, silenziosa, non gli staccò gli occhi di dosso, per tutto il tempo, mentre Mirzam le teneva la mano. Guardai le loro dita intrecciate e notai una sottile fila di Rune sul palmo del giovane: il mio infiltrato nella Confraternita non aveva nulla di simile, mi chiesi se fosse un semplice vezzo di famiglia, o un dettaglio importante.

    “Prova a indossare quest’anello, Meissa... ”

La bambina prese la verghetta metallica dalle mani del padre, infilò l'anello e non ci fu nessuna reazione particolare, nessuna manifestazione della Magia Antica, nessuna apertura miracolosa nella sua stupida mente.

    “Non succede niente... ”

Alshain, preoccupato, guardò i figli ma non disse nulla, ne percepivo, però, la delusione, riprese l'anello dalla mano della bambina per poi lasciarlo sul tavolo, osservandolo a lungo, assorto, finché invitò sua figlia a ritornare di sopra, dalla madre. Meissa si alzò, si avvicinò all'uscita, ma fece solo finta di ubbidire: curiosa, rimase fuori dallo studiolo, osservando il padre e il fratello da dietro la porta appena accostata. Sherton prese l'anello e lo osservò per l'ennesima volta, poi lo provò su se stesso, ma la verghetta metallica continuava a non completarsi con la pietra, non potenziava la propria Magia accettando lo smeraldo, si era limitata a mutare le proprie dimensioni per adattarsi alla mano del Signore di Herrengton.

    “Non succede niente... Com'è possibile che non funzioni?”
    “Dobbiamo continuare a cercare... non è l'anello giusto o non è la pietra giusta, Mirzam. Lo avevamo già messo in conto, ricordi? A meno che... provalo anche tu! Toglimi questa curiosità... ”
    ““Muoverà l'anello colui che nasce tra Antares e Aldebaran”: Questo dice la legge e lo dice molto chiaramente. Tutti noi, eccetto voi due, siamo nati dopo Beltane!”
    “Un vecchio mi parlò una volta di una versione più antica della legge, che legherebbe l'anello non alle Levate Eliache, ma al Sole, in particolare alla primavera, quindi la verghetta risponderebbe a chi nasce tra Osthara e Litha. Che cosa ci costa tentare?”

Il giovane, dubbioso, annuì e prese l'anello dalle mani del padre: subito la pietra e l'anello si fusero, e lo sguardo dei due Sherton s'illuminò di sorpresa e di sollievo.

    “Ahi!”

Mirzam portò l'altra mano al dito su cui campeggiava l'anello: la verghetta aveva mutato forma, ma non riuscivo a vederla bene a causa della distanza, di sicuro gli si era conficcata nella carne, provocandogli una piccola ferita e facendo cadere diverse gocce di sangue sul tavolo. La pietra, coperta del fluido rubino, s'ingrandì, aprendosi per lasciar cadere sul tavolo quella che a prima vista sembrava una pagliuzza e che poi, poco per volta, divenne sempre più grande, fino a trasformarsi in un libercolo.

    “Salazar! Allora è vero! Avanti, presto... aprilo e leggi che cosa c'è scritto!”

La voce di Alshain vibrava di eccitazione, Mirzam aprì il libro e rimase per qualche secondo attonito, poi lo portò alle labbra, muto, lo baciò e lo depose con riverenza sul tavolo, inginocchiandosi come fosse al cospetto di un dio. Suo padre lo prese a sua volta, entusiasta, accarezzò con la punta delle dita la copertina, poi lo aprì, e rimase ad ammirare a lungo quello che vedeva sul frontespizio, recitando rapide parole nella lingua del Nord.

    “La firma del mio Maestro, del più potente tra i Fondatori, di Salazar Slytherin... ”

Anche Alshain baciò il libro e s’inginocchiò davanti a lui, continuando a recitare strane litanie, per poi rialzarsi, andare al nascondiglio sotto il caminetto ed estrarre un drappo, antico e molto prezioso, con cui avvolse il libro e lo depose sul tavolo. Rimasero a lungo in silenzio, straniti, emozionati, finché Mirzam interruppe quell’atmosfera fatta di attesa, stupore, sacralità.

    “È lui, padre... È il libro delle antiche formule di Salazar... ora i segreti di Habarcat saranno di nuovo alla nostra portata: attraverso la pienezza della Magia Antica, noi... ”
    “No, Mirzam, questo libro è solo l'ultimo onore che Salazar fa alla nostra famiglia: abbiamo promesso fedeltà a Salazar e alla sua Stirpe, abbiamo ricevuto il compito di custodire la Fiamma e le Terre, fino a che dal Sangue del Maestro non fosse nato un Mago di potenza paragonabile a quella di Salazar, cui riconsegnarle integre... Il giorno è arrivato, consegneremo l'anello a Milord e onoreremo il patto!”
    “Padre... Milord è potente, vero, ma... Che prove abbiamo che sia davvero l'Erede di Slytherin? Nessuno sa davvero chi sia, è comparso all'improvviso, è un uomo senza passato, è... ”
    “Ero a Hogwarts quando l'Erede ha riaperto la Camera dei Segreti, Mirzam! Mio fratello sosteneva di conoscerne l'identità, mi disse che era un suo amico, io non avevo molta familiarità con quella persona, ma ho comunque avuto modo di vivergli vicino per due anni: aveva... La sua Magia e la sua persona erano notevoli già allora... È cambiato molto, certo, ma... non tanto da non riconoscerlo... È lui. A me basta ascoltare le vibrazioni che trasmette tutto intorno a sé con la sua Magia: è lui... Ora l'anello fornirà al mondo la prova definitiva di ciò che dico... Pertanto rallegrati, figlio mio, perché avremo l'onore di assistere al ritorno del Sangue di Salazar in queste Terre, poi potremo ritornare alla nostra vita... ”
    “Non puoi dire sul serio! Non l'accetto! Non rinuncerò così a tutto questo! Mai! ”
    “Non capisci? Riavremo la NOSTRA vita, Mirzam, quella che saremo noi a scegliere! Non avremo più vincoli imposti dal Destino! Niente più morte, niente più dolore, niente più rinunce in nome di quell'antico patto! L’onore che comporta questa vita è grande, ma... è costato molto, troppo agli Sherton: io sarò l'ultimo Signore di Herrengton, e avrò l'onore di servire l'Erede del Maestro, se avrà bisogno di me... Tu e i tuoi fratelli vivrete, invece, senza dover più niente a nessuno! Consegnerò l'anello e voi sarete finalmente liberi!”
    “Devi essere impazzito! È questo che sei, sì! Un pazzo...  Ed io non ti seguirò mai in questa follia!”
    
Alshain non parve prendersela per quella mancanza di rispetto, che mi lasciò perplesso come del resto tutta quella scena: evidentemente la decadenza e il lassismo nell'educare i propri figli erano persino più gravi di quanto i miei informatori mi avessero raccontato.

    “Mirzam... ”
    “È da folli credere che Milord, una volta preso l'anello, rispetti il patto! Non ti lascerà mai in pace, lo vuoi capire? Il tuo nome... il tuo potere... l'influenza sulla Confraternita... ti vedrà sempre come un alleato da sfruttare o un nemico da distruggere, non ti lascerà in pace, mai! Ti ricatterà per avere ancora di più, sempre di più... E tu, privandoti dell'anello, non avresti altro da offrirgli se non te stesso e i tuoi figli! Se gli darai l'anello, perderemo l'unica speranza che abbiamo di sopravvivere... ”

Ghignai tra me, quel piccolo imbecille mi aveva compreso molto più di quello che dava a vedere: potevano scommetterci che non mi sarei limitato a prendermi quell'anello! Una volta ottenute le Terre e Habarcat, ripulito il mio sangue dell'onta di aver avuto un padre babbano, avrei completato la mia piena consacrazione in ogni modo, soddisfacendo qualsiasi mia voglia: avrei reso Alshain Sherton il mio burattino, costringendolo a fare qualsiasi cosa lo ripugnasse, solo per sfregio, e alla fine, piegato e umiliato, colmati i suoi occhi di orrore e la sua anima di rimorsi, distrutta la sua insopportabile alterigia, mi sarei disfatto di lui.

    “Ho già deciso, non ho altro da aggiungere!”
    “E se io non volessi seguirti? Ci hai pensato? Se io mi ribellassi? Da un pezzo, ormai, non spetta più a te decidere della mia vita! E ora l'hai visto da te... L'anello ha scelto me per palesarsi, potrebbe avermi scelto anche come tuo successore! So che sei stanco di questa vita... Bene! Lascia Herrengton a me, è me che l'anello rispetta, è a me che risponde, a nessun altro di tutti voi! Sente che io gli appartengo e che non lo deluderò! Io sono pronto, prenderò il tuo posto, studierò il libro, conoscerò i segreti di Habarcat e troverò il modo di difenderci da Milord, so già che Lui non rispetterà mai quei patti!”
    “L'anello non indica il Successore, Mirzam. Né puoi forzare il Destino a palesare la sua volontà!”
    “Non m'interessa! Se non sarò io, agirò comunque per il bene del vero Erede di Hifrig, al contrario di te! Non lascerò mai le Terre a Milord! Non priverò mai la nostra famiglia di quello che ci spetta dopo secoli di sangue e lutti! Dov'era la famiglia di Salazar quando Herrengton bruciava? Quando eravamo sterminati dai Babbani? Che cosa gli dobbiamo noi? Siamo stati noi a salvarlo! Noi... fin dal primo giorno... questa Terra è nostra!”
    “Mirzam...”

Mirzam ammutolì di colpo, la sua insolenza e il suo fuoco mi colpirono profondamente: possibile che non avessi mai capito nulla di lui? Lo guardai, pareva bruciare di un orgoglio e una forza che mi aveva sempre celato, poi di colpo, abbassò lo sguardo, rosso in volto, un leggero tremito gli percorreva tutto il corpo.
    
    “Perdonami, padre, non volevo mancarti di rispetto... forse ho parlato senza riflettere... ma... ”
    “Lo so, Mirzam, lo so... anch'io mi sono fatto certe domande a lungo e, come ben sai... sono arrivato alla conclusione che avevamo sacrificato anche troppo per quel patto antico... per questo me ne sono andato da qui... Anch'io ho cercato e sto ancora cercando una soluzione sicura, ma la verità, per quanto avvilente, è questa: la nostra unica speranza è sempre stata e resta la nostra lealtà al Maestro... D'altra parte… hai ragione, non è necessario agire d'impulso, posso prendere un po' di tempo, per studiare il libro, valutare tutte le possibilità, e conoscere meglio Milord... Proverò a crearmi delle garanzie... Farò una copia del libro, nel frattempo lo custodirà tua sorella a Hogwarts, lontano da possibili tentazioni, per te, per me, o per chiunque altro! A Hogmanay, consegnerò l'anello e lascerò decidere al Destino... ”
    “Spero ti renderai conto che stai commettendo un errore, padre: dovremmo sperimentare qui, subito, il potere dell'anello... può darci indicazioni utili per... ”
    “Non siamo discendenti diretti di Salazar, te lo ricordi? Non comprenderemo mai Habarcat nella sua interezza, Mirzam... non avremo mai il potere che in questo momento turba ed esalta il tuo cuore...  Offrirò l'anello a Milord quando prenderò il Marchio Nero, Lui non si aspetta che io glielo ceda spontaneamente, crede che voglia osteggiarlo e che negherò la sua identità fino alla morte, ma non è così... Ora so... gli dimostrerò davanti a tutti la mia fedeltà, la fedeltà che gli devo in quanto Erede del mio Maestro. Se me lo chiederà, gli fornirò tutto il mio aiuto, gli offrirò la mia esperienza... ”
    “No, non puoi dire davvero... non puoi farlo... Come puoi esserti convinto di quello che dici?”
    “Perché sono uno Sherton, Mirzam, e lui è l’Erede di Salazar… Sai che cosa significa questo, te l'ho insegnato e ce l'hai nel sangue... il resto lo capirai quando avrai dei figli anche tu... ”
    “Una volta entrato nelle Terre nessuno potrà più fermarlo! Che cosa accadrebbe se non volesse il tuo aiuto? Se non reagisse come immagini alle tue dimostrazioni di lealtà? Che cosa accadrà quando non gli serviremo più a niente?”
    “Il potere cui ambisce si governa solo con un controllo totale sulle proprie emozioni…”
    “E se lasciasse ad altri l'onore di eliminarci? Può contare su un gran numero di volontari, non dimenticarlo! Non è necessario che lo faccia da sé!”
    “Habarcat premierà la nostra fedeltà... troverò grazie a lei il modo di proteggere tutti voi. Userò questi mesi per riuscirci... E puoi star certo che ce la farò! Quanto a me... che faccia pure, mi uccida pure... io non ho paura della morte... ”
    “Padre... ”

Sherton non rispose, si limitò a sospirare: si era alzato, guardava l'orizzonte dalla finestra, la sua figura illuminata dall'ultimo raggio di sole, sembrava molto più vecchio dei suoi anni, stanco e provato, diverso da come l'avevo sempre percepito, vulnerabile. La bambina continuava a osservarlo da dietro la porta, sempre con la stessa venerazione, velata ora dal timore: con disgusto, mi resi conto che il suo viso era bagnato di lacrime.
Sollevai il volto dal Pensatoio, mentre ormai il ricordo, giunto alla fine, sbiadiva: avevo compreso Sherton e suo figlio molto più da quei pochi ricordi che da quello che per anni mi avevano raccontato la mia spia nelle Terre e altri che li conoscevano molto bene. Rodolphus Lestrange aveva ragione, se quella era la Verità, stavo per commettere un errore di valutazione. Non potevo eliminarli subito come desideravo, Sherton alla fine poteva essermi più utile di quanto avessi immaginato, dovevo prendermi più tempo per studiare quella dannata Confraternita, l'avevo sottovalutata… e in fondo il prezzo della sua lealtà era davvero irrisorio rispetto ai vantaggi che potevo trarre da lui e dalla sua famiglia...

    Sì, posso aspettare... Mi sbarazzerò di tutti loro una volta sicuro di aver ottenuto ciò che voglio e che possono darmi...

D’altra parte... Non dovevo nemmeno entusiasmarmi troppo: i nostri precedenti scontri non mi avevano mostrato un uomo così accondiscendente, anzi... Alshain Sherton era sempre stato arrogante, era arrivato persino a sfidarmi, apertamente, a Lestrange Manor, e tutto questo era avvenuto, presumibilmente, solo pochi giorni dopo quel discorso tra padre e figlio. Che cosa significava quella sua prova di forza? Perché indispettirmi se il suo scopo era ottenere la mia protezione? Qual era il vero volto di Sherton? Era un possibile alleato o un astuto nemico? Qual era il suo vero proposito? Voleva propormi un'alleanza per salvare la propria misera vita o piuttosto tentare di sfruttare il mio sangue per accedere a quel potere che era a un passo da lui, ma a lui precluso? Possibile che le nostre ambizioni fossero così simili? Voleva davvero salvare la sua adorata famiglia? O piuttosto si faceva scudo dietro di essa distraendomi, tramando invece per tentare di uccidermi, ostacolarmi, sostituirsi a me?

    Se lo speri davvero sei solo un illuso! Non hai idea del mio potere! Non hai idea di chi hai di fronte… Quanto avanti mi sono spinto nella ricerca dell'immortalità.
    
Per prima cosa, era necessario scoprire se quei ricordi fossero autentici: non avevo percepito dei dettagli sospetti ma i miei dubbi erano oltre modo fondati, perciò era meglio essere cauti. Avrei catturato Mirzam e Alshain Sherton per verificare i loro ricordi e le proprietà dell'anello. Guardai la verghetta nella mia mano, il metallo e la gemma erano ancora fuse insieme e della dimensione delle dita di Meissa, il desiderio di indossarlo era forte, potente, ma mi trattenni.

    E se fosse una trappola?

Dovevo analizzarlo, verificare che non celasse qualche maledizione potente. Sì, dovevo aspettare... L'avrei sperimentato di persona solo in seguito: era noto il mio desiderio di penetrare nelle Terre il più rapidamente possibile, se avessi indossato un anello privo di potere e con quello avessi tentato di forzare i territori delle Terre del Nord, l'indegno sangue di mio padre mi avrebbe portato alla morte. Tutti sapevano che Salazar aveva protetto la purezza di quella Terra con incredibili incanti oscuri. Serviva assoluta cautela. Con la coda dell'occhio, notai l'uomo dietro di me, immobile, avvolto nel suo nero mantello, nella penombra, in attesa dei miei ordini: era l'unico, forse, insieme a Orion Black, a conoscere realmente Sherton, ma non per amicizia, per la sua profonda e assoluta astuzia. Potevo contare su di lui, per l'odio che lo animava, e perché la sua mente, per me, era un libro aperto, sapevo riconoscere in lui ogni verità e ogni menzogna. Potevo contare su di lui e sulla sua fedeltà, costruita sul terrore che sapevo incutergli e sulle promesse con cui lo allettavo continuamente: ghignai tra me, mi divertiva sempre vedere il fior fiore di quelle boriose famiglie nobili prostrarsi ai miei piedi, come indegni Elfi Domestici. Sì, avrei usato lui, poi avrei fatto in modo che non ricordasse cosa aveva visto nel Pensatoio. Avrei confuso anche Rodolphus, alla prima occasione. Se questa era la verità, nessun altro doveva conoscerla. Mi voltai.

    “Hai fatto bene a restare qui, ho bisogno dei tuoi servigi. Ci sono notizie dal Ministero?”
    “Mio Signore... è stato spiccato un ordine di arresto per Mirzam Sherton, ma lui e la moglie non sono ancora stati trovati... ”
    “Sono nelle Terre?”
    “È probabile, mio Signore... ”
    “Non devono portarlo ad Azkaban… Sa troppe cose e non possiamo perderlo! Mi serve libero e soprattutto mi serve qui, il prima possibile! Malfoy ha già fatto pressioni, in tal senso, sui nostri uomini di fiducia al Ministero... Crouch sarà osteggiato se cercherà di incarcerare il ragazzo... ma dovrai fare anche tu la tua parte... ”
    “Tutto ciò che desiderate, Mio Signore... ”
    “Non deve ricongiungersi con suo padre... Lo voglio qui, al più presto... è chiaro? Inoltre... abbiamo la necessità di recuperare un Manufatto nascosto in un caminetto di Herrengton… Voglio che tu entri nella sala di Habarcat per prenderlo e portarmelo… andrai a far visita a Sherton domattina, t’informerai delle sue condizioni di salute e ti offrirai per aiutare concretamente il ragazzo... Preferirei che non cercassi di parlare direttamente con lui, sii diplomatico come sai essere, offri il tuo aiuto alla moglie: ormai sarà sconvolta a sufficienza da tutti questi avvenimenti, non rifiuterà il tuo aiuto... e ti concederà il permesso di entrare nel Maniero... Voglio anche che tu le chieda, con discrezione, se i Ministeriali hanno prelevato qualcosa... ”
    “Potete contare su di me mio Signore... ”
    “Molto bene... ora avvicinati al Pensatoio e osserva con attenzione i ricordi che mi ha appena consegnato Lestrange. Poi dimmi che cosa ne pensi, sinceramente, da uomo delle Terre del Nord…”

***


Mirzam Sherton
Leaky Cauldron, Londra - ven. 24 dicembre 1971

    “Mirzam Alshain Sherton?”

Sile si staccò da me il poco che bastasse a rispondere all'uomo alle mie spalle, io mi voltai innervosito per l’interruzione, maledicendo tra me l'idea di esserci fermati lì, esposti, com’era prevedibile, al fastidio dei soliti seccatori. Quando riconobbi Crouch, però, mi sbiancai, perché collegai la sua presenza al fatto che avevamo trovato la casa di Essex Street avvolta nel buio e nel silenzio, e ricordai con quanta urgenza Kreya avesse cercato di dirmi qualcosa. Qualcosa d'importante, qualcosa che io, come uno stolto, mi ero rifiutato di ascoltare. Un brivido di terrore mi percorse la schiena, la stessa domanda, piena di orribili presentimenti, che mi aveva colto davanti alla casa in cui ero nato, mi salì alle labbra e mi rese pallido e tremante: era successo qualcosa, qualcosa di oscuro e terribile alla mia famiglia? Il pensiero di Milord s’impossessò di me e trasformò il mio sangue in ghiaccio.

    “Questo è il mandato di cattura con cui il Ministro Longbottom ha ordinato il vostro arresto, Sherton, queste sono le accuse che vi sono mosse! Consegnateci la bacchetta e seguiteci, senza opporre resistenza: da questo momento siete sotto la custodia del Ministero della Magia.”

Dapprima ebbi difficoltà a comprendere quelle parole, mi sembrava che qualcosa le distorcesse nell'aria, rendendo indecifrabile il suono che usciva dalle labbra dell'Auror: rimasi immobile, in attesa, come se tutto intorno a me si muovesse al rallentatore, poi mi ripresi, quando vidi Crouch schiaffare sul tavolo, di fronte a Sile, una pergamena con la ceralacca del Ministero. Mia moglie, confusa e spaventata, guardò impietrita il documento, senza sapere cosa fare, poi con mani tremanti lo prese, ruppe il sigillo e iniziò a leggere; la sua paura mi strinse il cuore ma, a mano a mano che la situazione diventava più chiara, mi sentii pervadere anche da una specie di folle ilarità, che trattenni a stento: qualsiasi accusa mi fosse mossa, per quanto orribile e tragica fosse, avrei potuto ribattere. Ora che avevo tanto da perdere, infatti, non avrei esitato a lottare come una furia per la mia libertà, sarei ricorso a trucchi e inganni e, alla fine, in un modo o nell'altro, avrei vinto. Quello che avevo temuto, invece, un attacco mortale di Milord alla mia famiglia, era un orrore che non ammetteva repliche, all'odio di Lord Voldemort, lo sapevo, non c'era rimedio: pur nella tensione del momento, perciò, riuscii a tranquillizzarmi, appena compresi che l'attacco dei Mangiamorte ai miei cari, almeno per ora, era solo un incubo che aleggiava nella mia fantasia. Mi alzai, senza batter ciglio, sfrontato, guardando pieno di disprezzo quell'uomo, come se di fronte a me non ci fosse il temibile Bartemious Crouch sr., Capo del Dipartimento Aurors, ma un miserabile pazzo: non mi curai delle bacchette dei due Ministeriali scattate subito contro di me, né di Sile, che si aggrappava al mio braccio, supplice, per convincermi a non fare pazzie.

    “Vi avverto, Sherton, siete sotto tiro, non costringeteci a schiantarvi o... ”
    “Per l'amor di Merlino, Mirzam, siediti!”
    “Quest'uomo non può farci niente, Sile... a nessuno dei due: io non ho nulla da nascondere e non avrò difficoltà a dimostrarlo a tutti! Sai questa cos'è? Questa non è altro che una delle solite miserabili pagliacciate inscenate dal Ministero ai danni della Confraternita!”

Crouch continuava a fissarmi con un ghigno che non prometteva nulla di buono, io sostenni con decisione quello sguardo, volevo che tutti i presenti capissero che ero convinto di quello che avevo appena detto, che non avevo paura di nessuno, ma la mia sicurezza riprese a vacillare quando misi a fuoco l'uomo dietro di lui, su cui non mi ero soffermato fino a quel momento: era Potter, Charlus Potter, l'Auror che mi aveva inseguito per i tetti di Londra, insieme a Podmore, senza però assistere all'attimo in cui il suo collega cadeva di sotto, accidentalmente. In silenzio, freddo e determinato, mi stava osservando in maniera sistematica: stava cercando di valutarmi, di convincersi dei propri sospetti, lo sapevo, ci aveva provato anche durante la mia cerimonia di nozze ed io, appena l'avevo riconosciuto, avevo sfruttato tutte le occasioni possibili per tenermi a debita distanza da lui, vista la natura della cerimonia, non era stato difficile far sembrare casuale il mio atteggiamento sfuggente. Ora, però... ora era vicino a me, ed io non avevo scuse per sottrarmi al suo sguardo. Quanto bene aveva visto il mio volto, quella notte? E, soprattutto, il Ministero aveva altro, di più preoccupante, contro di me? Con l'aiuto di un buon legale, in fondo, un riconoscimento simile, da lontano e al buio, pur fatto da una persona tanto attendibile, sarebbe stato valutato per quello che era, un riconoscimento dubbio, che andava sostenuto e verificato con prove molto più calzanti. Esistevano prove di questo genere? No, era impossibile, era assolutamente impossibile, non avevo lasciato tracce, ne ero certo…
   
    Ne sei proprio sicuro, Mirzam?

Dovevo fare chiarezza nella mia mente e ricordare quegli istanti concitati, ne andava della mia libertà e, soprattutto, della vita e della felicità di Sile, dovevo valutare cosa fosse meglio fare e, al tempo stesso, nascondere agli Aurors il mio turbamento: in questo, la frequentazione con Milord e Rodolphus e gli insegnamenti di Fear mi erano d'aiuto, un po' per volta stavo diventando abile a bluffare, a nascondere i miei pensieri, a celare o a fingere la paura. Mi rimisi seduto, sfilai la bacchetta dalla manica e la lasciai sul tavolo, guardai Sile e la invitai a fare altrettanto, quasi un gesto di buona volontà da parte nostra, Crouch sequestrò subito la mia, mentre lasciò sul tavolo quella di Sile. Presi nelle mie la mano di mia moglie, cercando di trasmetterle un po’ di coraggio: vidi che era pallida e preoccupata, certo, ma nei suoi occhi non lessi dubbi nei miei confronti, c'era invece l'ennesima conferma che, come me, era pronta a combattere come una tigre, per noi e per il nostro futuro; questo mi diede nuova forza e determinazione, le feci un cenno d'assenso e, sfoggiando sicurezza e una certa sfrontatezza, continuai a guardarla e a stringerle la mano nelle mie, come se tutto il resto del mondo non esistesse, come se fossimo rimasti di nuovo, solamente, lei ed io. Le chiesi di continuare a leggere le accuse che mi venivano mosse, sereno, poi tornai a fissare Crouch, il mio volto aperto in un sorriso di sfida e tacita derisione.

    “Prego, continuate, Crouch... Non voglio perdermi nemmeno una battuta del vostro spettacolino... Se, in qualità di Capo del Dipartimento Aurors, avete deciso di rendervi ridicolo di fronte a tutti, la vigilia di Natale, chi sono io per impedirvelo? Avanti, sputtanatevi pure!”
    “Mirzam... ”

Sile mi riprese, preoccupata, io non me ne curai più di tanto, le sorrisi, convinto, perché sapesse che non avrei mai abbassato la testa, anzi, dovevano capirlo tutti.

    “Come può vedere vostra moglie, il vostro destino è segnato, Sherton, voi dovete rispondere di numerose e gravissime accuse... é finito per voi il tempo di fare lo spiritoso, appena il Dissennatore vi avrà baciato, a ridere saranno solo i parenti delle vostre vittime... Andiamo!”
    “Quanta fretta Crouch... certo voi avete già raggiunto il vostro scopo, facendo questa sceneggiata in pubblico ai miei danni, ma visto che non ho nulla da nascondere, ditemi, perché mai dovrei reggervi supinamente il gioco?”
    “Gioco? Qui nessuno sta giocando, Sherton! E lo capirete molto presto!”
    “Vedete, Crouch, mi sembra lecito chiedersi perché mai, pur avendo avuto un'occasione, in privato, il giorno del mio matrimonio, alla presenza dei miei legali, per eseguire legalmente il mio arresto avete aspettato che entrassi in un locale pubblico. Una cortesia non rovinare il giorno del mio matrimonio? Voi non siete così cortese, Crouch... sono passati già diversi giorni da allora e voi del Ministero sapevate bene dove trovarmi, sapevate che non avevo ancora utilizzato la vostra Passaporta... Allora perché tutta quest’urgenza di arrestarmi proprio qui, proprio adesso? Forse per far colpo sull'opinione pubblica e sull'elettorato? Per sfruttare pubblicamente il mio nome e la mia notorietà per i vostri interessi personali? Io non ho nulla da nascondere e voi lo sapete, Crouch... Mi chiedo se si possa dire lo stesso di voi... So che cosa speravate di fare, speravate di cogliermi di sorpresa davanti a tutti: se avessi perso la testa, se avessi reagito davanti a tanti testimoni, avreste avuto la scusa per portarmi via senza la presenza del mio legale...  però vedete, Crouch, mi spiace per voi, ma non ho la coscienza così sporca, o forse non sono così ingenuo... Al contrario conosco molto bene la Legge e conosco altrettanto bene i miei diritti! Sapete com'è... ne avete fatti fin troppo spesso di questi scherzi, alla mia gente... ”

Finora, intorno a noi, non era volata una mosca, sembrava che il tempo si fosse fermato e che le persone presenti si fossero trasformate tutte in statue: io non provavo rispetto per quell'uomo e per l’Istituzione che rappresentava, ma, presso l'opinione pubblica, lo sapevo, Crouch era molto temuto, per i suoi metodi pragmatici e per i traguardi importanti che il Dipartimento aveva raggiunto sotto la sua guida, tanto che, se si fosse dato alla politica, Bartemius Crouch sr. avrebbe tradotto in realtà, senza problemi, la sua più alta ambizione, diventare Ministro della Magia. In quel momento, però, forse perché di rado accadeva che qualcuno fosse tanto ardito o tanto sconsiderato da rispondere a tono a quell'uomo, o perché, pur temuto, Crouch non era certo molto amato, si sentiva qualche brusio d'approvazione nel locale, come risposta al mio atteggiamento fermo e irriverente, e questo mi diede ancora più forza e voglia di bluffare.

    “Per quanto mi riguarda, per quanto io sappia, in quella lista può esserci solo l'elenco delle partite in cui ho battuto la vostra squadra del cuore, Crouch! Mi spiace, immagino sia difficile sopportare l'onta di risultati tanto vergognosi, ma dovete prendervela con loro, non con me!”

Ghignai, guardandomi intorno e occhieggiando divertito il pubblico, con la stessa irriverenza con cui, a fine partita, volteggiavo sempre con il boccino in mano, davanti agli spalti degli avversari delusi e sconfitti.

    “Adesso basta, Sherton, basta con le vostre cazzate e la vostra mancanza di rispetto! Alzatevi e seguiteci!”
    “Non è questione di rispetto, signor Crouch, Mirzam ha ragione... il nostro Ordinamento dice che, a meno di non essere colti nel compimento del reato, vige la presunzione d’innocenza, per tutti, ed è compito dell'accusa provare le proprie tesi! Non stavamo facendo nulla di male, quindi non potete costringerlo a seguirvi, né potete sottoporlo a un interrogatorio senza l'assistenza di un legale! State violando apertamente i suoi diritti, in nome di accuse a dir poco ridicole! Come poteva Mirzam fare quello di cui è accusato, se contemporaneamente era impegnato con la squadra in uno stadio di Quidditch di fronte a migliaia di persone? Non ho memoria di tutte le date, certo, ma... ”
   
Guardai Sile, le sorrisi: erano proprio quella lucidità e razionalità, anche nei momenti più drammatici, quello spirito fiero e indomito, in una giovane donna apparentemente tanto dolce e fragile, ciò che mi aveva colpito di lei fin da ragazzino e che contribuiva, giorno dopo giorno, insieme al suo amore, a renderla tanto speciale per me. No, non avremmo ceduto facilmente, nessuno dei due.

    “Quelle che avete appena letto, signora Sherton, sono solo le accuse minori: quella serie di reati è stata commessa usando un pugnale di proprietà di suo marito, abbiamo un testimone che afferma di aver venduto l'Athame in questione al Signor Sherton, dovrete consegnarcelo o dirci a chi l'avete venduto o regalato... Vostro marito potrà difendersi davanti al Wizengamot e, visto che ci tenete tanto, potete seguirci, mi sembra che voi sappiate difenderlo quanto, se non meglio, di un legale qualificato… in ogni modo, lungi da me interrogare qualcuno in violazione dei suoi diritti: potrete chiamare tutti gli avvocati che vorrete, una volta giunti in Dipartimento. V’invito, però, a seguirci, vorrei evitare che vostro marito chiami rinforzi qui, in un luogo affollato, pieno di persone innocenti!”
    “Rinforzi? Di quali rinforzi state parlando? Non esistono rinforzi, signor Crouch, queste sono calunnie che mettete in giro per inculcare il terrore e l'odio verso la nostra gente... Noi non siamo ciò che ci accusate di essere... e ve lo posso dimostrare, qui, davanti a tutti!”

Sile arrotolò la manica scoprendo la pelle del braccio sinistro e lo alzò così che tutti vedessero che era intatta, poi mi guardò e m’invitò a fare lo stesso: quella non era una prova, lo sapevo, esistevano, infatti, particolari incanti oscuri, utili a celare il Marchio, usati soprattutto dai Mangiamorte che si erano infiltrati nel Ministero e immaginavo che Crouch ne fosse a conoscenza. D'altra parte, la maggior parte dell'opinione pubblica, formata da persone che, come Sile, non avevano mai avuto a che fare con quei Maghi Oscuri, non ne era a conoscenza e in un certo senso la loro ingenuità era già una dimostrazione d’innocenza, così decisi di sfruttare l'errore di Sile e mostrai il braccio anch'io, godendomi la sorpresa che si stampò sul volto di molti dei presenti, convinti ormai, dopo anni di calunnie, che i Maghi del Nord fossero tutti seguaci del Lord Oscuro.

    “Vedete, Crouch? Nessun Marchio Nero di Voi-sapete-chi sottomette le genti del Nord! Potete mentire quanto volete, noi siamo e resteremo fedeli sempre e soltanto alle nostre Rune... ”

Vidi la mascella dell'Auror serrarsi, il volto contratto dalla rabbia: se avesse potuto farlo impunemente, mi avrebbe cruciato senza esitazione, per costringermi a confessare qualsiasi cosa, magari proprio lì, in quel momento, mentre riprendevo la mia giacca, flemmatico, occhieggiando gli astanti con un'espressione complice e divertita.

    “Mi piacerebbe continuare a guardarvi mentre vi sputtanate con le vostre assurde accuse, Crouch, devo dire che ci riuscite in maniera egregia, ma noi saremmo in luna di miele e il tempo che stiamo perdendo con voi potremmo impiegarlo molto meglio, perciò... Sapete dove trovarmi, potete venire a Maillag dopo Hogmanay, così troverete anche i miei legali pronti ad accogliervi, parlerete di tutto con loro... oppure possiamo darci appuntamento al Ministero, ma solo al mio ritorno dal viaggio di nozze. Avanti, Sile, andiamo... forse possiamo ancora salvare la serata... ”
    “Non sono assurde, signor Sherton... ”
    “Prego?”

Fino a quel momento Potter era rimasto in silenzio, non aveva mostrato alcun interesse per quel nostro futile battibeccare, aveva solo fissato imperterrito il mio volto per tutto il tempo: io all'inizio mi ero sentito inquieto e a disagio, poi, poco per volta, visto che quell'uomo non appariva aggressivo, avevo stoltamente smesso di prenderlo in considerazione.

    “Le accuse che vi sono mosse, signor Sherton, non sono assurde, sono anzi serie, molto serie: in particolare dovrete rispondere davanti al Wizengamot alla testimonianza di un Auror che vi ha visto, la sera del 18 dicembre 1971, uccidere e gettare dai muraglioni di Langdon Street, qui a Londra, il nostro collega, l'Auror Alfred Podmore! Per vostra informazione, chi vi ha visto sono io, Sherton: ho depositato poco fa la mia denuncia, dopo aver controllato tutto. Quella sera non c'erano partite, so a che ora avete lasciato la vostra festa di addio al celibato presso i Warrington e so che non esistono testimoni che possano fornirvi un alibi. Il vostro posto, Sherton, non è a Maillag o in viaggio di nozze, il vostro posto è ad Azkaban, perché voi siete un efferato assassino!”
    “Vi sbagliate! Esiste un testimone che può dire con esattezza dove fosse e cosa facesse mio marito, la notte del 18 dicembre... Quel testimone sono io: Mirzam è venuto da me, a Doire, dopo la sua festa, dovevamo accordarci sugli ultimi dettagli della nostra cerimonia di nozze e... beh... siamo rimasti insieme, per tutta la notte. Non ha avuto né tempo, né testa per uccidere qualcuno... ”

Sile lo disse stringendo forte la mia mano e fissando il mio volto, l'espressione serena e innamorata, velata anche di una sorprendente, spudorata malizia: io ero confuso, avrei trovato un modo, anche se non sapevo ancora quale, per togliermi da quell'impiccio, ma non prevedevo certo di coinvolgerla in quella brutta storia! Una storia che stava saltando fuori prima che avessi trovato il tempo e il coraggio di parlargliene, benché, per farla tornare da me, le avessi giurato e spergiurato per settimane che ero  cambiato e che non le avrei più mentito un solo giorno della mia vita.

    “Faccia attenzione, signora, quando le testimonianze sono così attendibili, il Wizengamot permette di utilizzare sistemi più severi e dolorosi del Veritaserum per smascherare gli spergiuri e sappiate che le pene sono molto dure, per chi testimonia il falso! Soprattutto quando si mente per salvare un assassino di Aurors, che ha anche attentato alla vita del Ministro, e si è reso responsabile di un numero considerevole di omicidi e di altri reati contro persone e proprietà, e... ”
    “Nient'altro? Di questo passo arriverete ad accusare mio marito di essere Voi-sapete-chi! Voi siete un folle, Crouch, ma io non mi farò spaventare né ingannare da voi!”
    “Andate all'ultimo paragrafo della pergamena, signora, poi ditemi chi è che vi sta mentendo... leggete bene di cosa si è macchiato vostro marito, chi ha provato a uccidere e quando... leggete come quest'uomo ha sfruttato persino il giorno del vostro matrimonio per uccidere... poi ditemi se avete ancora lo stomaco di difenderlo!”
    “Salazar, Crouch, il giorno del mio matrimonio? Non fatemi ridere! Eravate lì, tutti e due, mi avete continuamente avuto sotto gli occhi, voi come centinaia di altri testimoni, come e quando avrei avuto il tempo di uccidere qualcuno?! E soprattutto... chi?”
    “Alshain, Meissa e Rigel Sherton... ”
   
Scoppiai a ridere: anche volendo essere seri e rispettosi, era ormai talmente evidente la pazzia di quell'uomo che non riuscii a trattenermi, persino la naturale tensione seguita alle accuse dirette di Potter contro di me, a quel punto, si dissolse, perché se arrivavano ad accusarmi di aver fatto del male, io, alla mia famiglia, perdeva di attendibilità qualsiasi altra accusa contro di me. Guardai Sile, mi aspettavo di vederla sorpresa come me, magari divertita da tanta follia, invece notai che i suoi occhi si stavano riempiendo di paura e orrore, di lacrime trattenute a stento, e che il pulsare del suo sangue, nella mano stretta alla mia, si faceva via via più rapido e aritmico. Fu rapido, immediato: la mia mente fu di nuovo preda del terrore provato a Essex Street.

    Che cos'è successo alla mia famiglia?
   
    “Che cosa diavolo vi state inventando, Crouch?”
    “Come fingete bene, Sherton! Ormai, però, tutti sanno che il vostro piano contro il Ministro Longbottom si rivoltato contro di voi e che a farne le spese sono stati i vostri familiari!”
    “Non so di cosa state parlando! Che cosa è successo alla mia famiglia? Voglio una risposta, Crouch! Adesso! ”

Non ci fu tempo, però, per nessuna risposta. Nel locale, ammutolito da quella che per me era un'assurda accusa, di colpo calò il buio, dopodiché, improvvisi, esplosero dai punti più nascosti della stanza, da tre diverse direzioni, i lampi rossi degli Schiantesimi, lanciati contro i due Aurors da almeno tre sconosciuti. In pochi secondi fu il caos, soprattutto quando, nella luce spezzata degli incantesimi, tutti scorgemmo dei volti celati da maschere d'argento, sotto i cappucci e i mantelli neri degli aggressori: eravamo nel mezzo di un attacco dei Mangiamorte. Ovunque si levarono urla di terrore, i clienti del locale provarono a scappare, chi verso la porta che dava sulla Londra babbana, chi dalle finestre o dai tetti, chi dai camini, quasi tutti i varchi, però, erano stati chiusi, non sapevo se dai Mangiamorte o dalle fatture di Crouch, apposte contro di me per impedirmi la fuga, insieme alla famigerata barriera anti-smaterializzazione, usata spesso dagli Aurors contro i ricercati. L'impossibilità di fuggire contribuì ad accrescere il panico, ovunque risuonava il rumore degli arredi distrutti dalla calca e dai colpi degli incantesimi, mischiato al pianto e alle invocazioni. Fulminea, Sile recuperò almeno la sua bacchetta, rimasta sul tavolo, poi mi afferrò per un braccio, invitandomi a seguirla, nella confusione e nel buio: al contrario dei più, che cercavano la via di fuga più rapida e immediata nella Londra babbana, ci dirigemmo, con difficoltà, verso il retrobottega, alla ricerca del varco che dava su Diagon Alley, snobbato da tutti perché più lontano. All'improvviso, però, sentii un bruciore intenso a una gamba, mi voltai, vidi che Crouch, del tutto disinteressato alle sorti degli altri avventori, ci aveva lanciato addosso una Fattura Tracciante, per non perderci di vista in mezzo al buio e alla confusione, e ora si concentrava per colpirci con altre fatture particolarmente dolorose; chiesi la bacchetta a Sile, essendo più abile di lei nei duelli, e schivando alla meglio i colpi dell'Auror le protessi, per quanto possibile, le spalle. Potter, al contrario, era rimasto indietro, intento a difendere i clienti del Paiolo dagli aggressori che, stranamente, più che a ferire, sembravano impegnati a generare il caos alle nostre spalle: per un secondo, mi chiesi se non fossero lì per aiutarmi a fuggire, poi ripresi a correre, deviando le fatture di Crouch contro le pareti attorno a me. Nel cataclisma degli arredi distrutti e rovesciati e delle persone prese dal panico, nel buio rotto dai lampi improvvisi e molteplici del duello, riuscimmo infine a raggiungere il retrobottega, quello che consideravamo la nostra sola salvezza: Sile ed io, in realtà, potevamo ancora usare la smaterializzazione del Nord ma, per esperienza, sapevo quanti problemi avremmo creato alla Confraternita in quella maniera, anzi temevo che coinvolgere gli altri fosse proprio lo scopo finale di Crouch, era perciò molto meglio raggiungere Diagon Alley, evocare da lì Kreya e fuggire all'istante con lei in un luogo qualsiasi, quello più impensabile. Come un idiota, non presi nemmeno in considerazione l'idea che i Mangiamorte volessero catturarci, che non fossero lì solo per generare caos o per combattere contro gli Aurors, né mi passò per la testa che Crouch potesse aver lasciato degli Aurors oltre il varco, pronti a catturarmi se avessi tentato la fuga in quella direzione. Per questo fui colto di sorpresa, quando un'improvvisa luce rossa accecante ci colpì da sinistra, appena la porta del locale si chiuse alle nostre spalle e ci ritrovammo di fronte al muro, pronti ad aprire con la Magia il varco per Diagon Alley. Con la coda dell'occhio, vidi Sile, al mio fianco, cadere schiantata a terra. Subito dopo, senza nemmeno il tempo di voltarmi a soccorrerla, persi i sensi anch'io.

***

Deidra Sherton
Ospedale McCormacc, Inverness, Highlands - sab. 25 dicembre 1971

Vagavo per il corridoio, in attesa, agitata. Ritornavo in silenzio da Rigel, controllavo il suo respiro, sentivo il calore della sua fronte, la febbre finalmente sembrava sparita; rientravo nella stanza di Meissa, rimboccavo le sue coperte, accarezzavo i suoi capelli, ringraziando gli dei perché, nonostante tutto, riusciva a riposare serena: secondo i Medimaghi, col riposo, la sua memoria si sarebbe presto stabilizzata e la vigliacca aggressione che aveva subito, non avrebbe lasciato conseguenze. La situazione stava lentamente migliorando, eppure non era stata una serata facile. Quando avevano saputo dell'improvvisa sparizione del padre con Fear, i ragazzi si erano spaventati molto, soprattutto Meissa, ed io ero riuscita a convincerli che non c'era nulla di cui preoccuparsi con molta difficoltà: se, alla fine, avevano ceduto e avevano seguito il mio ordine di andare a riposarsi, lo sapevo, era stato soltanto a causa della loro estrema debolezza. Mi fermai a guardare la notte dalla finestra, fuori la neve scendeva placida su Inverness, ormai addormentata: pensavo a Mirzam e mi chiedevo che cosa stesse accadendo, perché nonostante i nostri appelli non si fosse ancora presentato, non capivo. Solo di una cosa ero certa, che Alshain avesse torto a dubitare di lui, le sue accuse erano infondate e immotivate, Mirzam amava profondamente la sua famiglia, doveva esserci un motivo diverso se non ci aveva raggiunto. Pregavo solo che non fosse in pericolo anche lui. Forse aveva commesso una semplice leggerezza, dettata dalla felicità che stava vivendo: quando erano andati via, mio figlio e Sile non avevano certo motivi di preoccuparsi per noi, era perciò normale curarsi poco dei nostri messaggi, forse non li avevano nemmeno letti, forse credevano fossero solo inviti a cenare o pranzare insieme. Se fosse stato così... Sì, in fondo, dopo tutto quello che avevano patito per ritrovarsi, per quanto avessi bisogno di Mirzam, riuscivo a comprenderli, a comprendere la loro necessità di stare finalmente insieme, da soli, di pensare prima a se stessi, alla propria felicità. Doveva essere andata così... Sì, sentivo che era così...
Il mio pensiero correva, però, soprattutto a Wezen e Adhara: li avevo affidati a mia sorella, sapevo che erano al sicuro, al riparo, difesi dalla Magia delle Terre del Nord e che, razionalmente, erano gli unici tra i miei figli per cui non dovessi provare alcuna preoccupazione, eppure sentivo in me, profonda, la loro mancanza, il desiderio di stringerli a me, di cullarli, di ammirare il loro sguardo pieno d’innocenza, sentire la loro voce e il loro calore. Ogni ora passata lontano, mi sentivo sempre più divisa, in colpa e disperata, mi chiedevo se si svegliassero in piena notte e se piangessero, non trovando né me, né Alshain accanto a loro: non mi era mai capitato di dovermi separare dai miei figli quando erano così piccoli, già stavo male, per giorni, quando li vedevo partire per Hogwarts, e ora, così... così credevo di impazzire.
Ripresi a camminare nel corridoio, in quel ciclo perpetuo fatto di silenzi, pensieri, preoccupazione, in attesa che Murchadh Mackendrick finisse di visitare Alshain e mi parlasse delle sue condizioni: mi sentivo persa, preda di dubbi e paure, di pensieri confusi su quello che potevo o non potevo fare, su quello che avrei dovuto dire, sulle decisioni più giuste da prendere. Lo sentivo, era giunto il momento delle scelte. Strinsi le mani a pugno e mi fermai, sulla soglia della camera di Alshain, senza riuscire a cogliere le parole sussurrate che filtravano appena di là della porta. La prima decisione, che dovevamo prendere, riguardava il malefico vecchio: mi sarei imposta, non volevo più vederlo davanti a me un solo altro giorno della mia vita! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di Fear, che dovevo impedire in ogni modo che si avvicinasse a mio marito, invece... Quel dannato vecchio era un Mago Oscuro, lo sapevo, sapevo di cosa fosse capace, Alshain non aveva avuto esitazioni, si era confidato con me, fin dall'inizio, mi aveva detto tutto di Fear, di quello che gli aveva insegnato, di quello che aveva fatto per anni, in nome di quegli insegnamenti. Me l'aveva detto prima ancora di sposarmi, perché voleva che sapessi tutto di lui, che lo conoscessi davvero, voleva che conoscessi anche il male che teneva nascosto in fondo alla sua anima, prima di accettare di vivere per sempre al suo fianco. Ed io, nonostante tutto quello che avevo scoperto, non avevo avuto esitazioni perché io l’amavo e per questo Alshain mi aveva aperto il suo cuore, fiducioso, così da poter sentire quanto fortemente desiderasse diventare un uomo diverso, quanto disperatamente volesse cambiare. Cambiare attraverso l'amore. Il nostro amore.
Avevo sempre avuto paura di Fear, avevo tremato quando Alshain aveva deciso di riammetterlo a Herrengton, ma avevo capito che i rischi che Mirzam stava correndo erano altrettanto orribili, per questo avevo accettato, avevo messo a tacere le mie perplessità, avevo preteso soltanto di preservare dall'influenza del vecchio almeno gli altri nostri figli. Ed ora... Nonostante sapessi di cosa Fear fosse capace, di quali nefandezze si fosse macchiato nel corso della sua vita, di quanto dolore avesse arrecato, non avevo fatto nulla perché la sorveglianza gli impedisse di avvicinarsi ad Alshain. Ero stata una stupida... sì, una stupida... O forse... forse ero talmente disperata, che gli avevo lasciato la possibilità di avvicinarsi, illudendomi che sapesse qualcosa più degli altri, che conoscesse un metodo per risolvere tutti i nostri problemi, che facesse una delle sue maledette Magie per aiutare mio marito e i miei figli. L'unica cosa che aveva fatto, invece, come suo solito, era stato il proprio interesse: aveva portato via mio marito da sotto i miei occhi, all'improvviso, benché avesse bisogno di calma e riposo, poi, altrettanto all'improvviso, l'aveva fatto riapparire nel corridoio dell'ospedale, privo di sensi, l'aveva lasciato su una poltrona e si era smaterializzato all'istante, di nuovo, senza nemmeno una parola, senza darci un'indicazione di cosa fosse successo e di cosa fare per aiutarlo. Dove l'aveva portato? Perché, privo di sensi e di forze, fisiche e magiche, aveva una profonda ferita alla mano? L'aveva coinvolto in uno dei suoi sinistri rituali, ne ero certa: con un brivido, mi chiesi quali altri loschi piani stesse architettando, se ci fosse un modo per fermarlo. Dovevo fare qualcosa, sì, dovevo smettere di avere paura di quel dannato vecchio.
   
    “Deidra... ”

Mi voltai verso la voce di Murchadh Mackendrick, che riemergeva dopo la visita ad Alshain: era stato un nostro compagno di studi a Hogwarts, poi si era dato alla Medimagia e, all'epoca del Quidditch, dopo un incidente di gioco, Alshain l’aveva scelto come suo Medimago di fiducia.

    “Come sta? Che cos'è quella ferita alla mano?”
    “Nulla di preoccupante, l'infermiere gli sta propinando un po' di pozione “Rimpolpa-sangue”, tra pochi minuti sarà come nuovo: ha già ripreso le forze e ha già iniziato a dar di matto, vuole alzarsi e tornare a Herrengton. Non ho mai visto un paziente tanto testardo, incosciente e maledettamente arrogante, ma stavolta l'ho avvertito, se non la smette di comportarsi come un quindicenne umorale, io non intendo più occuparmi di lui!”
    “Ci penserò io, puoi starne certo... è... è stato di nuovo il cuore... o Fear gli ha fatto…”
    “È agitatissimo, per non so che cosa, non me l'ha voluto dire. Non gli è stato fatto nessun incantesimo, è stato lui a fare qualcosa, qualcosa d’impegnativo, tanto da restare fisicamente e mentalmente stremato. Gliel'ho ripetuto, per l’ennesima volta: qualsiasi cosa stia facendo, deve smetterla. Negli ultimi mesi il suo fisico si è affaticato troppo, il collasso dell'altra sera non è stato l'effetto del veleno, altrimenti col Bezoar si sarebbe ripreso rapidamente, lui è stanco, provato, e di questo passo, quello che è stato un fenomeno episodico, può trasformarsi in una malattia. Non so quali preoccupazioni abbia, ma deve recuperare la tranquillità, buttare quei suoi orrendi sigari e gli alcolici... Appena i ragazzi tornano a scuola, dovresti portarlo a Doire, con i bambini: occuparsi dei figli piccoli gli ha sempre fatto bene. L’importante è che stacchi da qualsiasi problema abbia!”
    “Sì, allontanerò Fear... una volta eliminato questo problema... tutto si rimetterà a posto... ”
    “Fear? Ne sei sicura? Può essere inquietante, a volte, può fare delle sciocchezze come poco fa, ma... secondo me, potrebbe essere un aiuto in questo momento... potrebbe essere l'unico a sapere che cosa preoccupa tuo marito e aiutarti a trovare la soluzione ai suoi problemi... ”

Lo guardai, per la seconda volta in pochi giorni, prima Walburga Black, poi Murchadh Mackendrick insinuavano che mio marito mi nascondesse qualcosa e mi chiesi, di nuovo, se questo fosse possibile: finora Alshain non mi aveva mai nascosto niente, o almeno così ero convinta, ed ero sicura che fosse così anche questa volta. Ciò nonostante, benché fossi sicura di lui, quell'allusione mi mal dispose verso il nostro Medimago, tanto che, appena vidi l'infermiere uscire, lo salutai sbrigativamente, per andare subito da Alshain: trovai la camera illuminata dalla luce tenue di tre candelabri posti su dei mobili ai tre angoli della stanza, il letto vuoto e mio marito in piedi, nella sua verde veste da camera, accanto alla finestra, lo sguardo fisso nel vuoto. Mi vide specchiata sul vetro, dietro di lui, vicino alla porta, si voltò verso di me, si avvicinò, mi strinse a sé e mi baciò con la solita intensità, per poi restare con la fronte appoggiata alla mia.

    “Perdonami... ”
    “Lo stai dicendo troppo spesso, da un po' e ogni volta mi fai preoccupare sempre di più... Che cosa sta succedendo, Alshain? Per favore... voglio la verità... tutta... Che cosa hai fatto? Perché hai questo taglio?”

Mi scostai, lo osservai turbata, era profondamente triste, lo sguardo colpevole, sembrava quasi che non mi ascoltasse, sapevo che aveva paura e sapevo che lui non aveva mai paura di niente.

    “Stavolta... stavolta ho bisogno che mi perdoni per quello che sto per fare, Dei... e non so se... se sia giusto chiederti perdono... forse... forse non dovrei... sì, credo che non dovrei...”

Un brivido mi percorse la schiena e mi agguantò, stringendomi forte il cuore: non riuscii a parlare, a fare altre domande, quando vidi quella profonda afflizione nei suoi occhi, qualcosa che non ricordavo di avergli visto mai, una rassegnazione, un dolore, uno smarrimento più profondo persino della disperazione che l’aveva colto al San Mungo, anni prima, al capezzale di Mirzam, durante quegli orrendi giorni in cui avevamo temuto che nostro figlio non ce l'avrebbe mai fatta. Quando avvicinò di nuovo le labbra al mio orecchio per sussurrarmi di aiutarlo, di gettare tutto intorno a noi i Muffliato più potenti che conoscessimo, ubbidii come un automa, in apnea. Alshain andò a sedersi su una poltrona, vicino alla porta che comunicava con la stanza di Rigel, distrutto, carico di un peso che, lo vedevo, era eccessivo anche per un uomo forte come lui. Mi sedetti al suo fianco, in attesa, prendendogli le mani tra le mie, facendomi più vicina, fisicamente e mentalmente: io ero la sua compagna, lui era la mia vita, avremmo affrontato tutto insieme, anche questa volta. Era questo che gli ripetevo con il mio sguardo, con i miei gesti, con il bacio che gli stampai sul palmo. Alshain, però, non riuscì nemmeno a guardarmi in faccia.
   
    “Rigel?”
    “Sta dormendo, proprio come Meissa... ”

Ripensai alla paura di quegli ultimi giorni: mi ero illusa che il peggio fosse alle spalle, ora mi rendevo conto che la lotta era solo all’inizio e che nulla sarebbe stato più come prima. Alshain si avvicinò ancora di più a me, mi accarezzò timido il viso e mi baciò di nuovo, con una tenerezza che ricordava i suoi primi baci, quelli incerti, dettati non dall'inesperienza, ma dal timore che la sua “fame” mi spaventasse. Ogni suo gesto, ora, mostrava una tensione che si trasmetteva rapida a me, come le onde che si rincorrono nella vastità dell'oceano: quando iniziò a sussurrare piano al mio orecchio, perciò, vibravo già della sua stessa angoscia, ero già parte, insieme con lui, della catastrofe.

    “È successa una cosa grave, Dei: Mirzam è nei guai, guai seri, stavolta, il Ministero lo accusa dei fatti di Herrengton, e questo lo immaginavo già, ma... Ho appena saputo che... lo credono responsabile anche dell'omicidio di un Auror. Pare ci sia un testimone molto attendibile e per questo hanno spiccato un ordine di arresto e lo stanno cercando.”
    “È assurdo! Impossibile! Non è stato lui! L'hanno incastrato! Non puoi accusarlo di...”

Non riuscii a trattenermi, e subito, spaventata, non ricordando più la presenza dei Muffliato, temetti di aver svegliato Rigel o di aver attirato l'attenzione di qualcuno fuori della porta; entrambi guardammo verso la stanza che si apriva dietro di noi: benché fosse impossibile, per sicurezza mi alzai, rapida e silenziosa, entrai nella camera, mi avvicinai a mio figlio, mi assicurai che fosse ancora immerso in un sonno profondo, poi tornai indietro. Feci un cenno ad Alshain, che riprese il racconto, appena mi sedetti di nuovo accanto a lui.

    “Io non lo accuso di niente, Deidra, ti dico soltanto quello che sta accadendo: un Auror è morto e un suo collega dice che è successo mentre inseguivano Mirzam, può essere andata davvero così, può essere stato un incidente, può averlo fatto sotto Imperius, oppure qualcuno ha assunto il suo aspetto per incastrarlo... o addirittura gli Aurors stanno mentendo. Io non lo so. Quello che ora conta è che Mirzam non sa di essere ricercato, non ha idea nemmeno di quanto è successo a noi, probabilmente è a casa, al sicuro, ma forse è da qualche parte con Sile. Ed è questo che mi preoccupa: se un Auror lo trovasse in giro, vista la natura dell'accusa, potrebbe usare le maniere forti per fermarlo e lui farebbe di tutto per difendere Sile. E sarebbe un disastro. Per questo ho chiesto a Fear di trovarli e portarli in un posto sicuro.”
    “Mio figlio... nostro figlio... non potrebbe mai aver fatto una cosa del genere, e tu lo sai!”
    “Quello che crediamo noi non conta, Deidra, l'unica cosa che possiamo fare ora è trovarlo e nasconderlo, anche perché… il Ministero è solo uno dei suoi problemi… ”
    “Che cosa vorresti dire?”
    “Nostro figlio ha scelto, Dei, e ha preso la strada più rischiosa per se stesso. Dovrei dirti tante cose, cose che ho saputo anch’io solo poco fa, ma non qui, non adesso, non ho tempo ed è molto pericoloso, per te, per i ragazzi, per Mirzam conoscere quelle verità... Per aiutarlo dovremo fare cose che non ci piaceranno, e soffriremo molto, è di questo che ti chiedo perdono fin da ora...”
    “Alshain... che cosa...”
    “Ti supplico, fidati di me, Deidra, dell'amore che provo per te e per i nostri figli: hai visto che cosa è appena successo a Herrengton, è contro questo che dovremo lottare d'ora in poi, contro un nemico che non si ferma nemmeno di fronte ai bambini innocenti... Ed io non ho tempo di trovare una soluzione diversa, mi dispiace... non ho altra scelta... mi dispiace… ”
    “Mi stai spaventando... ”
    “Lo so... Sono spaventato anch’io, molto, ma… ora... ora ho bisogno di vedere Mirzam, subito, senza che nessun altro lo sappia, altrimenti andrà a monte tutto il folle piano che ho in mente... Ho bisogno di te, che tu faccia una cosa per me... ”

Lo guardai senza capire: stava accadendo qualcosa di brutto, di cui il mandato del Ministero non era che una piccola parte; Mirzam aveva fatto una scelta, una scelta diversa da quella che temevamo e, dal livello di agitazione di Alshain, era facile intuire che nostro figlio aveva appena disatteso le aspettative di Milord, o Milord aveva scoperto che non era mai stato completamente sincero con lui, non aveva tradito suo padre, non si era mosso contro il suo stesso sangue. Alshain aveva un piano, ma non intendeva rendermene partecipe: da un lato, la mia natura schietta, il mio orgoglio, la mia necessità di capire mi spingevano a ribellarmi e pretendere di sapere tutto, dall'altro, dal modo in cui mi guardava, sentivo la sofferenza di scelte nate dalla necessità, la necessità di proteggere ciò che avevamo di più caro, i nostri figli, la nostra famiglia. Era sempre stato difficile per me accettare senza fare domande, mettere da parte il mio orgoglio, lasciare che le cose mi scivolassero addosso, e Alshain lo sapeva, per questo non mi aveva mai chiesto nulla del genere, si era sempre confidato con me, mi aveva persino chiesto consigli. Se ora non lo stava facendo, se ora mi supplicava di aiutarlo senza fare domande, doveva avere delle ragioni serie: mi ero sempre fidata di lui e la mia fiducia era sempre stata ben riposta, non avrei smesso di sostenere il mio uomo, di credere in lui e nelle sue motivazioni, proprio adesso. Sarei stata al suo fianco anche questa volta, ovunque ci avrebbe condotto il destino.

    “Non si tratta di un'altra folle idea di quel dannato vecchio, vero? Ti prego, dimmi che è un'idea tua... posso accettare tutto da te... ma non da quell'uomo, non più!”
   
Alshain sorrise, un sorriso triste, ma anche carico di affetto e gratitudine: il senso di colpa lo ghermiva, i dubbi e la sofferenza lo assalivano, la situazione era grave e forse, davvero, stavolta ai suoi occhi non meritava il mio sostegno; io invece, ancora una volta, gli davo tutta me stessa, tutta la mia fiducia, incondizionatamente, consapevole che non sarebbe mai riuscito a farmi del male.

    “Fear farà solo quello che gli ho chiesto: mi aiuterà a mettere in salvo Mirzam e Sile, ma la piena responsabilità di quello che sta accadendo è mia, solo mia, Deidra… Devo uscire da qui e raggiungerli, ora... e devo evitare che qualcuno lo scopra... tutti qui all'ospedale dovranno pensare che io stia riposando nel mio letto, e che tu sei da qualche parte con Murchadh Mackendrick a parlare delle mie condizioni... ho già affatturato lui e l'infermiere a dovere... ”
    “Perché?”
    “Fear dovrà sicuramente sottrarre Mirzam agli Aurors e per farlo, potrebbe essere costretto a uno scontro... Fear è già compromesso, lo sai, io invece non posso farmi coinvolgere, devo parlare con Mirzam ma non correrò il rischio di lasciarti da sola con i bambini... alla mercè di Milord...”
    “E come pensi di farlo? Dovresti alterare la memoria a tutti o procurarti della pozione Polisucco, e a quest'ora persino Sinister è chiuso e ... ”
    “La trovi nella mia tasca “portatutto”... ”
    “Che cosa? Perché? Mi stai dicendo che ti porti dietro, di nuovo, della pozione Polisucco? A che cosa diavolo dovrebbe servirti?"

Lo fissai preoccupata, spaventata all’idea che ci fosse di nuovo qualcosa di torbido nella sua vita, che avesse ripreso, senza che me ne rendessi conto, la strada che aveva abbandonato da ragazzo.

    “No, non vado più in giro con la Polisucco, Deidra non ti preoccupare… Me l'ha fornita Fear poco fa, una quantità sufficiente per tutti e due: mentre io mi allontano da questa stanza, con le tue sembianze, tu fingerai di essere me e ti metterai a letto, così se i Ministeriali dovessero venire a sincerarsi della mia presenza qui... ”
    “Capisco... Sì, d'accordo, ma... Pensi di star via a lungo? Non so se riuscirei a reggere un... ”
    “Tornerò subito… e non farò nulla di pericoloso, o faticoso, te lo prometto... Voglio solo parlare con Mirzam, spiegargli dove e come voglio che si nasconda… e dirgli quanto sono fiero di lui, della scelta che ha fatto... che gli voglio bene, che so quanto ha rischiato per i suoi fratelli e... ”
    “Alshain... ”

Gli misi una mano sulle labbra, quella morsa gelida che già mi stringeva il cuore da un po’, sembrò all’improvviso ridurmi in pezzi: per capire mi era bastato guardare quegli occhi di mercurio, sempre ridenti, che di colpo si riempivano di lacrime, e quella voce, sempre calda, perdersi in un sussurro addolorato e commosso.

    “Ti prego... Dimmi che non è quello che sto pensando... ”

Non ottenni risposta, solo uno sconfinato silenzio.

    “Non stai cercando di raggiungerlo per dirgli addio, vero? O è questo che vuoi fare? Mi stai dicendo che non lo vedrò più, è così? Che non lo vedremo più? Che non vedrò più il mio Mirzam?”

Anche la mia voce finì in un gemito soffocato. Non ci fu risposta, se non un sospiro, seguito da un lungo silenzio: gli occhi di Alshain si persero a terra, preda della colpa e del mio stesso dolore. Avrei voluto urlare, piangere e supplicare, invece rimasi lì, impietrita e muta, non potevo crederci... no, non potevo… Non avrei più visto mio figlio? Mai più? No, non era possibile... non era...

    “Perché?”

Lo guardai di nuovo, di colpo squassata da una rabbia feroce che non avevo provato mai, la sentivo crescermi dentro, come un dolore sordo che mi divorava pezzo per pezzo, mentre Alshain restava immobile, in silenzio, il capo chino.

    “Dimmi perché! Devi dirmi il perché! Devi dirmelo! Non puoi pensare che questa sia l'unica soluzione possibile! Come puoi pensarlo? Come?”

Di nuovo nessuna risposta, allora lo afferrai per un braccio, lo costrinsi a sollevare il viso, a guardarmi, doveva rispondermi, dirmi la verità, fissandomi negli occhi: nella luce tenue e rossastra dei candelabri, però, riuscii solo a vedere il suo sguardo velato di lacrime, lo sguardo di un uomo vinto, senza scelta, rassegnato al destino, sordo ormai a tutte le mie lacrime e alle mie suppliche. Non riuscii più a dire o a pensare a niente.

    “Per salvare nostro figlio dal Signore Oscuro… Perché se ha scelto la strada più rischiosa è a causa dei miei errori... Perché ha dovuto sacrificarsi per salvare Meissa... Perché io non sono stato capace di proteggerla, anzi, l'ho esposta... Io... E ora… l'unica cosa che posso fare, ora... l'unico rimedio che sono stato capace di trovare... Per salvargli la vita sono pronto a pagare qualsiasi prezzo, Deidra, lo sai… Anche a rinunciare a lui, anche a far soffrire te… persino a perdere te… So che ti avevo promesso che non ti avrei mai fatto versare una lacrima… e invece... Eccomi qui... Ho fallito, anche con te... Devo chiederti il sacrificio più grande, devo infliggere a te, a ciò che ho di più caro al mondo, il dolore più atroce, per rimediare ai miei sbagli… Ti ho chiesto perdono, Deidra, ma so bene che non ho il diritto di chiederti niente... so che ti ho deluso e ti ho ferito… Perciò… se non volessi perdonarmi, se non volessi più vedermi… io… lo capirei… io…”

Ci guardammo per pochi rapidi secondi, poi il pudore mi fece distogliere lo sguardo, non dissi nulla, non avevo più parole, non respiravo più, gli occhi persi nel vuoto: mi sentivo in mezzo alla tempesta e non avevo idea di dove fosse l’approdo, non capivo nemmeno che cosa provassi. Com'era possibile che fossimo arrivati a questo? Dov'era la vita che avevo conosciuto per vent'anni? Come avevo fatto a essere così cieca per tutto questo tempo? Un senso di gelo mi pervadeva, una parte di me voleva battersi per impedire che tutto accadesse, per trovare un’altra strada, perché doveva essercene almeno un’altra… Quella parte di me era convinta che Alshain non si stesse impegnando abbastanza, che cercasse solo di allontanare Mirzam, perché non si fidava di lui, che mi mentisse, mi riempisse di altisonanti parole per non ammetterlo: si fingeva un agnello, per qualcuno dei suoi oscuri scopi. L’altra me stessa, però, la vera me stessa, sapeva che era tutto vero, che non c'erano menzogne o strani complotti, e mi spingeva a stringermi all’uomo con cui avevo creato tutto, a dirgli che non c’era niente da perdonare, che lui ed io, fin dall'inizio, avevamo messo in conto tutto, anche questo, di soffrire per il bene della nostra famiglia, per ognuno dei nostri figli... Perché eravamo una vita sola e, solamente insieme, anche stavolta, come tutte le altre volte, avremmo trovato il modo di farcela: per Mirzam, per gli altri nostri figli, per noi.
Per questo non dissi nulla. Annodai le mie dita tra i suoi capelli e ne staccai uno, poi feci altrettanto con uno dei miei e glieli diedi: Alshain mi guardò, vedevo riconoscenza e stupore, non immaginava che avrei ceduto con tanta facilità, per questo provò subito a baciarmi, ma io, a sorpresa, istintivamente, mi sottrassi. Scivolai con le dita sul fermaglio che chiudeva il mio ciondolo, quello che portavo al collo da quando ero una ragazzina, un vecchio talismano celtico di mia nonna, che simboleggiava la Levata di Sirio: me lo sfilai e glielo misi nel palmo, poi chiusi la sua mano con la mia.

    “Se questa è l'unica strada che abbiamo per salvarlo, fai quello che devi, senza indugi, ma voglio che sappia che, ovunque ci porterà il destino, io sono sua madre e sarò sempre al suo fianco!”

Lo fissai a lungo: ricordai lo sguardo pieno d'amore e felicità che c'eravamo scambiati alla nascita di Mirzam, quando la levatrice me l’aveva messo tra le braccia, ricordai che anche allora avevo scorto con sorpresa le lacrime che gli rigavano il viso. Quella notte, invece, le sue lacrime avevano un sapore e un significato ben diverso. Lacrime di disperazione avevano preso il posto alle lacrime di felicità e speranza.

    “Farò di tutto per riportartelo a casa… te lo prometto… ”
    “No, Alshain... non farmi promesse... non farmene più… Ormai non voglio più niente, mi basta che tutto questo dolore abbia un senso…”

Lasciai che Alshain mi baciasse e mi stringesse a sé, ma non riuscii a rispondere né al bacio né alla sua stretta, in tanti anni, per la prima volta, non riuscii a sentire niente, neppure il suo calore. Un dolore atroce e sconosciuto spegneva i miei sensi nei confronti di tutto ciò che avevo intorno, al punto che non mi accorsi del pianto silenzioso di uno dei miei figli, nascosto a spiarci nel buio: non ci accorgemmo, nessuno dei due, che la Verità non era custodita più solo nei nostri cuori. Alshain si staccò da me, dopo un tempo che poteva essere un istante o tutta la nostra vita, io rimasi immobile al mio posto, lo vidi andare verso l'armadio, dove l'infermiere aveva appoggiato le sue vesti umide di salsedine, quando Fear l'aveva riportato indietro; lo sentii trafficare un po' con la sua sacca porta-tutto, fino a riemergere con due piccole fialette, piene della famigerata pozione. Lo fissai, mentre versava nel composto i due capelli, mentre si avvicinava per poi sedersi al mio fianco e infine porgermi la mia parte di pozione.

    “Stavo pensando... se vuoi, potresti andare tu al mio posto, Deidra, così potresti abbracciarlo e parlargli... Ti darò tutte le indicazioni che gli serviranno, e ti proteggerò con l'Incanto Fidelius... ”

Chinai il capo: desideravo rivederlo con tutte le mie forze, sarei stata capace persino di prendere con me i ragazzi, raggiungere Mirzam e fuggire con lui, ma sapevo che era una follia dettata dal bisogno disperato di non perderli, nessuno di loro... No, non potevo andare al suo posto, non sarei riuscita a farlo, non sarei riuscita a lasciarlo andare, a dirgli addio, perciò, preda di nuovo della commozione, mi limitai a negare con la testa, poi, vergognandomi delle mie lacrime e della mia voce traditrice, guardai fuori. La notte era ancora oscura ed io mi chiesi se sarebbe mai più tornato il sole a illuminare i nostri giorni. L'unica cosa importante era che Mirzam si mettesse in salvo, rivederlo invece mi avrebbe solo fatto più male e ne avrebbe fatto, di certo, anche a lui, perché non sarei riuscita a mentirgli ed ero sicura che, proprio come me, nemmeno mio figlio fosse pronto a tutto questo. Inoltre... Se davvero era finita, se davvero non avremmo mai avuto una seconda possibilità, mio figlio aveva bisogno di sapere quanto suo padre l'amasse, dovevano chiarirsi per poi poter chiudere quella parte della loro vita, quella che aveva quasi rovinato entrambi: solo così, guardandosi finalmente negli occhi e dicendosi tutto, sarebbero stati entrambi liberi, per sempre.

    “No, devi andare tu, devi dirgli cosa fare e soprattutto devi fargli capire che siamo fieri di lui... è questo ciò che mi devi, Alshain, solo questo, lo devi a lui, se, come dici, sei responsabile di quanto sta accadendo... Nostro figlio merita le tue scuse e la tua gratitudine... ”

Alshain annuì: dal suo sguardo carico di riconoscenza, capii che sperava che lo lasciassi andare, perché sentiva forte, dentro di sé, il bisogno di quel confronto. Non era, però destino che almeno quel nostro desiderio si avverasse. Stavamo per bere i nostri filtri quando, all'improvviso, sentimmo bussare con estrema violenza all’uscio: Alshain fece appena in tempo a far “evanescere” la pozione e a frapporsi tra me e la porta, che sette uomini incappucciati fecero irruzione nella stanza.

    “Questo è un ospedale, che cosa diavolo significa tutto questo? Chi credete di essere ?”

Murchadh Mackendrick, altri tre Medimaghi e alcuni uomini della sorveglianza arrivarono di corsa a controllare la situazione, mentre Alshain fronteggiava cinque dei nostri sgraditi ospiti che, appena entrati, si erano disposti attorno a noi, le bacchette sfoderate, mentre gli altri due iniziavano a rovistare tra le nostre cose: quando vidi che uno di loro entrava nella stanza di Rigel feci un passo per impedirglielo e uno dei cinque mi puntò la bacchetta alla tempia.

    “Prego, signora, restate dove siete… Il mio nome è Moody, Alastor Moody, questi sono i miei uomini e questo è il mandato di perquisizione firmato dal Ministro Longbottom in persona... E ora, se non vi dispiace, le domande le faccio io... dove si nasconde vostro figlio, Sherton?”

***
 
Mirzam Sherton
località sconosciuta, Shetland - sab. 25 dicembre 1971

Poco per volta mi ripresi: ero stordito, confuso, dolorante, non capivo dove fossi. Una lama di luce mi colpiva in faccia, risvegliandomi, e subito, rapidi, dal caos della mia memoria, iniziarono a riemergere come flash i ricordi delle ultime ore, andando ad alimentare, feroce, la paura che improvvisa era già riesplosa in me.
   
    “Sile! Dove sei? Sile!”

Provai a rialzarmi, non ci riuscii: ero steso a terra, su una specie di pagliericcio, libero ma completamente indolenzito, forse per il freddo, forse per lo Schiantesimo. Mi guardai intorno, quel luogo non sembrava una casa, né una prigione, piuttosto un rifugio naturale, una grotta, ma non trovavo intorno a me nessun dettaglio capace di orientarmi su dove fossi: c’era qualcosa di strano, un odore e un rumore strani, una luce strana, soprattutto percepivo molta Magia, Magia antica e potente, talmente soffocante che mi chiesi se fosse tutto reale, o piuttosto una visione alterata da qualche incantesimo o pozione. Alla fine, al terzo tentativo, riuscii a rialzarmi e vidi da vicino la luce che mi aveva svegliato, una specie di fiammella che nuotava al centro di una palla evanescente, sospesa e fluttuante nell’aria, in un lento e ciclico movimento per tutta la stanza. Mi avvicinai alle pareti, le toccai: come immaginavo, non erano muri costruiti dall’uomo, ma nuda roccia di una vera grotta.

    “Mirzam! Ti sei ripreso finalmente!”
   
Sile mi raggiunse, di corsa, dall'oscurità fitta che si celava oltre una fenditura alla mia destra. L’abbracciai, mi sincerai che stesse bene, che fosse tutta intera, ci baciammo; appena fummo entrambi sicuri delle nostre reciproche condizioni, riversammo infinite domande l’uno sull’altra.

    “Sicura di star bene? È da tanto che ti sei ripresa? Ti ricordi chi ci ha portati qui?”
    “Sto bene, mi sono ripresa poco fa, accanto a te: ho visto che neanche tu eri ferito e ho iniziato a guardarmi intorno, in attesa che ti risvegliassi; ho controllato tutta la parete davanti a noi e ho scoperto che non ci sono altri varchi, oltre a questo. Credo ci sia una specie di galleria, qui dietro, che porta da qualche parte, ma non so dove, sono ritornata qui appena ho sentito la tua voce. Non so dove siamo, e tu?”
    “No, ma credo di sapere dove “non siamo”: questa non è Little Hangleton, il covo del Lord, e non siamo nemmeno ospiti di Rodolphus o di mio zio Malfoy… Anche perché, visto che siamo liberi di muoverci e ho ancora la tua bacchetta, non credo siamo in mano ai Mangiamorte... Forse non siamo nemmeno nelle Terre, non riesco a sentire il respiro di Habarcat… e tu? Lo senti?”

Sile negò con il capo e il suo viso non accennò a riprendere colore o a rasserenarsi per quelle mie deduzioni, il suo sguardo anzi s’incupì ancora di più.

    “E se fossimo prigionieri della spia?”
    “Quale spia?”
    “Non credi più che ci sia un traditore nella Confraternita? Da quando hai accusato mio padre di essere un infiltrato del Signore Oscuro, lui ha preso molto seriamente le tue parole… in realtà lui ti ha sempre preso molto seriamente, Mirzam… Non me ne ha mai parlato apertamente per non spaventarmi, ma so che ha iniziato a porsi domande e a farle in giro, a notare stranezze, coincidenze… Una sera, un paio di mesi fa, l’ho sentito dire a Liam che è sicuro della presenza di un traditore nella Confraternita… Credo ne abbia parlato anche con tuo padre e con Fear…”
    “Evidentemente, ne ha parlato con tutti, ma non con me… forse crede che la spia sia io!”
    “Mirzam!”
    “Dico davvero, Sile, non me ne meraviglierei… A meno che non sia arrivato a qualche altra conclusione più realistica… è forse così?”
    “Non sa chi sia, ma si tratta di qualcuno che sa mascherarsi molto bene, molto furbo!”
    “Allora hai ragione, non sospetta di me!”
    “Mirzam…”
    “Va bene, la smetto… Se non fosse stato abile a mentire, o non gli fosse in qualche altro modo utile, Milord non l’avrebbe mai preso tra i suoi, questo è chiaro… ma ora… Hai già provato a smaterializzarti o a usare l’anello per chiamare gli altri? Potremmo fuggire a Herrengton e…”
    “No, non riesco a smaterializzarmi, non so perché… ma non credo sia una buona idea usare gli anelli per chiedere aiuto, Mirzam... Nel momento in cui dovessimo farlo, tutti saprebbero dove ci troviamo, compresi la spia e Milord… quanto a Herrengton, non credo sia accessibile... ”

Annuii, aveva ragione sugli anelli, dovevamo però capire dove fossimo e soprattutto con chi, poi cercare un modo per scappare e un luogo per nasconderci.

    “Potresti dirmi che cosa hai letto nella pergamena del Ministero? Che cosa diavolo è successo alla mia famiglia?”
    “C’era scritto che sei accusato di aver organizzato un attentato contro il Ministro, in cui sono rimasti coinvolti alcuni membri della tua famiglia: tuo padre, Meissa e Rigel; non c’era scritto in che condizioni sono, adesso... ”

Strinsi le mani a pugno, preda della rabbia e del dolore: volevo rompere e distruggere qualcosa, volevo poter sfogare tutta la furia che mi sentivo dentro, tutta quell’assurda situazione, la mia stupidità, la voce di Crouch, tutto quel mistero, mi stavano facendo impazzire, soprattutto il fatto di immaginare le cose peggiori sui miei e non poter in alcun modo sapere quale fosse la verità. All’improvviso, sentimmo un rumore alle nostre spalle, mi voltai di scatto, verso il buio dietro di noi, la bacchetta di Sile serrata in mano, non c’era nessuno: guardai mia moglie, anche lei aveva sentito, almeno stando al suo volto, contratto dalla tensione e dalla sorpresa. Mi avvicinai e mi sistemai due passi davanti a lei, per essere pronto a proteggerla, nel caso l’oscurità celasse una minaccia, ma la situazione non cambiò per diversi minuti, quasi fosse stato tutto solo il parto della nostra mente.

    “Forse possono vederci, ma noi non possiamo fare altrettanto… forse ci sono degli specchi… forse… ”

In realtà, nemmeno l’ascoltavo più, stavo seguendo un’idea improvvisa: le feci cenno di non parlare, Sile mi guardò stupita ma non ebbe il tempo di capire, puntai subito la bacchetta contro la palla evanescente e urlai “Reducto”, poi, mentre tutto era di nuovo buio e silenzio, l’afferrai per un braccio e di corsa ci gettammo nella galleria oscura che aveva iniziato a perlustrare. A mano a mano che correvamo, sembrava che ci avvicinassimo a una fonte di luce naturale, ma il percorso era in leggera salita e là dentro era incredibilmente caldo, troppo caldo, e noi troppo stanchi, così rallentammo sempre più, fin quasi a fermarci. Avanzando piano, affinavo l’orecchio, per sentire eventuali voci o altri rumori, e, in quel vago grigio chiarore, anche Sile si guardava attorno attenta, sospettosa: più andavamo avanti, più il tuonare lontano e cupo, che avevo udito fin dal mio risveglio, prendeva forma, trasformandosi nell’ululato terribile e minaccioso del mare. Infine, quando di colpo, inaspettatamente, la galleria terminò, il chiarore esplose nella sua pienezza, nella cenere dell’alba invernale, la voce possente del mare ci investì con la sua forza profonda, travolgendoci con gli schizzi gelidi e salati della sua schiuma furiosa, che si avventava contro gli artigli di roccia disposti tutto attorno a noi. La sorpresa e persino lo spavento per la furia impetuosa della natura, il precario equilibrio che riuscivamo a mantenere su quel pavimento liscio e levigato di basalto scuro, il vento gelido che ci schiaffeggiava spingendoci contro la parete umida e salmastra, togliendoci il fiato, tutto ci invitava a tornare indietro, nella tiepida oscurità della grotta. Fu allora che una voce metallica, profonda, maschile, si librò alle spalle.

    “Ti sei appena svegliato, Sherton, e già sei impegnato a compiere la cazzata del giorno? Ahahahah…”

Mi voltai: di fronte a me c'era una figura umana completamente vestita di nero, con una maschera d’argento a celargli il volto; la paura, per Sile, per me, per una fine ingloriosa ormai scontata, mi fece contorcere lo stomaco, serrai le dita attorno alla bacchetta e mi preparai al peggio, ripetendomi che almeno dovevo cercare di proteggere Sile con il mio corpo, fino alla morte. Il Mago, però, a sorpresa, non estrasse la bacchetta, non mi colpì con un incantesimo oscuro, non assunse alcun atteggiamento aggressivo, alzò invece la mano verso il proprio volto e, con la Magia, fece sparire la maschera, mostrandosi a entrambi e godendosi, divertito, il nostro stupore e il nostro turbamento. Lo guardai, a lungo, la mia mente era devastata dalle domande e incapace di realizzare quella verità: no, non potevo crederci, la spia non poteva essere lui! Quel giovane uomo, poco più basso di me, appena più robusto di me, con i capelli scuri raccolti in un principio di coda, gli occhi chiari e ridenti, vestito con una toga tradizionale, nera, senza dettagli che ne rivelassero l'appartenenza alla Confraternita o al mondo degli Slytherin, né l'elevata estrazione sociale, la bacchetta alla cintola e il sorriso gioviale stampato in faccia, negli ultimi dieci anni era diventato per me, tra alti e bassi, quasi una presenza fraterna.
Warrington scoppiò a ridere, poi si avvicinò rapido, con la chiara intenzione di raggiungere Sile, che lo guardava atterrita, senza parole ma, a pochi passi da me, cambiò idea, si rivolse per primo a me, mi porse la mano e mi abbracciò; io rimasi impietrito, sconvolto, una voce che mi ripeteva nella mente “come nella Bibbia babbana, ecco il bacio di Giuda”.

    “Accidenti, dalle vostre facce direi che sono un Mangiamorte credibile… meglio così… se sono stato tanto bravo, nessuno dubiterà di me… e devo essere sincero, avervi messo tutta questa paura non mi è dispiaciuto per niente… ahahahah!”

Jarvis si staccò da me, vedendo la nostra confusione, si arrotolò la manica della toga sull’avambraccio sinistro, appena vidi la sua pelle pallida deturpata da una macchia nera, senza nemmeno osservarla bene, sentii percorrermi le viscere da un attacco di bile, accecato di rabbia, delusione, paura, ma mi costrinsi a non reagire. No, per il bene di Sile, non potevo reagire.

    “Ma… Questo non è… Che cosa significa Jarvis?”
    “Non hai ancora capito? Non posso crederci! Hai davvero creduto che fossi un Mangiamorte, uno vero? Andiamo, Sile, non deludermi così, o mi farai credere che ti sono bastati pochi giorni da sola con lui per diventare tonta come questo qui! Ahahah!”

Mi voltai a guardarli, non capivo più niente, le risate, tutta la situazione. Di certo, dovevo essere più pallido di un cencio, perché Sile si avvicinò per sorreggermi aiutata da Warrington, che alla fine mi diede una pacca sulle spalle che quasi mi ributtò a terra. Furioso e stranito, gli presi il braccio senza altri indugi, lo guardai con attenzione e solo allora mi resi conto, a metà tra il sollievo e la più completa confusione, che l’oscena macchia scura era in realtà solo una patetica imitazione del marchio dei Mangiamorte: una stupida imitazione che si cancellava strofinandoci sopra la stoffa e che mi aveva fatto perdere almeno venti anni di vita.

    “Ma dico, sei impazzito o cosa? Ti sembrano scherzi da fare, questi? Che cosa ci fai qui, Warrington? Dove cazzo siamo? Che diavolo significa questa mascherata?”
    “Stai calmo, Mirzam, hai ragione, scusami, dovevo cambiarmi prima di apparire dietro di voi… sono stato un idiota, ma… volevo vedere se ero stato credibile… Non avete idea di quanti casini siano successi dal giorno del vostro matrimonio… Si può sapere perché non avete risposto ai nostri messaggi?”

Diventai rosso porpora e abbassai lo sguardo, non prima, però, di aver notato con fastidio che Jarvis passava un braccio attorno alle spalle di Sile e mi guardava con un’aria maliziosa e irridente, che contribuiva ad aumentare la mia confusione. Avevo sempre più voglia di dare di matto, di sfogarmi su qualcuno, e vedere quell’idiota fare il cascamorto con mia moglie, come all’epoca della scuola, quando mezzo sbronzo festeggiava le nostre vittorie a Quidditch, esasperava ulteriormente le mie manie omicide. Forse a Jarvis bastò guardarmi negli occhi per capire che ero arrivato e addirittura avevo superato il limite di sopportazione, perché si staccò subito da lei e, per darmi il tempo di sbollire un po’, iniziò a muoversi tutto intorno a noi, in silenzio, evocando dei fuochi, per conservare il calore e avere più luce, mentre io lentamente, pur avendo capito che non c’erano pericoli, anzi eravamo in mani amiche, mi frapponevo tra loro.

    “Per farla corta, ragazzi, era necessario che Crouch non vi portasse al Ministero.”
    “E perché mai? Una volta lì potevo difendermi, maledizione! Non sarei mai finito ad Azkaban con quelle accuse ridicole! Perché mi hai trasformato in un ricercato? E perché hai lasciato che Sile restasse coinvolta? Con l’aiuto di Emerson saremmo stati fuori in pochi minuti!”
    “Come no! Non hai ancora capito che è lui a fare il doppio gioco all’interno della Confraternita? Ti avrebbe salvato da Crouch solo per portarti da Milord… Quanto al Ministero, ormai cercano solo una scusa per colpirvi… per loro siete entrambi già coinvolti, siete entrambi ricercati! Per me, dal momento in cui vi siete sposati, il vostro destino è unico, siete entrambi in pericolo! E presto, sarete considerati anche due traditori!”
    “Traditori? Cosa hai fumato Jarvis? Che significa traditori?”
    “Non spetta a me darti le spiegazioni, non conosco il piano di Fear… A me è stato chiesto di portarti qui, perché Milord è sulle tue tracce ed Emerson era pronto a tradirti... Fear ha chiesto a Liam, Donovan e me di aiutarlo… tra poco ci raggiungerà per dirti tutto… era previsto che arrivasse anche tuo padre, ma è quasi l’alba ormai, temo che qualcosa sia andato storto… ”
    “Io non ci sto capendo più niente! Voglio sapere come stanno i miei familiari, Jarvis! E voglio sapere che cosa significa “traditori”… e che cosa ne è del padre e del fratello di Sile!”
    “Donovan e Liam sono già a casa: hanno fatto un po’ di confusione con Fear al Paiolo per farvi fuggire, orientandovi verso il varco, dove c’ero io ad aspettarvi. Non si è fatto male nessuno, solo Fear ha, come dire, esagerato con un candelabro… credo abbia ferito leggermente un Auror… ma nulla di grave, te lo assicuro!”
    “E ora? Qual è il piano?”
    “A me è stato riferito solo il minimo indispensabile, Mirzam: so che Fear è andato a Herrengton a prendere una cosa per te, così potrai nasconderti… Quanto ai tuoi familiari, tua madre non permette a nessuno di avvicinarsi, ma stando a Fear, si stanno riprendendo tutti rapidamente… ”

Fu un attimo, all’improvviso mi gettai su di lui, con forza, prendendolo per il bavero e schiacciandolo contro il muro, impedendogli di muoversi e di staccare gli occhi dai miei, con Sile, a sua volta, che cercava di calmarmi inutilmente, implorandomi di lasciarlo andare.

    “Credi che mi bastino come risposte? Ascoltami, pezzo di un idiota, so di essere in debito con te perché mi hai salvato, ma se non vuoi che ti spacchi la faccia, ti conviene rispondermi! Non sto scherzando! So che stai mentendo! Che sai molto di più di quello che dici, ti conosco!”
    “Che diavolo dovrei dirti di più, e a che cosa ti servirebbe saperlo? Sei stato accusato di aver attentato alla vita del Ministro, un attentato compiuto dai Mangiamorte, a Herrengton, un attentato che ha quasi ucciso tuo padre e i tuoi fratelli, ferito i Lestrange ed eliminato vari Aurors… Hanno catturato, per tutto questo, solo un ex Auror in pensione, con un bel Marchio Nero stampato sul braccio, ma cercano ancora i suoi complici… E tutti credono che uno dei complici sia tu… la tua famiglia si sta riprendendo, tuo padre aveva un Bezoar a disposizione, il piccolo Lestrange ha salvato tua sorella… chi se l’è vista brutta è stato Rigel, ma pare si stia rimettendo anche lui…”
    “Salazar santissimo…”

Sile era sbiancata, ascoltando tutta quella sequela di orrori e disgrazie, io ero rimasto impietrito, incapace di parlare o di pensare, la sola idea che i miei fratelli… No, non riuscivo a pensarci… Soprattutto non riuscivo a credere che, come uno stolto, invece di ascoltare le suppliche dei miei familiari, avevo chiuso la porta in faccia a Kreya e avevo pensato solo a me stesso. Mi sentii di nuovo ribollire il sangue: mi odiavo come non avevo mai odiato nessuno in vita mia.

    “Hanno preso l’anello di tua sorella e i suoi ricordi: io non so che cosa significhi tutto questo e non so se ha un senso per te… Questa storia però ha fatto impazzire tutti, Fear per primo, e da questo ho dedotto che si tratta di qualcosa di pericoloso di cui, se permetti, non voglio sapere niente! Ho anch’io delle persone care, tu mi sei amico, vero… ma non voglio entrarci più di così…”

Annuii e gli lasciai il bavero, mi staccai da lui, in parte confuso, in parte vergognandomi per lo scatto di nervi, ma Warrington pareva non essersela presa più di tanto, l’unica cosa che desiderava, lo vedevo, era non dover andare oltre. Tutto iniziava ad avere un senso: gli uomini di Milord avevano colpito e l’avevano fatto molto prima di quanto pensassi, non solo ma, se già mi cercavano, il mio piano era riuscito, Fear aveva fatto un ottimo lavoro con i ricordi di mia sorella. A questo punto, Jarvis aveva ragione, era bene cambiare discorso, quanto sapevo era sufficiente, l’unico che poteva aiutarmi oramai era Fear, che conosceva tutta la situazione e gli incanti adatti a difenderci, mi chiedevo soltanto se mio padre conoscesse o sospettasse la verità e come avrebbe reagito quando l’avesse scoperta. E se era per questo che tutti, a breve, mi avrebbero considerato un traditore. Visto quanto le cose erano precipitate in poco tempo e che non avevo avuto l’occasione di dire a Sile in quali guai mi ero cacciato volontariamente, mi chiedevo quale sarebbe stato il mio destino, che cosa ne sarebbe stato di noi, e soprattutto se fosse giusto coinvolgere e costringere Sile a una vita di fughe e rinunce.

    “Ora devo andare, non vorrei essere trovato fuori casa, se i Ministeriali mi facessero visita. Statemi bene, ragazzi… Vi lascio nelle solerti mani della sua giovane apprendista di Fear... ”

Dal buio, emerse una ragazzina, poco più giovane di noi, dai capelli scuri tagliati corti e gli occhi chiari, gli abiti da maschio, anzi, aveva addosso addirittura la tenuta che noi giovani del Nord usavamo nelle lunghe battute di caccia e le esercitazioni nelle foreste. Aveva qualcosa di familiare, eppure ero certo di non averla mia vista, mi chiesi se fosse una parente di Fear, non trovavo infatti nessun’altra ragione perché il vecchio accettasse un’apprendista, era infatti un individuo sempre terribilmente sfuggente e asociale. Mi chiesi quale mistero ci fosse sotto.

    “... Ragazzi, questa è Margareth…”

*continua*



NdA:
Inizio con i ringraziamenti a chi ha letto, recensito, aggiunto a preferiti/seguiti/ricordati, ecc ecc. In questo capitolo alcune cose si svelano, altre si intuiscono, altre ancora pongono nuovi dubbi. Alshain è lontano anni luce dal personaggio che conosciamo, perché voglio far vedere la fragilità di un uomo sempre tanto sicuro e forte, nel momento in cui viene colpito negli affetti più cari e sa di averne la responsabilità. Deidra può apparire addirittura più forte di lui... in realtà, pur in modi via via diversi, quasi tutte le donne di questa ff sono più forti dell'uomo che sta al loro fianco.
Alla prossima!

Valeria



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