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Autore: neonTiger    22/02/2011    5 recensioni
"Indossava una giacca di pelle, era assorto ad aspirare con
disinteresse il fumo della sua sigaretta, tanto che non si accorse
della mia presenza".
One Shot su Julian Casablancas - The Strokes
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Alone, Together

La grande insegna luminosa di fronte a me preannunciava che ero giunta a destinazione. Accelerai il passo, ansiosa di rivederlo.

Entrai con circospezione, cercando di non fare rumore con i tacchi. Erano le due di notte e la hall dell’hotel era deserta: il portiere si voltò nella mia direzione per pormi la domanda di routine.

“Posso esserle utile?” esordì.

“Si, vorrei sapere a che piano è la stanza n °102”.

“Casablancas, giusto? Non mi aveva detto che aspettava qualcun altro ... Terzo piano a destra, comunque” rispose.

“Grazie”.

Impiegai diversi secondi per dare il giusto peso a quella frase: qualcun altro era stato con Julian? Sperai che il portiere avesse sbagliato, non doveva essere difficile confondersi con tutta la gente che passava di lì ogni giorno.

Presi l’ascensore, mentre cercavo di tenere a freno l’entusiasmo che cresceva allo scorrere degli ultimi secondi che mi separavano dal rivederlo.

Arrivata al terzo piano, delle voci in lontananza attirarono la mia attenzione: una bionda in abiti succinti stava uscendo da una stanza, subito dopo intravidi una mano chiudere la porta frettolosamente. La distanza non mi permise di mettere a fuoco il numero sulla porta, ma la scena aveva tutta l’aria di essere un incontro tra amanti.

Avvicinandomi, capii che i miei sospetti erano tutt’altro che infondati: la porta da cui vidi uscire la bionda era proprio quella della stanza di Julian.

Bussai violentemente, pur cercando di mantenere la calma. Pochi secondi dopo la porta si aprì: Jules aveva i capelli scompigliati e lo sguardo spento dall’eccesso di alcool, come al solito. Lo spinsi nella stanza e chiusi la porta con forza.

“Julian, ringrazia solo che io sia cieca come una talpa! Se avessi notato subito che quella stupida troia stava uscendo dalla tua stanza le avrei … grr!” urlai, biascicando le ultime parole.

Le avrei strappato i capelli, stavo per dire, ma cercai di non perdere il controllo.

“Non urlare, lasciami spieg …” disse.

Non gli diedi il tempo di terminare la frase e ripresi a parlare.

“Sei ubriaco come al solito, sapevo che non avrei dovuto fidarmi” affermai.

“Mi scoppia la testa, lasciami parlare” disse.

“Prego, riempimi pure di cazzate” dissi gesticolando.

“Era solo una fan, me l’hanno spedita qui Fab e Nick dicendomi che piangeva perché voleva vedermi. L’ho fatta entrare e abbiamo bevuto qualcosa insieme … non è successo nulla, credimi”.

La voce rauca e grave risuonò nella mia mente, impegnata a cercare una soluzione.

“Mi piacerebbe crederti, ma non sono così ingenua come pensi” risposi.

Continuai a camminare, cercando delle prove: notai che il letto era disfatto. Sul tavolo c’erano due bicchieri, una bottiglia di Jack Daniels semivuota e un biglietto.

E’ stato bello stare con te, chiamami appena puoi. Pam” lessi a voce alta. “Che nome da puttana!” aggiunsi.

Julian fece una smorfia. “Ti prego, ragiona. Ricordi che avevamo giurato di essere sinceri l’uno con l’altro? Non avrei motivo di mentire” disse tenendomi per un braccio.

“E il letto disfatto, allora?” domandai.

What the hell …? Pensi che io sia andato a letto con quella ragazza?“ mi rispose, ridendo ironicamente.

“Certo, dovrei anche crederti … non faccio altro che prendere aerei per vederti ed è questo ciò che ricevo in cambio, grazie!” esclamai.

“Stai solo approfittando di questa fottuta situazione per rinfacciarmi ciò che hai fatto per me, ammettilo” mi rispose.

“Julian, ho fatto tutto per amore … “ dissi a bassa voce. “Sono solo stanca, me lo concedi?! … e poi credevo che tu avessi smesso con l‘alcool” conclusi, avvicinandomi alla porta per andare via.

Sbadigliò, mettendo una mano davanti alla bocca quando mi girai verso di lui.

“Hai sonno, ti lascio subito in pace” dissi, aprendo la porta.

“Emma, sono stato sincero, non andare via!” urlò.

La sua voce mi giunse ovattata, attenuata dalla porta che avevo chiuso uscendo.

Scesi velocemente per le scale e abbandonai l’hotel.

Il freddo londinese asciugò le mie lacrime, mentre camminavo senza meta.

Poco dopo ricordai che Stacey, una ragazza inglese conosciuta durante una vacanza-studio, avrebbe potuto ospitarmi per quella notte.

Così, mezz’ora dopo averle telefonato, mi ritrovai stesa sul divano di uno squallido appartamento abitato da studenti.

Ripensai alla prima volta in cui vidi Julian; non potei trattenere le lacrime, che ripresero a bagnare il mio viso.

That First Night

Lo vidi per la prima volta in un locale newyorkese, durante una tranquilla serata in compagnia dei soliti amici.

Mi allontanai dal tavolo per dare un’occhiata al piccolo spazio aperto nel retro del pub, dove lo incontrai.

Indossava una giacca di pelle, era assorto ad aspirare con disinteresse il fumo della sua sigaretta, tanto che non si accorse della mia presenza. “Cliché da rockstar” pensai, sollevando un sopracciglio.

Mi avvicinai, tirando fuori una Camel dalla tasca. Si girò verso di me, attirato dai rumori. Iniziai a cercare l’accendino nelle tasche del mio jeans; sapevo di non averlo, ma aspettai che mi porgesse il suo. E così accadde.

“Oh, thank you” dissi.

No problem” rispose sorridendo.

Iniziammo a parlare; non sopportavo che non mi guardasse negli occhi. Quell’atteggiamento di distacco, che normalmente mi avrebbe infastidita, in lui aveva qualcosa di attraente, di piacevole.

Sarei potuta restare ad osservarlo per ore, lasciando che il desiderio di farlo mio crescesse fino ad un livello insopportabile.

Continuammo a parlare fino a quando non ci ritrovammo a fissarci; abbassai lo sguardo sorridendo, non riuscendo a sostenere il suo.

Quando tornammo nel locale ci sedemmo vicini; poggiai la mia testa sulla sua spalla, stanca.

“Hai un viso così dolce …” mi disse. Mi toccai i capelli, imbarazzata; Julian mi sollevò il viso con un dito e poggiò le sue carnose labbra sulle mie. Sapevano di alcool, un sapore perfetto su di lui.

**

Al solo pensiero che le sue grandi mani avessero potuto toccare un’altra chiusi gli occhi, trattenendo le lacrime che continuavano a scendere.

Cercai di dormire, l’unica via rimasta per liberare la mente dai troppi pensieri.

 

Il pomeriggio seguente partii per tornare a Roma, nella casa che condividevo con le mie amiche.

“Emma, cos’è quella faccia, è successo qualcosa?” mi domandò Sam.

“Julian” risposi secca, poggiando la valigia sul pavimento. “Forse è finita, ecco cosa c’è” continuai.

“Emma, tesoro, che hai combinato? Eravate così teneri!” disse Maya.

“Oh ti prego, dovresti sapere cosa combina lui, non io. Si porta le fan a letto, incredibile”.

“L’hai colto in flagrante?!?” mi domandò Sam, strabuzzando gli occhi.

“Una bionda del cazzo stava uscendo dalla sua stanza proprio quando io sono arrivata” le risposi.

“Cavolo … lui cosa ti ha detto?” chiese Maya.

“Le solite cazzate che dicono gli uomini, no? Mi ha detto che hanno solo bevuto qualcosa insieme. Non so se credergli … vorrei solo sapere cosa è successo davvero …” dissi, mettendomi le mani tra i capelli.

_

Durante l’ultimo anno i miei ritmi di studio universitario divennero insostenibili: volevo ottenere subito la laurea e trasferirmi al più presto a New York. In più, tentai di sconfiggere la mia paura di volare viaggiando più volte al mese solo per poterlo vedere. Ed era questo ciò che ottenevo in cambio?

Nonostante tutto, mi sentivo terribilmente in colpa: avevo reagito in modo esagerato, questo lo sapevo. E se Julian mi avesse davvero raccontato la verità? Non avrei voluto in alcun modo farlo soffrire.

Qualche giorno dopo, al ritorno dall’università, trovai una lettera sulla mia scrivania.

Era indirizzata a me e conoscevo bene quella scrittura.

“Sam … è uno scherzo questa lettera? Dove l’avete trovata?” domandai, sventolando la busta.

“L’abbiamo trovata nella cassetta della posta, è da parte sua, penso...” rispose.

“Interessante … vado a leggerla” dissi.

Aprì la busta, preoccupata dall’idea che volesse comunicarmi che fosse tutto finito tra noi.

“Dear Emma,

I know you’re so fucking angry with me but I just want you back.

It feels like we’re alone … together. Please, let’s get back together.

I really didn’t want to hurt you, but now you’re doing it to me.

I’ll always be yours,

Julian”.

Era semplicemente la realtà. Eravamo insieme, si, ma da soli.

Lo eravamo sempre stati, ma era tempo di sistemare le cose.

Mi sembrava di aver trascorso l’ultimo anno tra hotel, voli aerei, concerti e incontri così brevi da sembrare solo frutto della mia immaginazione.

A quel punto me ne fregai dell’orgoglio. Avevo bisogno delle sue labbra, delle sue grandi mani su di me, del suo corpo caldo nelle notti fredde.

Decisi che sarei partita al più presto per la Grande Mela.

**

New York

Arrivai alle 19, dopo un atterraggio difficoltoso a causa della tempesta di neve.

Uscii dall’aeroporto affrontando l’aria ghiacciata, poi salii di fretta su uno dei classici taxi gialli newyorkesi. Le strade erano bloccate dalla neve e dal traffico, così abbandonai il taxi, presi la valigia e decisi di continuare a piedi: la mia memoria ricordava perfettamente il percorso da seguire.

Camminai per 20 minuti, pentendomi di aver indossato i tacchi, finché non fui ai piedi dell’altissimo palazzo.

Suonai il campanello per più di 4 volte, ma nessuno rispose.

“Chissà dove si trova …” pensai, sospirando. Sentii la mia speranza affievolirsi.

Non avrei voluto rovinare la sorpresa, così telefonai Nick.

“Ciao Nick, Julian è con te?” chiesi.

“Ehi Emma! No, veramente no. Sei qui a New York? ”.

“Si, sono a New York ma Jules non sa nulla. Non è in casa e non so dove trovarlo, tu ne sai qualcosa?”.

“Potresti chiedere a Fab o ad Albert, magari è con loro” mi suggerì.

“Ci provo, grazie mille!” dissi riattaccando.

Avevo paura che fosse andato a bere in qualche locale, ma non mi andava di telefonargli. Volevo lasciargli credere che non sarei tornata fino a quando non mi avrebbe vista con i suoi stessi occhi.

Gli uomini meritano di soffrire un po’ per noi, no?” pensai, facendo un mezzo sorriso.

Alla fine decisi che lo avrei aspettato sotto casa, tanto prima o poi sarebbe tornato. Mi sedetti sulle scale all’entrata del palazzo, scrutando ogni passante. Non mi importava né di quanto avrei dovuto aspettare né delle occhiatacce di tutti quelli che mi passavano davanti.

Più di un’ora dopo, un’auto uguale alla sua fu parcheggiata di fronte.

Pochi secondi e lo sportello si aprì: uscì dall’abitacolo un omone vestito in stile rapper, addobbato da enormi collane tempestate di diamanti.

Abbassai la testa, demoralizzata dall’idea di dover trascorrere chissà quanto altro tempo da sola al freddo.

Accesi il mio iPod, sicuramente mi avrebbe aiutato a non addormentarmi. Mentre cambiavo le stazioni radio, riconobbi la sua voce: “Trasmettono Juicebox … mmmh, buon segno” pensai.

Erano le 22.30 ed iniziavo ad aver paura. New York non era il posto più sicuro del mondo, di notte. Era ora di smetterla con l‘orgoglio, così cercai il cellulare nella borsa, feci il suo numero ma alla fine esitai. Cosa avrei dovuto dirgli?

Improvvisamente, sentii il tocco di una mano sulla mia testa.

Alzai lo sguardo e lo vidi davanti a me. La mia anima razionale fu completamente eclissata dall’istinto. Mi alzai di scatto in piedi e mi buttai tra le sue braccia, quasi assalendolo.

“Emma sei completamente ghiacciata! Avresti dovuto avvisarmi e non aspettare qui” mi disse, tentando di riscaldarmi.

“Volevo farti una sorpresa, mi hai fatta sentire in colpa … ” risposi, abbassando la testa.

“Tesoro …” mi disse baciandomi la fronte. Lo fece con una tale dolcezza da riscaldarmi il cuore. Sentii quello stesso calore espandersi in tutto il corpo, momentaneamente congelato.

 

Dopo essere entrata in casa mi sistemai sul divano, riscaldandomi con una coperta mentre Julian mi preparava della cioccolata calda.

Mi porse la tazza, sedendosi accanto a me. Poggiai, come quella prima volta, la mia testa sulla sua spalla.

“Ho davvero creduto che non volessi più vedermi …” mi disse, stringendomi la mano libera dalla tazza.

“Oh Jules, non ce l’avrei fatta nemmeno a passare un minuto in più senza di te” risposi, arrossendo come al solito.

“Nemmeno io … però non ti avevo mai vista così arrabbiata!” disse ridendo.

“Te lo sei meritato!” risposi, dandogli una leggera spinta.

“Quanto a lungo devo aspettare per averti sempre qui con me?” mi disse, assumendo un‘espressione seria.

“Non molto a lungo, spero … ma sempre meglio continuare così, sarebbe assurdo mollare tutto per così poco” risposi.

“Allora non mollarmi di nuovo, resisti ancora un po’…” disse, guardandomi fisso negli occhi.

“Devi ancora spiegarmi chi era quella” dissi, bloccandogli le mani mentre tentava di poggiarle sui miei fianchi.

“Emma … perché non ti fidi di me? Era davvero una fan, non volevo nemmeno che entrasse nella mia stanza, l’ho fatto solo perché non ce ne saremmo liberati facilmente, visto che era riuscita ad entrare dicendo di essere la mia ragazza” disse.

“Che grandissima tr …” dissi, omettendo l’ultima parola.

Rise, poi mi invitò a sedersi su di lui.

Affondai le mani tra i suoi capelli, per i quali avevo una strana passione.

Sensazioni già provate riaffiorarono nella mia mente, facendomi partire un brivido lungo la schiena.

Mi accarezzò il viso, poi poggiò le sue morbide labbra sulle mie.

Fece scivolare le mani nella mia maglia, che smise di riscaldare la mia pelle subito dopo. Anche la sua maglia fece presto compagnia alla mia, finendo da qualche parte sul divano.

Sfiorai con la bocca il suo petto, poi il collo, infine morsi le sue labbra, desiderosa di averle tutte per me.

Mi stesi facendogli spazio tra le mie gambe, premendo con forza le dita sulla sua schiena mentre i nostri respiri e suoi movimenti divenivano sempre più veloci.

Mi lasciai riscaldare dal suo corpo poggiato completamente sul mio.

Ci ritrovammo uno di fronte all‘altro, stanchi, illuminati solo dalla fioca luce della luna che entrava dalle grandi finestre dell’appartamento.

Mi fermai a fissare i grattacieli, alla ricerca delle poche finestre illuminate nel cuore della notte, mentre Julian giocava con i miei capelli.

Sentii freddo, così affondai la testa nello spazio tra il suo viso e il suo collo, lasciandomi inebriare dal suo odore. Avvertivo il calore delle sue mani completamente aperte a proteggere la mia schiena nuda.

“Quanto sono stata stupida a credere di poter star bene senza di te … non mi importa di dover prendere 10 aerei alla settimana per vederti” sussurrai.

“Cercherò di venire da te il più spesso possibile, non voglio lasciarti viaggiare da sola” rispose.

“Manca poco alla mia laurea, qualche mese e mi avrai continuamente tra i piedi” dissi sorridendo.

“Non vedo l’ora …” disse, sfiorandomi il viso.

“New York sembra così vuota nel cuore della notte … è come se fossimo gli unici a popolarla in questo momento” dissi, guardando fuori. Mi voltai verso di lui in attesa di una risposta, poggiando la testa sul suo petto. Abbassò la testa, mi strinse a sè e sussurrò qualcosa, premendo le labbra contro la mia guancia: “This is true, but … you know, the world is over but I don’t care ‘cause I am with you”.

 
  
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