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Autore: Icegirl46    23/02/2011    4 recensioni
Un Jeff che si trasferisce lontano per cause di forza maggiore...
Un Bill che si sente abbandonato e tradito...
Un litigio.
La lontananza.
Oneshot Axl/Izzy
Spero che vi piaccia:) Fatemi sapere:)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Axl Rose, Izzy Stradlin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Dai Bill… non-non fare così… ti prego… -
Era inutile. Già da alcuni minuti Jeff stava provando a far parlare Bill, il suo amico di sempre, il suo unico vero amico. Ma lui si era chiuso in un silenzio tombale, e non sembrava voler proferire parola.
- Questo non significa niente, lo sai. Sono sicuro che tra qualche mese riuscirai a raggiungermi a Los Angeles. Intanto, appena arrivo ti telefono e ti dico dove puoi contattarmi, per qualsiasi cosa… ti prego Bill, di qualcosa, stai iniziando a farmi paura… -
Jeff lo guardò con occhi supplicanti e allo stesso tempo esitanti, bisognosi di rassicurazione. Non sapeva come comportarsi, se andare ad abbracciarlo o stare a distanza di sicurezza, per evitare uno degli sfoghi violenti per cui il suo amico aveva già una certa fama. Immaginava che dicendo a Bill che se ne sarebbe andato da Lafayette dopo pochi giorni, e soprattutto che si sarebbe trasferito nella città dei loro sogni, Los Angeles, non avrebbe ottenuto una bella reazione, ma avrebbe di gran lunga preferito un pugno sul naso al silenzio che si era creato.
- William… -
- Vaffanculo Jeff! Vaffanculo! Ecco ho parlato, sei contento ora? Vaffanculo brutto stronzo! – gli aveva detto il rosso tutto d’un fiato, prima di voltarsi e andarsene. Adesso i suoi occhi non erano più vuoti per lo shock, ma si erano riempiti di rabbia. Una rabbia cieca, verso chi lo aveva accettato per quello che era, una persona difficile e con un carattere tutt’altro che amabile, e che ora lo stava tradendo, andandosene. Ma oltre alla rabbia c’era anche qualcos’altro: paura, perché non avrebbe più avuto nessuno con cui stare bene, con cui essere se stesso. Perché avrebbe perso una persona che amava, forse l’unica per cui avrebbe dato tutto ciò che possedeva.
- Dai Bill non farne una tragedia – gli aveva detto il moro, mentre lo seguiva.
“Non farne una tragedia? No certo, perché mai? Solo perché chi ami se ne va? E cosa c’è di così terribile? Morto un Papa se ne fa un altro, diceva qual famoso detto. Allora andato un Jeff se ne trova subito un altro, no? Niente di più facile Bill. Ora vai a citofonare a tutti i campanelli di Lafayette, a vedere se è davvero così” aveva detto fra sé e sé, continuando a camminare come se il suo amico non ci fosse, andando verso casa.
Strano, proprio lui che avrebbe pagato oro pur di non dovevi mai tornare, ora stava correndo verso quel posto che odiava, ma che, in quel momento, gli sembrava il più sicuro e felice del mondo. Forse perché suo “padre” aveva bandito Jeff da lì, e quindi il moro non lo avrebbe potuto seguire.
Aveva allungato ancora di più il passo, senza ascoltare il suo… amico? Traditore? Boh… comunque sia, senza ascoltare Quello che ancora lo seguiva e continuava a chiedergli di non arrabbiarsi, perché tanto presto avrebbe avuto la possibilità di andare da lui.
- Piantala di seguirmi Jeff. Stai zitto e non farti più vedere, hai capito? Vai a preparare i bagagli, e se li hai già fatti allora vai a cagare, ma non farti più vedere – gli urlò praticamente in un orecchio. Poi si girò, aprì il cancelletto della bassa recinzione che circondava casa sua, e lo lasciò lì, fermo immobile.
Vuoto, ecco come si sentiva Jeff. Triste, perché anche lui stava perdendo la persona che aveva più cara. Disperato, perché quando Bill decideva di non ascoltare, erano inutili anche le cannonate. Le sue parole non avrebbero certo ottenuto un risultato migliore di quello dell’artiglieria d’assalto, anzi. A testa bassa, un po’ perché si sentiva improvvisamente stanco, un po’ per nascondere le lacrime che si stavano formando nei suoi occhi, riprese a camminare, dirigendosi verso casa.
Tutto avrebbe pensato, meno che lui e Bill si salutassero in quel modo. Anzi, non si salutassero proprio.
 
*** ***
 
- Hey bimba, che bei capelli che hai! Se vuoi ci facciamo un giretto una di queste sere, che ne dici? Tanto il tuo bel fidanzatino se n’è andato, no? –
- Vaffanculo Bob-come-cazzo-ti-chiami, non venire qui a rompere –
- Oh oh, che paura! Sto tremando, William! Forcio! Tu, e il tuo cazzo di amichetto! Cos’è, è andato nella grande città a cercare più uccelli da succhiare? O for –
Non riuscì nemmeno a finire la frase, colpito al petto da un pugno del rosso. Il quale, non si limitò solo al pugno, ma continuò a colpirlo in ogni modo possibile, ovunque, con tutto quello che gli capitava a tiro.
- Fottiti stronzo, tu Jeff non lo devi nemmeno nominare, hai capito?? Non devi nemmeno dire il suo nome, bastardo! – gli urlò continuando a malmenarlo.
Peccato che William fosse solo, come sempre da quando Jeff era partito. Erano più di due mesi, ormai, che non si vedevano né sentivano. Come promesso, Jeff  aveva telefonato il giorno stesso in cui era arrivato a Los Angeles e aveva trovato una sistemazione. Bill però non aveva saputo cosa dirgli, se scusarsi per ciò che gli aveva urlato, fargli capire il perché del suo gesto, o stare zitto e quasi ignorare l’amico. Aveva scelto quest’ultima opzione, e ora rimpiangeva ogni giorno il suo comportamento, si malediva per non essere stato capace di mettere da parte il suo orgoglio.
Pensava proprio a questo mentre veniva picchiato dalla schiera di amichetti di Bob-come-cazzo-ti-chiami, che aveva con se un buon gruppo di tirapiedi, che non esitarono un attimo a unirsi alla rissa fra i due e menare Bill. Volarono calci e pugni, Bill le dava, ma soprattutto, vista la differenza di numero, le prendeva. E dopo solo un paio di minuti, era già conciato per le feste.
- Basta! – tuonò all’improvviso una voce severa e forte. – Cosa succede qui, eh? –
A quelle parole, tutti si fermarono, e il gruppetto di codardi smise di colpire Bill, che ne aveva già prese così tante da riuscire a mala pena a stare dritto in piedi. Tutti si voltarono verso la figura imperiosa del preside, che scese velocemente i gradini della scuola che portavano al piccolo cortile dove si era scatenata la rissa.
- Ma bene ragazzi, complimenti! Chi abbiamo qui? Robert, mi meraviglio di lei, così serio, immischiato in questo genere di situazioni! – disse il preside, rivolgendosi al famoso Bob. – E lei invece, Bailey, non mi sorprende per niente. Di nuovo coinvolto in una rissa con dei suoi compagni. Si può sapere qual è il suo problema? – gli domandò. Ma non lasciò neanche il tempo a Bill di rispondere, che subito aggiunse: - E’ sospeso –
 
*** ***
 
- Allora, come mi sta? – gli domandò la rossa dalla voce stridula. Aveva passato l’intero pomeriggio a seguirla per i negozi del centro commerciale. La ragazza, Alis, sua nuova vicina di casa, stava cercando un vestito da indossare quel fine settimana, quando avrebbe festeggiato con metà degli studenti del suo liceo per celebrare il suo compleanno.
La ricerca si stava rivelando più difficile del previsto, visto che la giovane pareva incontentabile. Un vestito era troppo lungo (“Da suora!!”) un altro troppo corto (“Da puttana!!”), uno troppo colorato (“Sembro un pittore pazzo!!”) l’altro troppo cupo (“E’ una festa, non un funerale!!”).
Mentre la seguiva da un negozio all’altro e ascoltava i suoi lamenti, Jeff non poté fare a meno chiedersi perché si fosse fatto trascinare in quell’inferno luccicante. Ma la risposa era solo una, non sarebbe potuto essere altrimenti: Bill. Da quando si era dovuto trasferire, gli mancava da morire, lo cercava in tutti coloro che gli capitava di incontrare, lo vedeva in tutti coloro con cui parlava.
E quella ragazza… beh, i suoi capelli somigliavano decisamente a quelli di Bill. E questo per lui era come una calamita. Una splendida, potente calamita.
 
*** ***
 
“ Ancora non ci credo. Non ci posso credere. È impossibile. Los Angeles cazzo, sto andando a Los Angeles! Addio Lafayette, addio famiglia. Addio al liceo e a quel rimbambito del preside… anche se a pensarci bene forse lo dovrei ringraziare. Insomma, se non fosse stato per lui ora non sarei su questo treno. Se non avesse deciso di sospendermi mio padre non mi avrebbe preso a calci buttandomi fuori di casa con poco più di 50 dollari in tasca. 50 dollari… proprio quello che costa un biglietto del treno per la città degli angeli. Per la libertà. Per Jeff! Per rivedere finalmente Jeff! Non vedo l’ora. Meno male che ho tenuto il suo indirizzo. E se intanto ha cambiato casa? Naaaa. Me lo avrebbe detto. Forse. E se invece no? Insomma, visto come l’ho trattato quando mi ha detto che partiva, e poi quel giorno al telefono… no no no! Non mi devo far condizionare in questo momento. Sto andando a L.A. da Jeff, e se anche l’indirizzo è sbagliato ritroverò quel chitarrista da strapazzo. Quanto vuoi che sia grande Los Angeles? Ok, è meglio se la smetto di farmi domande, o mi viene un’ansia terribile. Meglio fumarsi una bella canna così i pensieri se ne vanno. E anche il dolore alle ossa, magari. Quanto mi mancano le canne di Jeff! Quando arrivo gli chiedo se me ne prepara una, sì… ”
 
*** ***
 
“ Dio Bill quanto mi manchi… sei peggio di una droga, stare senza di te è impossibile ”, stava pensando Jeff mentre guidava verso casa quella vecchia macchina scassata. In alcuni punti le mancava persino la vernice, un fanale era rotto e uno specchietto retrovisore era saltato via, forse dopo un urto con un’altra auto.
Il chitarrista stava andando a casa, era sabato sera e lui aveva lasciato il prima possibile la festa di quella gallina dai capelli rossi. Troppa gente. Lui odiava tutto quell’affollamento. Lo odiava perché non aveva nessuno con cui stare, con cui sentirsi bene. Lo odiava perché non c’era Bill.
Parcheggiò poco distante dal portone del palazzo fatiscente in cui si era trasferito. Entrò nel vano delle scale, salì i gradini fino alla porta di casa sua, all’ultimo piano. Nove rampe di scale per raggiungerla… ogni volta aveva il fiatone.
“ Ma perché non hanno costruito un ascensor--- oh cazzo! Non ci credo. È impossibile. È un’allucinazione… è Bill! ”
Il moro guardò quella figura sdraiata scomposta sul pianerottolo davanti alla porta, la testa adagiata sul lurido zerbino, i capelli color del miele sparsi sul pavimento, gli occhi chiusi nel sonno.
Un sorriso si aprì spontaneo sulle labbra di Jeff. Sì, era proprio Bill, non c’erano dubbi.
Solo quella mente bacata del rosso avrebbe potuto pensare di addormentarsi lì.
Gli si avvicinò piano, senza far rumore, sempre con quel sorriso un po’ ebete stampato sulle labbra. Si chinò su di lui, e lo scosse leggermente.
- Hey Bill, svegliati -
- Mmm… brrr… bammnun… - grugnì Bill, ancora addormentato, girandosi su un fianco con espressione imbronciata, per essere stato disturbato nel suo riposo. Sempre che si potesse chiamare riposo il dormire così, sdraiato sul duro pavimento. Di sicuro, il giorno seguente avrebbe avuto un bel mal di schiena, di questo Jeff poteva esserne certo.
- Dai Bill, su! Ci sono posti ben più comodi per dormire! – gli ripeté scuotendolo con più forza.
Il rosso aprì gli occhi, ancora spaesato e con la stessa espressione corrucciata sul volto.
- Uhmm?? Cosa diavolo… Jeff? – lo guardò sgranando gli occhi – Jeff!!! –
Si buttò addosso al moro a peso morto, facendolo cadere a sua volta a terra. Praticamente, Bill gli era sdraiato sopra. Continuando a ridere, gli diede un bacio con tanto di schiocco su una guancia. Una reazione piuttosto strana da parte del rosso, valutò Jeff in quel momento. Sebbene più che felice di riaverlo lì, con lui, di nuovo, come aveva tanto desiderato, non poté fare a meno di notare lo sguardo annebbiato del suo amico.
- Bill, che cosa ti sei fumato mentre mi aspettavi? – gli chiese sorridendo ironico, ma comunque felicissimo.
- Eh? Cosa? Io? Io non ho fumato proprio niente, stai sempre a pensar male tu-ic!! – gli disse con uno sguardo che sarebbe dovuto essere accusatore, ma più che altro sembrava acquoso. – Io non ho fumato proprio niente, mio ca-caro Jeff! Anzi, sono anche a digiuno, quindi offrimi qualcosa da mangiare. –
- A digiuno, eh? –
- Sì, pro-proprio! Non avevo abbastanza soldi per la cena, e tutto quello che ho comprato era un vino buo-buonissimo-ic! Ma perché a Lafayette non c’era un vino così, eh?? – gli chiese intercalando un paio di “ic!” qua e là nella frase, segno evidente del fatto che fosse del tutto ubriaco.
- Bill non lo so perché non c’è un vino così nell’Indiana, ma sono sicuro che tra poco morirò soffocato se non ti levi! Andiamo in casa, va, così ti do anche qualcosa da mangiare. – gli disse ridendo della situazione, per poi spingerlo di lato e rialzarsi.
Tirò fuori le chiavi dalla tasca dei pantaloni e aiutò il rosso ad tirarsi in piedi. Dopo varie sbandate, riuscì persino a guidarlo fino al suo letto, dove lo fece sdraiare, vista l’incapacità del cantante di stare anche solo seduto.
- E’ casa tua? Certo, che-ic! che domande… solo tu puoi avere delle tende viola e gialle e verde marcio –
- Hai anche il coraggio di lamentarti? Stai qui buono, che ti vado a prendere qualcosa da mangiare –
Si diresse in cucina, cercando qualcosa di pronto in frigorifero. Trovò un tramezzino neanche tanto vecchio (o, almeno, non ammuffito), lo scaldò per alcuni minuti su una padella raccattata da qualche parte e lo portò al rosso. Il quale, però, si era già addormentato beato e russava pacificamente. Jeff lo guardò con un misto di tenerezza e commozione, lasciò il piatto su un mobile della stanza e si andò a sdraiare al suo fianco. Gli accarezzò dolcemente i capelli, e quando il rosso lo abbracciò nel sonno, non fece niente per respingerlo, ma si addormentò così, felice, per avere finalmente ritrovato una parte di sé.
 
 
Un raggio di sole che entrava dalle famigerate tendine riuscì ad illuminare la stanza dove Jeff e Bill dormivano ancora beati. Con l’aumentare della luce, si svegliarono entrambi, ancora abbracciati come la sera prima. Bill si perse nella contemplazione di quegli occhi scuri che tanto gli erano mancati, e lo stesso fu per il chitarrista in quelli chiari del cantante. Istintivamente, con un gesto dolce e naturale, fecero incontrare le loro labbra in un bacio pieno di sentimento. Non avevano neanche avuto bisogno di parlarsi, di chiedersi scusa e di spiegarsi. Non era stato necessario: loro due si intendevano perfettamente, e la lontananza non aveva fatto altro che rafforzare i sentimenti che provavano l’uno per l’altro. Con tenerezza, guardandosi sempre negli occhi, approfondirono ancora di più quel bacio.
Un bacio di scuse.
Un bacio di benvenuto.
Un bacio di ben ritrovato.
Un bacio d’amore.




DEDICATO ALLA MIA CARA MARTINA, CHE HA AVUTO LA PAZIENZA DI ASPETTARE E LA VOGLIA DI SPINGERMI A SCRIVERLA E PUBBLICARLA. BACIONI MARITA MIA:) :*

PS spero tanto che questa storia vi piaccia e abbiate voglia di farmi sapere cosa ne pensate:)

  
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