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Autore: __WeatherlyGirl    23/02/2011    3 recensioni
Mentre Ziva è in vacanza, Tony ha un terribile incidente, nel quale entra in coma. Al suo ritorno Ziva si sente in colpa e decide di andarlo a trovare in ospedale...
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Abigail Sciuto, Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dove stava correndo? Non lo sapeva. Lontano. Molto lontano. Ma invece si trovava sempre intorno a casa propria: stava girando in tondo. Aveva ancora negli occhi il volto Tony l’ultima volta che l’aveva visto, due settimane prima. Era tornata da una vacanza e aveva trovato un messaggio nella segreteria, era di McGee, che la informava dell’incidente di Tony, ora era in ospedale, ricoverato, in coma. Si sedette su una panchina, aveva il fiato grosso, ansimava rumorosamente ma più che altro piangeva. Fortunatamente non c’era nessuno vicino a lei, nessuno che la osservava. Da sola. Si sentiva sempre, da sola. Soprattutto ora che non poteva stare con Tony. “Prognosi riservata”, le avevano detto i medici “Se non è un parente o la moglie non può avvicinarsi”. Diamine, la moglie! No, che non lo era! Era soltanto la sua migliore amica, la persona che lo conosceva meglio di tutti -dopo Gibbs, ovviamente-. E ora non poteva più sentirlo parlare, sentirlo scherzare, sentirlo raccontare i suoi vecchi film. Quanto le mancavano, ora che non c’erano più. Considerò l’ipotesi che Tony fosse morto. “E’ troppo tempo che non vado all’ospedale, almeno per sentire se è vivo”, le lacrime avevano smesso di scenderle lungo le guance. Ora aveva il trucco sbavato, gli occhi rossi e tanto rimorso dentro. “Perché sono andata in vacanza?” si chiese, sentendosi colpevole. Certamente non era stata colpa sua, ma sapeva che se fosse stata lì, quell’inseguimento l’avrebbe fatto lei, avrebbe guidato lei veloce come sapeva fare, ma invece l’aveva fatto Tony, che non era esperto, e la macchina si era rovesciata, lasciandolo lì, con la testa sull’asfalto. Fortunatamente l’ambulanza era arrivata in tempo, ma lui era già in coma e non si era più svegliato.

-Tony è uno che combatte!- diceva McGee. -Ce la farà- annuiva speranzosa Abby. Gibbs non diceva niente, e all’insaputa della squadra andava a fargli visita tutti i giorni, rimanendo in sala d’aspetto per delle ore, nella speranza che il dottor Jopkins lo informasse dei miglioramenti di Tony. Non era mai accaduto. Tutte le volte il medico alzava le spalle e passava oltre, non curandosi più di Gibbs, che rimaneva seduto ancora in attesa.

Ducky provava a parlare con Gibbs, intuendo che sapesse più di quanto non dimostrasse, ma Gibbs imitava l’atteggiamento di Jopkins, e anche Ducky attendeva. Solo Ziva non parlava. Rimaneva interi minuti a fissare la scrivania di Tony, vedendolo ancora lì, ma non c’era. 

Così quella mattina Ziva decise di farsi una doccia e poi correre all’ospedale, avere notizie di Tony ed andare al lavoro. Non avrebbe tardato molto.

Mentre lei si scoraggiava sulla situazione di Tony, Abby si stava alzando dalla sua bara che usava come letto. Il suo pensiero si rivolse al collega, poi a Ziva. “E’ cambiata” pensò “e non è stato il viaggio. Poverina, è così legata a Tony. Ma d'altronde lo siamo tutti.” Ed anche lei cominciò la giornata malinconicamente. Mentre faceva colazione pensò che forse avrebbe potuto fare un salto da lui, prima di andare al lavoro. E così si vestì, prese la macchina e si avviò verso l’ospedale. La struttura era grande e bianca, ogni volta che entrava si ricordava di quando Gibbs aveva subito l’attentato, di quando Tony aveva avuto la peste. Già...lui era già passato in quella situazione, se la sarebbe potuta cavare anche quella volta, provò a confortarsi.

Nell’ingresso, oltrepassate le porte scorrevoli si recò all’accettazione, ma poi vide Ziva, seduta su una sedia poco oltre l’ingresso della zona riservata. Poco oltre il portone giallo che le separava da Tony. Si avvicinò a lei lentamente, come se avesse paura di svegliarla. Ziva infatti guardava fisso per terra, pallida e spaventata, sembrava così piccola! Abby le sedette accanto, abbracciandola.

-Perché deve accadere?- chiese Ziva senza guardarla negli occhi

-Cosa? Tony?- 

-Sì, Tony. Perché, Abby? Perché?- E ricominciò a piangere, questa volta senza singhiozzare. Limitandosi a far scorrere le lacrime sulle guance sempre più pallide e magre. Sembrava un cadavere.

-Ziva, perché sei venuta qui? Sai che ti fa male. Vieni, ti riporto a casa.- le propose Abby con un fil di voce.

-No, aspetta. Aspettiamo ancora un po’, potrebbe svegliarsi!- pronunciando quelle parole i suoi occhi avevano brillato, avevano riavuto luce, dopo tanti giorni di buio.

-Ziva, ti illudi. Lo sai. Ti fa male. Aspetta qui.- continuò Abby dispiaciuta per la collega. Non l’aveva mai vista in quello stato. Mai.

Si allontanò e prese il telefono, chiamò Gibbs. Sapeva che era l’unico che poteva fare qualcosa.

-Sì, Gibbs...Abby perché non sei qui?...Cosa?...Con Ziva? Dove?...Sì...Sì...Capisco...Arrivo...Ciao.-

Abby si riavvicinò alla sedia, ma Ziva non c’era più. Si guardò intorno spaventata, e corse verso l’uscita, convinta che se ne fosse andata. Non c’era. La sua macchina era ancora lì, parcheggiata e spenta. Si diresse allora verso i bagni, aprì la porta e la trovò là, sola, in singhiozzi sommessi.

-Ziva!- Le si avvicinò, non potendo immaginare una sua reazione.

-Oh, Abby!- Questa volta fu l’agente David ad abbracciare la scienziata. Si abbandonarono entrambe in un pianto malinconico. Furono interrotte poco dopo dall’arrivo di Gibbs, che non trovandole nella sala d’aspetto intuì la loro posizione. 

-Ziva, Abby, venite. Ho qualcosa da mostrarvi.- e le condusse fuori, entrambe erano curiose e speranzose. Accanto a Gibbs stava il dottor Jopkins, quasi sorridente. Poggiò le mani sulle spalle delle due donne e le guardò negli occhi.

-Il paziente si è risvegliato questa mattina.- annunciò. Ziva ed Abby non reagirono immediatamente, semplicemente lasciarono continuare il dottore.

-Ha sicuramente bisogno di riposo, ma è cosciente. Mi dispiace, ma solo una di voi può vederlo.- Le due si guardarono, poi Abs disse:-Ziva, vai tu. Io posso aspettare. Vai, su!- e si lasciarono con un saluto.

 

Quando Ziva entrò nella camera di Tony era titubante, chissà in che stato era. L’avrebbe riconosciuta? Avrebbe potuto parlare? Si sentiva solo il respiro affannoso dell’agente DiNozzo.

-Ziva, sei tu?- chiese lui senza volgere lo sguardo verso la porta

-Tony! Sì, sono io.- Rispose quasi urlando, lei emozionata.

-Oh, però adesso non strillare in quel modo. Mi fa male la testa. Oh, dove accidenti sono?-

-Tony, sei in ospedale.-

-Sì, lo so!- rispose allora lui sorridendo. Poi la guardò. Lei si stava avvicinando lentamente, intimorita, poi si sedette su una sedia vicino al letto.

-Volevo sapere in che reparto sono, per caso oltre quella maledetta porta gialla?-

-Oh, sì! Terapia intensiva. Mi hanno detto che hai fatto proprio un bel numero su quella macchina.- lei sorrideva, aspettava che lui scherzasse.

-Ahi! La gamba! Che male! Ma...ah, no è vero. Eri in vacanza. Ti sei divertita?- Lei non si aspettava quella domanda, pensava che volesse parlare di sé.

-Io sì, tu non molto immagino- Lui le prese la mano, la strinse e disse:-Mi sei mancata, non mi ricordo cos’ho sognato, per così dire, quand’ero in coma, ma sono sicuro che ci fossi tu.-

   
 
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