Serie TV > NCIS
Ricorda la storia  |      
Autore: __WeatherlyGirl    23/02/2011    3 recensioni
(Non ha senso, sono pienamente consapevole di ciò e ho anche inventato molti particolari, ma l'ho scritta così, di getto, e non è malaccio)
Timothy McGee sente la mancanza del passato, e decide di parlarne con Ziva, la quale si trova nella stessa situazione.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Caitlin Todd, Timothy McGee, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Ti ricordi quando...?- cominciavano sempre così i discorsi tra vecchi colleghi, possibile che a lui non capitasse mai? Eppure era all’NCIS da tanto tempo, quasi 6 anni ormai! Accidenti, forse era colpa di Tony, no. In fondo era simpatico, a parte quando lo chiamava McGeek, McSaputello o con altri nomignoli fastidiosi. Niente da fare, non riusciva a ricordare una sola volta in cui avessero cominciato a parlare con “Ti ricordi quando...”.

“Devo farlo io,” pensò “voglio vedere cosa succede”. Erano solo pensieri notturni, momenti di insonnia che colpiscono chi sta troppo al computer prima di addormentarsi. Ti svegli dopo un brutto sogno e pensi a qualcosa da fare il giorno dopo, piani, proposte, azioni. Tante cose, la cui maggior parte non accade. Un po’ perché non ne hai voglia, magari ti sei accorto di aver pensato qualcosa di veramente sciocco, e un po’ perché te ne dimentichi, ti riaddormenti e il mattino pensi solo a cosa fare, fai nuovi piani, proposte, azioni. Lui sperava che non accadesse così. Voleva arrivare in ufficio e dire semplicemente “Tony, ti ricordi quando mi hai ripreso mentre eravamo su quel tetto, e io soffrivo di vertigini?”, oppure “Ziva, ti ricordi quando sei arrivata qui, che hai occupato la scrivania di Kate e...” Kate, già, quel nome gli risuonava spesso nella mente, ultimamente. Chissà cosa sarebbe successo se Ari non le avesse sparato, avrebbe forse cambiato lavoro e Ziva sarebbe arrivata comunque, o forse sarebbe stata ancora tra loro. “Meglio non pensarci”. Si rigirò nel letto e si riaddormentò.

-Tim! Tim! Tim!- la sua sveglia gracchiava ripetutamente il suo nome, l’aveva impostata lui, creando quell’orribile suono che ormai da 11 anni lo svegliava tutte le mattine. Era stato un progetto al college ed ora era diventato parte della sua vita, l’aveva fatta per sostituire la dolce voce di sua madre, che lo svegliava con premura tutte le mattine quando ancora abitava con loro, e invece si era rivelato il peggior manufatto della storia dei McGee. Gracchiava, urlava e non assomigliava assolutamente a sua madre. In nessun modo. In realtà lui non le aveva mai detto a cosa era stato destinato quell’oggetto, intuendo che la povera donna si potesse offendere a morte, sapendo di esser stata paragonata dal figlio a quell’arnese. Si alzò di soprassalto, andò in cucina e prese una tazza di cereali, poi si fece una doccia, si vestì e guardò l’orologio: le nove? Come potevano essere le nove? Era ora di buttare quella sveglia, tutte le mattine tardava di un po’, ed ora aveva tardato di quasi un’ora e mezza.

Prese la macchina e corse in ufficio. Nel tragitto prese il telefono e chiamò Gibbs:

-Scusa capo, sono un po’ in ritardo...-

-Un po’, fa’ niente McGee, ma fai in modo che non accada più- riattaccarono.

Tim aveva qualcosa in mente, un ricordo notturno, per caso qualcosa rivolto al lavoro? Un caso? No, meno importante. Forse qualcosa da dire a Abby. Neppure. Oh, sì: “Ti ricordi quando...?”, giusto. Con chi avrebbe cominciato? Con Abby, decisamente. Avevano molti più ricordi, ma anche con Tony era possibile. Però aveva paura delle sue critiche. Ziva? No, non sapeva davvero cosa ricordare con lei. Era lì da molto tempo, ma non abbastanza. Sicuramente avrebbe avuto qualcosa da dire a Gibbs, ma non si sarebbe mai azzardato. Accidenti, il semaforo rosso! 

In ufficio si chiedevano che fine avesse fatto, Gibbs non era ancora comparso perciò non poteva dare notizie da McGee, Abby non sapeva nulla e stava ascoltando la musica nel suo laboratorio mentre analizzava dei campioni di sangue portatigli da Palmer, Ducky si aspettava di essere chiamato da Jethro per qualche morto, ma non era ancora accaduto, e perciò compilava vecchi moduli. Tony e Ziva parlavano di McGee:

-Sarà malato- asserì Ziva abbastanza convinta

-No, non è da McGee.-

-Cosa? Non può ammalarsi?-

-No, dico che non fa tardi.-

-Ma se è malato può. Voglio dire, starà a casa-

-Ma sei proprio ossessionata, eh? E se non fosse malato?-

-Allora sarebbe solo in ritardo.-

-Però...- Prima che potessero continuare in alcun modo la discussione entrò Gibbs di corsa.

-Cadavere?- chiese Tony

-Notizie da McGee?- chiese Ziva

-Sì, da McGee. Tony,- l’agente scattò in piedi pronto a prendere la propria attrezzatura -no, seduto, è in ritardo. Mi ha chiamato. Io devo andare dal direttore, avvisatemi quando arriva.- E così Leroy Jethro Gibbs uscì dallo squad room, velocemente. Tony fissava Ziva, che aveva ripreso a lavorare fischiettando. 

McGee arrivò circa dieci minuti dopo, appoggiò la propria roba ed andò da Abby. Entrando fu accolto da uno dei suoi abbracci migliori.

-McGee, non ci si fa vedere un po’ prima?-

-Scusa, Abs, sono arrivato in ritardo- rispose lui con il tono di un bambino messo in punizione.

-No, dai, tranquillo. Perché sei sceso?-

-Ti ricordi quando...-non riuscì a finire, Abby lo interruppe:-No, McGee! Anche tu?-

-Cosa?-

-Ma sì, questa mania del “ti ricordi quando...?”, ce l’ha anche Palmer adesso.-

-No, ma io volevo solo chiederti se ti ricordi quando sono arrivato col pullover e...- lei lo interruppe ancora

-E la pipa nel taschino, vero?- lui annuì -e io ti ho ripreso perché credevo che tu fumassi, e perché non eri venuto all’incontro ‘una casa per i senzatetto’.-

-Esatto, vedi che non è così male?- Abby era stata sorridente fino a quel momento

-No, McGee. Lo odio! Perché devi continuare a vivere nel passato? Pensa avanti, pensa al futuro.- Tim annuì ed uscì con la coda tra le gambe.

Una conversazione simile stava avvenendo anche nello squad room.

-Tony, smettila di pensare a quella Emily. Ti ha lasciato.-

-No, ci siamo lasciati, è diverso.-

-Va bene, ma ora siamo seri. Perché McGee se n’è andato via così?-

-Eccolo che torna...McGeek!-

-Ciao Tony. Ciao Ziva. Tony, ti ricordi quando mi hai ripreso col cellulare mentre ero sul tetto e soffrivo di vertigini?-

-Oh, sì. Bellissimo. Davvero divertente.-

-Ehm, Ziva...tu...insomma...-

-Non preoccuparti, McGee, troverai qualcosa da dirmi- lei aveva compreso il suo imbarazzo, anche se era un po’ offesa lasciò perdere e ricominciò a lavorare. Venne chiamata da McGee qualche minuto dopo.

-Ziva, possiamo parlare?-

-Certo- e andarono dietro alla scala, dove Gibbs stava per sentire dal telefono le conversazioni degli agenti. Lì dietro erano sicuri di poter parlare tranquillamente, senza Tony che lo ascoltasse.

-Mi dispiace,- cominciò McGee -ma davvero io...-

-No, non preoccuparti. So cosa provi.-

-Davvero?- McGee era incredulo

-Posso capirlo. Sai, quando stai molto lontano da una persona, cominci a non avere più niente da dirle, più niente da condividere con lei. Così accade anche se tra due persone c’è un filtro.

-In questo caso Tony- disse sorridendo McGee

-Già, e così non riusciamo più a parlare in privato. Mi fa piacere che tu lo voglia fare, davvero.-

-Mi manca parlare con una collega- Ziva non seppe cosa rispondere. Aveva già visto quell’espressione sul volto di McGee precedentemente, e la collegava ad una sola persona: Kate.

-Pensi a lei, vero?- chiese Ziva smettendo di sorridere

-Già...- McGee aveva intuito a chi si stava riferendo Ziva -come hai fatto a capirlo?-

-Il tuo volto parla, McGee. Parla a chi sa ascoltare, e io so ascoltare molto bene. Anche la tua mente dovrebbe capirlo, non solo il tuo volto.-

-Devo parlare?- era come una conversazione in codice, non voluta. Solo parlavano così, senza dir niente mentre esprimevano i propri sentimenti.

-Parla, se vuoi. Sennò torniamo in ufficio-

-Va bene, Ziva lo so che potresti offenderti dopo aver sentito questo, ma avevo bisogno di ricordare il passato per ricordare lei. Ti voglio bene e ora mi piace lavorare con te, adoro vederti litigare con DiNozzo, ma lei era la mia Kate, e nessuno me la darà più indietro.-

-Capisco...-Ziva era imbarazzata, non immaginava che McGee potesse essere così esplicito.

-So cosa vuol dire perdere qualcuno di molto caro, mia sorella è morta a soli 15 anni, e ora dimmi che cosa aveva fatto lei di male per meritarsi questo? Niente, McGee, solo a preso l’autobus sbagliato, ed è morta. Anche lei mi manca, tanto. E non parlarne mi fa solo sentire peggio. Io mi sento in colpa per quanto le è accaduto, perché non doveva andarci lì. L’ho fatta uscire di casa perché si sentiva sola, ma era in punizione, e lei è solo andata incontro alla morte. McGee, ho pianto tanto per lei e sentire qualcuno piangere per un proprio caro mi riporta alla mente quegli attimi. Quei lunghi istanti in cui ho appreso della fine di Tali. Ti capisco...e tu ti ricordi quando mi hai incontrata per la prima volta?-

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: __WeatherlyGirl