Almeno Tu Nell’Universo
Gran
Bretagna, agosto 1981
Arrivarono
in cima alla collina con il fiato corto.
Lei fu la prima a lasciarsi cadere
sull’erba, completamente priva di forze, lui non tardò a seguirla.
Avevano corso per ore: prima avevano
attraversato il villaggio, poi i campi, poi ancora il bosco, e infine si erano
arrampicati su per la collina.
Avevano corso senza una ragione, per
il puro e semplice gusto di farlo.
Avevano corso a perdifiato, come
bambini, anche se non erano più bambini da tempo. Anche se il mondo bruciava,
anche se il mondo era in guerra. Per un pomeriggio, un pomeriggio soltanto,
volevano pensare soltanto a loro stessi.
“Potremmo farlo qui” commentò
distrattamente lei, osservando il paesaggio circostante: era semplice,
pittoresco, intimo e sconfinato allo stesso tempo. “Il matrimonio, dico”
aggiunse, voltandosi verso il ragazzo. “Sempre se hai ancora intenzione di
sposarmi.”
“Certo che ho ancora intenzione di
sposarti” rispose il futuro sposo, lasciandosi andare all’indietro e
incrociando le braccia dietro la testa. “Questo è un tasso?” chiese, indicando
l’albero solitario che sovrastava la collina.
“Magnolia” rispose lei dopo avergli
lanciato un’occhiata sommaria.
“Ma le magnolie sono fiori!” ribatté
il ragazzo, non troppo convinto della risposta.
“Devo ricordarti i tuoi voti in
Erbologia, o è sufficiente dirti che io
ho avuto Eccezionale ai M.A.G.O.?”
Il ragazzo sbuffò. “Continua,
continua a ricordarmi che sei tu la secchiona.”
“Io non sono secchiona. È solo che…”
“… ti piace studiare. Sì, lo so. Da
quanti anni lo ripeti?”
“Dal mio primo anno a Hogwarts,
credo. Ma a te lo dico soltanto dal
sesto.”
“Oh, giusto” osservò il ragazzo,
mettendosi un filo d’erba tra le labbra. Chiuse gli occhi e rimase in silenzio,
mentre lei continuava a guardarsi intorno.
“Sarebbe carino, non credi?”
“Mmh” grugnì lui, senza nemmeno
prendersi il disturbo di guardarla.
“Significa che sei d’accordo o che
ti fa schifo?”
“Ci sposiamo tra due mesi e mezzo.
Sarà novembre” osservò lui, come se questo bastasse a spiegare ogni cosa.
“E quindi?”
“Saremo in autunno. Foglie secche.
Bel sottofondo musicale. Tua madre potrà risparmiare sul quartetto d’arc-
ahia!” esclamò, nel sentirsi colpito da un pugno ben assestato. “Mi hai fatto
male!” piagnucolò, mettendosi a sedere e massaggiandosi la spalla dolorante.
“Te lo meriti. Mia madre ci tiene a
organizzarmi un bel matrimonio, sono la sua unica figlia. E comunque non le
avrei mai permesso di noleggiare un quartetto d’archi” ribatté lei, stizzita,
incrociando le braccia in segno d’offesa.
Il ragazzo sospirò e si appoggiò con
la spalla all’albero, restando a guardarla nella luce radente del sole che
iniziava a calare. “Ti ho mai detto che quando ti arrabbi diventi più bella?”
Non era soltanto un tentativo di ammansirla, era la verità: lui la considerava
bella in ogni momento della giornata, ma quando si arrabbiava le guance le si
tingevano di rosso, e gli occhi azzurri iniziavano a splendere di una luce
diversa, quasi pericolosa. Se poi
l’arrabbiatura era tale da costringerla a mettersi le mani nei capelli, allora
l’effetto era davvero meraviglioso. “Guarda che dico davvero” tentò di
convincerla, notando l’occhiata indifferente che gli era stata riservata. “Hai
intenzione di tenermi il broncio ancora per molto? Dai, ti chiedo scusa. Scusa
se ti ho fatta arrabbiare.”
“E va bene, sei perdonato” gli
concesse lei, sciogliendo le braccia e schiudendo le labbra in un sorriso degno
di questo nome.
“Hai intenzione di dimostrarmelo,
oppure resteranno solo parole?”
“Dipende da quello che hai in
mente.”
“Oh, lo sai che mi accontento di
poco. Potrebbe andarmi bene… un bacio. Sì, un bacio sarebbe perfetto.”
La ragazza sospirò e gli si avvicinò
di quel poco che bastava per riuscire a dargli un bacio a fior di labbra,
delicato e innocente come il primo che si erano scambiati, ormai quattro anni
prima. Quattro anni di alti e bassi, quattro anni di lontananza e di
riavvicinamenti, e adesso erano arrivati a quel punto. Fidanzati. Si sarebbero sposati.
Avrebbero formato una famiglia.
“Beh?”
“Che c’è?”
“Sei la mia fidanzata. Tra due mesi
e mezzo ci sposiamo, e tu mi baci come se fossimo ancora alle scuole
elementari?” Eccolo, finalmente, il rossore che tanto gli piaceva. La ragazza
aggrottò la fronte, fissandolo come cercando il punto più debole dal quale
iniziare ad attaccarlo. Stava per dire qualcosa di molto, molto acido. Oppure
stava per mangiarlo vivo. Qualunque fosse l’alternativa, lui ne sarebbe stato
contento. Non si era mai innamorato veramente
prima di lei, e con lei stava lentamente crescendo.
“Vuoi un bacio vero?” sibilò, avvicinandosi sempre di più. “Ti accontento.” Con
una specie di balzo felino che non si sarebbe mai aspettato, gli gettò le
braccia al collo e lo baciò, mandandolo al tappeto.
Era una situazione nuova, e anche
piuttosto strana. Nonostante si frequentassero ormai da quattro anni, non
avevano mai raggiunto quel livello di intimità che ci sarebbe potuti aspettare
da una coppia così ‘longeva’. Questo perché non erano mai riusciti a stare
insieme abbastanza a lungo da riuscire a costruire quella sottile rete di
complicità necessaria per compiere un passo simile. Non avevano mai fatto
l’amore, e sicuramente lui non se l’era mai trovata distesa addosso a quel
modo, impegnata in un bacio che di delicato e innocente aveva ben poco.
Tuttavia, si guardò bene dal farglielo notare: la conosceva bene, e sapeva che
avrebbe potuto allontanarsi con la stessa facilità con la quale si era
avvicinata.
Fece risalire le proprie mani sui
fianchi di lei, fino ad arrivare alla schiena. La strinse appena, e con uno
sforzo minimo capovolse la situazione, arrivando a trovarsi su di lei. Pose
fine alla giocosa rincorsa tra le loro labbra e sollevò di pochi centimetri la
testa, per riuscire ad osservare meglio il suo viso. “Ti ho mai detto che sei
bellissima?” le sussurrò.
La vide arrossire lievemente per
l’imbarazzo e distogliere lo sguardo: “Non prendermi in giro, dai.”
“Non ti prendo in giro. Non ti ho
mai presa in giro e mai lo farò. Sei bella, punto e basta.” Fece una pausa,
aspettando che lei tornasse a guardarlo. “Lo sei sempre stata, anche quando
quel troll di Mulciber ti fece crescere una coda di volpe. Quando è stato, al
terzo anno?”
“Al secondo” lo corresse. “Al terzo
anno Avery mi rovesciò accidentalmente
in testa una Pozione Decolorante.” Fece una pausa, riflettendo. “Se la sono
sempre presa con me perché ero una Nata Babbana” osservò.
“Se la sono sempre presa con te
perché eri un’ottima strega” la corresse lui. “E perché eri un anno indietro, e
i piccoli sono ottime vittime. Se la sono sempre presa con i tuoi capelli”
osservò, accarezzandole la corta zazzera scura. “Ai G.U.F.O. Jimmy Brown fece
esplodere il calderone con la Pozione Sgrassante…”
“Sì, e da allora non li ho più fatti
ricrescere.”
“Stai molto meglio così. Mi piaci di
più.” Le accarezzò ancora una volta i capelli. “Sai, credo che tu sia l’unica
cosa nella mia vita a non essere mai cambiata.”
“Non ho sempre fatto parte della tua
vita” gli fece notare.
“Lo so. Ma da quando ci sei… beh, ci
sei sempre stata, in un modo o nell’altro. Che fossi con me o che fossi nei
miei sogni, tu… tu ci sei.” Sussurrò
le ultime parole, quasi sconvolto dalla rivelazione che stava facendo. Ma
l’amore era anche questo, in fondo: condividere con l’altro ogni pensiero, ogni
emozione, fino a sentirsi una cosa sola. Lui voleva che lei lo conoscesse per
intero, senza inganni e senza segreti: erano state le parole non dette a
causare i loro allontanamenti, in passato. Non voleva più sbagliare, con lei. O
almeno, voleva commettere errori diversi. “Mi dispiace di non essere stato
perfetto.”
“Nessuno è perfetto” gli fece
notare, alzando una mano per sfiorargli la lunga chioma ribelle. “Quando ti ho
scelto, sapevo che non sarebbe stato facile avere a che fare con te.”
“Ah, quindi mi avresti scelto? E quando sarebbe successo, di
grazia?”
“Il mio primo giorno di scuola. Ero
appena salita sull’Espresso di Hogwarts insieme a Grace, e ti ho visto. Eri con
il tuo migliore amico, come sempre. E non eri né affascinante né bellissimo,
anzi: devo ammettere che eri un tipo piuttosto anonimo. Forse fu questo a
convincermi che saresti stato tu.”
“Che sarei stato io a fare cosa?”
“A conoscere tutto di me. Ad avere tutto di me” aggiunse, in un sussurro,
sfiorandogli la guancia con le dita. “Voglio fare l’amore con te. Almeno, anche
se mi lascerai prima del matrimonio, avrò un bel ricordo di noi.”
“Mettitelo in testa: non ti lascerò” la ammonì, appoggiando
la fronte su quella di lei. “Apprezzo quello che mi hai appena detto. Significa
molto per me. Ma” aggiunse, accorgendosi che lei aveva di nuovo distolto lo
sguardo, probabilmente preoccupata per le conseguenze di quanto gli aveva
concesso, “non accadrà stasera. Non succederà stasera. Se la tua assurda
ipotesi dovesse avverarsi, e se ci lasciassimo di nuovo, tu finiresti col
pensare che ho approfittato della tua buona fede e dei tuoi sentimenti. E non
voglio correre il rischio.” La ragazza annuì, sorridendo. “E poi, si sta
facendo tardi. Dobbiamo andare.” Fece forza sulle braccia per alzarsi, ma la
voce di lei lo richiamò.
“Voglio… vorrei che succedesse qui.
Quando succederà, vorrei che succedesse qui. Mi piacciono le magnolie.”
“Succederà qui, se lo vuoi” le
promise, concedendole un ultimo, casto bacio. “Tutto quello che desideri.”
Si mise in piedi e l’aiutò ad
alzarsi, poi si guardarono negli occhi un’ultima volta, prima di lasciare la
collina.
L’aquila
si alzò maestosa in volo, mentre il cane correva nella sua ombra.
Spazio dell’Autrice
Salve
a tutti/e!
Premetto
che il risultato non doveva essere questo: ho iniziato a scrivere questa
one-shot per un contest, con l’intento di descrivere la “prima volta” di Arthur
e Molly Weasley. Poi, arrivata alla quarta riga, ho pensato che avrei potuto
parlare della “prima volta” di Ron e Hermione.
Poi
mi sono resa conto che stavo scrivendo di tutt’altra coppia.
Una
coppia che esiste solo nella mia mente, perché il personaggio femminile non
esiste nella saga.
Chi
si è imbattuto nel mio primo tentativo di long-ff in questo fandom sa di chi si
tratta: è Sofia.
Sofia
è una Nata Babbana, e in molte cose è simile a me.
È
così simile a me che l’ho costretta ad innamorarsi dello stesso personaggio di
cui sono “innamorata” io.
E
riguardo il protagonista maschile… non devo dirvi nulla, vero?
Credo
anche di dovervi una spiegazione riguardo all’ultima frase: mentre l’identità
del cane è ovvia, quella dell’aquila non lo è.
Ebbene,
la svelerò soltanto nella mia long-ff, che è ancora in fase di lavorazione. Lo
considero un modo per “costringervi” a passare di là
Un
commento sarebbe gradito, anche solo per dirmi di ritirarmi.
A
presto,
EffieSamadhi