WHEN
A DEAD MAN WALKS
Mi avvicino alla
finestra, scostando di poco le tende e lasciando penetrare una lama di luce
rossastra. Il sole sta tramontando sopra ai tetti di Londra, bucando con il suo
ardore il consueto grigiore del cielo britannico. Ritorno al mobiletto e verso
del whisky in due bicchieri.
Remus
accetta il bicchiere che gli offro e se lo porta alle labbra con un gesto
fluido. Il fuoco crepita nel caminetto, gettando ombre sinistre nel salotto. Il
ticchettio della grande pendola è l’unico suono che riempie il silenzio.
“come fai
a procurarti questa roba?” mi chiede,muovendo piano il bicchiere in modo
circolare.
“contrabbando. Se Molly scoprisse
che faccio entrare dell’alcol in casa dove ci sono anche i ragazzi mi
ucciderebbe” rispondo con noncuranza, sedendomi al suo fianco sul divano.
Entrambi
abbiamo lo sguardo puntato sui ceppi avvolti dalle fiamme nel
camino.
“Stanno
crescendo in fretta” mi dice Remus dopo un po’.
Annuisco
scolandomi il resto del liquido contenuto nel mio bicchiere. “Sono dei ragazzi
in gamba” mormoro, senza guardarlo in faccia.
“mi
dispiace che non possano avere un’adolescenza come tutti gli altri. Non
dovrebbero assistere a certe cose…dovrebbero pensare solo a
divertirsi”
Remus si
passa una mano tra i capelli striati di grigio, scostandoli dalla fronte. “a
volte penso che Molly abbia ragione. Dovremmo tenerli il più lontano possibile
da tutto questo…”
“Noi non
lo avremmo voluto” rispondo in fretta. “ci saremmo comportati esattamente come
loro. Saremo andati a cercare la verità fino a sbatterci contro la faccia…un po’
come abbiamo fatto con te”
Remus
sorride di quel suo sorriso dolce e sempre un po’ triste, lanciandomi
un’occhiata.
“Perchè
non vai a coricarti per un po’? Ti vengo a chiamare io per la cena” butta lì
casualmente, ma se c’è una cosa che ho imparato nella vita è che Remus J. Lupin
non dà mai fiato alla bocca se non per dire cose sensate.
“è ancora presto per andare a
dormire. D’accordo che ormai stiamo per raggiungere i quarant’anni, ma non siamo
ancora dei pensionati” rispondo, sfoderando un sorriso. Ma non posso incantare
Remus. Non sono mai riuscito a farlo. Semplicemente lui non si è mai fatto
trarre in inganno dal mio sorriso, dalla mia espressione beffarda, dalla mia
voce strafottente…Remus ha sempre guardato oltre le apparenze, come se il mio
comportamento non fosse che uno specchio deformato del mio vero io. Come se
riuscisse a scorgere nitidamente i contorni del mio vero essere attraverso la
nebbia.
“non serve che tu
finga con me” dice piano, voltando la testa per guardarmi negli occhi.
Mi aspettavo che
dicesse qualcosa del genere. Il vecchio, prevedibile Moony…appoggio i gomiti
sulle ginocchia, incurvando le spalle in avanti. La legna crepita forte nel
caminetto. La voce di Molly ci giunge ovattata dalla cucina. Devono essere
tornati gli altri membri dell’Ordine.
“e chi ti dice che
io finga?” ribatte il vecchio, prevedibile Padfoot.
Remus sorride e io
lo imito. Abbiamo giocato a questo gioco per tanto tempo…per anni
interi.
Scosto lo sguardo,
sentendo i suoi occhi ambrati ancora fissi sulla mia faccia. Bevo un altro sorso
di whisky, che scivola giù nella mia gola, facendomela bruciare. Le mie dita
tamburellano debolmente contro la superficie liscia del
bicchiere.
“so che di notte non
riesci a dormire. Sento che ti aggiri per la casa” dice, voltandosi a fissare un
punto indistinto sul tappeto.
“se mi senti vuol
dire che anche tu sei sveglio. Nemmeno tu riesci a dormire” rispondo,
abbandonandomi contro lo schienale e allungando un braccio su di esso.
Il silenzio cala tra
di noi con la sua ingombrante presenza, amplificando il rumore dei nostri
respiri.
La voce di Molly si
leva ancora da un punto imprecisato della casa. Le fa eco quella squillante
della giovane Ginny.
“perché non provi a
bere una pozione per il sonno…te la preparerei io stesso, ma sai che non sono
mai stato bravo a distillare pozioni”
“sì, lo so” mormoro,
lasciando sott’inteso che so molto più di questo.
Conosco Remus come
lui conosce me stesso. È preoccupato per me, anche se non vuol farmelo pesare.
Ogni giorno avverto il suo sguardo seguire i miei movimenti, studiare
l’espressione del mio volto, nel tentativo di cogliere i miei pensieri, le mie
pene. Fingo di ignorarlo, come lui
finge di ignorare quello che legge dentro di me. Almeno fino ad ora.
“non puoi continuare
a punirti. Loro non lo vorrebbero” dice, continuando a non guardarmi
direttamente.
“chi ti dice che mi
sto punendo?”
Remus ride ma non c’è
allegria nella sua risata. Solo molta nostalgia, venata dalla
tristezza.
“sei impossibile,
Padfoot! Credevo che fossimo d’accordo di non dover mai essere sulla difensiva
l’uno con l’altro” ribatte, voltandosi fino a incontrare i miei occhi con i
suoi.
Mi stringo nelle
spalle, buttando lievemente il labbro inferiore
all’infuori.
“ma io non sono
sulla difensiva” mi lascio sfuggire dalla bocca, prima di potermi trattenere.
Remus sorride, appoggiandosi con la schiena al divano. Le sue mani tengono il
bicchiere sul suo grembo.
Chino lo sguardo
improvvisamente a disagio.
Remus aspetta che il
silenzio s’insinui tra di noi, scardinando le mie difese, filtrando tra gli echi
delle nostre parole, gravando sui nostri pensieri. E’ tutto più complicato
quando c’è silenzio.
Mi guardo le mani
screpolate. Una volta, una ragazza mi ha detto che ho delle belle mani. Curate,
ma molto mascoline. Tutt’a un tratto mi ritrovo a odiarle. Le stringo a pugno,
così forte che i tendini balzano in evidenza sotto la pelle tirata.
“Se non dormo non
posso sognare” sussurro con un filo di voce. Gli occhi sempre puntati sulle mie
nocche. “E se non posso sognare, non posso sentirli. Ma a volte…” La voce
tremula nella mia gola per un istante. “a volte li sento anche di giorno, quando
sono sveglio...nella mia testa”.
Taccio, rilassando
piano le mani. Sui palmi sono disegnate le mezzelune delle mie unghie.
“chi senti, Sirius?”
“lo sai chi” ringhio con rabbia, alzandomi in
piedi e passandomi una mano tra i capelli. Abbasso gli occhi e vedo il mio
profilo delineato nelle iridi chiare di Remus. Gli volto le spalle,
appoggiandomi al caminetto con le mani.
Odio queste
situazioni…quando lui mi capisce meglio di quanto faccia io. Quando riesco a
scorgermi nello specchio dei suoi occhi. I suoi occhi non mentono mai. I suoi
occhi mi costringono a leggere la verità. La verità che spesso preferirei
ignorare.
Il silenzio prende
nuovamente il posto delle parole, ispessendosi tra di noi. Un leggero fruscio mi
avverte che Remus si è alzato in piedi.
“Non sono loro.
Quello che senti è solo te stesso” mi dice con voce pacata.
Odio anche questo.
Odio quando io spaccherei il mondo, la faccia a qualcuno, un tavolo…tutto ciò
che mi capita a tiro, basta spaccare qualcosa e lui rimane lì impassibile, con
quel suo sorriso disteso sulle labbra, i lineamenti del viso sereni, resi più
saggi, ma non più aspri, dal precoce reticolo di rughe intorno agli occhi e ai
lati della bocca.
“Sirius,
guardami”
La sua voce risuona
decisa nella stanza, ma io non mi muovo.
“Sirius”.
Mi prende per una
spalla e mi fa girare verso di lui. Non mi oppongo, senza, però, riuscire a
guardarlo negli occhi. Il mio sguardo è fisso sul
pavimento.
“Siri...”
“le mie mani…”
mormoro “a volte...quando mi sveglio devo correre in bagno per lavarle. Ma per
quanto strofini è sempre lì…”
“che cosa?”
bisbiglia, obbligandomi a guardarlo in faccia.
Una morsa mi si
serra intorno alla gola e all’imboccatura dello stomaco.
“il sangue” dico in un soffio “quando
dormo…quando sono sveglio…il sangue è sempre lì”
Restiamo per una
manciata di secondi a fissarci negli occhi, con le mani di Remus ancora
appoggiate sulle mie spalle, finché lui non prende le mie mani tra le sue,
voltandole con il palmo verso l’alto.
“hmm” dice, studiandole attentamente alla luce del fuoco “io
non lo vedo…e se io non lo vedo vuol dire che non c’è”.
Mi scosto con un
gesto brusco, allontanandomi di qualche passo.
“molto divertente”
mugugno.
“Vuoi che ti dica
che è colpa tua? Vuoi che ti dica che Lily e James darebbero la colpa a te per
quello che è successo? Vuoi che ti dica che dovresti consegnarti ai Dissennatori
perché hai fatto tutto quello che potevi fare e che a Harry oramai sei inutile?”
Mi giro verso di lui
con il respiro corto. Il viso di Remus è rilassato. Ha le braccia incrociate sul
petto. Credo che se mi avesse urlato quelle parole invece che dirle con il suo
tono pacato e rassicurante , gli avrei tirato un pugno sul naso basta non
sentirlo più parlare. Ma voglio sentire che cos’ha ancora da dire, perché…perché
mi fa bene parlare con lui. Perché sentire la sua verità…no, non la sua , ma la verità dalla sua bocca mi risolleva
lo spirito.
Remus è sempre stato
la voce della mia coscienza. La voce che nella prigione di Azkaban mi sussurrava
che ero innocente, quando volevo disperatamente aggrapparmi alla morte e
lasciarmi andare alla deriva. La voce che mi spingeva ad rialzarmi, a lottare, a
credere di aver ancora bisogno della vita e della libertà.
L’equilibrato, il
forte e razionale Remus.
“in caso tu non te
ne sia accorto, quel ragazzo ti adora. Vuoi che quando scenda ti trovi derelitto
come sempre? Datti una ripulita e togliti dalla faccia quell’espressione da aspirante suicida per
favore”
Lo fisso con la
bocca spalancata, sbattendo stupidamente le palpebre, finchè le sue parole
non gelano il sangue nelle mie vene
e mozzano il mio respiro.
“credi che il sangue
di Lily e James sia solo sulle tue mani?”
Tende le braccia
di fronte a sé, con i palmi delle
mani rivolti verso l’alto.
“Credi che qui sopra
non ci sia? Credi che sulle mani di Silente non ci sia? Credi che sulle mani di
Peter non ci sia? Credi che sulle mani di Moody non ci
sia? Di Piton…e di tutti gli altri…”
Remus si blocca per
un attimo, abbassando con lentezza le mani.
“credi di essere
l’unico a sentirti in colpa per la loro morte?” sussurra e un fremito gli
attraversa il corpo magro. “credi di essere l’unico a svegliarsi nel cuore della
notte con un grido strozzato imprigionato nella gola e la fronte imperlata di
sudore? Credi di essere l’unico ad aspettare un perdono che forse non arriverà
mai?”
Remus s’interrompe e
io mi accorgo con orrore che i suoi occhi sono velati di lacrime e che il suo
labbro inferiore freme. Stringe i pugni lungo i fianchi, chiudendo gli occhi.
“credi di essere
l’unico che ci prova…a sopravvivere? Credi che gli altri vivano solo perché possono uscire di
qui, inseguendo la chimera di rendersi utili…e di fare
ammenda?”
“Io…” bofonchio,
distogliendo lo sguardo.
Mi lascio cadere sul
divano e Remus si porta appena davanti a me. Sollevo lo sguardo. I suoi occhi
ambrati sono fissi nei miei.
“Ma credi che loro
vorrebbero questo? Vorrebbero vederci consumati dai nostri fantasmi, divorati
dal nostro senso di colpa?”
“no” mormoro mentre
un singhiozzo mi restringe la gola.
“credi che loro
vorrebbero che noi stessimo facendo quello che facciamo?” aggiunge con un filo
di voce.
“che cosa facciamo?”
“Aspettiamo di
morire…aspettiamo di espiare le nostre colpe nell’unico modo che ci sembra
possibile…perché noi siamo colpevoli. Noi siamo colpevoli perché siamo ancora
vivi. Se tu fossi stato ucciso da Peter sarebbe tutto
più facile. Avresti pagato il tuo debito con la vita e non dovresti convivere
ogni giorno con le loro grida nelle orecchie. È questo che pensi, non è
vero?”
Abbasso lo sguardo,
mordendomi l’interno del labbro inferiore.
Remus si siede al
mio fianco. Il fuoco si è affievolito e comincia a far freddo qui dentro, ma
nessuno di noi due si preoccupa di mettere altra legna nel caminetto.
“l’avevi immaginato
così il nostro futuro, Moony?” dico, fissando il vuoto con la mente proiettata
indietro negli anni. “Ricordi quando progettavamo il nostro futuro? Ricordi
quando dicevo che volevo battere il mio record: nove ragazze in un anno? Com’è
che siamo finiti…in
questo modo? Che cosa ci ha fatto
questa guerra? Dove sono finiti quei ragazzi che sgattaiolavano fuori da
Hogwarts in piena notte…e che correvano liberi nei prati lì intorno, senza una
sola preoccupazione nella vita?” mormoro con voce amara.
“Non lo so” sospira
Remus, passandosi le mani sulla faccia stanca. “forse sono ancora là…in qualche
modo Moony, Prongs, Warmtail e Padfoot sono ancora là…forse in qualche modo
quegli anni si sono cristallizzati in un mondo parallelo e noi siamo ancora là,
liberi e felici come un tempo”.
Sorrido tristemente,
accasciandomi contro lo schienale del divano.
“è bello pensarla
così. Fa bene al cuore” dico, portandomi una mano sul petto. Sento il mio cuore
che batte regolarmente sotto la tunica.
Remus mi rivolge un
sorriso malinconico, alzandosi in piedi.
“sarà meglio che
vada ora. La luna sorge tra poco e devo bere dell’altra
pozione”
Balzo in piedi,
trattenendolo per un braccio. Remus mi guarda sospettoso, ma non si svincola
dalla mia stretta.
“Perché non li
portiamo qui?” dico.
“chi?”
“Prongs e tutti gli altri…perché non facciamo un piccolo
salto nel tempo?”
Remus mi guarda come
se fossi improvvisamente diventato pazzo. E forse lo sono. Sono sempre stato un
po’ pazzo…
“che intendi dire?”
scandisce piano, studiando la mia espressione.
“Facciamo un’ultima
cazzata…per ricordare i vecchi tempi”
Remus toglie la mia mano
dal suo avambraccio con gentilezza, sospirando sonoramente.
“Sai che non è
possibile. È pericoloso: tu potresti essere catturato e io potrei sbranare
qualcuno”
“andiamo via” dico
con foga “solo per questa notte. Non se ne accorgerà nessuno. Prendiamo una
passaporta e torniamo alla Foresta Proibita. Facciamolo, Moony…solo un’ultima
volta. James e Lily lo vorrebbero…facciamolo per ricordarci di
loro…”
Le mie parole si
perdono nel silenzio, mentre il mio respiro sibila bruscamente tra i denti. “e
facciamolo per noi…per ricordare com’eravamo e per come potremmo ancora
essere…”
Remus si porta una
mano all’altezza dello stomaco, non riuscendo a trattenere una smorfia di
dolore. Le sue dita artigliano la
stoffa consumata della sua tunica.
“fai presto” mormora
con un filo di voce, sostenendosi allo schienale del divano con una mano “non
manca molto…”
Senza nemmeno
rispondere, corro fuori dalla sala e raggiungo lo studio del pianterreno. Apro
una credenza e afferro la prima delle passaporte di scorta che trovo,
ficcandomela nella tasca. Nell’ingresso incrocio Molly, che tenta di dirmi
qualcosa, ma la supero urlando che io e Remus dobbiamo parlare e non vogliamo
essere disturbati per nessun motivo. Ritorno nel salotto, sbattendo la porta
alle mie spalle e precipitandomi al fianco di Remus, a bocconi sul tappeto di
fronte al caminetto.
Una sottile
pellicola di sudore gli ricopre il viso e tutto il suo corpo trema
incontrollabilmente. Gli cingo la vita con un braccio per sostenerlo e gli porgo
la lattina passaporta. La tocca con la punta dell’indice ed entrambi veniamo
strappati da casa mia.
Ci materializziamo
sulle rive del lago davanti a Hogwarts.
Remus crolla a
terra, emettendo un verso che non è umano, ma nemmeno animale. I suoi arti
crescono e il suo corpo si ricopre di un folto pelo color nocciola screziato di
grigio. Il mento si allunga e i suoi occhi vengono attraversati da un guizzo. Mi
trasformo in cane, osservando il lupo stracciare i vestiti di Remus e scrollarsi
alla luce della Luna.
I suoi occhi ambrati
si posano su di me. Scopre le zanne in un basso ringhio, acquattando di poco il
ventre in una posa difensiva. Le orecchie sono tirate all’indietro.
Mi avvicino
cautamente e lo lascio libero di studiarmi. Lentamente il ringhio svanisce. Mi
ha riconosciuto…ha riconosciuto il suo vecchio compagno di scorrerie.
E cominciamo la
nostra folle corsa…
Si tuffa nella
Foresta e io lo inseguo. Saltiamo tronchi caduti, arrampicandoci sulle asperità
del terreno. Tutto è immerso nel conosciuto odore di muschio e terra bagnata.
Vedo la sagoma del lupo precedermi di qualche passo…so dove sta andando.
Abbandoniamo
Non c’è un pensiero
nella mia mente, non una preoccupazione, mentre corriamo nei prati, come se lo
fossimo davvero…liberi. E forse in
qualche modo lo siamo. Perché la libertà non è data dall’essere fuori da Azkaban, fuori da Grimmauld Place, numero 12…è data da
questo. Dall’odore del vento, dall’odore del cielo stellato, dalla freschezza
dell’erba sotto le zampe, dall’illusione di essere immortali…di essere soli
nell’universo. Soli…io e Moony. Gli ultimi rimasti.
Continuo a correre,
finché non raggiungiamo la parte più alta della collina, formata da un picco
roccioso a strapiombo sul lago.
Il mio ululato si
perde nel vento, mentre quello melodioso di Remus riecheggia ancora nella notte.
Gli do un colpo con
il muso e lui abbassa la testa per guardarmi.
Scendo dalla collina
con Moony al mio fianco. Ogni tanto cozziamo l’uno contro l’altro in un gioco
che non facevamo da tempo. Cadiamo nel prato tra un groviglio di zampe. Il lupo
mi atterra, colpendomi con il naso. Mi alzo sulle zampe posteriori e cominciamo
a lottare, senza farci male…come due bestie. Come quei pazzi incoscienti che
eravamo, senza badare a dove stiamo andando, ma ritrovando gli spettri di noi
che aleggiano su questi prati, in questi odori.
E alla fine
giacciamo immobili nell’erba, l’uno accanto all’altro con il respiro corto e il
corpo dolorante.
La luna cala
sull’orizzonte, cancellata dai primi raggi di sole. Moony è coricato su un
fianco. La linea del suo fianco si muove seguendo il ritmo della respirazione. I
suoi occhi ambrati sono fissi nei miei. Il pelo scompare dal suo corpo, mentre
il sole fa risplendere i suoi occhi capelli, incendiandogli gli occhi. Quel
fuoco primitivo e irrazionale che appartiene al lupo svanisce dalle sue iridi,
sostituito dal calore e dalla pacatezza di Remus.
Riprendo le mie
sembianze umane, avvertendo il freddo pungente del mattino sulla mia pelle.
Rimaniamo per una manciata di secondi a guardarci senza dire nulla. Poi Remus mi
sorride, mettendosi a sedere. I suoi capelli sono imperlati di rugiada e il suo
corpo magro e pallido trema per il freddo. Mi tolgo la tunica rimanendo solo con
il maglione e i pantaloni e gliela porgo. Lui la infila velocemente,
stringendosi nelle braccia.
“ma perché mi faccio
sempre convincere?” brontola con voce rauca. Non bado al suo tono fintamente
contrariato. Ci alziamo in piedi a fatica. Remus barcolla, rischiando di cadere,
ma io lo sostengo per le spalle. Lui si appoggia a me, sospirando. Il suo viso è
scavato e pallido, con profonde occhiaie. Estraggo la passaporta dalla tasca e
poco dopo entrambi ci ritroviamo a Grimmauld Place, numero 12.
Remus si
accascerebbe sul pavimento, se io non lo sorreggessi per la vita. Lui mi
circonda il collo con un braccio.
“Ma cosa mi è
saltato in mente di dar retta a uno sconsiderato come te!” mugugna. Ma so che
questa fuga notturna ha fatto bene a lui almeno quanto ne ha fatto a me. Usciamo
dalla sala, silenziosamente, facendo per sgattaiolare di sopra quando Molly ci
intercetta. Mani sui fianchi ed espressione corrucciata.
“io credevo di avere
sette figli, ma devo essermi sbagliata dato che ci sono altri due bambini in
questa casa” sbraita con il suo miglior tono da mammina. “dove siete stati? Ero
preoccupata! Uscire così senza dir niente a nessuno! E guardate come siete
conciati!” continua saltellandoci intorno e togliendoci delle foglie e dei fili
d’erba che ci sono rimasti addosso.
“Molly, va tutto
bene” mormoro, cercando di trattenere le risate. Remus ha la decenza di
abbassare la testa, nascondendosi dietro ai capelli leggermente lunghi, per non riderle in faccia.
A quasi quarant’anni
fa uno strano effetto venir trattati da ragazzini immaturi.
“Potevano
catturarvi! Potevate essere in pericolo…”rincara la dose.
La supero,
ridacchiando e portando Remus con me su per le scale. Sento il suo torace
contrarsi per non ridere forte. A metà scala, incrociamo Piton che ci guarda
come se fossimo due insetti repellenti. Il suo naso adunco è lucido di sudore.
Arriccia le labbra
in una smorfia, contrariato dal nostro aspetto trasandato e dal pungente odore
di sudore che emaniamo.
“certe cose non
cambiano mai” gracchia. Remus non ride più.
“ma levati dai
coglioni, Snivellus” dico, senza nemmeno darmi la pena d’incazzarmi. Piton si acciglia. Sono sicuro che mi
schianterebbe se…beh ci sono molti se tra me e la sua bacchetta. Trascino Remus
nella sua camera, ridacchiando. Una corsa notturna nei prati intorno a Hogwarts
e un paio di insulti rivolti a Piton. Forse siamo davvero tornati indietro nel
tempo. Mollo Remus sul letto e mi abbandono sulla poltrona. Non appena i nostri
occhi s’incrociano cominciamo a ridere come due deficienti. I raggi del sole che
penetrano dalla finestra fanno risplendere i suoi capelli, cancellando le rughe
dal suo viso. E io rivedo il Moony dei tempi della scuola. Forse siamo davvero
tornati indietro per una notte…una notte sola…
“puzzi” mi
dice
“invece tu profumi”
ribatto serio.
Remus ride, puntando
lo sguardo sul soffitto.
“Grazie” mormora con
un filo di voce “avevo dimenticato cosa voleva dire lasciarsi tutto alle spalle
per correre incontro alla Luna. Forse avevo iniziato anche a dimenticarmi degli
anni di Hogwarts, avvelenati da quello che è successo in
seguito.”
“Non c’è di che”
rispondo, abbandonando la testa contro allo schienale.
Remus chiude gli
occhi sfinito e si addormenta. Una nuvola oscura per qualche istante il sole e
il suo viso riacquista tutto il dolore e il peso gravoso di questi anni.
Sorrido a fior di
labbra, sentendomi, per la prima volta da molto tempo, bene. Mi guardo le mani,
ma non vedo nessuna macchia purpurea. Sono solo le mie mani screpolate e magre.
Le stringo a pugno e le rilasso di nuovo, percorrendo con lo sguardo le linee
familiari. Poi guardo quelle di Remus abbandonate sulla coperta.
Sono più magre delle
mie, con le dita lunghe e sottili. Ma anche le sue mani sono prive di macchie di
sangue.
Forse dobbiamo
lavarlo via poco a poco, aspettando di morire e di saldare per sempre il nostro
debito. Perché Remus ha ragione: la nostra colpa più grave è l’essere ancora
vivi, il poter godere ancora del calore del sole, del sapore del cibo, della
compagnia di Harry, del vederlo crescere giorno dopo giorno, assomigliando
sempre di più a suo padre.
Ma James sarebbe
felice di questo. Sarebbe felice di sapere che non abbiamo ancora scontato il
nostro debito e che siamo ancora vivi per vegliare su di lui. Sarebbe felice di
vederci ora, sporchi e stanchi, ma alleggeriti almeno in parte da un peso che
stava diventando insopportabile. Felice di saperci ancora insieme, gli ultimi
Malandrini, il ricordo vivente delle nostre nottate che avevano il sapore di
libertà.
Allungo le gambe e,
fissando il volto del mio vecchio amico, scivolo lentamente in un sonno senza
sogni. Senza sangue e urla.
Per la prima volta
da quindici anni posso dormire come un uomo vivo.
Paranoia
In
which I think that I'm not confident
blood into my hands I can't deny
a
buzz into my ears that makes me mad
But I don't look back
While
I'm waiting to die
I don't look back
In a weird lullaby
I'll carry
on
And the hope in my heart is dry
But I don't look back
and I
cannot reply
I don't look back
while I'm waiting to lie
I'll carry
on
While they want to decide for me
Once again
Living in their
cage
They are killing me
Paranoia
In which I think I'm not that
confident
a tiny hope that burns in my breath
a bitter smile delights me
at the end
[Lacuna
Coil – When a dead man walks]