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Autore: Tury    26/02/2011    2 recensioni
Abbasso lo sguardo, lo rivolgo a chi davvero questa guerra dovrà combatterla. Li osservo a lungo. Io sono il loro padrone, colui che deciderà della loro vita o della loro morte.
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduto, su questa sedia, guardo il mio avversario. È determinato, pronto a tutto per vincere. Abbasso lo sguardo, lo rivolgo a chi davvero questa guerra dovrà combatterla. Li osservo a lungo. Io sono il loro padrone, colui che deciderà della loro vita o della loro morte. Un insignificante rumore mi fa alzare di nuovo lo sguardo. Il mio avversario si è mosso. Mi guarda, attende la mia reazione. Che non si fa attendere. Lo guardo di nuovo, mi sorride. Abbassa anche lui lo sguardo, lo volge a chi davvero questa guerra la sta combattendo. Si muove ancora e riporta i suoi occhi su di me, sorridendomi. Torno ad osservarli. Sono immobili, attendono un mio ordine. Fedeli compagni, annullano la propria essenza per il loro padrone. E non pongono domande, non ce n’è bisogno. Sanno che ciò che il proprio padrone deciderà sarà giusto.
Qualsiasi cosa decida.
Quanto può essere effimera la nostra esistenza. Si muore, per un fine più grande di noi. Si vive per morire, e si muore per vivere. La guerra è fatta dai singoli, perché il popolo necessita di una figura che lo guidi. Ma cosa potrà mai fare il singolo contro la massa. E per questo si creano legioni, schieramenti.
Eserciti.
Formati da soldati consapevoli della propria esistenza, consapevoli del loro poco valore agli occhi dei potenti. Ma io non voglio essere un padrone che vede morire il proprio esercito per uccidere quel singolo. Alzo lo sguardo, lo rivolgo a chi mi fronteggia, a quel padrone che, forse, è pronto a veder morire i propri uomini pur di vincere. Agisco, nei miei occhi c’è la determinazione di chi vuol vincere vivendo o perdere morendo. Perché io voglio che la mia anima si unisca a chi, su questa scacchiera, davvero sta combattendo questa guerra. Vedo che pensa, riflette sul da farsi, sul suo uomo da mandare a morire.
Un pedone.
Un semplice soldato, senza valore. Uno dei tanti che si può sacrificare per proteggere chi è davvero importante. E subito giunge anche la mia risposta. Ancora silenzio da parte sua, ancora una vittima. E i miei uomini si fanno largo, i miei ordini giungono subito. Perché non c’è tempo per pensare, bisogna agire, bisogna difendere il proprio re e uccidere quello nemico.
Insieme.
Sfruttare la confusione altrui per pensare alle proprie tattiche. I miei uomini sono neri, come le tenebre, come ciò che si teme. E si sa, il nero e il bianco non possono mai vincere, perché troppo diversi. Ma il mio cuore brilla di luce, pulsa di speranza. Il cuore dei miei uomini urla il proprio desiderio di vita. E così potrò vincere salvando, perché la nostra luce potrà avvolgere quegli uomini bianchi, senza ucciderli. Siamo ormai alla fine. Per quanto mi sia sforzato, molti dei miei uomini sono caduti, forse più di quanti ne siano caduti dalla sua parte. Rivolgo il mio sguardo a lui, sorride. Dalla sua parte ha la regina, un cavallo, una torre e qualche pedone per difendere il suo re. Io ho solo una alfiere, un cavallo e un pedone. So che l’impresa è ardua, so che forse moriremo tutti qui, su questa scacchiera. Ma non ci arrendiamo. Ed infine ecco! Il re abbassa la testa, fa cadere la spada. Battuto dal mio pedone. Non ti guardo ma posso immaginare la sorpresa sul tuo volto. Un pedone ha ucciso il tuo re. Quello stesso pedone che tu hai mandato a morire senza pensarci più di tanto, definendolo inutile. Il soldato semplice ha fatto prigioniera la vittoria. Quel soldato semplice, che tutti credevano sarebbe morto presto, ha vinto la guerra. Ha vinto contro il singolo. Alzo la testa, per decretare la mia vittoria.
Scacco matto.
  
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