“Non hai deluso le mie speranze, Harry. Siete arrivati
fin qui in...quanti? Quanti difensori di mezzosangue e babbani si sono gettati
nella fossa del leone?” Serafico, Lord Voldemort restò ad osservare le labbra
livide e sanguinanti di Potter tendersi in una smorfia ironica.
“Se i tuoi
uomini continuano a sottovalutare la resistenza, prima o poi avranno una brutta
sorpresa. Vorrei sopravvivere solo per vedere la vostra faccia.” V'erano tracce
di sangue nella saliva che il prigioniero sputò ai suoi piedi.
Voldemort non
ebbe reazioni. Fu la bacchetta della guardia di Azkaban che teneva Potter per il
braccio sinistro, ad essere puntata direttamente nel suo fianco, punendolo con
una Cruciatus silenziosa quanto lacerante.
Le urla che echeggiarono nella
cella sembravano rispondere alle sofferenze degli altri membri dell'Ordine,
interrogati da Bellatrix in quegli stessi momenti.
Il Lord si avvicinò al
ragazzo e un sorriso di pura soddisfazione curvò le sue labbra nel vederlo
serrare i denti per affrontare il dolore. Con un breve cenno, ordinò alle due
guardie di lasciare le braccia del prigioniero.
Una notte di torture
ininterrotte aveva minato le energie, ma non quella luce irritante che bruciava
ancora nello sguardo di Potter, così come in quello dei ribelli arrestati
insieme a lui, durante il tentativo suicida di arrivare a Nagini.
“Credevate
sul serio di aver compiuto le vostre ricerche senza essere scoperti, senza
essere seguiti sin dal terzo Horcrux distrutto? E' stato divertente osservare i
vostri sforzi, un vero spettacolo.” La sua mano destra circondò il collo del
ragazzo sopravvissuto.
“Il Prescelto, così ti nominava la profezia di quella
ciarlatana, dico bene?” sibilò, mentre la sua mente formulava l'incantesimo che
scagliò Potter contro la parete, con fredde catene a stringersi attorno ai
suoi polsi.
Voldemort sollevò il mento, inspirando ad occhi chiusi
l'emozione paralizzante che dolcemente saturava l'aria della cella.
Frustrazione.
Disperazione.
“È per la tua compagna che hai paura,
ora.”
Potter soffocò ogni gemito, ogni sussulto o respiro che il suo
aguzzino avrebbe potuto interpretare come risposta.
“Ginny Weasley. È lei
che colma i tuoi pensieri. È per lei che hai resistito tutti questi mesi. Ma se
anche concedessi alla compagna di un condannato il suo cadavere da seppellire,
cosa mai potrebbe farsene?”
“Questa è la tua idea di divertimento?”
“Oh,
credimi, Harry, non ho ancora nemmeno cominciato a divertirmi veramente. Ma è
appagante, questo sì, vederti fare il coraggioso. L'uomo che pensa di non avere
più nulla da perdere.”
“È così. Siamo venuti a tentare di uccidere la tua
Nagini. Siamo arrivati fino a qui imbrogliando i tuoi amati Mangiamorte. Non
dovrebbero proteggere il nuovo Ministro della Magia con tutti loro stessi? Non
ti sono poi così devoti.”
Un istante per estrarre la bacchetta e già premeva
contro la gola di Potter. Lo vide stringere le palpebre ed infierì
ulteriormente, concentrando la propria volontà di ferire sulla cicatrice. Sapeva
bene che soltanto il proprio sguardo rivelava tutto il desiderio di punire il
ragazzo.
“Io posso sopportare di non essere amato dai miei servi. Tu, Potter,
non puoi tollerare la lontananza da quelli che chiami amici. Questa è la
differenza che ti ha reso un perdente.”
“No, questo è il motivo per cui non
sei mai riuscito ad uccidermi, fino ad ora.”
Voldemort non replicò
immediatamente.
Non avrebbe richiamato con alcuna parola lo spirito di
Silente, del padrino o dei genitori di Potter.
Non ci sarebbe stato più
nulla a dare sostegno al ragazzo che per anni era stato la sua maledizione e che
ora sarebbe divenuto uno dei suoi giocattoli.
“Resterai in vita ancora per
molto, Harry. Non ti darò la soddisfazione di raggiungere molto presto i tuoi
cari oltre il Velo. No, prima tu, Weasley e la Granger vivrete. Vivrete a lungo
per vedere il nuovo presente che solo le menti superiori come la mia possono
costruire.”
“Se parli dei Purosangue, neppure tu lo sei.”
Le pupille
rosse del Lord dardeggiarono tutta la sua furia.
Non era trascorsa
neppure un'ora di rinnovate torture, quando il corpo smagrito del prigioniero si
abbandonò contro la parete della cella, scosso dall'ultima danza di dolore da
lui comandata. Il respiro era divenuto agonia.
“Ora sei pronto ad
ascoltarmi, vero Potter? Sì, ora sei pronto a capire. Il mondo magico è stato
rovinato da maghi e streghe come te, colmi di bontà e di ottimi propositi, di
ipocrisia fin sopra i capelli. Il vostro caro Silente ne era
l'emblema.”
“N-non serviran-no a niente le tue pa-role...”
“Oh, ma vedrai
anche i fatti, non temere. Capirai vedendo con i tuoi occhi che solo il timore e
la disciplina possono far rinascere il Mondo magico. Non l'Amore, non la
Giustizia con cui Silente aveva imbrigliato la conoscenza, no. La disciplina, la
guida di cui gli esseri inferiori hanno bisogno.”
Un rantolo sfuggì alla
gola del ragazzo sopravvissuto, mentre i suoi occhi si spalancavano nell'orrore
di chi ha cominciato davvero a comprendere.
“Sì, Harry. E dopo i maghi e le
streghe che non avranno saputo piegarsi, toccherà ai babbani. Il bene ha
fallito, Potter. Per questo ora siete nelle mani di colui che bollate come Male.
L'Amore non è bastato...il Male è nato a colmare il vuoto.”
E questa volta
non fu il dolore inferto al suo corpo a far gridare il condannato, ma l'empatia
verso quello che gli altri prigionieri stavano subendo. Furono le immagini di
quello che sarebbe accaduto in seguito, a spargersi come sale sulle ferite
slabbrate.
Era nell'orrore di cui quegli occhi verdi si stavano colmando,
l'inizio della vittoria del Lord.