Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Lonely95    28/02/2011    0 recensioni
Cosa si è disposti a fare pur di cambiare un destino che ci è stato imposto?Fino a che punto possiamo arrivare?La storia di un'esistenza che nuota contro un destino già programmato...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Una sperduta città araba dai mille colori e mille profumi...

Nella città viveva Sabhine, una ragazza di quindici anni. Era una bella ragazza, la pelle dalla tipica striatura olivastra, gli occhi grandi e neri e una matassa di ricci scuri, tratto molto insolito per i canoni della sua cultura.

I tratti del viso erano fini ma sapevano esprimere una ferocia e determinazione e gli occhi sapevano dire ciò che non era detto a parole.

Suo padre Rashid era un importante uomo di potere, basso e tarchiato, con un caratteraccio da “zotico burbero”, come lo definiva la figlia…

La madre, Noana, proveniva dalle Grandi Pianure e aveva tratto somatici molto diversi da quelli delle altre donne della città.

Sabhine era stata costretta sin dalla nascita a portare un velo che le ricopriva gran parte del viso, nero come il carbone, in simbolo del lutto che i suoi genitori portavano da quando era nata lei, nel “Giorno della Morte” considerato a quell’epoca un giorno sciagurato, infatti, il fiume che divideva a meta, la città era misteriosamente straripata travolgendo e uccidendo molte persone.

Sabhine si stava pettinando quando Rashid, il padre, fece irruzione nella sua stanza. Senza degnarla di uno sguardo, si diresse con passo strusciante verso la finestra che dava sugli argini del fiume, e assunse un’aria pensierosa che Sabhine temeva tanto. Dopo di che si girò verso la serva che stava preparando il velo alla figlia e disse –Riferisci a mia figlia che ho scelto uno dei pretendenti per maritarla. Ha quarantacinque anni ed è uno sceicco molto ricco che agevolerà le mie campagne politiche e, finalmente, la porterà lontana da questa casa, allontanando da noi la sua maledizione.-.

Detto questo, se ne andò.

Sabhine guardò la figura tremante allo specchio. Suo padre le parlava in terza persona da quando aveva raggiunto l’età per imparare a leggere e scrivere, perché la riteneva causa di tutte le sciagure familiari.

La ragazza scoppiò a piangere, nascondendo il viso tra le mani sottili.

La serva le lanciò uno sguardo compassionevole e se ne andò.

 

Le nozze furono celebrate di lì a poco, e Sabhine vi partecipò coperta di veli neri e ori, firmò il giuramento e fu portata in un albergo ai margini della città dal novello sposo.

Rovistando tra i documenti del marito, in un giorno in cui lui era fuori di casa, scoprì che era uno sceicco andato in rovina per le troppe mogli da mantenere e i troppi vizi lussuriosi.

Con un sorriso sardonico, pensando all’ironia della sorte e al padre, si addormentò sul pavimento dopo i maltrattamenti del marito.

I giorni erano tutti uguali, e si susseguivano con una lentezza estenuante per la povera ragazza.

Di giorno era una serva, la notte era stuprata e abbandonata sul pavimento come uno straccio vecchio. Non aveva mai un poco di tempo per se stessa e nel giro di pochissimi anni si era ridotta uno straccio, consumata dal dolore che la dilaniava per quella sorte infausta che le era toccata per una stupida superstizione provinciale.

Voleva volare via, libera da tutto quel dolore, scrollarsi di dosso la sporcizia e volare.

 

Era notte fonda.

Sabhine si svegliò di soprassalto sudata sul pavimento di marmo freddo.

Di nuovo quel sogno.

Si mise carponi e si rialzò, sbirciando il letto del marito, come sempre vuoto. Sicuramente era ancora in un pub di periferia con qualcuna delle tante donne di strada con cui passava la notte, che lei non disprezzava per niente perché erano in grado di sottrarla agli stupri e ai maltrattamenti del marito, anche se per poche ore.

Ormai Sabhine ci aveva fatto l’abitudine, semplicemente si estraniava e lasciava che il marito prendesse ciò che voleva da lei, tanto lo avrebbe preso comunque.

 Si avvicinò alla finestra semiaperta e con la mente tornò al sogno.

La luce che la chiamava, che le illuminava il viso rigato dalle lacrime che aveva dentro e che la esortava a scappare da quella vita crudele, che, lei non si era meritata in alcun modo.

Dalla finestra scorse la città con le luci e i rumori, e andò con lo sguardo alla collina su cui si ergeva la casa di campagna in cui abitava.

Verso est la terra finiva e con un salto di roccia ripida si poteva arrivare al mare blu cobalto, in cui nuotavano tanti svariati tipi di pesci e creature che Sabhine amava immaginare.

 

Alcuni mesi dopo, prese la sua decisione.

Una notte, in cui il marito era fuori a far baldoria.

Sabhine decise di scappare.

Prese un paio di pantaloni bassi del marito, un paio di stivaloni da cavallo uno scialle. Rubò un pezzo di formaggio e una fiasca d’acqua fresca e scese nelle stalle.

Sellò il puledro nero donato al marito da suo padre e corse via, veloce come il vento che le sfiorava i capelli.

Via!Mentre galoppava ripensò a tutta la sua vita, ai sogni luminescenti e alle mille voci che invadevano la sua testa e alle ombre del sole che mutavano per lei quando era triste. Non si era mai posta delle domande, succedeva e basta.

Non se ne accorse neanche e arrivò alla scogliera, dopo aver attraversato il fiume e i suoi meandri, ponti e capanne.

Era arrivata al punto in cui l’erba finiva di crescere e veniva sostituita da una vegetazione bassa e rinsecchita dall’aria salmastra.

Davanti a lei la terra,la sua terra,finiva e lasciava posto alla distesa immensa del mare.

L’acqua si estendeva a perdita d’occhio e il vento vi soffiava sopra muovendo la superficie,che sembrava animarsi mentre il suo sguardo la studiava.

Sabhine sospirò e scese dal cavallo. Era arrivata alla fine della sua terra. Era al capolinea.

E adesso?

Sabhine non sapeva cosa fare, dove andare,cosa pensare!

Si inginocchiò e prese la testa dalle mani,disperandosi.

Non poteva tornare indietro,perche  sarebbe andata incontro a morte certa per mano di suo marito.

Poteva andare solo avanti. Ma avanti dove?

Il mare sotto di lei sbatteva contro la roccia e creando gorgheggi e mulinelli di candida spuma bianca.

Perché la sua vita era così misera?Perchè tutti la disprezzavano? Era davvero nata per condurre quell’esistenza così misera?

Sabhine sentì un calore sulla nuca e alzò lo sguardo.

La luce che aveva sempre visto nei sogni piu profondi era lì, davanti a lei, fluttuante a mezz’aria.

Nei sogni l’aveva sempre vista come un globo luminescente,  ma adesso che era lì davanti a lei, poteva ammirarla in tutta la sua bellezza. Era un nastro luminoso avvolto su se stesso fino a formare una sfera che ondeggiava cullata da un vento invisibile.

Sabhine si rialzò e la guardò affascinata.

Allungò una mano per sfiorarla e un sublime bagliore la avvolse in una luce purissima. Venne sollevata da terra e sparì tutto: le preoccupazioni, il cavallo, i vestiti… tutto!

Sabhine si ritrovò scalza e vestita di una leggera veste bianca, i capelli le sfioravano i lati del viso e la schiena, accompagnati da una sottile brezza.

Allungò le mani verso la luce che la circondava e in un attimo tutto si intensificò. La ragazza e la sfera furono un tutt’uno.

Poi il silenzio. Sabhine aprì gli occhi e vide il mare sotto di se. Stava fluttuando nell’aria,e voltandosi,vide se stessa accasciata a terra,sul cipiglio della scogliera.

Si voltò ancora verso l’acqua e udì una voce rimbombare nella sua testa

-Sabhine, figlia della sciagura!da anni ti disperi per la tua infausta sorte!Io, regina della luce, ti propongo una via di fuga!Sei appesa a un filo, la tua vita mi appartiene. Ti voglio offrire la possibilità di essere liberata, farò in modo di liberare la tua anima dal dolore e dalle oppressioni. Hai due ore di tempo per trovare il modo. Allo scadere, se non sarai riuscita a trovare la via della libertà, la tua anima sarà mia e ti porterò via con me.-

Dette queste parole, tutto si fece scuro e Sabhine perse i sensi.

Si risvegliò poco dopo, ed era tornata nelle sue spoglie normali.

Si alzò e si guardò intorno. Il cavallo brucava poco lontano e la luna madreperlacea  era dipinta in alto nel cielo nero. La sua scia si trascinava sulla superficie del mare lasciando dietro sé una luminescenza bianca.

Un silenzio innaturale avvolgeva tutto. Era tutto così..innaturale.

Eppure spaventosamente magnifico.

Sabhine non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto, ma era certa che tutto sarebbe stato meglio della sua vita precedente.

Si sporse dalla scogliera e la brezza la investì portando con se l’odore del mare.

In un attimo, Sabhina inspiro’ tutta l aria che i suoi polmoni fossero in grado di contenere e saltò. Il mare le venne incontro,ma non sentì mai l’acqua sulla pelle. Una luce accecante avvolse tutto e mille piccole luci si staccarono dal suo corpo. <> pensò la ragazza. E cominciò a ridere,una risata spensierata che si perse nel mare. Rise per aver conquistato la libertà. Rise finche’ non si trasformò in mille piccole luci e il suo sorriso si spense nel vuoto della scogliera, e accompagnato dalle sottili dita della brezza si avvicinò alla bianca luna, disegnando un sorriso sulla sua superficie. Sabhine ora era libera, liberata dalla sua stessa volontà.

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Lonely95