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Autore: Ladonnachesigiocailcieloadadi    28/02/2011    0 recensioni
"Non esiste elemento che la morte non trasformi in polvere."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato ad una persona che ho amato per cinque giorni,
"perché non sono quando non ci sei".

Oggi sentivo il bisogno di fare qualcosa di frivolo. Volevo sentirmi viva, ma, allo stesso tempo, fuori dal mondo. Fuori da me stessa. Così ho indossato una di quelle maschere veneziane piene di decorazioni colorate e sono uscita, in cerca di un posto frivolo ove poter deliberatamente essere una persona frivola.  Non ha importanza, ora, dirvi di che posto si tratta, sta di fatto che questa notte l'ho trovato. Mi piace chiamarlo "Il carnevale della banalità", questo posto. Pare che per accedervi ci sia bisogno, per forza di cose, di sfoggiare una maschera che sia bella ed invitante, le persone che portano quelle meno belle sono irrimediabilmente pregate di non entrare. Di fatto non trovo giusto che venga effettuata una tale discriminazione, ma oggi mi andava di essere frivola e allora ho fatto finta di nulla.  Così mi sono improvvisamente ritrovata in mezzo a centinaia di individui mascherati talmente concentrati nell'esaltazione di sé stessi da dimenticarsi dell'effettiva presenza di ciò che li rendeva tanto speciali: uno stupido strato di ceramica che ricopriva i loro volti. Allora mi è sorta spontanea una domanda: basta davvero lo strato esteriore che corona (o annulla?) il nostro essere a provocare in un individuo una vera e propria polluzione mentale? E se solo questo è in grado di darti della felicità, allora che male c'è ad essere un po' frivoli?

*


Poi è successa una cosa strana. Il mio corpo, preda della tanta leggerezza che gravava sul mio cervello, ha cominciato a volteggiare. A danzare. E gli occhietti che sbucavano dalle maschere dei presenti si imprimevano su di me tanto violentemente che sembrava mi fossi trasformata nel povero vermetto conficcato sull'amo di una canna da pesca. Il mio inutile bisogno di frivolezza stava gettando me, povero verme in fin di vita, in un lago pieno zeppo di pesci affamati. Nessuno ha fatto in tempo ad abboccare, comunque.

*


Mi sono accucciata nell'angolo più buio ed ho ripreso ad osservare da lontano, fuori dal mondo, fuori da me stessa. Le parole che, svestite d'ogni significato, uscivano dalle boccucce inanimate dei presenti arrivavano ovattate alle mie orecchie e si perdevano più in là, nei meandri della mia mente. Più passo il tempo qui e più mi sento inquinare da grossi paroloni infettati di idiozia. E se un giorno decidessero di evolversi, sono certa che diventerebbero enormi demoni fatti di petrolio che per sopravvivere hanno bisogno di nutrirsi di cervelli umani. Eppure sono io che ho bisogno di tutto questo. E forse ho solo bisogno che siano questi demoni a tenermi compagnia.

*


Mi è anche capitato di intravedere un viso vero. Ed eccolo lì: protagonista assoluto di una foto fuori fuoco, ma fuori dal mondo e fuori da sé stesso, che si faceva strada tra le facce di ceramica trascinando con sé scie di realtà, anche se nessuno ci badava. Il suo volto, impregnato dalla frivolezza del luogo, pareva ancor più violentato e sporcato di vita di quanto in realtà non fosse già. Mi è venuto da pensare che forse, sì, aveva in pugno l'arma migliore con la quale affrontare questo posto: sé stesso. Ma rimaneva pur sempre lo scudo meno protettivo.

*


- Perché non porti una maschera?
- Non ne ho più bisogno.
- Come fai ad esserne tanto sicuro?
- Ho trovato te.

*


Sprofondare nell'abisso verde, senza mai aver bisogno d'ossigeno. I tuoi occhi come mare in tempesta mi si rifrangono addosso, annego in te;
- E tu, invece, perché porti quella maschera?
- Voglio che solo tu sia in grado di vedermi.

*


Cosa saremmo senza maschere? Con che cosa cacceremmo la vergogna che s'insidia dal nostro viso fin dentro al nostro animo? Non è nulla la vanità, non è nulla la vergogna. Indossiamo maschere per scappare da noi stessi, ci nascondiamo nelle più recondite fantasie: quelle dolci storie che ci raccontiamo la notte prima di cadere negli incubi dell'essere.

*


- Voglio sapere chi c'è dietro a quella maschera.
- Preferisco aspettare.
- Ma non abbiamo più tempo.
- Lo so.

*


Il tuo respiro sarà la guida che mi aiuterà a ritrovare me stessa, sotto a questa maschera.
- Ho deciso che sei tutto.
Tu lo eri già molto prima che nascessi, anche se non lo sapevo.

*


Prima il cuore, poi le mani e poi ogni parte di me. Mi tramuto in ceramica, infrangibile. Sono finzione.
- Pensavo che mi amassi.
- Lo faccio: ti amo.
I tuoi occhi gocciolano d'abisso, diventano vento, si disperdono.
- Perché non mi ami?
Il tuo grido straziante mi penetra il cuore, organo freddo e bianco, incapace d'emozioni.
- Amami!
La mia maschera si riflette nei tuoi occhi di vento, poi cade in mille pezzettini.

*


Non esiste elemento che la morte non trasformi in polvere.

*


Esistevi solo tu ed il resto era finzione, proprio come me. Sono il fantasma che porti nella mente, colei che raccoglie e mette in fila le tue parole quando urli il silenzio. Ho sentito il mio cuore morire, trafitto dalle lame che mi legano a te, ma accetto di vivere nella tua mente, se è questo l'unico modo che ho per essere reale.

*


Sotto il freddo della mia ceramica ti nascondevi tu, eravamo fuori dal mondo, fuori da noi stessi. E maledettamente frivoli.
  
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