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Autore: Hakigo    01/03/2011    4 recensioni
RACCONTO INTERROTTO.
[Cit. capitolo 7 - Delle urla provenivano dall’esterno e il fumo rendeva impossibile vedere ciò che stava accadendo a meno di quattro metri di distanza. La donna sentiva gli invasori vicini, i loro passi, i respiri attraverso le maschere e vedeva chiaramente anche i laser rossi che usavano come mirini per i loro fucili. Tratteneva il respiro, per non farsi sentire. Per il fumo, non riusciva più neanche a tenere gli occhi aperti: probabilmente avevano lanciato dei lacrimogeni. Non sapeva quanto tempo fosse passato. Forse un’ora, forse solo dieci minuti, ma Honey non accennava a svegliarsi.
Un colpo di tosse a dimostrare che fosse viva. I mirini che si univano all’istante in un unico punto.
]
E se le parti per una volta fossero invertite? Se fossimo noi, i cattivi? Honey è una bambina che crescendo imparerà a difendersi dagli invasori, a distinguere i bravi dai malvagi: non aveva calcolato che un giorno, lei stessa sarebbe stata accusata di alto tradimento.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si raccontava l'esistenza un pianeta simile al loro, a non molti anni luce da qui. Terra, la chiamano.
Lei sognava di andarci. Le brillavano gli occhi mentre vedeva quegli strani documentari che ne dimostravano la presenza.

"Uccidilo! Uccidilo!" strillava all'omone che la teneva per mano, con la sua vocina stridula da bambina di tre anni.
"Honey, non posso uccidere tutti gli insetti del mondo" disse paziente il papà alla piccola creaturina che gli stringeva la mano "Dopotutto, anche loro hanno diritto a vivere come noi, se non fanno niente di male!" spiegò pazientemente.
Honey rimase imbronciata. Gli insetti erano degli esseri viscidi. Si chiedeva in continuazione per quale motivo, il Signore, quello di cui non poteva dire il nome, li avesse inventati. Papà le rispondeva sempre che dopotutto facevano parte del ciclo della vita e senza di loro tutto l'ecosistema di sarebbe strinto...o estinto. Non ricordava mai come si diceva.
Realmente, loro non appartenevano alla terra, anche se tempo prima la razza Terrestre era piombata nel loro mondo e aveva cominciato a mescolarsi con la gente del proprio mondo, Temma.
Avevano costruito fabbriche, avevano dato un nome a tutte le terre, avevano portato semi di nuove spezie e ortaggi che adesso finalmente la popolazione poteva coltivare senza problemi.
Ogni terreno aveva il proprio corrispondente sulla Terra e Honey con la sua famiglia, abitava in un piccolo arcipelago, di origine vulcanica, simile per clima e territorio a quelle che loro chiamavano Hawaii.
Il capo della spedizione dei terrestri, diceva alla famiglia di dover esser lieta di tale vantaggio, anziché abitare nei paesi freddi.
Honey adorava i paesaggi ricchi di vegetazione, con clima mite.
Una mattina, sentì bussare potentemente alla porta di casa loro.
“Che succede papà?” chiese stropicciandosi gli occhi, ancora stesa nel caldo delle sue coperte.
“Non lo so’” rispose l’uomo, con aria stufa, come se già sapesse cosa stesse accadendo. Magari aveva capito, chi poteva saperlo?
Honey cercò di alzarsi ma la mamma arrivò prontamente in camera, chiudendo la porta dietro di sé, obbligando i figli a non uscire dalla stanza, unica camera per i tre fratelli di cui Honey era l’unica femmina.
Improvvisamente si sentì in tutta la casa un forte urlo, in una lingua che la famiglia ancora non conosceva, seguito da un tonfo e dai lamenti del padre.
Dall’altra parte della porta, l’essere urlò ancora. Tutti trasalirono. Non ci volle molto a capire che i terrestri erano piombati in casa loro.
La madre fu costretta ad aprire. Honey, insieme ai suoi fratelli Arden e Neil, uscirono dalla stanza, mentre la mamma rimaneva indietro a recuperare in fretta di tutto ciò che disponevano i suoi figli.
Non erano ancora in grado di capire quale lingua parlassero.
Poche ore dopo, la famiglia si ritrovò in uno spiazzo, dove la maggior parte della popolazione del loro paese, Turut e il numero andava sempre di più a crescere.
Dopo poco, anche i parenti si erano riuniti in vari gruppi. Nessuno capiva cosa stesse succedendo fino a quando non arrivò uno dei professori di lingue della scuola che Honey avrebbe frequentato l’anno venturo. Aveva un volto triste, gli occhi bassi coperti dalle lunghe ciglia nere, mentre reggeva con mani tremanti il foglio che ben presto avrebbe dovuto tradurre alla popolazione paziente, curiosa e irritata per l’irruzione nelle loro case.
“Da ora in poi, la popolazione di Turut sarà suddivisa in diversi tipi di lavori, in modo da mandare velocemente avanti l’economia. Non ci saranno disoccupati. Gli uomini potranno scegliere in base alle loro caratteristiche fisiche, le donne in base alla loro intelligenza. I vecchi verranno distribuiti in varie agenzie, senza distinzioni tra uomini e donne, mentre i bambini andranno costantemente a scuola e apprenderanno la lingua dei terrestri in modo da poter esaurire le loro richieste. Verrà selezionato un gruppo di persone che entrerà a far parte della polizia e avrà il dovere di punire le persone che non lavorano o che non rispettano le leggi che ben presto saranno esposte al pubblico. I giovani e gli uomini forti si occuperanno della costruzione dei nuovi palazzi dove risiederanno i terrestri che verranno cortesemente a insegnarci il loro stile di vita, uno stile migliore” prese una gran dose di aria dentro i suoi polmoni. Honey non capiva ancora cosa stesse succedendo, era ancora troppo piccola per capire cosa significassero realmente quelle parole.
I genitori sarebbero stati affidati ad un lavoro specifico, il fratello maggiore avrebbe fatto parte di uno dei tanti gruppi di lavoro che stavano per essere allestiti mentre lei ed il fratello minore avrebbero cominciato a studiare una nuova lingua.
Il popolo si oppose:
“Non vogliamo essere i vostri servi!” disse uno dei più intelligenti “Abbiamo sempre vissuto in armonia, non abbiamo bisogno delle vostre direttive, alieni!”
Immediatamente, degli uomini vestiti di verde presero coloro che avevano parlato. Honey non fece in tempo a vedere perché la mamma coprì in tempo i loro volti, stravolti per la sveglia inaspettata ma anche per quello che stava succedendo.
La piccola non vide più niente. Sentì solamente un forte rombo che non riuscì a paragonare a nulla che lei conoscesse.
La folla si era zittita. Mentre ancora non vedeva nulla sentì solamente il maestro tradurre le loro parole “I rivoltosi non riusciranno a sopravvivere” per poi piombare nel sonno.
Si risvegliò nella loro camera, coi fratelli seduti sul letto a parlare tra di loro ma era troppo assonnata per capire cosa stessero dicendo. Si alzò a sedere. I raggi luminosi del cielo piombavano nella stanza, colpendole direttamente gli occhi. Ci mise parecchio per svegliarsi nel vero senso della parola e i fratelli avevano fatto in tempo a chiudere momentaneamente il discorso.
I suoi fratelli avevano qualche anno in più di lei. Suo fratello Arden, il maggiore dei due, aveva 14 anni, mentre suo fratello Neil ne aveva 12.
 “Di cosa parlavate?” chiese Honey ancora insonnolita ai fratelli, notando la loro espressione preoccupata, che immediatamente di trasformò in un ampio sorriso, che riuscirono a tranquillizzarla.
“Di nulla, di nulla” commentò Arden. I suoi pensieri erano troppo pesanti per una bambina come lei.
“Vai in cucina, mamma sta preparando la colazione!” la incitò Neil, il che la fece subito balzare giù dal letto e correre a piedi scalzi dalla sua adorata mamma, che aveva un’espressione non diversa da quella che aveva colto sul viso dei fratelli. Suo padre le diede il buongiorno da dietro le pagine di quel che i terrestri chiamavano “giornale”.
Honey si alzò sulle punte per arrivare a baciare la mamma sulla guancia “Visto mamma, te l’avevo detto che ci avrebbero riportato a casa!” disse gioiosa, carezzando uno dei mobili della piccola cucina.
La mamma annuì silenziosa, mentre rigirava il loro cibo sulle piastre.
Gli anni del pianeta Temma, erano formati esattamente da 465 giorni e ogni giorno aveva almeno 26 ore, di cui diciotto ore di luce e diciotto ore di buio, o almeno così gli umani avevano detto.
Gli abitanti di Temma non avevano ancora approfondito di molto la loro scienza ed erano stati gli umani a rivelare tutte le basi dell’astronomia e della biologia, insieme allo studio del comportamento degli “animali” di quel mondo. Il pianeta di Honey non era poi molto differente a quello degli umani, con l’unica differenza di esser nato con qualche millennio di differenza. La religione era ancora basata sulla natura, su quei raggi di luce che i terrestri chiamavano “raggi solari”. Per spostarsi da una parte all’altra si utilizzavano delle varietà di quadrupedi con pelliccia molto corta, di stazza molto più grande di quella dei temmestri, che gli umani avevano catalogato come razze di “cavalli”. Non sarebbe stato di certo facile per la popolazione imparare tutti quei nuovi termini, in una lingua completamente diversa dalla loro.
Praticamente sul pianeta era appena cominciato il ‘600, con la differenza che erano già in grado di costruire lampadine elettriche, insieme alle prime radio e di utilizzare il gas. Una società leggermente più avanzata ma non abbastanza da superare le capacità dei Terrestri.
I saggi dicono che l’ignorante è colui che viene deriso più semplicemente.
In questo caso, l’ignoranza della popolazione aveva contribuito con la conquista da parte degli umani senza il minimo sforzo e i rivoltosi erano stati uccisi senza farsi troppi problemi.
Il popolo Temma non era mai stato in grado di uccidere i propri simili. Nessuno dei suoi abitanti aveva mai pensato a soluzioni simili. Il fatto che gli umani fossero in grado di uccidere così facilmente un essere della loro specie o di un’altra razza, lasciava a dimostrare che erano un popolo crudele, pronto a tutto pur di costruire nuove fonti di commercio sugli altri astri e di conseguenza i Temma erano tremendamente impauriti da quegli alieni, in grado di rubargli tutto ciò a cui si erano appigliati fino a quel momento.

Il viso smorto dei suoi familiari quando tornavano dal lavoro, il parco dei giochi completamente vuoto, fece salire i sensi di angoscia nel piccolo stomaco di Honey, come tutte le volte quando affacciava dalla finestra di casa sua. Sentiva il cambiamento salire sempre di più sulla sua società, un tipo di ragionamento che i bambini non dovrebbero mai affrontare da piccoli.
“E’ pronto il toast, H!” gridò dalla cucina Neil, suo fratello, che stava affrontando i suoi ultimi giorni di scuola. Fra poco avrebbe cominciato a lavorare e forse sarebbe stato mandato lontano come suo fratello Arden un anno prima. Honey si sentiva sempre più sola in quella casa e tutta la famiglia sapeva che prima o poi la solitudine avrebbe catturato tutte le sue paure, almeno fino a quando non sarebbe diventata abbastanza grande da potersela cavare da sola.
Honey camminò con il broncio fino alla cucina, con lo zainetto in spalla.
I Temma non erano affatto differenti rispetto agli umani, se non per il variare del colore dei capelli e degli occhi, che si potevano alternare anche in un viola-rossiccio, neri, biondi fino ad arrivare a un castano che dava leggermente sul blu. La pupilla degli occhi dei temma, al contrario di quella degli umani, rimaneva sul marroncino. Le colorazioni delle iridi non erano molto differenti, se non per il fatto che quelle dei temma erano molto più luminose.
Honey era alta poco più della norma. I suoi capelli erano mori come quelli del papà e avevano varie sfumature violacee mentre gli occhi erano verde smeraldo, brillanti sotto la luce che filtrava dalle finestre.
Doveva salire su di una sedia per arrivare almeno fino al petto di suo fratello, molto più alto dei suoi coetanei, che aveva le stesse fattezze della sorella.
Solo Arden somigliava di più alla mamma: aveva i capelli castano-rossicci e il colore degli occhi arrivava ad un blu intenso man mano che l’iride si avvicinava alla pupilla.
Honey prese la sua colazione e, dopo esser salita sulla sedia e salutato suo fratello, scese dalla sedia e si incamminò velocemente verso la scuola non molto distante da casa.
Gli umani avevano inculcato molti loro stili di vita. Le case che inizialmente erano costruite in legno, adesso erano fatte di mattoni e cemento. I bambini non uscivano più molto per guardare la televisione il pomeriggio e studiare per la scuola.
Honey non aveva mai avuto problemi nello studio come i suoi fratelli e non necessitava di molto tempo per imparare un determinato argomento. Non amava la televisione perché non le piacevano le trasmissioni che mandavano in onda. Solo programmi a premi, come se le persone vivessero nella continua ricerca di denaro. Perché non pensavano a cose più importanti, come cercare i figli che si allontanavano da casa per lavoro e non tornavano più? L’unica cosa che amava ovviamente, erano i film di fantasia, con creature che non esistevano neanche sulla Terra e i cartoni animati, con tutte le loro storie d’amore.
Ma appena arrivava a scuola, le sue amichette attaccavano a parlare con i programmi della sera precedente, in cui Honey non poteva mai prender parte per la sua ignoranza, anche se sotto sotto ne andava fiera: forse perché anche lei sognava quella vita. Storie d’amore, trovare un bel fidanzatino con cui camminare mano nella mano, che un giorno l’avrebbe portata davanti all’altare del Signore dei Cieli, quello di cui non poteva dire il nome, giurando di rimanere con lei per tutta la vita.
Sospirò, mentre apriva stanca la porta della sua classe d’asilo.

Tornò a casa imbronciata. Una sua amichetta le aveva detto che non poteva più guardare i cartoni animati, che era troppo grande per vedere quelle “sciocchezze” come aveva detto aspra.
Trovò i suoi genitori già a casa e se ne stupì. Finalmente poteva stare con loro tutto il pomeriggio, ma la sua allegria si spense non appena vide i loro visi cupi e Neil con il viso spaventato, quasi avesse visto i fantasmi, di quelli che se ne vedono solo in televisione.
Il papà prese il suo zainetto e glielo tolse dalle spalle, salutandola con un bacino sulla guancia. La mamma la prese in braccio, coccolandola quasi non si vedessero da anni. All’inizio credette che fosse a causa del poco tempo che passavano insieme. Cambiò idea rapidamente mentre vedeva il fratello fissarla con le lacrime agli occhi.
“Honey…” cominciò Oscar, il papà “..raduna tutte le tue cose.” Concluse senza dare spiegazioni.
Aida, la mamma, la posò a terra dolcemente mentre Honey impaurita leggermente dal tono autoritario del papà andava a prendere tutti i suoi vestiti. Sapeva già come fare. La mamma glielo aveva fatto fare spesso quando partiva per andare dalla nonna, durante le vacanze.
Aida la raggiunse nella sua camera, chiudendo la porta dietro di sé, sedendosi vicino alla borsa dove la bambina stava mettendo i vestiti piegati. Sembrava sull’orlo del pianto.
“Tesoro..” cominciò cauta la mamma “…da domani andrai a vivere nella casa dei Mikin, a Hailo” disse, aspettando una reazione. Vedendo Honey silenziosa continuò “…rimarresti troppo tempo a casa da sola. Finirai là la scuola e quando avrai diciassette anni potrai tornare a casa.”
La bambina la osservava priva di espressione, per poi scoppiare in lacrime, senza strane smorfie sul viso. Un pianto silenzioso, degno di una vera eroina.
“Però” scandì bene la mamma, vedendo accendersi negli occhi della piccola un barlume di speranza “Non dimenticarti mai di tornare qui! E anche se non saremo più a casa tu cercaci senza sosta! Prometti!” le puntò giocosa un dito contro, anche se non vi era poi molto da giocare in quel momento. Honey annuì, come se le fosse stata affidata la missione più importante della sua vita e portò la mano destra alla fronte, come aveva visto fare ai militari in televisione, dilatando le narici e gli occhi ancora umidi per il pianto che non accennava a smettere.
“I terrestri sono cattivi e approfittano della nostra ignoranza” proseguì in tono solenne “Tu diventa più intelligente di loro. Una sola cosa ci hanno insegnato ed è forse la cosa più significativa.” S’interruppe.
Honey annuì, facendole capire che stava ascoltando.
Allora Aida si chinò contro il suo orecchio “Ohana significa famiglia e famiglia significa che…?”
“…nessuno viene abbandonato o addome…dimenticato” disse fiera la bimba.
La mamma le sorrise e piansero insieme. Entrambe capirono in quel preciso istante che si sarebbero riviste presto. Prestissimo.


Note Finali*
Si, un altro racconto. Sono proprio masochista, ahimè! Sono troppo affezionata a questo racconto per lasciarlo a marcire nel mio computer. Dovete sapere che questo è un racconto che ho inventato quasi due anni fa, appena iniziata la scuola superiore, quindi il mio stile non era ancora perfettamente sviluppato, tuttavia tornerà nel corso dei capitoli.
Consiglio a chiunque abbia letto questo racconto, di farsi una piantina con i personaggi e con i termini inventati, di modo da rendere la lettura più semplice.
La buona notizia è quella che ho già scritti nel pc tre capitoli, quindi aggiornerò nel giro di una settimana da un capitolo all'altro, senza le attese inutili che dovete affrontare con i miei altri racconti.  Mi scuso per eventuali errori di battitura! Se notate qualche verbo fuori posto non esitate a dirmelo perchè mi aiutereste molto. Il capitolo è lungo e l'ho riletto di sfuggita, pubblicandolo subito dopo, perchè avevo paura che la paura mi avrebbe assalito e non lo avrei più pubblicato.
Ringrazio chiunque abbia letto per puro interesse e chi inserirà il racconto tra le seguite, le ricordate o le preferite, sempre che ci sia qualcuno *pessimismo mode-on*. Baci, haki-chan
   
 
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