Perchè?
Sono solo.
Un pensiero martellante che non smetteva di giragli in testa. Solo. Ancora solo.
James... Lily...Sirius...e adesso anche Albus.
Tutti se n'erano andati. Rimasto da solo nell'ufficio del Preside - dell'ex
Preside - Lupin piangeva.
Grosse lacrime scivolavano giù dagli occhi, mentre disperato contemplava il
disfarsi dell'ultimo ricordo di un'infanzia e un'adolescenza passate. Gli unici
momenti felici della sua vita.
Perché proprio loro? Ero io quello sbagliato. Il diverso. Non loro. Non James, il Capitano...non Lily...meravigliosa, splendente, unica Lily... non Sirius...
...scacciò il pensiero. Un'onda di rimorso per gli anni trascorsi credendolo
l'assassino di Lily e James, un traditore, lo sommerse, insieme alla nausea.
Ricacciò indietro anche quella con un singhiozzo, reprimendo altre lacrime.
Sirius... così brillante. Così sguaiato. Così perfetto. Aveva amato tutti, ma
lui...lui era lui. Dio solo sapeva quanto l'aveva amato, quanto... in un limbo,
in una zona sottile che era senz'altro più di amicizia ma non fratellanza, non
passione, non ancora.
E ora era perso, per sempre. Come i suoi migliori amici. Come il padre che
l'aveva accolto nonostante la sua deformità.
Alzò lo sguardo opaco verso l'ultimo quadro. Silente russava gentilmente.
"Perché?" domandò spezzando il silenzio.
"Perché hai lasciato che succedesse? Perché fidarsi di Severus? Perché
abbandonare Harry proprio ora? Perché abbandonare me?"
Il Preside non rispose. Il suo ultimo, forse unico padre, si rifiutava di svegliarsi. Cosa avrebbe potuto dirgli poi? Non era che un vago riflesso della multiforme coscienza di Albus Silente. Eppure, cosa avrebbe dato per poter parlare anche solo con quell'ombra ora...
Dei passi lo riscossero. Qualcuno picchiettò sulla porta. Fu sorpreso da chi
gli si parò davanti, soprattutto per la delicatezza ocn cui si era manifestata.
"Remus..." esitò. I capelli, assurdamente lisci e insipidi, di un castano sciapo
senza traccia dell'usuale rosa. Occhiaie scavate di chi ha passato troppe notti
in bianco. O a piangere magari.
"... ti cercavo. Ti cercavamo. Nessuno sapeva dove ti fossi cacciato e
Minerva dice che dobbiamo decidere...riunione...non...non possiamo mancare".
Alzò lo sguardo su di lui. Due occhi similmente pesti, due occhi che avevano
pianto troppo, e nuove rughe di dolore sul viso lo facevano sembrare vecchio. E
indifeso.
Lui si sollevò da terra dove era raggomitolato fino a poco prima e fece per
sorpassare Tonks - oh Tonks... - quando questa vacillò. La afferrò prima che
potesse cadere, fermandosi poi come pietrificato in quell'attimo. Rimasero così,
occhi negli occhi, un ginocchio a terra lui, la mano destra persa fra i suoi
capelli, l'altro braccio a cingerle la vita. C'era tanto dolore in entrambi li
sguardi.... un luccichio attrasse la sua attenzione. Una lacrima, sola, scese
dall'occhio destro di lei e si infranse contro il suo polso.
"Tonks...perchè? Perchè ti ostini?"
Quanta amarezza in quella voce!
Tonks potè solo chiudere gli occhi per non esserne sommersa.
"Ti amo..." nessun giro di parole, nè fronzoli. Non ne poteva più di far
passare la cosa per altro.
"Non posso Ninfadora. Sono pericoloso. Sono vecchio. Sono..."
"Shhhhh - sorrise lei tristemente - non azzardarti a chiamarmi più in quel modo.
Vedi, anche io oramai parlo per clichè, non solo tu".
Alzandosi, gli strinse la mano.
"Ti amo e non posso fare a meno di farlo. Vorrei, quanto vorrei...ma per quanto
io possa sforzarmi e per quanto tu possa allontanarti, sono oramai legata a te.
Perchè impedirci un po' di felicità insieme in un mondo così pateticamente
triste?".
Lui la guardò. Non avrebbe mai potuto amarla come meritava. Qualcosa - qualcuno- si sarebbe sempre frapposto fra loro. Eppure...
"Ora dobbiamo scendere, Ninfadora".
E lo disse così dolcemente che lei non potè obiettare nulla.