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Autore: Quintessence    01/03/2011    25 recensioni
Come può averlo capito senza che tu glielo abbia detto?
Ami non lo sapeva. Ma quando Usagi le camminava accanto, era lei la luce. Era lei il posto. Era da quella parte che veniva. Usagi era la Fessura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ami/Amy, Usagi/Bunny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie
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C'è un sogno che faccio spesso. Sono in un posto buio, dove la luce entra solo da una fessura. Sono in penombra. Nel sogno ci sono tutte le persone della mia vita, o almeno quelle che ricordo meglio. Ci sono gli amici con cui ho litigato, e quelli con cui invece sono rimasta in rapporti sereni. Ci sono due ragazzi di cui sono stata innamorata. Ci sono tre ragazze con cui una volta ho litigato fino a strapparci i capelli. Ci sono tutte le persone con cui ho lasciato un conto aperto. Nel sogno mi aggrediscono, ed è buio e non le vedo bene, è tutto in penombra, ma le riconosco. È una galleria di rimpianti e di rinfacci. Nel sogno non riesco a reagire, non riesco a dire una parola. Non riesco a difendermi, non trovo le parole. Quelle degli altri mi si riversano addosso e mi travolgono. Nessuno mi ascolta, è un grido muto contro una porta chiusa. Sento le lame in gola per urlare, e quando non riesco più a respirare, mi sveglio.

~

Prese aria come se fosse stata sott'acqua per un tempo indefinibile. Aprì la bocca più che poteva, ne ingoiò avidamente. Di nuovo. Prese aria come se fosse l'unica cosa che sapeva fare, respirare, nel buio del suo letto. Con la bocca spalancata, si sedette. Si portò le mani sul cuore, tutte e due, per controllare che fosse ancora al suo posto. Anche se sentiva battere, anche se sentiva il sangue correre nelle vene e arrivare suo cervello, anche se quasi poteva vederlo pompare, non era sicura che ci fosse ancora.
Questo è un pensiero del tutto irrazionale, Ami. Se non ci fosse, saresti morta.
Non credeva comunque di potersi definire viva. Si alzò di scatto, ancora tutta sudata, e spalancò le tende con un gesto netto. La luce della Luna inondò la camera, e lentamente il respiro si placò. Anche il cuore tornò al suo posto. Si passò una mano fra i capelli, e non si stupì di trovarli umidi di sudore. Si rimise sotto le coperte e tentò di riprendere sonno, ma tornava a tormentarla l'immagine di tutte quelle facce, come una galleria di quadri. Alla fine, guardando l'orologio scattare sulle sei, si arrese.
Scese dal letto con calma e infilò le pantofole e la vestaglia. Era umida, e sentiva che il sudore le si era appiccicato ovunque, sentiva l'odore acre e spiacevole della notte su di sé, e per di più era una giornata di Gennaio. Faceva freddo. Si spogliò completamente, ed entrò nella doccia girando la manopola sulla freccia rossa. Caldo. Molto caldo.
Il getto bollente le si riversò sul petto, e il sudore e le facce scivolarono via. Cominciò a sentire la città che si schiudeva come un fiore sotto di lei. Clacson e luci della farmacia. Immaginò tutti svegliarsi e farsi la doccia come lei, rivestirsi, uscire, partire, arrivare. Viaggiare su strade che ricamano il mondo. Si chiese se andando sempre dritta, dritta, dritta, dritta, fino all'infinito, portassero da qualche parte.

Questo è un pensiero sciocco, Ami. La terra è tonda, se vai sempre dritta torni al punto di partenza.
E' una cosa molto triste. Viaggiare così tanto per ritrovarsi da dove si è partiti. Qualcuno una volta, aveva letto, diceva che però un viaggio di scoperta non è trovare una nuova meta, ma avere nuovi sguardi. Magari se avesse viaggiato così tanto sarebbe tornata al punto di partenza, ma completamente cambiata. O magari sarebbe cambiato il punto di partenza. Avrebbe trovato un'altra casa, e non più la sua. Aprì la bocca, inghiottì l'acqua bollente e sentì la gola infiammarsi. Chiuse gli occhi.

~

Allora, per oggi avete avuto in consegna la scrittura creativa di un sogno che avete fatto recentemente. Leggeremo gli elaborati ad alta voce, e secondo l'interpretazione Freudiana proveremo a dar loro un senso” -Pausa- “Qualcuno sa dove sia finita Tsukino?”
Nessuna risposta. Naru cercò di guadagnare tempo per lei, ma non c'era nessun dubbio. O era in ritardo come al solito, oppure quel giorno non avrebbero goduto delle -oggettivamente- pazze e divertenti uscite della signorina odango.
Ami guardò fuori dalla finestra per controllare che non stesse arrivando.
Ma Usagi è così, si disse. Cercare di metterla in gabbia è impossibile. E' come cercare di prendere una farfalla a mani nude. Sorrise.
La professoressa sbuffò esasperata e si decise a segnare l'assenza.
Un tremolio di fogli annunciò che tutti stavano estraendo il loro elaborato. Ami seguì l'esempio, persa di nuovo nella finestra. Adesso non stava più controllando se Usagi arrivasse, stava scrutando una ragazza all'angolo della strada. Le somigliava, lì, con la testa china e la cartella in mano. Perché non andava a scuola? Perché non si decideva a entrare?

Chissà cosa le è successo.
Magari è davvero come me, si disse. Magari anche lei non vuole andare a scuola. Perché tutti la prendono in giro, o perché qualcuno la odia. Perché le sembra tutto buio, qui dentro. Solo che la mia coscienza politica, il mio eroismo è più forte del suo. Forse è solo che gli altri siamo noi.

Mizuno, ti spiace tornare fra noi?”
Naturalmente, mi dispiace”

~

Naru aveva raccontato di un'isola deserta, e latte di cocco, e molto mare, e un caldo afoso. C'era Umino con lei nel sogno, e anche Usagi. Ami si domandò se non stesse mentendo. Anche lei avrebbe potuto. Basta scrivere su un pezzo di carta che hai sognato che il tuo cane ti lecca la faccia. Nessuno potrà mai verificarlo. Magari il sogno di Naru era un orribile mostro nero, oppure un'isola senza nessuno. Magari anche lei aveva un sogno angoscioso, e anche lei si alzava di scatto per aprire le tende, e vedere le luci.
Ma guardando in faccia Naru, e la naturalezza con cui leggeva il foglio, non c'era nessun dubbio che stesse dicendo la verità.
Il buontempone della classe raccontò sogni sconci ovviamente, e suscitò l'ilarità della classe, non c'era proprio niente da interpretare lì! Ami sorrise, ma non rise.
Quando fu il turno di Umino, Usagi irruppe in classe con un fiatone pari quasi a quello di Ami la mattina stessa. La professoressa gridò qualcosa che comprendeva le parole
ritardo, cronicità
e Testa di Rapa. Usagi non aveva nemmeno fatto il compito.
Ami la invidiò moltissimo in quel momento. La ragazza fuori dalla scuola non aveva avuto il coraggio di entrare, in ritardo, ma Usagi sì. Si era presentata a mani vuote, completamente assente e senza idea di quali fossero le materie quel giorno. Ma almeno si era presentata. Nel petto di Ami si allargò una macchia di ammirazione. Usagi camminava a testa alta. Ami invece si era sempre guardata i piedi.

Mizuno, ci leggi il tuo testo?”
Ami si alzò, rossa in viso per la vergogna. Si chiese come fosse possibile che lei si vergognasse. Aveva fatto un ottimo compito, era perfetta, sempre puntuale. Era una grande studentessa, tutti i professori la stimavano. Perché si stava vergognando a quel modo? Tutti gli sguardi erano puntati su di lei. Ricominciò a respirare affannosamente, e si chiese di nuovo se il cuore le fosse esploso nel petto. Sarebbe collassata da un momento all'altro con il sangue raggrumato?

Questo non è possibile, Ami. Ci vorrebbe una pressione altissima.
Qualcuno le lanciò una palla di carta piena di colla, e quella andò a ficcarsi dritta dritta nei suoi capelli. Lei strinse il foglio e aprì la bocca per prendere più aria che poteva, e se la sfilò delicatamente dalla massa azzurra. Aveva fatto la doccia proprio quella mattina, maledizione. Narrò del posto buio, e cominciarono i commenti. Narrò della fessura, e qualcuno la paragonò a qualcosa di poco pulito. Narrò dei vecchi compagni, dei vecchi amici. Qualcuno si sentì colpito nel vivo, quando parlò di rimpianti e di questioni mai chiuse. Quando parlò delle sue vecchie amiche. Qualcuno cominciò a interrompere con frasi poco gentili. Raccontò di come quando si era svegliata era stata costretta ad aprire le tende e a mettersi le mani sul cuore. La professoressa giudicò il suo elaborato il migliore.
Qualcuno, non importa chi, però, non gradì. All'intervallo, l'assalirono mentre era sul suo banco a leggere.

Allora, che era quella roba?”
I tuoi sogni sono spazzatura”
Scommetto che se l'è inventato per prenderci in giro. O per metterci in cattiva luce!”
Già, non è forse così? Ti senti superiore, eh?”
Quella illuminata, sentila”
Vuoi un significato per il tuo sogno? Lo vuoi? Sei una stronza secchiona e tutti ti odiano
Ami pensò che questo non era Freudianamente corretto. Non c'era nessun riferimento né alla stronzaggine né tantomeno all'essere secchioni nel suo sogno. Al massimo, poteva essercene qualcuno al fatto che
loro erano stronzi. E dei grossi ignoranti. Ma non disse niente di tutto questo, perché stava ancora ingoiando l'acqua bollente della mattina. Strinse i pugni.
Quanto sei snob”
La vuoi una domanda difficile? Perché sei così snob?”
Perché sei così secchiona?”
Perché sei così stronza?”
Perché tutti ti odiano?”
Perché vuoi essere diversa ad ogni costo?”
Perché non ti trucchi?”
Lo sappiamo che vuoi solo attirare attenzione”
Sì, per trovarti un ragazzo”
Sghignazzavano, rumoreggiavano, non poteva fare nulla per fermarli. Era come uno Zoo. Lei era dall'altra parte del vetro. Voleva rispondere che quelle non erano domande per niente difficili. Ma tutti continuarono ad urlare, finché lei sopraffatta da venti voci uscì piangendo. E rientrò la professoressa. Allora si sentì la sua voce dire “Lo spettacolo è finito”. Qualcuno sbraitava ancora.

~

C'è un altro sogno che faccio spesso. Vado in un posto azzurro, dove la luce è molto chiara ma non infastidisce. È soffusa. Non è forte nel senso che ti buca gli occhi e devi coprirli o chiuderli, se no ti trafigge. È calda. Non vedo niente, se non il bianco e l'azzurro, e mi sento serena. Mi sento protetta. Fluttuo come un'onda. Anzi, sono un'onda. Sono forse io il posto? Da dove sfuma la luce? Non vorrei svegliarmi.

~

Freudianamente il sogno significa tristezza. Il buio è la tristezza e la fessura la ricerca della felicità. Le persone che non lasciano parlare, la serenità che muore. La tranquillità che vuole essere uccisa. Ami lo spiegò a Usagi, quando lei tornando a casa l'accompagnò per un pezzo.
Uff, Amichan, non sempre le spiegazioni scientifiche funzionano. Secondo me, vuol dire che ti senti Sola” -Ami si paralizzò.
Come sarebbe non funzionano?
Qualche volta il tempo si ferma, constatò in effetti. A volte sembra scorrere più veloce. Il cuore, prima, sembrava davvero sul punto di esplodere. La gola era bruciata dall'acqua. I pezzi di vetro la graffiavano. La gravità qualche volta spinge verso l'alto. Qualche volta pensi di andare avanti, in un viaggio, e invece torni indietro.Qualche volta le leggi della fisica non son valide. Le gambe ti tremano e non sai perché. Non puoi parlare.
Ma Usagi spezza tutto, si disse Ami. Perché mentre Ami aveva sempre avuto le parole per tutto, sapeva raccontare storie, magie, e leggi fisiche, e fantasticare di luoghi lontani di cui aveva letto, Usagi biascicava quasi sempre cose senza senso con la bocca piena. Quasi mai nessuno capiva.
Ma se si trattava di trovarle al momento giusto, sparivano. Nell'acqua bollente di una doccia, tutte svanite. Usagi invece ne aveva cinque o sei, o sette o mille pronte per i momenti più importanti. Ami era rimasta zitta per almeno dieci minuti, camminando, e Usagi non le aveva chiesto perché non parlasse o cosa avesse. Non le aveva detto che era snob perché non parlava con lei, perché probabilmente aveva capito che i cocci di vetro del sogno, o dell'intervallo, o di qualsiasi altra parola maligna, Ami non li aveva mai ingoiati.
Aveva sofferto molto, era diventata muta pur di non mandarli giù.

Come può averlo capito senza che tu glielo abbia detto?
Ami non lo sapeva. Ma quando Usagi le camminava accanto, era lei la luce. Era lei il posto. Era da quella parte che veniva. Usagi era la fessura. Usagi era il grido. Usagi era il calore.
Usagi che non chiede mai.
Usagi che da' e basta.
Usagi che ti ha vista, che ti ha illuminata quando per tutti gli altri eri al buio.
Usagi che ti cammina accanto senza chiederti spiegazioni sull'intervallo.
Usagi che per tirarti su non ti ricorda il momento più triste del giorno, cercando di attenuarlo, ma crea momenti felici.
Usagi che non capisce niente di fisica, ma ti ascolta comunque se gliela vuoi spiegare.
Usagi che le parole le ha sempre avute tutte, nel cuore, Usagi che adesso ti guarda negli occhi azzurri umidi di lacrime, e sceglie le uniche sei che domani mattina ti daranno la forza di essere l'eroina. Di essere migliore di quella ragazza all'angolo. Di essere diversa. Di non essere vittima. Di non essere nemmeno carnefice. Di buttare giù tutti i muri. Di essere fiera per oggi, per questo momento, e per domani, e per dopodomani, e per ogni attimo della tua vita, di essere Ami Mizuno.

"Non devi mai più sentirti Sola".

   
 
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