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Autore: Vagabonda    02/03/2011    2 recensioni
Io davvero mi chiedo perchè, quando tutto va bene, è già tempo di accorgersi che tanto bene non va.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La lametta passa sul bianco braccio candido, lasciando cadere corti peli neri nel lavandino. Dopo il suo passaggio, resta il nulla. Un deserto di morbida carne glabra, levigata a dovere.
I contorni si fanno confusi, le figure diventano doppie. Sfrego con forza il gomito sugli occhi, asciugando le lacrime che, furiose, continuano a solcare il mio viso.

Vorrei che la mia bocca rigurgitasse parole, parole rinchiuse nella gola, nel cuore. Ma non posso.

Giro il braccio verso l’alto, continuando a passare la lametta. Arrivo al polso, poi giro il rasoio nelle mie mani, spingo sulla tenera carne, e torno giù. Una punta di dolore attraversa il mio corpo.
Mi fermo, e aspetto.
Dopo pochi secondi, dalle rosee pellicine comincia a sgorgare una goccia. Una unica, piena, scarlatta goccia di sangue. La guardo nascere, gonfiarsi e rigare la mia pelle. Scende fino all’incavo del gomito, e lì si ferma. Intanto, la linea che ho tracciato sul mio braccio è diventata rossa.
Bianco su rosso. Il nulla tinto di una misera passione.
La pelle mi brucia, fa male.

Vorrei urlare, manifestare il mio dolore. Ma non posso.

Passo la lametta nell’altra mano, ripeto la mia minuziosa operazione. Altro nero nel lavandino, altro bianco che spunta. Come un granchio che esce dal guscio vecchio, con uno nuovo e luccicante. Come il serpente che abbandona la vecchia pelle per la nuova, più bella e malleabile.
Ma più tenera, più fragile. Vulnerabile.
Altri segni rossi sulle mie braccia. Quasi non mi accorgo più del dolore.
Guardo il mio braccio: altre cicatrici che si aggiungono a quelle che vedo, ormai sbiadite. Mi piacciono le cicatrici. Sono il segno tangibile del mio dolore.
Ho premuto troppo a fondo. La lametta mi sfugge di mano, cadendo con un rumore metallico nel lavandino. Il suono rimbomba nella mia testa. La bocca è arida. Sento montare una grande ira nel petto.

Vorrei spaccare tutto, distruggere, lasciare macerie lungo il mio cammino. Ma non posso.

È un attimo. Poi, dov’è passata la passione, ritorna il vuoto Bianco.
Le emozioni sono gocce di sangue.
Raccolgo la lametta e la metto via. Apro l’acqua e mi sciacquo le braccia, stando attenta a non toccare i tagli. A contatto con essa, bruciano. È buffo: l’acqua che brucia come fuoco sulla mia pelle. Mi piace. Ma fa male.
Avvolgo le braccia nel morbido asciugamano, lasciando leggeri aloni colorati. Non è un problema. Nessuno se ne accorgerà.
Nessuno se n’è mai accorto.
Mia madre mi chiama. Devo andare. Rispondo alla solita domanda. Nel solito modo.
-Non ti preoccupare, va tutto bene-







Oggi è una giornata no.
   
 
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