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Autore: _Zexion_    02/03/2011    3 recensioni
Silenzio.
L’altro non rispose ed Arthur trovò divertente l’ostinazione con la quale cercava di essere convincente nel suo finto dormire.
«Ti ho sentito sin da sopra coperta, mi hai fatto andare di traverso il rum.»
«Peccato non ti abbia ucciso allora, sarebbe stata una liberazione.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla fin fine, mentre ero a scuola e con la febbre (senza contare che l'assenza di internet mi obbliga a trovare qualcosa da fare XD) Mi sono cimentata in qualcosa.. di diverso.
Una UkSp.
Yeah.
Ultimamente mi sto drogando di questa coppia e me la ritrovo ovunque io vada. Non scherzo, trovo troppi accenni XD
Ora, non ne sono completamente soddisfatta, lo ammetto (quando mai lo sono di qualcosa?) E temo di aver fatto i personaggi un pò OOC ._. Se è così mi scuso ma, è la prima volta che mi ritrovo ad usare Antonio e non sono sicura di averlo reso bene, come volevo.
Di solito poi, dedico le fic a qualcuno, e teoricamente lo è anche questa ma.. stavolta ho preferito tenerla per me -alias: si vergogna da morire-
Bando alle ciance, vi lascio alla fic che è meglio u_ù


Dream~



L’ondeggiare lento della nave cullava l’equipaggio a bordo, addormentato. Oramai era notte fonda e il vento poco favorevole aveva costretto la ciurma a lasciar perdere, lasciandosi trasportare dalla corrente.
Due persone, tuttavia, erano ancora sveglie.
La prima, il capitano Arthur Kirkland, era sopra coperta e osservava il cielo, canticchiando sottovoce qualche canzone. Nella mano destra, stretta, teneva una bottiglia di rum metà piena. Le guance leggermente arrossate, segno che l’altra metà del liquido era nel suo stomaco, non gli impedivano di essere ancora abbastanza lucido da captare i rumori.
In questo caso, i rumori sottocoperta.
Se da una parte sentiva il proprio equipaggio russare, dall’altro.. sorrise, divertito dall’ennesimo rumore di catene che si muovevano.
La seconda persona ancora sveglia su quella nave, ne era il proprietario.
Si alzò di malavoglia dal barile sulla quale era seduto, per scendere le scale ed andare nelle prigioni.
La porta dell’ingresso scricchiolava, e quando la aprì avvisò praticamente il prigioniero che vi era qualcuno e i rumori cessarono improvvisamente.
Arthur arrivò sino all’unica cella occupata e vi si appoggiò, divertito.
«So che sei sveglio, idiota. Non prenderti la briga di far finta di non aver cercato di liberarti sino ad ora.»
Silenzio.
L’altro non rispose ed Arthur trovò divertente l’ostinazione con la quale cercava di essere convincente nel suo finto dormire.
«Ti ho sentito sin da sopra coperta, mi hai fatto andare di traverso il rum.»
«Peccato non ti abbia ucciso allora, sarebbe stata una liberazione.»
Finalmente.
Arthur ghignò nel sentirlo parlare, lasciando correre tali parole e vedendo Antonio spostarsi dalla posizione supina quale era stato sino a quel momento, per mettersi seduto.
Benché lo spazio fosse poco illuminato, notò subito i suoi occhi verdi brillare nell’oscurità.
«Hai deciso di smettere di far finta di dormire?»
L’altro lo guardò con un espressione di palese disprezzo, come oramai l’inglese si era abituato.
«E’ impossibile dormire con la tua voce stridula nelle orecchie.»
Arthur aprì la cella, palesemente divertito dall’atteggiamento dell’altro e si avvicinò, abbassandosi per guardarlo quasi direttamente negli occhi.
«Ti sento abbaiare troppo spesso. Dovresti essere più tranquillo verso il tuo padrone.»
Sul volto di Antonio comparve un sorriso sornione, e poco dopo sputò ai piedi di Arthur, vicino alle scarpe, rivolgendosi lui con lo stesso sguardo d’odio di poco prima.
«Padrone? Ah. Non sarai MAI il padrone di nessuno, inglese.»
Arthur guardava ancora ai suoi piedi. Quella era una mancanza di rispetto, e non poteva di certo permetterglielo.
Gli tirò un malrovescio sul viso, senza preavviso, che fece spostare Antonio indietro, quasi cadendo nuovamente da tanto era stato forte quel colpo.
Stavolta lo spagnolo sputò sangue e il rossore che pian piano si formava sul suo viso si aggiungeva ai lividi già presenti sul suo viso, segno di percosse subite in passato, sin da quando era stato buttato in quelle prigioni.
«Tu.. fottuto ingle-»
Le parole gli morirono sulle labbra, quando Arthur tirò la catena attaccata ad una sorta di collare posto al collo dello spagnolo, che gli fece mozzare il respiro in gola.
Il capitano inglese lo guardò divertito, già pensando a ciò che sarebbe accaduto di li a poco.
«You are a bad dog. Credo che dovrò farti capire a chi devi portare rispetto..»
 
~
 
Si svegliò di soprassalto, Arthur, ansimando leggermente. Era da tanto che  non sognava il suo passato e tanto meno Antonio.
Alzò lo sguardo, vedendolo seduto poco distante da lui, intento a guardare i fogli dinanzi a sé, muovendo quasi nervosamente la penna.
Al suo fianco, Lovino sembrava borbottargli qualcosa, lamentandosi come suo solito.
Si rese conto di essersi addormentato durante la riunione, mentre sentiva Ludwig dire la sua riguardo a qualcosa che ovviamente, lui non sapeva.
Un sospiro nacque sulle sue labbra, mentre si passava una mano tra i capelli. Si ricordava distintamente come in seguito aveva punito lo spagnolo, a quel tempo.
Un brivido gli passò lungo la schiena e quando rialzò gli occhi incontrò quelli verdi di Antonio.
Rimase a fissarli, non scorgendo quell’ostilità che aveva caratterizzato sino a poco prima, nel suo sogno, ma qualcos’altro di indefinito che non riusciva a decifrare.
 
Si sentivano degli ansiti, provenire dal luogo buio e scuro della prigione. All’interno di esso, due figure si muovevano. Una di esse era sotto, sdraiata supina e con le mani legate, mentre l’altra lo sovrastava, facendo per tutte e due.
«N-Nh.. bastardo.. a-appena mi libererò, io.. Ah!»
Una spinta fino infondo, e le parole smisero di risuonare nell’ambiente umido della prigione.
L’inglese sogghignò, avvicinandosi all’orecchio di Antonio, mentre le mani erano ferme in una stretta sui suoi fianchi.
«Quando capiterà.. vorrò proprio vedere cosa farai..»
 
«Inghilterra-san?»
Arthur non sentì quella voce chiamarlo, mentre teneva lo sguardo fisso nel vuoto e le mani, strette in un pugno.
«Arthur!»
La mano improvvisa sulla sua spalla lo fece riscuotere, sussultando spaventato, non aspettandosi nessun tipo di contatto in quel momento.
«W-what?»
Nel momento in cui si girò, vide Kiku osservarlo preoccupato. Si rese conto, guardandosi intorno, che la sala era oramai quasi vuota, la riunione ormai finita.
Era l’unico rimasto immobile, come uno stupido. Ciò influì sul suo umore già in bilico, innervosendolo ancora di più.
Gli unici rimasti erano Antonio, ancora seduto, Kiku e lui. Ludwig e Feliciano erano usciti da poco, con al loro seguito un Lovino con le braccia incrociate al petto che sbottava insulti verso il tedesco, che sembrava avere tutta l’attenzione di Feliciano al contrario suo.
Prese un profondo respiro, alzandosi lentamente ed osservando Kiku.
«Scusami, ero distratto. Grazie per avermi avvisato, puoi andare se vuoi.. ti raggiungerò entro poco.»
Erano rimasti d’accordo sul prendere un tea insieme, dopo quella riunione. Ovviamente, quello in ritardo ora era lui.
Il giapponese annuì, seppur con un ultimo sguardo preoccupato, prima di girarsi verso la porta del salone, sino a scomparirvi dietro.
Ora, erano rimasti solo Arthur e Antonio lì.
Il primo, non disse nulla, limitandosi a mettere a posto le proprie cose. Voleva evitare di guardare lo spagnolo che sino a quel momento aveva occupato la sua mente, rendendolo più distratto di quanto avrebbe dovuto essere.
Un comportamento che non gli si addiceva.
Pure nel momento in cui sentì la sedia dell’altro spostarsi, non disse nulla e contrariamente a quello che si aspettava, fu proprio Antonio a venire da lui, richiamandolo all’attenzione.
«Prima mi guardavi, vero?»
Nessuna forma di cortesia, tra loro due. Benché ormai fossero passati quei tempi lontani, entrambi portavano ancora le cicatrici. Ed anche se il loro carattere era cambiato, nessuno dei due aveva smesso di ricordare. Certe cose non potevano, essere scordate.
Arthur inarcò le sopracciglia, fingendo una confusione che non era veritiera.
«Nh? Non capisco di cosa tu stia parlando.»
Un sorriso divertito comparve sulle labbra dello spagnolo, sentendo quella risposta. Si avvicinò di più ad Arthur, mentre quest’ultimo finiva di mettere via i propri oggetti personali, pronto ad andarsene.
«Mi guardavi. A cosa pensavi?»
«Shut the fuck up, dog, sei fastidioso.»
Arthur non riuscì a bloccare le proprie labbra prima che pronunciassero quelle parole, quel modo di chiamarlo che non gli apparteneva più da secoli.
Antonio ci impiegò un po’ a rendersi conto di come l’altro l’aveva chiamato. La sua reazione fu prima di sorpresa e poi, assottigliò lo sguardo.
Arthur ne riconobbe i lineamenti ostili, ma diversamente dal passato, lo spagnolo non lo attaccò. Rimase fermo, con un espressione seria che si tramutò in una sorridente. Gli diede una pacca sulla spalla, con la sorpresa e lo sbigottimento dell’altro.
«Il passato è il passato, avanti! Non ci pensare sopra!»
Dinanzi a quel sorriso finto e quell’obbligo, quasi, Arthur non ci vide più. Lo prese per il colletto della maglia e lo spinse quasi sopra il tavolo, guardandolo con uno sguardo che non era più tipico di lui da secoli oramai. Antonio ci impiegò un po’, a capire la reazione, ma non reagì.
«A-Arthur?»
L’altro non rispose, e fu un attimo quello in cui le labbra di Arthur si impadronirono di quelle dell’altro. Lo spagnolo rimase sbigottito, ma dopo poco riacquistò le sue facoltà e cercò di allontanarselo di dosso, mordendogli persino le labbra.
Fu proprio per quello che l’inglese si staccò, guardandolo con rabbia.
«Si può sapere che cavol-»
«Smettila di tenerti addosso quello stupido sorriso!»
Antonio rimase sorpreso da quello scatto e lo guardò confuso.
«Cosa…?»
Arthur rimase sopra di lui, senza riuscire a parlare per un po’. Non sapeva perché l’aveva fatto, ma gli dava fastidio, un fastidio dannato vedere e sentire Antonio comportarsi in quella maniera finta nei suoi confronti.. per cosa poi?
«Tu.. non eri così. Non mi piaci, così.»
Un improvvisa voce, arrabbiata, che chiamava Antonio li distolse da quella conversazione. Poco dopo, Lovino entrò dentro la stanza.
«Insomma, quanto cavolo devo aspettare perché tu smuova il tuo cu-»
Si bloccò quando vide la scena davanti a sé.
Antonio, sdraiato sul tavolo e Arthur sopra di lui, che ancora gli teneva la camicia.
Il momento sembrava quasi di stallo. Il primo a muoversi, tuttavia, fu proprio l’inglese. Lasciò lo spagnolo, mettendosi a posto e senza una parola, se ne uscì dalla stanza lasciando Antonio e Lovino ancora sorpresi, fermi. L’italiano si girò verso l’altro, confuso, e lo vide con un braccio sulle labbra, ora seduto, guardare da un'altra parte. Avrebbe voluto chiedergli cosa stava succedendo, ma alla fine non disse nulla, vedendolo sfregare appena le labbra col braccio, borbottando.
«Ma che cavolo gli prende?»
Dal canto suo, Arthur aveva velocizzato il passo per allontanarsi sempre di più da quel luogo. Non capiva. Lo sognava, pensava a quelle dannate labbra, ricordava il passato e se la prendeva perché lo spagnolo non era più come prima. E poi.. poi lo baciava. Si fermò di scatto, guardando dinanzi a sé e troppo stanco e confuso da quei pensieri si lasciò ricadere contro la parete, ponendo una mano tra i suoi capelli. Un vago rossore, si intravvedeva sulle sue orecchie scoperte.
«Stupid dog..»
  
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