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Autore: LaU_U    04/03/2011    9 recensioni
La sua partenza lascia un grosso vuoto nella vita di Castle. Fingere che vada tutto bene aiuterà a far andare tutto bene davvero?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alexis, Castle, Javier, Esposito, Kate, Beckett, Kevin, Ryan, Rick, Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione, Nel futuro
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Ci metto del tempo a realizzare che mi fa male il collo.
Mi chiedo il perché e mi rendo conto che la mia testa penzola da un lato sulla mia spalla destra. Apro gli occhi e riesco a mettere a fuoco una scritta dinamica.
You.
Must.
Be.
Writing.
Le parole appaiono una ad una a ripetizione sullo schermo del mio portatile.
Mi sono addormentato un’altra volta sulla poltrona, col computer sulle gambe.
Mi raddrizzo e mi massaggio il collo, indolenzito per la posizione scomoda in cui sono rimasto senza volerlo. L’orologio ad un angolo del desktop segna le 8:07 PM. Ho dormito per tutto il pomeriggio. Un’altra giornata di lavoro buttata.
Ma che importa?
Se n’è andata.

Alle 8:07 AM del mattino successivo esco dall’ascensore del distretto e cammino verso le scrivanie con due bicchieroni di caffè ancora caldo in mano.
La postazione di Beckett è vuota.
Mi guardo intorno a scatti sperando di vederla spuntare da qualche ufficio. Niente. Lei non c'è.
«Che ci fai qui, Castle?»
Esposito arriva alle mie spalle, col suo solito passo deciso.
«Io?»
Già. Che ci faccio lì?
«Niente, ho solo…»
Sollevo le mani per mostrare i bicchieri e poi ne appoggio uno sulla scrivania di Beckett.
Devo cercare di non pensarci. Devo distrarmi.
Indosso un sorriso.
«Nessun bell’omicidio per me oggi? Un astronauta pugnalato? Una stilista senza testa? Un becchino finito sotto un carro funebre?»
Quest’idea che mi è venuta è buona, sono soddisfatto di me stesso.
«Uuuh… questo sarebbe ironico!»
Esposito, tuttavia, fa cenno di no con la testa ad ognuna delle mie domande.
«Neanche un impiegatuccio col collo rotto?»
Mi accontenterei anche di quello. Un omicidio senza niente di speciale. Un caso qualsiasi.
«No, Castle, non c'è niente di divertente oggi.»
Mi sembra quasi di percepire una sfumatura di amarezza nella sua voce, come se si sia reso conto di come mi sento.
«Se ti va puoi darci una mano a sistemare i rapporti.»
L'intervento di Ryan è allegro.
«Ah, no! Questo è un compito da poliziotti, io sono solo uno scrittore.»
Alzo entrambe le mani e con un ghigno mi giro dall'altra parte, contento di aver la possibilità di evitare un lavoraccio del genere.
«Potresti ridirla questa, Castle? La registro così posso fartela riascoltare tutte le volte che te ne dimentichi.»
Beckett sta raggiungendo noi tre, in piedi accanto alla sua scrivania. Recupero il caffè che le ho comprato e glielo porgo cordialmente, con un sorriso di finto ringraziamento per la frecciatina che mi ha appena lanciato. Lei lo prende e mi scruta, poi, insospettita, fa una domanda ai suoi colleghi. Strizza gli occhi.
«Abbiamo un caso?»
Due cenni silenziosi con la testa escludono tale possibilità.
Beckett mugugna, mantenendo l'aria dubbiosa e si siede. Ryan ed Esposito si allontanano per recuperare le cartelle su cui dovranno lavorare per l'intera giornata. Anche io mi accomodo sulla mia sedia, accanto al tavolo.

Evito di guardarla. Lei beve il suo caffè in silenzio, ma sento che mi sta fissando di sottecchi. Avrà già capito?
«Allora? Il viaggio è andato bene?»
«Un po' di confusione nella metro, oggi c'è una grossa manifestazione a Ground Zero per raccogliere fondi per le famiglie delle vittime dell'undi...»
«Non il tuo, Castle. Sto parlando di Alexis.»
È ovvio che parlava di Alexis, ma speravo di evitare di il discorso.
Cerco di riattaccare il sorriso che avevo messo addosso prima con Esposito.
«Sì, il viaggio è andato perfettamente. È partita in orario, è arrivata in anticipo. Ha trovato subito un taxi. Il dormitorio è pulito. La sua compagna di stanza si chiama Rebecca, viene dall'Arizona e sembra essere molto simpatica. È una tifosa sfegatata dei Cardinals. Il suo ragazzo si chiama Dean e studia anche lui nello stesso college. Stasera ci sarà una festa di benvenuto per tutte le matricole, ma lei pensava di non andarci e di passare la serata a videochiamare Ashley. Lunedì prossimo cominceranno le lezioni. Domani andrà a comperare i libri per i corsi del primo...
«Castle?»
Mi interrompe all'improvviso. Stavo parlando velocemente, dicendo parole a caso, ma cercando di colorire il discorso nel tono della voce. Beckett mi fissa dritto negli occhi.
Il sorriso si scolla dalla mia faccia e distolgo lo sguardo.
«Già, come immaginavo.»
Una sorta di “te l'avevo detto”, ma senza l'orgoglio che quella frase si porta dietro di solito.

Beckett è sempre stata quella da cui andare quando avevo dei problemi con Alexis. Causati interamente da me, il più delle volte.
Ma questa situazione è diversa. Prima Alexis c'era e dovevo gestire la vita con lei.
Ora Alexis non c'è più.
Mi ha lasciato solo.
È normale, lo so. Lo sapevo dall'inizio che sarebbe arrivato questo momento. Fin da quando mi strinse per la prima volta il dito nella sua manina rosea.
Certo che saperlo e viverlo sono due cose molto diverse.
Chi mi coccolerà adesso?
 

«Già, come immaginavo.»
Certe cose può provare a mascherarle, ma ormai gliele so leggere in faccia. Se non in faccia, negli occhi.
Sapevo che sarebbe stata dura per lui. Lo sapevo da quella volta che Alexis era stata via per un'estate e Castle aveva ammesso di aver pianto, quando l'aveva lasciata partire. Avevo subito pensato a come Rick si sarebbe sentito il giorno in cui lei si fosse iscritta al college.
Il giorno è oggi.
L'altro ieri, in realtà, ma è la prima volta che rivedo Castle, dopo il week-end.
Mi chiedo come potrei tirarlo su di morale. Cosa potrei dire?
In fondo è una situazione comune. Succede a tutti quelli che hanno figli. E poi Alexis non è mica morta! È solo andata a studiare in un altro stato, neanche troppo distante. Ha perfino rinunciato ad Oxford per essere più vicina al padre. Inoltre sarà sicuramente di ritorno per l'annuale festa di Halloween in casa Castle. Poi ci sarà il Ringraziamento. E Natale. In tre mesi tornerà a casa tre volte. E potranno telefonarsi dieci volte al giorno. Come probabilmente già staranno facendo. Insomma, non c'è bisogno di essere così abbattuti, deve pur rendersene conto.
Certo che saperlo e viverlo sono due cose molto diverse.
E davvero riversare questo fiume di pensieri su di lui sarebbe d'aiuto?
Difficile.
Se solo avessero ammazzato qualcuno durante la notte! Castle ne sarebbe molto contento.

 

«Certo che i criminali hanno scelto un ottimo giorno per mettersi a riposo!»
Attraverso il vetro guardo verso Castle. Anche se mi dà le spalle ho intuito che qualcosa non va. E l'aria di Beckett lo conferma.
«Già, proprio di lunedì dobbiamo ridurci ad archiviare tutte queste scartoffie!»
Fisso Ryan, incredulo per ciò che ha appena detto. Possibile che non si renda mai conto di niente?
«Che c'è?»
Sospiro, rassegnato.
Mi rivolto verso Castle e il mio compagno per un attimo segue il mio sguardo.
«Ma vuoi dire che...»
Finalmente c'è arrivato anche l'irlandese.
«...nessuno di quei due ci aiuterà? Dovremo fare tutto da soli?»
Inutile. Meglio tornare al lavoro.

 

Perché non c'è del lavoro da fare? Tirerebbe fuori entrambi da questo silenzio imbarazzante.
In fondo gli serve un po' di tempo per elaborare e superare il dolore. Non può riuscirci in due giorni. Pian piano diventerà più facile. E fortunatamente la presenza rumorosa della madre lo aiuterà a tenere la mente impegnata.
«Come sta Martha?»
Lo chiedo con leggerezza, fingendo sia una domanda non inerente al discorso. Un non-discorso, più che altro, dato che sono più le cose non dette che quelle affermate apertamente.
«Bene.»
Alza un sopracciglio e fa una risatina sarcastica. Eccolo lì, il vecchio Castle.
«Almeno credo.»
Cosa dovrebbe significare tutto ciò?
«Ha passato il fine settimana da un'amica. Credo volesse... distrarsi».
Beh, anche Martha deve gestire lo stesso tipo di lontananza, in fondo è comprensibile.
Questo però blocca la possibilità di proseguire la conversazione in quella direzione.  Bisogna trovarne un'altra.
Ma quale?
Andiamo, cosa riesce sempre a tirare su di morale Castle?
Oltre a una qualsiasi occasione per sfoggiare il suo ego.
Una cosa c'è, e in questo memento non me ne vengono altre.
Giocare a flirtare con me.

«Sai cosa mi piacerebbe?»
Mi sporgo verso di lui e lo fisso intensamente negli occhi.
Quel corso di aggiornamento sulla prossemica di cinque anni fa mi ha aperto un mondo di possibilità.
Vedo un luccichio accendersi e ho la sua totale attenzione. Per quanto sia per lui possibile concentrarsi completamente su qualcosa.
«Cosa?»
La domanda quasi gli muore in gola, mentre si forma sul suo volto la classica espressione che assume quando riesco a metterlo in scacco con delle battute intriganti. Perché metterlo all'angolo mi piace terribilmente. E anche sapere che riprova ogni volta a scherzare con me.
«Penso che questo sia il momento perfetto per...»
Mi fissa con la bocca leggermente aperta. Lentamente i nostri volti si avvicinano. È troppo facile fregarlo. Comunque è adorabile.
«...una cioccolata calda.»
Castle si blocca e per un istante la sua faccia cambia espressione.
Poi si mette a sfoggiare il suo miglior sguardo da playboy.
«Lo sa, detective Beckett? La trovo proprio un'ottima idea.»

Sorrido e mi alzo, mentre lui fa lo stesso. Insieme ci avviamo verso l'ascensore, fianco a fianco, come sempre. Passiamo accanto alla stanza in cui Ryan ed Esposito sono circondati da cartelle, documenti e foto di ogni tipo.
«Dici che dovremmo aiutarli?»
Uno slancio di altruismo da parte del grande divo, che giornata memorabile.
Ok, non è vero. Lui è altruista. Non capisco perché giochi sempre a fare l'egoista.
«Nah, se la caveranno.»
Arriccio il naso. Qualcuno deve pur rimanere a lavorare, in caso spunti fuori un’emergenza.
«Speravo che lo dicessi.»



«Nah, se la caveranno.»
Cosa vuol dire “se la caveranno?”
Castle chiama l'ascensore e in pochi secondi è arrivato. Insieme entrano e si rigirano verso di noi.
«Dove stanno andando?»
La mano dello scrittore si solleva e muove le dita facendo un “ciao ciao”. Riesco a intuire il suo labiale.
«Bye bye.»
Le porte si chiudono.
Non si comportano così i compagni, maledizione.
Va beh. Li perdono solo perché oggi Castle ha bisogno di distrarsi. Però avrebbero potuto invitarci.
«Ma lasciano a noi tutto il lavoro sporco?»
«Mamma e papà sono andati a fare una passeggiata. Voi rimettete in ordine, bambini.»

 

«Bye bye.»
La soddisfazione di un'uscita ad effetto.
Inoltre prendere in giro Ryan ed Esposito è sempre un piacere. Dovrei farlo più spesso. Mi rasserena la giornata.
Anche i viaggi in ascensore con Beckett non sono male.
E diciamolo: una cioccolata calda è sempre una buona coccola.


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Note: la mia prima fan fiction su Castle! Ho deciso di scriverla perché leggerne altre sullo stesso telefilm mi ha fatto venir voglia di provarci.
Ho cambiato un po' genere, rispetto al mio solito, dato che amo le commedie. Si può dire che ho ripreso in parte lo stile di Just me alone, la mia prima ff su Doctor Who. Però ho pensato che sarebbe stato interessante mettere i punti di vista di più di un personaggio (immagino si capisca a chi appartengano tutti e tre i pensieri).
Spero non risulti lenta alla lettura. Sono tutte frasi molto corte, più di quanto non io usi fare di solito. Però ho pensato che nella tristezza Rick avesse bisogno di tanti punti fermi, anche nel parlato. Un passo alla volta, insomma. Mi auguro che non risulti tutto troppo malinconico, ma ho pensato più volte a questa situazione. Mi sono chiesta se ce la mostreranno nella quarta serie. E mi sono detta che la presenza di Beckett al fianco di Castle sarebbe una manna per aiutarlo a star lontano da Alexis e farle prendere il volo.
Grazie a chi ha letto questa storia! Spero che lascerete un commento.
:)
   
 
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