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Autore: Human_    04/03/2011    4 recensioni
Idea semplicissima e forse già venuta a qualcun altro -in caso, fatemelo notare che cancello tutto-.
Una raccolta di shot che probabilmente non avranno niente in comune, tranne un incipit di frase ricorrente: “Ti amo perché”.
Saranno tutte piccole cose, principalmente, quindi non troverete mai un “Ti amo perché hai gli occhi azzurri”, che è una cosa troppo comune per la sottoscritta.
Nient'altro da dire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nota pre-capitolo: Il nome della protagonista va letto all'inglese, Daiana.



I'd make you coffee on a rainy morning.


Diana aveva spesso quella strana sensazione, come d'essere osservata, ma in un modo diverso, e si sentiva nuda, dietro quello sguardo che percepiva solo, e la cosa, stranamente, a lei che si nascondeva nelle felpe di suo padre respirandone l'odore per nascondersi dagli sguardi della gente, faceva piacere. Si sentiva quasi lusingata, da quegli occhi spesso invisibili che la studiavano, occasionalmente, ed uno strano formicolio la prendeva lo stomaco le mani ed il naso (formicolava il naso, a Diana) ed in quei momenti lei era felice, e quindi splendida.
«So che mi stai guardando» mormorò, portandosi subito una mano sul collo nudo avendo sentito il leggero bruciore e sorridendo appena, ma senza aprire gli occhi.
Una risata lieve, appena accennata, e due dita che leggere le scostarono un ciuffo dalla fronte e raggiunsero il collo, accarezzandolo dolcemente. «Ti amo perché dormi con la bocca aperta e ogni mattina ti svegli con il mal di gola».
Mugugnò qualcosa, lei, e si strinse al corpo di Johnny, contatto di pelle nuda e calda, e di anime nude e pure, ed il braccio di Diana che scivolava lento sul fianco destro di lui per raggiungere la schiena ed accarezzarla, creandogli brividi che raggiunsero presto anche lei, portandola ad aprire gli occhi, e nel verde di quelli grandi di Johnny trovò un prato che profumava di qualcosa mai visto – terribile mancanza.
Fecero incontrare le loro labbra, ed altro non fu che l'ennesima fusione di due anime non affini ma complementari, e quell'incontro – senza fretta – di lingue ancora assonnate fu l'alba dei loro giorni, che finalmente iniziavano bene, con loro due nella stessa città, nella stessa casa, nello stesso letto, e magari il mondo fuori li avrebbe massacrati, ma loro sapevano d'essere insieme, sempre, e allora lo disse pure Walt Whitman che il resto del mondo non contava.
Johnny si staccò, lentamente, e le portò una mano sulla guancia ora accaldata, sorridendole, pieno di qualcosa che sfugge ai più, e restò un attimo così, mentre entrambi ascoltavano il suono della pioggia che colpiva piano le finestre, quasi a non volerli disturbare, perché loro due altro non erano che l'ennesima meraviglia di Londra, ed il cielo lo sapeva.
«Ti preparo il caffè» le disse, ed un bacio sulla fronte anticipò il suo viaggio verso la cucina.
E Diana sorrise, felice, davvero felice, e un piccolo sole spuntò su Londra quando l'odore della bevanda nera invase la casa, anche se non smise di piovere, perché Joh a lei l'aveva detto quando ancora tutto ciò che avevano era un amore senza particolare contesto: «Ti farei il caffè in una mattina di pioggia», e quel profumo di caffè misto a promesse mantenute entrò nelle narici di entrambi, cucendo definitivamente la ferita del mondo di cui parlava Baricco.
Johnny entrò in camera con le tazze in mano, ed un pacco di biscotti incastrato tra il braccio ed il busto, con un sorriso che Diana sperò non se ne andasse mai.
«È finito il succo» disse, dispiaciuto ma senza il minimo di colpevolezza, perché loro nelle colpe e nel peccato non ci credevano, avevano fede solo nei fatti, ed il suo dispiacere era per Diana che si faceva passare il malessere mattutino con l'acidognolo del succo di frutta.
Lei gli sorrise e sollevò le spalle, tirandosi su a sedere, afferrando la sua tazza bianca colma di caffè nero, senza latte e senza zucchero, lasciando a Johnny il suo the alla vaniglia, ché in loro due le convenzioni non esistevano, e a lui piaceva il dolce e a lei l'amaro, lui era quello paziente e lei quella dallo scatto facile, e entrambi s'amavano in pari misura, in una continua gara a chi venerava più l'altro, e questo era forse lo straordinario.
«Joh, ma te l'ho mai detto che hai degli occhi bellissimi?» gli chiese, con le labbra che già sapevano di caffè, e lui sapeva che se l'avesse baciata in quell'esatto istante avrebbe anche imparato ad amare la caffeina più d'ogni altra cosa al mondo, e invece le sorrise, portandosi il suo the alla bocca e ne prese un sorso, permeando la sua lingua di dolcezza, e Diana pensò che non c'era cosa più bella al mondo del suo Joh – suo, meravigliosa parola – che beveva the alla vaniglia in una mattina piovosa sotto al cielo di Forest Hill.
Johnny le sorrise, in quel modo che le faceva sempre perdere un battito, che chissà dove andava, e si portò una mano tra i riccioli scuri. «È che ti guardo tanto».




Ooookay, la spiegazione della raccolta è tutta nell'introduzione, quindi direi che è il caso di parlare un po' della prima shot, mh?
L'ho scritta a scuola durante l'ora di matematica, con la mia compagna di banco che ogni secondo m'interrompeva chiedendomi “Ma lì non ci va il valore assoluto?” o “Aspetta, ma qui è più o meno radice di tre?”.
Ha messo a dura prova il mio karma, ché le volevo rispondere “MACAZZONESOIOCHIEDIALLAPROF, faccia di merda”, ma mi son trattenuta. Come son brava.
Quindi niente, se vi fa schifo picchiate lei –poverina, neanche fosse realmente colpa sua.
Nient'altro di rilevante da dire, è una cosa molto sdolcinata ed inutile, però mi piaceva un sacco l'idea.
C'è un'altra raccolta, a cui sto lavorando da un po' e che credo di postare a breve, anche perché ho già due shot e mezzo pronte, ma insomma niente, non ve ne parlo, tanto sarà a presto qui su EFP.
Ora mi eclisso, in attesa di un po' di pareri, anche di un paio di pomodori, perché no?, mentre mi dedico ai miei compiti di matematica. Che giuoia.

Human_ (che ha un taglio sul labbro che le brucia come il culo d'un babbuino. –ai babbuini brucia il culo, vero?–).


   
 
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