Anime & Manga > Majin Tantei Nougami Neuro
Ricorda la storia  |      
Autore: Fiamma Drakon    04/03/2011    1 recensioni
Ricordava distintamente di non essere uscito dall’ufficio della sua agenzia investigativa: si era semplicemente limitato a mandare i suoi due schiavi a far pubblicità alla sua attività, poi non aveva più mosso un muscolo. L’unica cosa che aveva fatto era stata reclinare all’indietro lo schienale della sua poltrona ed osservare il soffitto, aspettando che i suoi sensi rilevassero un qualche mistero nelle vicinanze di cui nutrirsi.
Probabilmente si era assopito, perché era perfettamente conscio di cosa potesse e non potesse fare in quanto demone, ed una delle sue mancanze era senz’ombra di dubbio quella del teletrasporto non intenzionale.
Comunque, in qualsiasi modo fosse andata, adesso si ritrovava in un posto che con il suo ufficio non aveva assolutamente niente a che fare.

[Personaggi: Neuro Nōgami, Yako Katsuragi]
[Neuro/Yako one-sided, nonsense]
Genere: Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dreams melt into Nightmares Ricordava distintamente di non essere uscito dall’ufficio della sua agenzia investigativa: si era semplicemente limitato a mandare i suoi due schiavi a far pubblicità alla sua attività, poi non aveva più mosso un muscolo. L’unica cosa che aveva fatto era stata reclinare all’indietro lo schienale della sua poltrona ed osservare il soffitto, aspettando che i suoi sensi rilevassero un qualche mistero nelle vicinanze di cui nutrirsi.
Probabilmente si era assopito, perché era perfettamente conscio di cosa potesse e non potesse fare in quanto demone, ed una delle sue mancanze era senz’ombra di dubbio quella del teletrasporto non intenzionale.
Comunque, in qualsiasi modo fosse andata, adesso si ritrovava in un posto che con il suo ufficio non aveva assolutamente niente a che fare.
Si trattava di un prato, una distesa d’erba fitta e bassa che ricopriva una miriade di colli dai dolci pendii che sembravano succedersi ad intervalli irregolari fino all’orizzonte, creando tra di loro piccole valli.
Neuro volse lo sguardo intorno a sé un paio di volte, incrociando le braccia sul petto: non c’era traccia di un’anima viva nel raggio di chilometri.
C’era solamente lui.
Le alternative che gli si presentavano innanzi erano due, semplicissime: rimanere inchiodato lì e aspettare che accadesse qualcosa, magari che si svegliasse, oppure muoversi e andare in cerca di altre forme di vita, più o meno intelligenti che fossero.
Optò per la seconda chance, così s’incamminò lentamente lungo il pendio, le palpebre a mezz’asta in un’espressione vagamente pensosa e gli occhi che guardavano il prato che scorreva sotto i suoi piedi.
Sembrava assorto in pensieri lontani dal luogo dove si trovava.
«Neuro!».
Una voce femminile che gli era dannatamente familiare lo distrasse dal suo apparente stato meditativo, facendogli alzare la testa.
Si guardò intorno, finché non incrociò la minuta figura dalla quale gli era pervenuto il richiamo: con la solita uniforme scolastica indosso, Yako gli stava correndo incontro, sorridendo estasiata - per cosa, Neuro non avrebbe saputo dirlo, ma non gl’importava granché saperlo.
La cosa importante, in quel momento, era il fatto che stava correndo verso di lui e che sembrava che quell’espressione estatica fosse rivolta proprio a lui - un pensiero di per sé stomachevole, considerato che il demone le aveva più d’una volta fatto bene intendere che lui era dominante e lei soltanto una pezza per i piedi.
Non aveva i diritti necessari per rivolgergli un sorriso del genere - e poi lui era privo di sentimenti e tutte le manifestazioni di questi ultimi, a prescindere da quali fossero, lo infastidivano.
Non c’era assolutamente nessun legame affettivo tra loro e mai ci sarebbe potuto essere. E allora... perché quell’espressione?!
Quando fu a circa tre metri di distanza, Yako lo chiamò di nuovo, ma stavolta la voce gli giunse più soffusa, riecheggiante, anche se non c’era niente là intorno che potesse creare un effetto eco, e Neuro avvertì l’improvviso istinto di abbracciarla - del genere “stringere tra le proprie braccia con fare estremamente protettivo”.
Avrebbe voluto afferrarla per la testa e sbatterle il viso a terra, come faceva di solito, così da cancellarle quel sorriso dalla faccia, eppure quando la ragazza gli si gettò addosso l’accolse tra le braccia, carezzandole dolcemente i capelli, appoggiandole il mento sul capo.
Erano cose che facevano i bravi fidanzatini, non certo un demone, men che meno con un essere inferiore come un umano.
Nonostante la consapevolezza di ciò, una parte di lui l’obbligava a rimanere in quella posizione, permettendo che la guancia della ragazza strusciasse contro il proprio petto - l’altra parte, quella più violenta e tuttavia soppressa, avrebbe risolto tutta quell’astrusa situazione in fretta ed in modo indolore, almeno per sé stesso.
Dopo qualche minuto sentì le proprie labbra schiudersi e la propria voce proferire un caldo ed affettuoso: «Sensei...» con quella vocetta che usava solitamente per fingersi umano.
Se fosse stato due persone distinte, al vedere quella scena il secondo sé stesso avrebbe dato di stomaco: era tutto così melenso, troppo per i suoi gusti.
Yako si staccò all’improvviso da lui e lo guardò dritto negli occhi per alcuni istanti, poi gli prese una mano e lo tirò a sé, trascinandolo verso il declivio erboso.
«Andiamo a fare una passeggiata?» gli domandò con una voce pura e casta.
L’immagine che risultava di lei agli occhi del demone era di una bambola di vetro suscettibile a rompersi anche per un insignificante alito di vento e ne conseguiva un irrefrenabile ed assolutamente incongruo bisogno di difenderla che strideva con il suo vero io.
Invece di liberarsi malamente dalla sua presa e scaraventarla a terra, Neuro le rispose candidamente: «Certamente, sensei...!».
Si tenevano mano nella mano e lui la seguiva con un sorriso in viso così innocente da farlo rassomigliare inquietantemente alla versione umana di sé stesso.
Era insopportabile sapere di star sorridendo quando in realtà non avresti mai voluto farlo.
Se da fuori Neuro sembrava carino e sorridente, nel suo inconscio si stava scatenando un vero e proprio putiferio: era come se il vero Neuro fosse stato ingabbiato all’interno del suo stesso corpo, lasciando che si manifestasse solamente la parte più umana del suo carattere.
La visione dell’esterno del demone ebbe un tremito improvviso, ma rimase sostanzialmente inalterata. L’unica differenza era che, all’improvviso, lui si trovava in uno spazio rosso sangue seduto sul fondo di una gabbia di metallo nero e vedeva l’ambiente che lo circondava come una sottile patina sfocata che riusciva ad acquisire nitidezza soltanto quando fissava il vuoto.
Adesso la metafora del suo “vero io intrappolato nel suo stesso inconscio” era diventata improvvisamente reale, senza un suo perché effettivo.
Si alzò e s’accostò alle sbarre, afferrandole e tentando di forzarle, senza tuttavia riuscirvi.
Non riusciva a capire perché tutto ciò stesse accadendo e perché proprio a lui: non doveva essere il suo sogno, quello?
«Neuro... ti amo».
La voce di Yako gli riecheggiò nella testa, facendolo montare su tutte le furie: che le era saltato in mente?!
Si tolse i guanti e tentò di tagliare l’inferriata con le unghie, invano.
Doveva liberarsi ad ogni costo da quella prigione e riuscire a riprendere il controllo sulle proprie azioni prima che facesse qualcosa di irreparabile.
«... anch’io, sensei».
Sentire la sua “voce umana” proferire quelle parole fu come una doccia d’acqua fredda che lo colse completamente alla sprovvista: lui non l’amava!
Non poteva amarla, perché non poteva concepire alcun tipo di sentimento.
Strattonò più e più volte le sbarre, senza muoverle nemmeno d’un centimetro, gli occhi che scintillavano smeraldini nella penombra dell’antro in cui si trovava.
Il suo sguardo, che non fissava niente in particolare, riusciva a distinguere un poco più chiaramente la scena che si parava innanzi alla sua vista “fisica”: Yako si stava sporgendo verso di lui, il quale a propria volta si stava chinando su di lei.
Già il fatto che si stessero lentamente avvicinando l’un l’altra lo stava allertando circa cosa sarebbe successo di lì a pochi attimi, fatto che lo fece profondamente rabbrividire, ma in quelle condizioni non sarebbe riuscito ad impedire che accadesse.
Avvertì il profumo della ragazza invadergli il naso - odorava di fiori, con un retrogusto dolciastro che non riusciva ad individuare - il sapore delle sue labbra e la leggera pressione di queste sulle sue. Era un contatto delicato quello che lei cercava, ma pur sempre un contatto e a lui non piaceva affatto.
Quel bacio lo pietrificò dov’era lasciandolo esterrefatto: era così dolce eppure pieno di timida passione. Non riusciva a capacitarsi che stesse accadendo una cosa simile. Da un ipotetico sogno quello si era trasformato nel suo peggior incubo: scendere a patetici compromessi con il lato umano che stava emergendo da dentro di lui con il trascorrere del tempo, e quel bacio sembrava essere proprio uno di quegli accordi.
Il contatto tra le loro labbra si protrasse per dei minuti, avvertendo un dolore sempre più forte dentro il cranio: sentiva come un fuoco che gli stava divorando la mente ogni secondo che passava. Era come se la sua parte umana gli stesse mangiando le cervella ed era tremendo persino per i suoi standard di sopportazione.
Ad un tratto, nella testa udì distintamente il riecheggiare del rumore di un vetro che andava in frantumi nello stesso istante in cui una fitta ancor più acuta del dolore che lo stava consumando gli esplodeva all’altezza delle tempie.
Sentì una mano artigliargli il petto e strappargli qualcosa, mozzandogli il respiro, poi si trovò catapultato fuori della gabbia, nel suo vero corpo, finalmente di nuovo padrone delle sue azioni.
Fortunatamente, anche il dolore era cessato.
A quel punto rivolse un’occhiata di fuoco all’indirizzo di Yako, cercando di svincolarsi dalla sua presa senza riuscirvi.
«Non abbandonarmi, amore...».
Il viso della fanciulla si trasformò all’improvviso sotto il suo sguardo: le guance si scavarono fino a mettere in macabro risalto gli zigomi, occhiaie nere allagate di sangue le comparvero sotto gli occhi, stranamente più grandi del normale ed infossati nel cranio.
Somigliava indescrivibilmente ad un cadavere.
Il cielo tutt’a un tratto iniziò a colare, lasciando scoperta una volta celeste sanguigna e lugubre.
L’erba schiarì fino a diventare trasparente ed assunse la fragile solidità del vetro.
La creatura che fino a poco prima era Yako serrò ulteriormente la presa sul polso del demone, che non si peritò minimamente ad affibbiarle un ceffone tale da scaraventarla a qualche metro di distanza.
Nel colpirla al viso, le ossa del suo collo emisero una macabra serie di scricchiolii, come se qualcuna si fosse spezzata.
Neuro indietreggiò, togliendo i guanti, rivelando le sue vere mani: se quella cosa voleva combattere, poteva farsi comodamente avanti. Lui era certo della propria superiorità.
La ragazza si rialzò, lo fissò... e scomparve. Nel punto in cui lei era fino ad un momento prima, adesso non c’era più niente!
Il demone si guardò prudentemente attorno, i muscoli pronti a scattare alla minima avvisaglia di pericolo.
«Neuro...!».
La sua voce gli giunse da dietro di sé, facendolo voltare di scatto, tuttavia non fu abbastanza svelto a contrattaccare: Yako gli saltò addosso, afferrandolo al collo, stringendo con forza.
Neuro abbatté senza pietà gli artigli sui suoi arti, spezzandoglieli di netto dal resto del corpo, spruzzando una raggiera di sangue tutt’attorno.
Lei sibilò di rabbia e dolore, ma le sue mani continuarono a stringere.
Lui iniziava ad annaspare, l’aria che principiava a non arrivare più ai suoi polmoni. Stava soffocando e non sembrava esserci modo di fermare il suo aggressore, che riusciva a strangolarlo pur avendo gli arti strappati.
Continuò a straziare il suo corpo a suon d’unghiate, cercando di ferirla in punti chiave in modo da farla fermare, senza riuscirvi.
«Amore...» continuava a ripetere, in un ossessivo mormorio.
Ogni volta che quella parola fuoriusciva dalle sue labbra le sue dita si stringevano di più attorno alla sua gola, affondando senza timori nella sua carne.
Il suo petto era coperto del sangue che fuoriusciva dai graffi che gli aveva aperto con le mani, anch’esse inzaccherate di rosso.
Se solo avesse potuto sapere dove colpire per metterla a tacere definitivamente...!
«... non puoi lasciarmi» disse Yako, dando una stretta vigorosa che tagliò drasticamente il già debole apporto d’aria ai suoi polmoni.
In uno sprazzo d’ira feroce contro la sua ferrea ed insensata volontà d’ucciderlo, Neuro la colpì alla testa.
Con un grido straziante che gli lacerò i timpani, la testa della creatura cedette sotto la sua mano ed uno schizzo di sangue gli cadde sugli occhi,  accecandolo.

«NEURO SVEGLIATI!».
Il demone aprì gli occhi di scatto, stralunato, ritrovandosi a guardare il soffitto del suo ufficio.
Si drizzò meglio sulla sedia e spostò lo sguardo al fianco della sedia, incontrando Yako, l’espressione preoccupata e perplessa.
Era di nuovo normale: guance piene e lisce, occhi grandi il giusto senza il minimo segno né d’occhiaie né di sangue.
«Ti stavi agitando nel sonno... sembrava che stessi soffocando» esclamò lei, come a giustificare la sua presenza lì, accanto a lui.
Il demone l’afferrò per i capelli e la scaraventò a terra.
«Ahio...! Che cosa ho fatto?» domandò la ragazza, mettendosi carponi, girandosi per metà verso di lui con un delizioso broncio in viso, massaggiandosi la testa.
Neuro si toccò il collo, che non gli doleva minimamente, poi, senza degnarla di alcuna risposta, girò la sua poltrona verso la finestra.
Era stato tutto un sogno, ma era stato dannatamente vivido, soprattutto lo strangolamento e quel bacio; eppure, non riusciva ad attribuirgli alcun tipo di significato.
Forse - suppose infine - era stato soltanto uno scherzo meschino della sua mente.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Majin Tantei Nougami Neuro / Vai alla pagina dell'autore: Fiamma Drakon