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Autore: Crown Clown    06/03/2011    3 recensioni
Piccola oneshot, dove Dante è morto e dove Vergil è in piedi davanti alla sua tomba, dove il figlio del nostro eroe inizierà la sua scalata per diventare proprio come il papà, e dove la sua mamma l'aiuterà a raggiungere questo suo obiettivo.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dante, Trish, Vergil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Hero. 

..The Hero, our Hero.
Un Eroe con la E maiuscola, precisiamolo. Anzi, l'Eroe.



Un cimitero.
Un cimitero irto di pietre tombali, quella era diventata e sarebbe rimasta per sempre la sua casa.
Lontano da tutto e da tutti, ma vicino a chi voleva essere vicino, a suo figlio, alla sua amata.
E suo fratello era lì, in piedi davanti alla sua, di pietra tombale, con tra le mani un mazzo di fiori, probabilmente quelli che preferiva di più, anche se non lo sapeva con certezza.. mai avevano parlato di fiori, perché parlare di fiori? Perché preoccuparsi di un'eventuale morte, di fiori da mettere nei vasi ai piedi delle pietre tombali, quando non ci si aspetta una cosa del genere?
Allora ecco spiegato come diventare veramente un eroe. Morire per proteggere la propria famiglia, scegliere di non difendersi per difendere.
Non si diventava eroi compiendo gesta eroiche e meno, si diventava eroi di qualcuno abbandonando i propri ideali, i propri obiettivi, agendo d'istinto, seguendo il proprio cuore e lasciando che il fato decidesse come doveva andare.
Ed eccolo lì, l'eroe della sua famiglia, l'eroe di suo fratello gemello, che tanto l'aveva odiato quanto ora l'ammirava.La sua lapide bianca con inciso il suo nome, una lapide bianca, nuova e curata nei minimi dettagli che brillava tra le tante rovinate ed abbandonate che erano situate in quel cimitero, appartenenti a persone senza più una famiglia, magari morta anch'essa col tempo.
Ed ora suo fratello doveva insegnare a suo nipote cos'era la vita, doveva parlargli di suo padre, raccontargli che uomo era, che grande uomo si era dimostrato permettendo a madre e figlio di sopravvivere, se non si fosse sacrificato, sarebbero morti tutti e tre, probabilmente.
Aveva fatto da scudo alla sua famiglia col suo stesso corpo pochi secondi prima che la sua amata e il suo bambino venissero colpiti da un fendente di un demone comparso dal nulla, e quel colpo era bastato per tagliarlo letteralmente a metà, senza lasciargli via di scampo.
E quel colpo fu seguito da altri della stessa natura, ma ciò permise alla madre di suo figlio di estrarre la sua arma e di salvare a sua volta suo figlio che da poco aveva compiuto sette anni e disperatamente anche il suo uomo..
Ma la vita è così ingiusta.. Vergil ne era certo, Dante avrebbe potuto salvarsi, ne sarebbe stato in grado, ma il tempo per agire era stato così poco da non permettergli di elaborare qualsiasi altra cosa se non di fare da scudo.
Si ricordò che una sera, Dante gli aveva detto che avrebbe dato la vita per la sua famiglia, ed eccolo lì.
Desiderio avverato, sei contento ora, imbecille? Ecco cosa pensava il gemello del defunto, ricordando quella scena.

Vergil posò ancora lo sguardo sulla candida lapide.
Era morto da pochissimi mesi, eppure sembrava che fosse morto cinque minuti prima, ieri.. Non ci si poteva credere, quando venne a saperlo quasi scoppiò in una sonora risata, mandando a quel paese il referente per l'abissale cavolata che aveva appena sparato.

“Imbecille, tuo figlio chiede continuamente di te. Ti pare questo il modo di fare da padre? Dovresti raccontargliele tu, le tue gesta "eroiche" e derivati, non io, che non so quasi nulla. Ti sembra questo il modo?” Gli chiese ad alta voce, come se stesse parlando col gemello in persona, e non con una stupida lapide incapace di comprendere.

Ma Vergil in cuor suo sperava che Dante lo stesse sentendo. Come faceva a non sentirlo? Sapeva che era da qualche parte, e che ovunque egli fosse lo stava insultando come meglio sapeva fare.
Il gemello sorrise al solo pensiero.
No, Dante non era morto. Quando mai si sarebbe tolto di mezzo, quello lì? Sapeva che lo stava ascoltando, eh sì.

Dei passi attirarono la sua attenzione.
Vergil si voltò, il mazzo di fiori ancora in mano, ed una ventata lo colpì in pieno viso, costringendolo a serrare gli occhi.
Quando li riaprì vide d'innanzi a sé Trish, che gli sorrideva, seppur malinconica, ma gli sorrideva.

“Da quant'è che sei qui?” Chiese con un tono velato di tristezza.

“Ciao.. da poco, cinque minuti circa.” Rispose lui in tono calmo, abbassando di nuovo lo sguardo sulla tomba.

Trish si poggiò su una lapide di fronte a quella di Dante e guardò anch'essa dove stava guardando Vergil.

“Non ci si crede.. io ancora non ci credo.” Sussurrò, trattenendo le lacrime.

I demoni non piangono mai. Queste parole gli rimbombarono in testa, e Trish quasi sussultò.. quelle parole.. le aveva dette Dante stesso, e le aveva dette a lei.
Ricacciò indietro le lacrime e guardò in alto per calmarsi.

“Dov'è il ragazzino?” Vergil si voltò a guardare Trish.

“Verrà, si è attardato in un campo di fiori appena sbocciati.” Rispose lei, sorridendo più serenamente. Anche Vergil sorrise e poggiò il mazzo di fiori (rossi, il colore preferito di Dante) sulla soffice erba che faceva da tappeto alla bianca lapide.

“Quanto vorrei riabbracciarlo.. ringraziarlo di tutto.. vorrei che potesse vedere suo figlio quando sarà più grande, quando sarà come lui.. quando si batterà anch'esso per liberare questo mondo dai demoni, quando mangerà pizza proprio come il padre e quando avrà un figlio..” Al solo pensiero, Trish singhiozzò, portando una mano alla bocca.

“Lo vedrà, stai tranquilla.. lui non è morto, non finché ci sarà qualcuno che lo ricorderà per quello che era e per quello che ha fatto.

Lo vedrà crescere, ne sono certo.” Vergil si avvicinò alla donna e gli mise una mano sulla spalla.

“Dio, quanto lo amavo.. quanto lo amo..” Continuò lei, iniziando a piangere, incapace di controllarsi.

Vergil non era il tipo adatto per consolare una persona, soprattutto quando anche lui soffriva per lo stesso motivo.
Un bambino spuntò, correndo verso la cima della collina, nella loro direzione.
Vergil alzò lo sguardo per vederlo avvicinarsi, e quando Trish appurò che quello era suo figlio, si asciugò subito le lacrime e si voltò, sorridente, ma con l'aria malinconica di prima.
Il ragazzino li raggiunse, si fermò, col fiatone, mentre teneva tra le mani un mazzetto di fiori appena raccolti.

Era un bambino di sette anni, alto un metro e quaranta circa, aveva gli stessi capelli e gli stessi occhi del padre e dello zio, ed era incredibilmente simile a Dante quand'era bambino anch'esso.
Sembrava la reincarnazione del papà.. forse quell'elemento avrebbe alleviato il dolore di tutti loro, che magari avrebbero visto Dante in quel bambino.

“Guarda quanti bei fiori.. sono per il papà, Kris?” Disse Vergil, accucciandosi per guardare meglio negli occhi il nipotino.

Il bambino sorrise, allegro, ed annuì energicamente. Sorpassò Vergil e si posizionò proprio davanti alla lapide del padre.
Quel momento faceva molta tenerezza ed emanava tristezza da tutte le parti.. fu difficile per Trish cercare di non rimettersi a piangere, e ci mancò poco che Vergil se ne andasse via, incapace di guardare ancora.
Il piccolo si accucciò proprio come Vergil e mise i fiori accanto a quelli del gemello di Dante.

“Ciao papà. Ti ho portato questi, li ho raccolti in un campo di fiori ai piedi di questa collina.. ti piacciono?” Il ragazzino prendeva tutto così alla leggera.. ma era normale, questo era ciò che pensava Vergil.

Era normale che il bambino non provasse la tristezza che provava la madre, ma presto l'avrebbe provata anche lui, forse in maniera ancora più grande.
Sembrava che avesse preso la morte del padre come un normalissimo viaggio all'estero dalla quale, e questo forse il bambino non l'aveva ben capito, non sarebbe mai più tornato.
Kris si rimise in piedi e si voltò verso zio e madre con un sorriso abbagliante stampato in faccia.
Anche Trish sorrise, e Vergil lo guardò, orgoglioso.
Sì, sarebbe diventato proprio come il papà, e quando giungerà quel momento, tutti saranno orgogliosi di lui, compreso Dante, perché sia Trish che suo fratello lo sapevano, lui li avrebbe seguiti ovunque, non era da lui sparire dalla faccia della terra in quel modo.
Trish si avvicinò alla lapide, si mise in ginocchio e baciò la pietra bianca, che brillava sotto la luce del Sole.

“Tornerò un altro giorno, okay?” Sussurrò.

Si rialzò in piedi e prese la mano destra del bambino.

“Andiamo a casa, dai, zia Lady ci aspetta per una bella partita a carte, non vorremo farla aspettare?”

Disse allegra, un'allegria che stava tornando lentamente..

“Oh, se faremo anche solo un minuto di ritardo stanne certo, Kris, quella donna ce la farà pagare.” Commentò Vergil, ridendo. Anche il bambino rise, e lui e la madre s'incamminarono.

Vergil, con ancora lo spettro della risata in volto, si girò verso la lapide bianca e si mise le mani in tasca.

“Ci si vede, fratellino.” Sussurrò con sguardo malinconico. Era così triste non poter più sentire le sue battute ironiche, la sua arroganza non aleggiava più nell'aria, non avrebbero mai più visto pile interminabili di cartoni di pizza, e mai più l'avrebbero visto creare caos nella sua agenzia, però Vergil era sicuro di aver sentito ridere suo fratello proprio poche ore prima mentre lui litigava con Lady per chi doveva andare a comprare i fiori, e gli sembrava di aver anche sentito il nome dei fiori che di lì a pochi minuti sarebbe andato a comprare, forse per quello li aveva comprati.
Vergil volse un ultimo sguardo alla lapide, poi si voltò verso Trish e Kris, che camminavano mano nella mano e ridevano per chissà quale motivo, per chissà quale battuta, e proprio mentre li raggiungeva, forse per un effetto ottico, forse un semplice frutto della sua immaginazione, gli parve di vedere suo fratello affiancare il bambino e tenergli la mano mentre rideva anch'egli con Trish e Kris.
Vergil sorrise, forse era più un ghigno di soddisfazione, o qualcosa del genere.
Si affrettò a raggiungere i due e prese per mano il bambino, che si voltò verso lo zio, ridendo, e lo contagiò.

Sì, quel ragazzino sarebbe diventato l'orgoglio del padre.. sarebbe diventato come lui.
 

..The world we knew
Won't come back,
The time we've lost

Can't get back,
The life we had
Won't be ours again..
..It's not too late
It's never too late.

 

Dunque, eccovi giunti alla fine di questa one-shot.
Scrivendola mi sono parecchio depressa, sì, lo ammetto, ho anche lottato per non piangere.
Questa piccola one-shot l'ho scritta sulla base di una Doujinshi letta in un forum, l'ho trovata tristissima ma al contempo bellissima.
Non chiedetemi cosa ci fa quì Vergil, non saprei rispondervi, sinceramente xD
Per quanto riguarda le parole alla fine della fanfiction, quello è un pezzo del testo della canzone Never too late dei Three Days Grace, che io amo particolarmente.
Non ho altro da aggiungere, quindi chiudo quì, augurandomi che la storia vi sia piaciuta e ringraziandovi per averla letta e, in caso qualcuno lo farà, recensita e/o messa nei preferiti.
Un bacio,
Kuromi.


 


 

   
 
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