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Autore: PSunshine    07/03/2011    7 recensioni
Ma c'è una cosa che nessuno sa, a parte io, Tom e Bill. Una cosa che nessuno dovrebbe sapere, e che forse vi farà venir voglia di leggere la mia storia. Io sono la ragazza con cui Tom Kaulitz ha perso la verginità a soli tredici anni.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo trentaquattro





Dire che in quel momento avrei voluto prendere quel telefono e gettarlo fuori dalla finestra, è riduttivo. Prima di tutto, avrei volentieri spaccato la testa di Tom. In mille pezzi. Accertandomi ovviamente che soffrisse, e anche parecchio. Sarebbe stata la vendetta ideale.

Dio, mi ero davvero fatta quelle illusioni? Davvero avevo creduto che lui tenesse a me più che alle sue adorate “groupies”? Che stupida. Mi vestii in fretta, lasciando il cellulare sul comodino. Sarei sparita dalla sua stanza e, se mi avesse cercato prima di partire, avrei fatto finta di non essere in casa. Semplice, no? Peccato che il mio cuore non dicesse esattamente la stessa cosa.

Proprio mentre infilavo la giacca per andare via, vidi la porta del bagno spalancarsi. Tom ne uscì, con soltanto dei jeans addosso, e lo vidi sorridermi. Dovetti inspirare profondamente per reprimere l'impulso a prendere una scarpa dal pavimento e lanciargliela in fronte. - Che fai, vai via? - chiese poi, con il viso contratto in un'espressione confusa.

- Sì. - fu tutto quello che riuscii a dire. Sapevo che, se avessi aggiunto altro, probabilmente sarei scoppiata a piangere e non avrei più smesso. Alzai la zip del giubbotto e presi la borsa, ma Tom mi afferrò il polso fermandomi. La sua mano. Il suo tocco. Ma cos'era, una tortura?

- Lola, che sta succedendo? - domandò con un tono che celava un velo di preoccupazione. Sorrisi ironica, scuotendo il braccio per sfuggire alla sua presa. Mi lasciò subito, sempre più interdetto a causa del mio atteggiamento, completamente differente da quello adottato la sera precedente. Ma cosa pretendeva?

- Leggi quel bel messaggio sul tuo cellulare, e fatti due domande. C'è qualcuno che ti aspetta a braccia aperte, a Los Angeles. O, forse, è qualcos'altro che tiene aperto. - feci, irritata e senza nascondere la mia ormai evidente gelosia.

Il chitarrista si avvicinò al comodino e, velocemente, prese il suo cellulare per leggere l'ultimo messaggio ricevuto. Dopo averlo fatto, sul suo viso si fece largo un'espressione che era un misto di rabbia, preoccupazione e, in qualche modo, tristezza. Mi guardò posando il telefonino sul letto. - Lola... sì, è una groupie ma... ti giuro che non avrei fatto nulla... - mormorò, e da una parte era anche abbastanza convincente. Ma c'era quella parte di me, scettica e ancora incredula, che non voleva credergli.

- Sì, certo. Tu abbandoneresti tutte le tue carissime groupies per me? -

- Ti dico che non sarei andato da lei una volta arrivato lì, cazzo. - ribattè, mentre una punta di rabbia arrivava a colorargli il tono di voce, accendendo il nostro primo vero litigio dopo un bel po' di tempo.

- Non riesco a crederti. - dissi, semplicemente. - Non mi hai mai detto che cosa siamo noi due, Tom. Non ne abbiamo mai parlato. Semplicemente siamo andati a letto insieme, ma... cazzo, non c'è mai stata l'intenzione, da parte tua, di creare qualcosa di serio. Altrimenti non avresti aspettato fino ad oggi per dirmelo. - le parole scorrevano via così, come un fiume in piena, e non riuscivo a fermarmi nonostante il mio cervello mi dicesse di smetterla. Basta, Lola, basta così. No. - Dio Tom, devi smetterla di comportarti come se fossi un bambino. Hai ventuno anni, devi crescere e non fuggire via dai tuoi problemi. Siete stati qui tre mesi, ed in tutto questo tempo non mi hai mai detto che diavolo provi realmente per me! Ieri sera siamo andati a letto insieme, di nuovo, e oggi... quel messaggio. Non posso far parte del tuo mondo perfetto. Sono troppo diversa da tutte loro. Io non posso fidarmi di te. Non ci riesco. - non appena ebbi terminato quella sorta di monologo spaventoso, mi pentii di ogni singola parola.

Tom mi fissava senza battere ciglio, come se non credesse a tutto ciò che era appena uscito dalle mie labbra. Parole cattive, che probabilmente non meritava affatto. Il guaio, è che ne ero consapevole.

- Puoi anche non credermi, per quanto mi riguarda. - mormorò, leggermente afflitto nel tono di voce. - Ma io ci tengo davvero a te. Avrei davvero messo da parte tutte quelle ragazzine e sì, probabilmente mi sono anche innamorato. Ma evidentemente per te non è abbastanza. - fece un sorriso finto, grondante di ironia, e prese la giacca scendendo via ed uscendo da casa senza aggiungere altro. Non appena sentii la porta sbattere, le lacrime che tanto avevano atteso quell'agoniato momento iniziarono a scorrere imperterrite.

Potevo lasciarlo andare in quel modo? Davvero volevo che tutto quello finisse così, senza una motivazione valida, per colpa delle mie paure e dei miei capricci? Scesi anch'io ed uscii fuori, ma tutto ciò che vidi fu la sua Audi che svoltava l'angolo della via. Mi maledissi, per l'ennesima volta, mentalmente, poi tornai a casa mia. Erano ancora le otto, ma sapevo che dopo poco più di un'ora Tom sarebbe già stato in aeroporto. Non sarei andata a fermarlo probabilmente, non ne avrei avuto il coraggio. Ancora una volta con le mie parole l'avevo allontanato da me, ancora una volta avevo visto quella sua espressione triste a causa mia.

- - - -

Le dieci meno dieci. Dovevo andarci? Forse. Ne ero sicura? Per niente.

Non volevo assolutamente lasciarmi sfuggire nuovamente il ragazzo che amavo, era troppo, non l'avrei sopportato. L'avevo fatto ad undici anni, ma adesso ero... semplicemente cresciuta. La mia stupida insicurezza non poteva impedirmi di... amare. Entrai in auto e sfrecciai verso l'aeroporto. Non avevo idea di che cosa avrei fatto una volta arrivata lì. Forse, semplicemente, gli avrei chiesto scusa. Scusa perchè ancora una volta la mia paura aveva preso il sopravvento.

Quando arrivai in aeroporto non mi fu difficile trovarlo; bastò seguire la folla di fans che strillavano. Il vero problema era cercare di farmi notare. Vidi Bill, e cercai di sventolare la mano perchè mi vedesse, ma fu ovviamente inutile.

Pensa, Lola, pensa. Spremi questo cervello. Cosa succede nei film in questi momenti? Dovevo farmi sentire in qualche modo.

Din don. I passeggeri per il volo 2359, diretto ad Heidelberg sono pregati di recarsi all'imbarco 11 per mostrare i biglietti, grazie.

Quella voce assordante non riusciva a farmi concentrare. Dio, l'avrebbero sentita fino a fuori.

Un momento.

L'avrebbero sentita!

Corsi al piano di sopra, nella camera dove erano soliti controllare un po' tutto l'aeroporto. C'era una donna, seduta ad una scrivania con il megafono accanto. Lola, non farlo. Avrei potuto essere arrestata, o... ma che ne so. Non mi importava minimamente. - Mi scusi. - dissi semplicemente, poi mi portai il microfono vicino alla bocca sotto il suo sguardo confuso. - Prova. - la mia voce rieccheggiò in tutto l'aeroporto, e sentii il viso andare in fiamme. Ormai è fatta Lola. Continua. - Tom. Non so se mi senti. Cioè, da una parte spero di no perchè... cazzo, se mi stai sentendo non smetterai mai di prendermi in giro. Sempre se un giorno tornerai a parlarmi, ovvio. Io... non sapevo come fermarti... tutte quelle ragazzine, che ora probabilmente mi stanno odiando. Ma non mi importa. Mi dispiace, mi dispiace da morire per come ti ho parlato prima. - sentii la donna strattonarmi il braccio, ma la fulminai con lo sguardo e continuai a parlare. - Io non volevo dirti quelle cose. Cioè oddio, volevo, ma è... lo sai come sono, mi conosci, quando ho paura di essere troppo felice... scappo. L'ho fatto sette anni fa, ed oggi di nuovo... io... per favore, non puoi andare via mentre sei arrabbiato con me. -

- Non ci credo che l'hai fatto sul serio. - la sua voce mi piombò alle spalle, divertita. Mi voltai di scatto e lo vidi fermo sulla soglia della porta, Bill, Georg e Gustav alle sue spalle, che mi fissavano. Il mio viso, già rosso dalla vergogna, probabilmente fu invaso da delle vere e proprie fiamme. - Sapevo che sei pazza, ma non credevo fino a questo punto. -

Mi avvicinai mordendomi nervosamente il labbro. Non mi importava nemmeno, in realtà, che i tre ragazzi e la signora, che intanto si era fatta non poche risate sotto i baffi, mi fissassero. - Ti amo. - mormorai. - Non potevo lasciarti partire senza dirtelo. -

Assunse immediatamente un'espressione sorpresa, incredula, ma poi si sciolse in un sorriso. Mi si avvicinò ancora, posando le mani sui miei fianchi e guardandomi negli occhi. - Ti amo anch'io. -

- - - -

Partì. Partì, ma non fui triste. Ero semplicemente contenta. Dopo anni ed anni eravamo riusciti ad ammettere ciò che provavamo, ed ora, semplicemente... era tutto perfetto.




***

Eh sì, siamo arrivati alla fine. Posterò un epilogo, e poi archivierò per sempre questa storia! Spero di non avervi deluse nel finale. che è un po'... come dire... da telenovela :D sono contenta per tutti i commenti ricevuti in tutto questo tempo, mi avete fatta felice ed invogliata a continuare. Per oggi ringrazio Zucchelino, memy881, Holly94, MarschTomLouder, Elengel483, iolly21, Jules TH, katyakaulitz96, _MINA_, Veri_995, giady_crazy_ e tokiohotel4e per le recensioni al capitolo precedente.
Ci sentiamo nell'epilogo ù.ù
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