Il giglio bianco
di Sophie_85
di Sophie_85
Era
l’ultimo elemento che mancava per portare a termine il suo
piano e, se davvero voleva andare fino in fondo, non poteva permettersi
di aspettare un altro plenilunio.
Draco sgattaiolò fuori dal castello, nella notte chiara e immobile, attraversando i giardini di Hogwarts accompagnato solo dai rumori dell’oscurità. Una volta raggiunte le serre non fu difficile individuare ciò che stava cercando: era l’unica serie di vasi che non strisciava e non emetteva strani sibili. Tra le piante non magiche di fronte a lui, la sola in piena fioritura era quella che gli serviva: il giglio bianco. La luna piena riusciva a baciare i suoi petali, nonostante le vetrate sporche della serra, regalandogli un riflesso bellissimo e allo stesso tempo terribilmente inquietante.
Mancava solo quel fiore per finire il veleno che stava preparando. Solo quel candido, inerme, perfetto fiore, e finalmente sarebbe stato libero da tutte le angosce, le oppressioni e le paure che gli stavano attanagliando l’anima.
Per un solo brevissimo istante, lui aveva già provato il sapore della morte.
Dopo che Potter gli ebbe scagliato quella strana maledizione aveva sentito il sangue, caldo, colargli sul viso e inzuppargli le vesti, ed era rimasto senza fiato. Mentre le forze lo abbandonavano, aveva sentito la vita scivolargli via, come il suo stesso sangue stava facendo, e non era stato il dolore a spezzargli il respiro, bensì la paura. Un panico mai provato gli aveva attanagliato la gola, impedendogli di sprofondare nell’abisso prima che Piton arrivasse a salvargli la vita.
Mentre si apprestava a tagliare lo stelo del giglio, lo sguardo gli cadde su una delle sottili cicatrici che gli erano rimaste sul dorso della mano, e di nuovo il respiro gli venne meno. Era come se l’aria umida e fredda di quella notte senza nubi si fosse solidificata in una mano invisibile, che stringeva sempre con maggior vigore attorno alla sua gola, soffocandolo. Una rabbia repressa lo scosse dal profondo in risposta a quella sensazione. Digrignò i denti mentre nella sua testa una marea di pensieri lo assaliva e lo schiacciava con il suo peso: suo padre ad Azkaban, sua madre in lacrime, il Marchio Nero, la sua missione, che sapeva impossibile già dall’inizio, e i suoi patetici tentativi di farsi scoprire, di farsi salvare. Non riuscì più a trattenersi e la sua rabbia esplose: una pioggia di vetri cadde sul pavimento, mentre con un urlo represso Draco uscì dalla serra, la mano sanguinante, lasciandosi dietro il giglio, ancora intatto, con i petali ora tinti di rosso carminio.
“Sono solo un fottutissimo codardo, maledizione!”
Piton lo guardò mentre si allontanava a grandi passi verso il castello, illuminato dalla luna. Silente gli aveva affidato il compito di vegliare su di lui, di seguirlo, di guidarlo senza far capire al ragazzo che loro sapevano; ma mano mano che il tempo passava, quel compito risultava sempre più duro. Con un colpo di bacchetta aggiustò il vetro della serra, rotto dal pugno di Draco, e regalò di nuovo al giglio il suo candore originale. Sfiorò il fiore con una infinita tristezza nello sguardo.
“Presto imparerai anche tu, Draco, che a volte ci vuole più coraggio a vivere che a morire.”
Draco sgattaiolò fuori dal castello, nella notte chiara e immobile, attraversando i giardini di Hogwarts accompagnato solo dai rumori dell’oscurità. Una volta raggiunte le serre non fu difficile individuare ciò che stava cercando: era l’unica serie di vasi che non strisciava e non emetteva strani sibili. Tra le piante non magiche di fronte a lui, la sola in piena fioritura era quella che gli serviva: il giglio bianco. La luna piena riusciva a baciare i suoi petali, nonostante le vetrate sporche della serra, regalandogli un riflesso bellissimo e allo stesso tempo terribilmente inquietante.
Mancava solo quel fiore per finire il veleno che stava preparando. Solo quel candido, inerme, perfetto fiore, e finalmente sarebbe stato libero da tutte le angosce, le oppressioni e le paure che gli stavano attanagliando l’anima.
Per un solo brevissimo istante, lui aveva già provato il sapore della morte.
Dopo che Potter gli ebbe scagliato quella strana maledizione aveva sentito il sangue, caldo, colargli sul viso e inzuppargli le vesti, ed era rimasto senza fiato. Mentre le forze lo abbandonavano, aveva sentito la vita scivolargli via, come il suo stesso sangue stava facendo, e non era stato il dolore a spezzargli il respiro, bensì la paura. Un panico mai provato gli aveva attanagliato la gola, impedendogli di sprofondare nell’abisso prima che Piton arrivasse a salvargli la vita.
Mentre si apprestava a tagliare lo stelo del giglio, lo sguardo gli cadde su una delle sottili cicatrici che gli erano rimaste sul dorso della mano, e di nuovo il respiro gli venne meno. Era come se l’aria umida e fredda di quella notte senza nubi si fosse solidificata in una mano invisibile, che stringeva sempre con maggior vigore attorno alla sua gola, soffocandolo. Una rabbia repressa lo scosse dal profondo in risposta a quella sensazione. Digrignò i denti mentre nella sua testa una marea di pensieri lo assaliva e lo schiacciava con il suo peso: suo padre ad Azkaban, sua madre in lacrime, il Marchio Nero, la sua missione, che sapeva impossibile già dall’inizio, e i suoi patetici tentativi di farsi scoprire, di farsi salvare. Non riuscì più a trattenersi e la sua rabbia esplose: una pioggia di vetri cadde sul pavimento, mentre con un urlo represso Draco uscì dalla serra, la mano sanguinante, lasciandosi dietro il giglio, ancora intatto, con i petali ora tinti di rosso carminio.
“Sono solo un fottutissimo codardo, maledizione!”
Piton lo guardò mentre si allontanava a grandi passi verso il castello, illuminato dalla luna. Silente gli aveva affidato il compito di vegliare su di lui, di seguirlo, di guidarlo senza far capire al ragazzo che loro sapevano; ma mano mano che il tempo passava, quel compito risultava sempre più duro. Con un colpo di bacchetta aggiustò il vetro della serra, rotto dal pugno di Draco, e regalò di nuovo al giglio il suo candore originale. Sfiorò il fiore con una infinita tristezza nello sguardo.
“Presto imparerai anche tu, Draco, che a volte ci vuole più coraggio a vivere che a morire.”