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Autore: LadyAgnesFreiheit    08/03/2011    5 recensioni
Loitsche. E' li che la mia vita sarebbe cambiata.
Quello fu il luogo in cui trovai tutto ciò che non avevo mai avuto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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  1. Loitsche
 
Avevo lo sguardo perso fuori dal finestrino. Era tutto grigio e freddo, al contrario del mio paese d’origine. 
Vedevo solo case dai tetti spioventi con verandine ben curate. Le foglie degli alberi, nonostante fosse metà agosto, cominciavano già a prendere un colore tra il verde e il giallastro e delle nubi nere erano presenti su quella cittadina in cui avrei abitato da quel giorno in poi.
Loitsche, una frazione tedesca del comune Loitsche-Heinrichsberg, nella Germania Est, di sole settecento anime circa. È lì che da quel giorno avrei abitato con mia madre.
Mi sentivo tremendamente persa in quel paesino. Nessuno che io conoscessi, nessuno con cui potessi parlare, nessun amico né parente.
Avevo solo sedici anni al tempo e mia madre mi portò in Germania dopo la separazione da mio padre. Lei ci era nata lì, a Magdeburg.
Per quanto io potessi conoscere bene la lingua tedesca, quasi come l’italiano, e per quanto io potessi amare quel magnifico Stato, quel giorno non riuscivo minimamente ad essere felice di essermi trasferita lì.
Non che mi mancassero gli amici della mia vecchia scuola, non ne avevo, ma mi mancava profondamente il sole caldo del sud Italia, il mare fantastico e la gente allegra e solare.
E, forse, mi sarebbe mancata la mia scuola, nonostante furono gli anni peggiori della mia vita.
Uno spiraglio di luce comparve sul cielo nero di Loitsche ed io inforcai i miei occhialoni neri: fu una scusa per coprire gli occhi lucidi.
Mia madre svoltò per Bahnhofstraße ed accostò di fronte ad una villetta che si ergeva dietro ad un cancello grigio metallizzato e delle siepi ben curate. Bahnhofstraße 11.
<<  Paola!>>, mi chiamò mia madre. Girai di poco il volto e la guardai da sotto gli occhiali scuri. << Questa è la nostra nuova casa..>>, disse entusiasta.
<<  Bene..>>, dissi inespressiva facendo un mezzo sorriso.
Mia madre batté le mani come una ragazzina alle prese con la prima cotta e scese dalla macchina. La seguii.
Tra me e lei non c’erano molti anni di differenza: ero nata quando lei aveva ventuno anni ed era da un anno sposata con mio padre. Lei era sempre stata la mia confidente e, forse, l’unica mia amica.
Non avevo fratelli, né sorelle ed ero stata affidata a lei. E lei ebbe la grande idea di trasferirsi in Germania, dove era nata, perché era lì che abitava la sua migliore amica Simone.
Non avevo idea di chi fosse, sapevo solo che aveva un anno in più di mamma e che si conoscevano da quando erano piccole, ma che non si vedevano da quando mamma aveva lasciato Loitsche per sposarsi.
Chiusi la portiera e guardai mamma che pagava il camionista che ci aveva aiutato col trasloco dei mobili: benché la casa fosse già arredata, mamma volle portarsi dietro le cose a cui più teneva e ovviamente anche io. Senza contare i soprammobili, quadri (che erano le cose a cui mamma teneva di più) coperte, pentole e tutto quello che serviva per la casa.
Entrai nel giardino della villa e l’esaminai centimetro per centimetro. Feci una smorfia: non era mica male!
La casa era a due piani e al piano terra c’erano due porte-finestre ed una porta d’ingresso di mogano. Al piano superiore una vetrata e due balconi.
<< Paola… la tua camera è al primo piano, la prima porta a sinistra!>>, mi porse le chiavi <<… Forza, porta le tue valigie di sopra. Io e il signor Schmitz portiamo tutto il resto!>>, mi fece l’occhiolino.
<<  Ok, ti aspetto di sopra!>>, sorrisi ed attraversai il giardino. Girai le chiavi nella serratura ed entrai in quella che sarebbe diventata la mia nuova casa.
Non mi potevo lamentare: di fronte a me un salotto spazioso con divani di pelle bianca, un camino enorme in marmo, una grande TV e mobili in mogano, il  tutto illuminato da una vetrata. Sulla destra una porta. Mi avviai e ne scoprii una camera da letto, anche essa illuminata da una porta-finestra. Nella stanza accanto un ripostiglio e le scale in parquet bianco, poi una toilet e di fronte la sala da pranzo e la cucina abbastanza grande.
Salii le scale e mi precipitai nella mia camera: era grandissima, al centro un letto matrimoniale con la testata in pelle nera, a contrasto con i muri bianchi perla, i mobili bianchi con le maniglie nere, una vetrata bianca e un armadio enorme a specchio. Poggiai le mie prime tre valigie e la mia enorme borsa sul letto e continuai il mio giro turistico per la casa.
Visitai la camera accanto che era quella per gli ospiti, poi c’era uno studio e di fronte alla mia camera un bagno enorme con la vasca ad idromassaggio.
Devo ammetterlo: rimasi davvero soddisfatta.
Sentivo mia madre e il signor Schmitz di sotto parlare e spostare qualcosa di pesante. Evidentemente stavano montando i quadri e i mobili.
Io ne approfittai per riordinare il mio armadio e la mia scarpiera e, quando dopo mezz’ora finii, scesi le scale per vedere come procedeva l’organizzazione della casa.
Il salone era invaso da valigie e scatoloni e la mamma e il signor Schmitz stavano montando un quadro, a me sconosciuto, sulla parete sopra al camino. Era bellissimo: rappresentava una ballerina di danza classica, che danzava nel cielo stellato con dietro la mezza luna. Il bello era che il suo tutu bianco candido era a contrasto con le tenebre della notte. Lessi l’autore: S.K.
Alzai un sopracciglio, prima che mamma si lasciasse cadere sul divano.
<<  Aaah, che fatica!>>, disse esausta. << Grazie mille, signor Schmitz, è stato gentilissimo!>>, gli strinse la mano sorridendo.
<<  Di niente, signora Meier , quando ha bisogno sono a sua disposizione!>>, mi guardò << Ciao, signorina!>>.
<<  Ciao!>>, sorrisi prima di vederlo sparire dietro la porta.
<<  Però!! Bella casa mamma!!>>, la raggiunsi in cucina, dove stava sistemando le pentole nei mobili.
<<  Eh già! Tuo nonno ha fatto proprio un bel lavoro… ed io altrettanto con l’arredamento!>>, si vantò.
Risi. <<  Sempre la solita modesta!>>.
<< Sì! Senti, io dovrei dirti una cosa…>>.
Bene, quando iniziava col condizionale sapevo già che non sarebbe andata a finire alla grande.
<<  Cosa?>>, dissi scettica.
<<  Beh, sai che Simone abita qui a Loitsche e che non la vedo da diciassette anni e beh.. lei ora è fuori per lavoro e tornerà tra una settimana. Vorrei fartela conoscere… >>.
Non era male come idea. << Sì, che male c’è?>>.
<< Ecco, il punto è che… mi hanno offerto un lavoro a Magdeburg, nella ditta di vestiti dove lavora anche lei, come sarta, ed io ho accettato…>>.
<< Quindi?>>.
<<… quindi dalla prossima settimana io dovrei iniziare a lavorare a Magdeburg con Simone e mancherò un po’ più tempo da casa. Però non preoccuparti: lei ha due bellissimi figli della tua età e…>>.
Spalancai gli occhi <<  Mamma?? Vuoi che quando tu e Simone starete fuori, io stia con due razze sottosviluppate di uomini con gli ormoni in fermento, pronti a stuprarmi o violentarmi in ogni memento??? NO! No, grazie! Tranquilla, me la cavo da sola!>>.
Mia madre rimase perplessa. <>.
<< Sì! Insomma, siamo a Loitsche! Che mai potrebbe succedermi? Poi, male che vada, la signora Braun abita ancora qui vicino?>>, annuì, <<  Benissimo, andrò da lei!>>, sorrisi.
Sorrise anche lei <<  Bene!! Ora diamoci da fare che fra tre giorni inizi con la scuola!>>.
Sbuffai. Sì, in Germania il ventuno agosto sarebbe iniziata la scuola, nel mio caso l’undicesimo ginnasio.
Ero sicura che quel viaggio mi avrebbe sconvolto la vita e non poco.

   
 
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