Who
wants to live forever?
La luce del sole mattutino filtrava attraverso le imposte, chiuse, della finestra e si andava a posare sul letto, tra le lenzuola sfatte e aggrovigliate che nascondevano un corpo esile. Con pigrizia Suki socchiuse gli occhi mettendo a fuoco la sua stanza, la loro stanza.
Lentamente si portò su un fianco, stringendo il suo cuscino e sbadigliando. Gli occhi ancora impastati e il sapore acre del sonno le intorpidivano i sensi e il piacevole tepore del materasso la spingeva a rimanere nel letto.
Sorrise ricordando di tutte quelle mattine in cui era stata lei a costringere lui ad alzarsi e tutto ciò solo dopo un’ardua lotta e una lunga lista di minacce.
Con la coda dell’occhi osservò l’altro cuscino, posto a fianco al suo. Disegnò una linea immaginaria sull’impronta che vi era impressa, riconoscendo la forma tonda della testa di Sokka e quasi lo rivide, mentre, con la bocca aperta, russava e sbavava.
Arricciò il naso e si stiracchiò, tendendo i muscoli delle braccia e quelli delle gambe, per poi arcuare la schiena e spingere in avanti il bacino.
Con calma si mise a sedere e rabbrividì quando poggiò i piedi sul pavimento. Strinse i denti e si diresse verso la cucina e, a ogni suo passo, si alzavano piccole nuvole di polvere, ma non ci fece caso, ormai si era abituata anche se, all’inizio, si riprometteva spesso di dare una bella pulita.
Aprì la credenza e si concesse una colazione spartana e, mentre se ne stava poggiata a uno dei mobili della cucina, osservava , dalla finestra, le carpe-elefante che guizzavano nella baia dell’isola e i bambini, che dalla spiaggia le guardavano incantati.
Quando ebbe finito ripose la ciotola nel lavello ed essa si andò a unire alle altre che lo ingombravano.
Starnutì e con stizza si diresse in un’altra stanza. Aprì l’armadio che, insieme a un grande e opaco specchio, la ornava e ne tirò fuori la sua divisa.
La indossò con calma, facendo passare la stoffa verde sulla sua pelle, in una lasciva carezza, poi si infilò la corazza, facendo ben attenzione ad allacciare tutti i lacci.
Si passò sul viso il cerone bianco, coprendo le occhiaie che le segnavano il viso, e se ne mise un velo rosso sulle labbra livide.
Si osservò allo specchio, poi si legò i capelli che, costatò, le erano notevolmente cresciuti e che quasi le sfioravano la vita. Quando fu soddisfatta uscì di casa, con passo marziale, mentre la larga veste da guerriera accompagnava i suoi movimenti e di tanto in tanto si gonfiava.
Attraversò il vialetto che divideva in due il giardino della sua casa.
A metà strada deviò direzione, e si fece largo tra le erbacce.
Si arrestò a un tratto e poi si piegò in avanti, in un profondo inchino.
Con le mani guantate sfiorò la superficie piatta della lapide, percorrendo le piccole incrinature e i segni lasciati dal tempo. Sorrise incontrando l’immagine che vi era ritratta. Carezzò i lineamenti di Sokka, che lentamente stavano andando sbiadendosi, poi congiunse le mani in una silenziosa preghiera.
Passarono alcuni minuti e intanto il vento soffiava scuotendo le chiome degli alberi che ricoprivano l’isola di Kyoshi.
A un tratto si tirò su, strinse le braccia attorno ai fianchi e spinse indietro le spalle, si voltò e si diresse verso il villaggio.
Angolo Autore:
Beh, non è così terribile come credevo, almeno non ci sono corvi che mangiano occhi >.<
E sì, qualcuno mi deve spiegare perché sono così macabra in questo periodo! D:
Partecipa all’Avatar’Characters Challenge :D
Me lo lasciate un commentino? XD