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Autore: ellephedre    09/03/2011    15 recensioni
Super Usagi, come la terza serie di Sailor Moon (intitolata appunto Sailor Moon S, dove la S sta per Super). Raccolta di scene con lei e Mamoru come protagonisti.
1 - Studio, studio, studio! (tra l'episodio 92 e 93) - Sempre studio per la povera Usagi, secondo Mamoru.
2 - Il primo bacio? (puntata 94) - Mamoru non ricorda il primo bacio con Usagi?
3 - Ti voglio (episodio 98) - Tra sogni proibiti e piccole incomprensioni
4 - Compleanno (alla fine dell'episodio 102) - Il quindicesimo compleanno di Usagi.
5 - Usagi + Mamoru = Chibiusa? (episodio 104) - Davanti a Chibiusa Usagi si sente trattata da Mamoru come una bambina. O no?
6 - Il bacio dell'estate dei quindici anni (episodio 105) - Usagi va a trovare Mamoru di notte nell'albergo in cui lui lavora.
7 - Lovely Valzer (episodio 108) - Tra gelosie e I lov yu's
8 - Chi ha paura? (episodio 110) - Usagi ha paura per o di Haruka e Michiru? E Mamoru?
9 - Una lettera (dopo l'episodio 117) - Una lettera da Usagi per Mamoru.
10 - Grande (dopo l'episodio 120) - Usagi; volersi sentire piccola, essere grande.
11 - Vittoria? (dalla fine dell'episodio 125) - E' difficile sentirsi vincitori.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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superusagi5
Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


5 - Il bacio dell'estate dei quindici anni
All'interno dell'episodio 105, l'allenamento in montagna di Makoto in cui Usagi cerca di passare del tempo con Mamoru che lavora come cameriere in un albergo.

Aveva quindici anni ed era estate!
Estate!
Vacanze!
Mamoru!
Ridendo tra sé, Usagi addentò il cono gelato per terminarlo rapidamente. Una volta varcata la soglia di casa, Chibiusa l'avrebbe vista subito e se avesse portato con sé anche solo una minima traccia del gelato consumato, beh... sarebbe scoppiato l'inferno. Chibiusa sarebbe corsa da sua madre ad accusarla di non averne comprato uno anche per lei, sua madre l'avrebbe guardata con un misto di disapprovazione e rassegnazione e l'avrebbe minacciata di non prepararle alcun dessert per cena se non avesse portato subito Chibiusa a mangiare un gelato.
Usagi sospirò, addolcendo il sapore delle sue sfortune solo col gusto della fragola.
Perché solo lei si trovava in una situazione simile? Di solito in un trio figlia-madre-nonna ad avere ragione e a decidere era la madre, quindi teoricamente lei stessa. Invece nel suo caso lei era una figlia che non era mai diventata madre ma che aveva una figlia ugualmente. E così alla fine era tormentata sia da sua madre Ikuko che da sua figlia Chibiusa e non aveva alcunissimo scampo.
Sospirò. Avrebbe voluto poter dare qualche colpa a Mamo-chan. Chibiusa era anche figlia sua, ma lui era ancora completamente innocente, visto che loro non avevano certo...
Arrossì e saltellò sul posto.
Era estate, lei aveva quindici anni, un mucchio di tempo libero e un Mamo-chan innamorato. Era tempo! Tempo di qualcosina in più dei baci da principi delle favole.
Avvampò e si coprì la faccia con le mani.
Giusto qualcosina-ina, immaginò. Lei non era pretenziosa né maniaca.
Una scia fredda le scivolò fin sulla fronte.
Il gelato le era finito nei capelli.

«COSA?!?»
«Ehm...» Mamoru si prese un momento per ripetere. «Da domani lavorerò come cameriere per una settimana in un hotel fuori Tokyo.»
«Perchééé?!» urlò disperato il telefono.
«Te l'ho detto, Usako. Motoki ha bisogno che lo copra con questo lavoro, altrimenti-»
«Non ha altri amici?!?»
«Beh... sono l'unico libero.»
«Tu non sei libero!» gridò di nuovo Usagi. «Tu sei-!» abbassò di colpo la voce, «tu sei Tuxedo Kamen! Devi esserci per combattere assieme a noi.»
L'aveva tenuto presente. «Nelle ultime battaglie non ti sono stato tanto utile. Devi solo fare in modo di stare sempre assieme alle ragazze quando combatti. Non mettere in pericolo Chibiusa.»
Il telefono trasmise un lamento scoraggiato.
«Cosa c'è?»
«Mamo-chan... è estate.»
Sì, era la penultima settimana di Luglio.
«Sono in vacanza...»
Già, la scuola per lei era appena finita.
«Non mi vuoi bene?»
Sorridendo, lui alzò gli occhi al cielo. «Certo che sì. Cosa c'entra?»
«Volevo passare l'estate con te...»
«Usako... l'estate non finisce con la prossima settimana.»
«Ma c'è sempre Chibiusa assieme a noi...»
Non gli piaceva quando Usagi nonimava Chibiusa come se fosse un intralcio, ma in parte la capiva. «Qualche volta usciremo di sera, così tua madre la terrà a casa.»
«Davvero?»
Sentirla tanto delusa finì con l'intristire un poco anche lui. «Davvero.»
«Non puoi proprio rifiutare?»
«No» sospirò. «Sai che alla macchina servono batteria, gomme nuove e un controllo completo dal meccanico. Se guadagno i soldi che mi servono ora, risparmio quelli che mi entrano in conto il prossimo mese.» La sua eredità gli veniva passata con un assegno mensile e la situazione non sarebbe cambiata fino al compimento dei suoi vent'anni. Aveva ancora bisogno di lavorare per le spese extra.
Il sospiro di Usagi fece commuovere il telefono. «Ti voglio bene, Mamo-chan.»
Per un momento lui volle ringraziarla solo per come quelle parole lo facevano sentire ogni singola volta.
«Aspetterò impazientemente il tuo ritorno» aggiunse lei. «Mi mancherai.»
Mamoru desiderò poter accarezzare una delle sue code bionde, passarci le dita e farla sorridere. «Una settimana passerà in fretta.»
«Hm-mh» concordò malamente lei. «Ciao.»
«Ciao» le disse lui. Usagi riattaccò senza dire altro.
Mamoru rimase a guardare il telefono.
Usako faceva sempre così quando era delusa, si disse. Si sarebbe ripresa presto, era una delle sue migliori qualità.
Appoggiò il cordless al suo posto.
Si diresse nella sua stanza, a fare la valigia. Trovò uno zaino dentro l'armadio e lo giudicò meno ingombrante e più pratico del borsone. Lasciò la mano ferma sull'anta.
Avrebbe chiamato Usagi dall'hotel appena avesse potuto.
Afferrò una bretella.
Se Usagi si fosse sentita sola, una chiamata non avrebbe reso felice solo lei.

Nel bel mezzo di una favolosa piscina dall'acqua cristallina, col sole splendente e una marea di bei ragazzi e ragazze che facevano bella mostra di sé in costume, per Usagi la vista migliore fu quella che incrociò tra un paio di spaghetti e un pollo allo spiedo.
«Mamo-chan!» bofonchiò a bocca piena.
Mamoru si fermò e voltò la testa, bilanciando a stento le due pila di piatti sporchi che teneva tra le mani. «Usagi? E anche voi ragazze...» Non riuscì nemmeno a ridere. Perché si era preoccupato? Il destino, in un modo o nell'altro, non separava mai lui e Usagi.
«Ma che fortuna incontrarci qui per caso!» dichiarò lei.
Mamoru aggrottò la fronte. Era una commedia a beneficio delle altre? Quella stessa mattina le aveva lasciato un messaggio in segreteria per dirle esattamente dove si trovava, nel caso ci fosse stato bisogno di lui per qualche emergenza.
Lei si alzò da tavola. «Mamo-chan, cosa ne dici di andare a fare un giro noi due soli?»
Non poteva. «Scusami, ma adesso sono molto occupato.» Cercò di dare l'idea col numero di piatti che portava. «La paga è buona e anche le mance, ma c'è molto lavoro. Devo darmi da fare.»
«Mamoru-san!» gridò uno dei suoi colleghi in lontananza.
«Eccomi!» Andò via e si ricordò di non aver salutato Usagi solo dopo una decina di passi. Voltandosi, riuscì a vedere solo che lei sembrava china sul piatto.
«Mamoru-san, aiutami!»
Non gli restò che tornare al lavoro.

Sera, dopo la battaglia.
Incartata come una busta nel suo futon - in montagna faceva sempre freschino di sera - Usagi guardava il soffitto.
Makoto era stata bravissima durante il combattimento. La sua dedizione aveva pagato, ricompensandola pienamente. Peccato che avesse deciso di interrompere d'improvviso il suo allenamento - per non affezionarsi troppo ad un certo tipo pelato, sospettava Usagi - e quello era un vero disastro. Un disastro gigantesco, crudele.
Ebbe voglia di piangere. Seppure tanto vicina a Mamo-chan, non sarebbe riuscita a stare sola con lui nemmeno per un attimo. Se avesse provato a lamentarsi Rei l'avrebbe aggredita per la sua immaturità, Ami avrebbe obiettato che solo a Tokyo potevano studiare bene, Minako le avrebbe lanciato dardi d'invidia con gli occhi e Makoto non avrebbe mai creduto che fosse venuta fino a lì per lei. Invece era proprio così, solo che la presenza di Mamo-chan nelle vicinanze le aveva permesso di acchiappare due piccioni con una fava e quale ragione c'era per non approfittarne?
Nessuna, si rispose.
Perciò, molto discretamente, iniziò a scivolare fuori dalle coperte.
«Dove credi di andare?» le domandò un bisbiglio alla sua destra.
Usagi sentì la pelle d'oca. «In bagno.»
Minako tirò la testa fuori dalle lenzuola. «Ci sei stata dieci minuti fa.»
«Ecco... Ho bevuto molto oggi.»
«Io no. E non me la bevo neanche adesso.»
Usagi piagnucolò in silenzio. «Minako! Minakochanuccia, abbi pietà!»
Minako affondò una risata bassa nel futon. «Ma certo, vai!»
«... Davvero?»
«No, per finta.»
Usagi non riuscì a credere alle proprie orecchie. «Minako... veramente non ti dà fastidio?»
«A me?» La sorpresa fu sincera.
Usagi non seppe come commentarla.
«Vuoi andare o no?»
«Certo!» Scattò in piedi, silenziosa e leggiadra come la migliore delle ladre. «Torno presto!» Sgattaiolò fuori.

«Ma davvero pensava che non la sentissimo?» Rei si voltò su un fianco.
«Beh» bisbigliò perplessa Makoto. «Ami dorme.»
«... sono sveglia.»
«Non dormiva nessuno!» ridacchiò Minako.
«Io ho ancora l'adrenalina!» Makoto tirò un paio di pugni allegri in aria.
«Shh!» le ammonì con una risata Rei. «Nel resto dell'albergo riposano.»
Minako mise il broncio. «È proprio da escludere la battaglia dei cuscini parte due?»
Rei non si lasciò distrarre. «Cosa intendeva dire Usagi quando ti ha chiesto se non ti dava fastidio che se ne andasse?»
Nel buio della stanza la pausa fu brevissima. «Non so. Avrà capito male.»
«Secondo me sì» commentò Makoto. «Tu sei proprio come tutte noi, Minako. È difficile non essere un pochino invidiosi della fortuna di Usagi.»
Rei comprese. «Esatto. Non c'è niente di male ad essere un po' depressi nel non avere un ragazzo tutto per noi.» Trovò indispensabile fare un'aggiunta. «Se lo dite ad Usagi, vi punirò in nome di Marte.»
Minako era rimasta in silenzio.
Rei cercò soccorso. «Non la pensi così anche tu, Ami?»
«Hmm... beh, io credo che siamo ancora troppo giovani per avere un fidanzato-»
«Ami.»
«Però penso anche che abbiamo un'età in cui il bisogno di romanticismo è forte-»
«Ami.»
«Oh, lasciami parlare!»
Attonita, Rei si zittì.
Poté quasi vedere l'imbarazzo di Ami, anche nel buio. «Volevo solo dire che... l'amore ci attira tanto. Vederlo accanto a noi provoca un fortissimo desiderio di viverlo. Non è invidia.»
Nella stanza si levò un sorrisino. Minako si allungò nella direzione di Ami. «Allora tutti quei libri servono ad acquisire un po' di vera saggezza.» Si allungò di lato e accese una piccola lampada. «Visto che nessuna di noi ha sonno, vi va una partitina a carte?»

Esperimento numero uno.
Usagi si trasformò nell'area vuota e buia delle piscine. Le vasche erano state coperte per la notte, cambiando completamente il panorama. Lei si era aspettata di trovare il riflesso magico della luna sull'acqua e invece al suo posto c'era solo il buio di grossi teloni di plastica nera. Sospirò tra sé, guardando il cielo nuvoloso che prometteva pioggia.
Strinse i pugni: si rifiutava di lasciarsi demoralizzare! Per un'atmosfera romantica non le ci voleva altro che Mamoru.
Se le cose andavano come sempre, lui avrebbe sentito che lei si era trasformata e sarebbe arrivato a controllare. Di solito era necessario che lei si trovasse maggiormente in pericolo, ma visto che era tutto tranquillo e non c'era in giro niente a distrarlo, Mamoru avrebbe dovuto percepirla anche così, no?
A meno che non se la stesse dormendo alla grossa.
Si appoggiò contro una cabina chiusa. In giro non c'era neanche un tavolino accanto a cui sedersi. Per paura della pioggia avevano messo via tutto.
E se Mamoru era già addormentato? Ne avrebbe avuto il diritto dopo una pesante giornata di lavoro.
Lei aveva tentato di intercettarlo mentre girava tra i tavoli ed erano riusciti a scambiare qualche parola, ma dopo un po' aveva capito che lo stava solo intralciando costringendolo ad ascoltarla mentre lavorava.
Lei non aveva pensato che a lui durante il giorno - con l'eccezione della battaglia, di Eugeal, di Makoto, delle sue amiche, delle Outers, di Luna e di Chibiusa, di Haruka e Michiru - ma Mamoru le era sembrato quasi indifferente. A volte aveva l'impressione che lui fosse quasi contento di poter stare un po' lontano da lei. L'amava, ma erano così diversi che forse Mamoru voleva trovare un po' di respiro dalle sue continue sciocchezze.
«Niente più mostri, vero?»
Lei si girò con un salto. «Mamo-chan!»
«Shh!» le indicò lui, con un dito guantato davanti alla bocca. Sorrideva.
«Niente più mostri!» confermò felice Usagi. Inclinò la testa. «Oggi non sei venuto perché eri impegnato?»
Lui annuì. «Ero riuscito a liberarmi, ma quando ero a metà strada il combattimento era già finito.» Si appoggiò contro la cabina, accanto a lei, una visione di confortante nero e bianco. «Forse dovrei allenarmi anche io come Makoto. A correre di più.»
Usagi scosse la testa. «Non abbiamo il potere della supervelocità.» Si rallegrò. «Sai che oggi non è servito il mio intervento per battere il nemico? Makoto ci è riuscita da sola.»
«Veramente?»
«Sì» annuì Usagi. Cercò di imitare le movenze dello sparkling wide pressure di Makoto. «Ha creato la sua palla di elettricità e l'ha scagliata contro il nemico a tutta potenza. È stata fantastica!»
«Nessuna delle altre si è fatta male?»
«No.»
«Neanche tu?»
Usagi fu confortata dalla domanda. Aveva imparato a lamentarsi di meno delle piccole ferite apposta per non dare inutili pensieri alle sue amiche, ma la preoccupazione di Mamoru rappresentava una dolce protezione anche solo a parole. «Sì, sto bene anche io. Eri in pensiero per me?»
«Sì» sorrise lui, inclinando il capo. La mascherina bianca era come trasparente per lei: riusciva a immaginare perfettamente lo sguardo di lui, sempre.
Accennò a due passi e posò la testa contro il suo braccio. «Eri addormentato?» sussurrò. Nemmeno lei seppe perché aveva abbassato la voce.
«Un po'.»
Lo strinse. «Scusami per averti svegliato.» E per non riuscire a pentirsi di averlo fatto. Era una ragazzina immatura, troppo scioccamente innamorata. «Perdonami.»
Sentì la stoffa delicata dei guanti di lui sulla propria nuca. Mamoru iniziò a seguire con le dita i suoi capelli; arrivò ad una sua coda e, piano, la divise tra i polpastrelli, trasformandola in lunghi fili.
Usagi chiuse gli occhi.
Dondolò lentamente contro di lui, quasi senza muoversi.
Quando le sembrò che mancasse qualcosa, iniziò a canticchiare la loro musica, la melodia del carillon.
Mamoru chinò il capo verso la sua testa e il suo respiro le sfiorò la testa.
Cominciò a dondolare con lei, in passi accennati che conoscevano entrambi.
Usagi fu felice.
Nel cielo scoppiò un fulmine.
«Ahhh!» urlò lei.
«Shh!» rise Mamoru, stringendola. «È solo il temporale!» La sentì tremare e si fece serio. «Ti accompagno al tempio?»
Dalla montagna vicina il cielo si aprì come un manto, tanto violentemente che bastò un altro lampo a far intravedere la coltre di pioggia che correva verso di loro.
Mamoru armeggiò dentro una tasca. «Aspetta... Ho la chiave di questa stanza degli attrezzi...»
Usagi cominciò a saltellare. «Fai in fretta!»
«Trovata.» Mamoru infilò la chiave nella toppa e la aprì proprio quando la pioggia cominciò a battere sui teloni delle piscine. Usagi sentì una goccia d'acqua che la picchiava sul collo appena un istante prima di chiudersi dietro la porta della cabina. Dentro la stanza piena di sedie, tavoli e ombrelloni ripiegati, c'erano meno di tre metri in cui muoversi. «Per chi è uscito la serata è rovinata...» Venendo lì aveva visto in lontananza le luci di una discoteca.
Mamoru prese una sedia da una pila. La depose a terra. «No. Ha piovuto così anche ieri sera, solo per una decina di minuti. Il meteo aveva previsto temporali sparsi in tarda serata. Si calmerà tra poco.»
Usagi non poté fare a meno di sorridere. «Non mi dispiace essere intrappolata qui con te.»
Lui depose la maschera sull'angolo di un tavolo. «Lo so.»
La pioggia stava torturando il tetto della cabina-deposito in cui si erano rifugiati. Usagi lanciò un'occhiata al pavimento spoglio, alla stanza lugubre con una singola lucetta, alle pareti privi di qualunque poster o cartello. Si fece venire un'idea. «Ti va di-?» Si bloccò in tempo. Si coprì la faccia fino alle guance.
«Cosa?»
«Ehm...» Di giocare a carte? Ma non aveva delle carte! E poi la sua vera idea era migliore, anche se tremendamente sfacciata.
«Che cosa volevi proporre?» sorrise lui. Si era tolto il cilindro e gli bastava un'illuminazione minima per essere affascinante come un principe.
Era un principe.
Usagi deglutì. «Di...» E lei era la sua principessa. «Di... baciarci?»
Mamoru si ritrasse come se avesse visto un ragno.
In lei, dopo una doccia gelata di imbarazzo, vinse un pizzico di offesa. «Se non vuoi...» abbassò lo sguardo, «fammelo capire in un altro modo.» Sarebbe stato carino. Educato. Giusto. Meno cafone, meno antipatico e meno... doloroso.
Le rispose una risata tanto bassa da non sembrare quasi tale. «No, il...» Mamoru si interruppe e ricominciò a parlare. «Il fatto è che... detto così...»
Usagi sollevò le sopracciglia.
«Niente» chiarì lui. «Nulla.» Sorrise. «Beh... sì, certo.»
Eh? pensò lei.
Mamoru la raggiunse e si sedette sul tavolo che le stava accanto. «Non è molto romantico, tutto qui.»
La sua proposta era stata accettata. Usagi cercò di non scoppiare a ridere. «Tu sei più bravo di me a essere romantico.»
«Pensavo che ti piacesse.»
«Mi piace.»
«No, voglio dire che a volte cerco apposta situazioni romantiche perché so che piacciono a te.»
E quindi a lui non piacevano tanto?
Mamoru intuì la domanda e iniziò a entrare nel panico. Quando scosse la testa Usagi comprese la sua sincerità e volle ridere. Decise di agire in una maniera ancora migliore.
«Smack.»
«Che?»
In piedi tra le sue gambe, lei si sporse in avanti. «Pciù.» Appoggiò la bocca sulla sua e gli zittì i pensieri.
Sotto le sue, le labbra di Mamo-chan furono morbide e ferme, ancora esitanti. Quando si rilassò, come sempre, lui massaggiò la bocca sulla sua, facendola sentire una vera principessa.
«Mi manchi già dopo un giorno.» Usagi tornò a far schioccare le labbra contro quelle di lui, appena. Sentì una punturina di gioia nel petto quando Mamoru cercò di non farla andare via, sporgendosi in avanti. Lei non gli sfuggì, posando le mani sulle sue spalle.
Per qualche momento, lasciò che fosse lui a baciarla piano, con tocchi lievi su tutta la linea della sua bocca.
Amata, quietamente adorata, riprese a canticchiare. «Hm-hm-mh-hm, hm-hm, hm-hm hm hm...»
«Pensavo che la trovassi triste...»
Con gli occhi chiusi, Usagi premette di nuovo la bocca su quella di lui, delicata. «Non tanto... non più.» Respirò dalla sua guancia. «Sono triste quando non sei con me, ma quando la canto così...» Alzò lo sguardo. «Mi ricordo di adesso.» Sulle sue labbra, fece di nuovo pciù. «E allora torno felice.»
Lui unì le sopracciglia. «... Mi manchi anche tu.»
Usagi lo strinse forte.
Non aveva bisogno di musica. Di nient'altro.
Sorrise alla notte piovosa, alla cabina in penombra e soprattutto a Mamoru, anche se non poteva vederla. «Se stiamo così abbastanza a lungo, mi passerà la paura dei fulmini.»
Un tuono le trasmise un brivido, smentendola.
«Funziona meglio la tecnica di prima.» Tenendola per le spalle, Mamoru riuscì a scostarsi abbastanza da guardarla.
Usagi intuì il suggerimento e tornò a ricevere un bacio. Lo diede proprio come lui, senza più giocare come bambini. Separò le labbra quasi per caso, di poco, e come sempre non si affrettò a riunirle. Assaporò il piccolo brivido del gusto, solo sulla punta della lingua. Sorrise del tremito che fece vibrare di calore i suoi sensi, ma non riuscì più a farlo quando non volle separarsene.
Mamoru non si ritrasse, rimase lì, a farla restare in bilico tra dolcezza e un precipizio profondo. Conosciuto.
Usagi si sbilanciò.
Impossibilitata a parlare, emise un mormorio di timorosa resa.
Mamoru allontanò la bocca dalla sua, gli occhi aperti.
Lei deglutì, chiuse i propri e riunì le labbra alle sue. Estate. Un amore grande, da grandi. Scelse di sentire il sapore che prima l'aveva assaltata con la sua sola presenza.
La melodia del carillon risuonò dentro le sue orecchie. Nella stanza.
Il bacio un po' più adulto si ricordò da solo di essere già esistito.
Con gioia immensa, nel mezzo di una guerra, infinite epoche addietro. Era stato osteggiato, desiderato, ricercato, trovato con sollievo inatteso, adorato per istanti preziosi, crudelmente ucciso e infine rimpianto anche nella morte.
Le cadde una lacrima.
La goccia toccò il naso di lui.
«... piangi?»
Mamoru non aveva ricordato. Usagi comprese che non era accaduto neppure lei. Era stata solo... una sensazione.
«Possiamo farlo di nuovo?» Non provò vergogna nel chiederlo.
Ricevette ancora una volta il suo bacio adulto, gustoso, da brividi. Felice. Rise nel ricambiarlo, anche per Serenity che non c'era più.
Poi si dimenticò di lei, com'era giusto e bello.
Solo Usagi. Solo Mamoru.
Non c'era nessun altro lì con loro.
Quando lui accennò ad accelerare il ritmo, Usagi si allontanò con le guance in fiamme. «Ehm...»
Mamoru annuì con un sorriso. Aveva capito.
Sollevò lo sguardo, facendo vagare gli occhi.
«Non piove più.»
Usagi aguzzò l'orecchio. Non riuscì a crederci. «È già finita?»
«Siamo qui da un po'...»
Due minuti. Cinque. Dieci?
Mamoru si alzò dal tavolo. «È tardi. Ti accompagno al tempio, così vedo dov'è.»
Usagi rilasciò un lungo sospiro. «Non serve. Domani torniamo a Tokyo.»
«Oh.»
La delusione di lui le provocò un sottile piacere assolutamente non vendicativo. «Torna presto a casa, hm?»
«Appena finisce la settimana» annuì lui.
Era solo martedì.
«Magari Motoki si libera prima» offrì Mamoru.
Usagi gli regalò un nuovo pciù sulla bocca. «Speriamo. Quando tornerai, verrò a trovarti con Chibiusa.» Perché Mamoru le voleva tanto bene e lo avrebbe fatto felice vedere anche lei.
Glielo confermò l'espressione di lui.
Aprendo la porta della cabina, Usagi si morse un labbro e lanciò un'occhiata al pavimento bagnato. «E poi magari ci sbarazziamo di lei?»
Seguì un istante di silenzio.
«Perché no?»
Usagi sentì di aver vinto le Olimpiadi. «'Notte, Mamo-chan.»
«Buonanotte.»
Lui le sfiorò una mano e Usagi usò una volontà di ferro che non aveva per sfuggirgli dalle dita. «Ti amo!» bisbigliò forte, per compensazione.
A lui era rimasta la voglia di un saluto più affettuoso e meno affrettato, proprio come aveva sperato lei.
«Anche io» le disse e Usagi riuscì a correre via solo ricordandosi che gli sarebbe mancata tantissimo durante quella settimana. Al suo ritorno, lui sarebbe stato più amorevole che mai.
Correndo tra gli alberi di montagna, guardò la luna che spuntava dalle nuvole nere.
Quant'era faticoso, pensò, seguire i suggerimenti di Rei.

«Allora non hai detto niente?» insistette Usagi, facendosi spazio nel treno, alla ricerca del loro posto.
Minako si trattenne dal sospirare. «No.»
«Di che parlate?» Luna aguzzò le orecchie.
Minako trattenne una risata malvagia. Alla guardiana Luna la sua protetta era sfuggita in un momento cruciale. Di lì a qualche anno - o a qualche mese? - questo avrebbe significato che una certa ragazza che non riusciva a stare lontana dal suo fidanzato avrebbe perso la propria innocenza. E l'avrebbe fatta perdere a lui, il che, considerando l'età di quest'ultimo, sarebbe stata una buona cosa. In ogni caso, pensò, Luna sarebbe rimasta all'oscuro, fallendo nel suo compito di supervisione.
Fortuna che il Regno Argentato era morto e sepolto.
«Hehehe» ridacchiò scioccamente Usagi. «Niente!»
Sospirando, Minako indicò davanti a sé. «Luna! Artemis guarda un'altra gatta!»
«Cosa?» Luna sgusciò via, sotto i sedili e tra le gambe dei passeggeri già accomodati.
Usagi prese posto con un sorriso.
Minako lanciò un'occhiata consapevole ad Ami - che arrossì e tenne bassa la testa - a Rei - che ricambiò con un occhiolino - e a Makoto - che scrollò le spalle.
Soddisfatta del suo inesistente segreto, Usagi tirò fuori dallo zaino una vaschetta di cibo. «Chi vuol mangiare?»
«Io!» si aggregò Minako.
Tra sé, cercò di non ridacchiare troppo.

FINE



NdA - In tv la terza serie è passata troppo in fretta, ma per fortuna ho gli episodi. Ho ancora qualcosa da raccontare e quando mi verrà l'ispirazione, come oggi, cercherò di farlo.
Spero che questa piccola one-shot vi sia piaciuta :)
Per me sarebbe un piacere sapere di avervi trasmesso qualcosa.

Oh, recentemente ho aggiornato anche con un nuovo capitolo della raccolta 'Red Lemon' e più precisamente con Usagi/Mamoru II, scene che non avevo mai raccontato estrapolate dal quarto capitolo di 'Oltre le stelle'. Solo per maggiorenni ;)

Alla prossima!
ellephedre

   
 
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