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Autore: mieledarancio    09/03/2011    4 recensioni
«Apri subito! Non puoi rispondermi così, dopo quello che hai fatto ieri sera! Voglio le tue scuse! Mi hai capito?». [...]
«Tom... che cosa stai facendo? Perché fai tutto questo rumore?», chiese improvvisamente una voce impastata dal sonno, che Tom riconobbe immediatamente come quella di Bill.
Il gemello, infatti, era fermo sulla soglia della sua camera, i capelli scompigliati e gli occhi sottili e assonnati.
«Torna in camera, Bill. Devo risolvere una questione con il tuo presunto fidanzato». [...]
«Con il mio cosa?».
«Vai a sognare i palloncini e non rompere!».
{ Tom/Georg }
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13. Happy Birthday!

 

 

 

Due settimane dopo la loro uscita, Bill era ancora in fermento, ogni giorno più che mai. Aveva pensato molto a come organizzare qualcosa di carino per festeggiare il ventisettesimo compleanno di Simon, ed ora che il giorno fatidico era ormai alle porte, era giunto ad una conclusione: una festa a sorpresa era quello che ci voleva. Se ci pensava non riusciva a spiegarsi il motivo per cui volesse festeggiare il compleanno dell’americano. Era ormai convinto di non sopportarlo, nonostante conoscesse la sua storia, ma sentiva il bisogno di farlo comunque. Con gli altri si giustificava dicendo che adorava le feste di compleanno – e in parte era anche vero –, ma non si spingeva mai oltre; tuttavia c’era chi aveva capito comunque che dietro quel suo comportamento c’era dell’altro, ma preferiva tenere le proprie opinioni per sé: il suo gemello vedeva cose che altri non vedevano, ma in quel periodo aveva altro a cui pensare e di cui preoccuparsi.

Bill, infatti, non era l’unico ad essere combattuto tra un sentimento di piacere e un altro di fastidio; anche Tom aveva il suo bel da fare. Le cose con Georg sembravano andare bene, tutto procedeva tranquillamente da quando avevano deciso di riprovarci, ma la mancanza di alcune cose cominciava già a farsi sentire. Per esempio, il chitarrista sentiva il bisogno di provarci con qualcuno – la sua specialità -, ma col fatto che Georg era geloso, doveva suo malgrado trattenersi; ogni notte dormiva insieme al bassista, il che era anche piacevole, ma ogni tanto avrebbe voluto dormire da solo; ogni volta che uscivano, anche solo per comprare un pacchetto di caramelle, pagava sempre Georg e a Tom la cosa non andava proprio giù: non riusciva più a sentirsi indipendente.

 

“È innamorato, Tomi. È normale che faccia così” continuava a ripetergli Bill con gli occhi che brillavano meravigliati. E così cercava di non farci caso, o almeno di trattenersi dall’esprimere il proprio fastidio direttamente con il bassista.

 

Ma la cosa che gli mancava di più era un’altra: il sesso. Era da due settimane, due settimane intere, che andava avanti soltanto di seghe. Per uno come lui era davvero il colmo chiudersi in un bagno e farsi i lavoretti da solo, quando invece avrebbe benissimo potuto scoparsi la prima ragazza che passava per strada. Ma no, non poteva, perché Georg avrebbe ammazzato prima la ragazza e poi anche lui.

 

“Perché non lo fai con lui, scusa? State insieme, siete grandi e vaccinati e vi amate. Cosa vuoi di più?”.

 

Questa volta Bill si sbagliava di grosso: Georg era quello innamorato, non lui. C’era una bella differenza.

 

E per quanto riguardava la prima domanda, Tom aveva dato questa risposta: “Non lo faccio con lui perché non ho mai scopato con un ragazzo prima d’ora, credevo di non doverlo mai fare, quindi non mi sono neanche posto il problema. E la cosa mi terrorizza non poco”.

 

Sapeva benissimo che la parte passiva sarebbe toccata a lui e l’idea non gli piaceva affatto. Ma anche se fosse stato lui quello attivo le cose non sarebbero cambiate: non avrebbe avuto la minima idea di che cosa fare e molto probabilmente si sarebbe bloccato come un idiota, facendo una figura barbina.

Niente da fare, avrebbe dovuto accontentarsi delle seghe.

Un piccolo passo avanti, però, l’aveva fatto: aveva scoperto il piacere di baciare il bassista e la cosa non gli riusciva più tanto difficile. Ecco perché aveva continuato a ficcargli la lingua in bocca anche quando Bill era entrato nella stanza di Georg per parlargli della festa a sorpresa per Simon.

 

«Pensavo che magari potremmo farla nel nostro studio qui in America. Lì ci sarebbe abbastanza spazio» continuava a pensare il cantante ad alta voce, andando avanti e indietro per la stanza.

 

Georg morse delicatamente il labbro inferiore di Tom, tirando verso di sé il piercing umido, e questo gemette deliziato.

 

«O magari ad Amburgo, a casa nostra! Però dovremmo spostarci in due giorni...» constatò Bill pensieroso.

 

Tom prese deciso il viso del bassista fra le mani e cominciò a dare profonde leccate al suo palato, facendolo sospirare.

 

Il cantante si picchiettò il mento con un dito. «Non so davvero che cosa scegliere».

 

I suoi occhi si posarono finalmente sul gemello e sull’amico, intenti a divorarsi a vicenda sulla poltrona, Tom in braccio a Georg; non sembravano minimamente interessati e con molte probabilità non avevano ascoltato una singola parola di quello che aveva detto.

 

Offeso, si mise le mani sui fianchi e sbatté un piede a terra. «Potreste ascoltarmi per cinque minuti, cazzo?!» sbottò spazientito.

 

Grugnendo irritato, Tom si staccò dalle labbra del compagno e alzò gli occhi al cielo, non potendo guardare il gemello perché in quel momento gli stava dando le spalle. «Ti abbiamo ascoltato, Bill! È da mezz’ora che lo facciamo!» sbottò esasperato.

 

Non si può mai pomiciare in santa pace!

 

Georg annuì accondiscendente, stringendo fra le mani i fianchi del chitarrista.

 

«Fai come ti pare! Qualsiasi luogo va bene, basta che ti decidi!».

 

Bill tornò a picchiettarsi il mento con un dito. «Allora penso che il nostro studio sia l’idea migliore. È vicino».

 

«Bene!».

 

Tom si piegò nuovamente sul bassista e prese a succhiare il suo labbro inferiore, mentre questo rispondeva alle sue attenzioni con un gemito sommesso.

 

«Ragazzi, non so come ringraziarvi!» esclamò il cantante al settimo cielo, guardandoli con gli occhi che brillavano di riconoscenza. «Per me siete stati fondamentali in questa decisione».

 

In realtà aveva fatto tutto da solo. Ma i pazzi vanno assecondati, si sa. Per questo il gemello gli rispose alzando una mano in aria e facendogli ‘okay’ con il pollice. L’importante era che smettesse di blaterare e che li lasciasse continuare in pace il loro lavoro.

 

«Grazie mille!».

 

Bill fece qualche saltello sul posto e in un batter d’occhio si era già fiondato fuori dalla porta, felice come una Pasqua. Finalmente sapeva cosa fare.

 

«Oh!» esordì ancora una volta, infilando la testa dentro la stanza. «Non dimenticatevi il regalo, mi raccomando. Non può mancare!».

 

Entrambi i due ragazzi gli risposero con un verso spazientito.

 

 

 

 

 

 

- Due giorni dopo -

 

«Non dimenticatevi il regalo, mi raccomando. Non può mancare!» borbottò Tom irritato, scimmiottando la voce del gemello.

 

Dentro al camerino, Georg ridacchiò sommessamente. Quello era forse il terzo negozio di abbigliamento in cui mettevano piede e il chitarrista, che aveva i nervi a fior di pelle, sembrava non riuscire a concentrarsi su un possibile regalo per Simon. Si era fissato che dovessero prendergli per forza un indumento – non si sa per quale motivo -, ma non si sforzava neanche un po’ per trovarlo, impegnato com’era ad inveire contro il fratello assente; il bassista era l’unico a dare un’occhiata in giro, provando a pensare a cosa sarebbe potuto piacere all’americano. Ma la cosa peggiore era un’altra: Tom lo aveva costretto a fare da modello, provando tutti i capi che sceglievano con la scusa che lui e Simon avevano più o meno la stessa corporatura.

 

«Hai finito?» sbuffò il chitarrista, stufo di aspettare fuori dal camerino.

 

La tenda si aprì velocemente, rivelando un Georg sorridente in jeans attillati e camicia a quadri aperta sul petto – ecco, quella era forse l’unica cosa che Tom aveva adocchiato in un’ora e mezza -. Era convinto che finalmente avessero trovato quello che stavano cercando, per questo aveva quell’espressione fiera.

 

Tom storse la bocca e scosse la testa. «Orribile».

 

Il sorriso del bassista svanì nel nulla. Okay, se neanche quello andava bene, avrebbero trascorso l’intera giornata in giro per negozi e alla fine si sarebbero ritrovati comunque a mani vuote. E la festa era quella sera.

 

«Sai, forse ho capito qual è il problema» esordì il chitarrista, studiandolo da capo a piedi. «Come modello fai cagare».

 

Georg strabuzzò gli occhi sconcertato. «Scusa?».

 

«Sì, non valorizzi abbastanza le cose».

 

Cercò di nascondere l’irritazione e inarcò le sopracciglia. «Beh, forse lui saprà farlo» ribatté piccato. Non valorizzava abbastanza le cose? Questa poi...

 

«Probabile» mormorò Tom, mentre uno strano sorrisetto malizioso si disegnava sulle sue labbra.

 

Il bassista studiò silenziosamente il suo volto per un istante. Ormai aveva imparato a riconoscere quell’espressione e quella particolare luce che illuminava i suoi occhi certe volte. Tom voleva ‘attenzioni’.

 

Sorrise divertito, scuotendo leggermente la testa. Non cambierà mai.

 

Si avvicinò a lui quel tanto che bastò per afferrargli i fianchi possessivamente, attirarlo a sé e trascinarlo all’interno del camerino; chiuse frettolosamente la tenda e si soffermò per un istante sul sorriso compiaciuto dell’altro.

 

«Vedo che capisci in fretta» sussurrò questo.

 

Georg, che in momenti come quello dimenticava completamente il significato della parola ‘controllo’, lo spinse contro lo specchio, facendolo aderire con la schiena ad esso, e si impossessò delle sue labbra; lo baciò con foga, muovendo la lingua all’interno della sua bocca ed insinuando voglioso le mani sotto la maglia extralarge. Tom sembrava gradire, a giudicare dai mugolii di piacere che si lasciò scappare, cercando comunque di non fare troppo rumore. Non dovevano dimenticare che erano ancora in un camerino di un negozio.

Da quando il chitarrista si lasciava andare di più alle sue attenzioni, Georg ogni volta si concedeva qualcosa in più. Accarezzò e graffiò leggermente la pelle dei suoi fianchi, spingendo poi il proprio bacino contro il suo. Sentiva di essere già eccitato e chissà se anche Tom lo era...

Questo cominciò a strusciarsi contro di lui, ansimando pesantemente contro il suo viso, le loro bocche ancora unite. Non lo avrebbe mai ammesso a Georg, ma sì, era eccitato anche lui e quello che stavano facendo gli piaceva molto; era qualcosa di nuovo, ma non gli dispiacque affatto.

Il bassista assecondò i suoi movimenti, dando delle piccole spinte contro il suo bacino. Voleva che fosse piacevole sia per lui che per Tom. Così facendo, non ci volle molto prima che entrambi arrivassero al limite del piacere. Lasciò che il proprio seme si liberasse nelle proprie mutande, bagnandole completamente, e con un gemito trattenuto nella bocca dell’altro continuò a spingere contro di lui per farlo venire a sua volta; ma notò che questo ce la stava mettendo tutta per trattenersi.

 

«Lasciati andare» bisbigliò Georg al suo orecchio.

 

Tom scosse vigorosamente la testa, gli occhi serrati e una smorfia sul viso.

 

«Tom, vieni».

 

Per quanto si fosse impegnato, alla fine il chitarrista non resistette: incastrò il viso nell’incavo del collo del compagno e venne con un ansito più forte degli altri. Il bassista sorrise compiaciuto, avvolgendo il suo corpo tremante di piacere in un abbraccio.

 

«Sei un idiota» ansimò Tom esausto. Sollevò il capo e puntò gli occhi nei suoi. «Come cazzo faccio a pulirmi adesso?».

 

«I jeans larghi serviranno pur a qualcosa, no?» ridacchiò Georg divertito ed intenerito da quel broncio che si disegnò sul viso dell’altro. «Piuttosto, pensando a me... necessito di un cambio immediato. Quindi io consiglierei di andare in studio».

 

«Dobbiamo ancora trovare un regalo».

 

Indicò gli indumenti che aveva addosso. «Lo abbiamo appena trovato... e battezzato».

 

Il chitarrista alzò gli occhi al cielo in un finto tentativo di mostrare il suo disappunto, ma il sorrisetto divertito sulla sua bocca lo tradì.

 

«Soltanto... magari cambiamo questo paio di jeans con un altro pulito, eh».

 

 

 

 

 

 

«Gustav, credo che tu non abbia capito bene il passaggio principale».

 

Il batterista sbuffò scocciato e alzò gli occhi al cielo. Perché diavolo aveva accettato di preparare la torta con Bill? Che poi dire ‘con Bill’ era fin troppo esagerato: lui almeno provava a combinare qualcosa; il cantante invece guardava e criticava soltanto.

 

«L’impasto non deve avere i grumi! E poi il libro dice di usare tre uova... Tu ne hai usate soltanto due!».

 

Gustav si voltò verso di lui, seduto sulla sedia alle sue spalle, brandendo minacciosamente un cucchiaio sporco di uova e farina. «Se tu sei l’esperto, perché non provi a farlo al posto mio?».

 

Bill inarcò un sopracciglio e lo fissò come si fissa uno stupido. Ma proprio non capiva? «Ti pare che uno come me si metta a pasticciare con uova e farina? Se lo facessi, addio alla manicure!».

 

«Era proprio la risposta che mi aspettavo».

 

Il batterista si armò di tutta la buona volontà che possedeva e tornò a dedicarsi al suo impasto. Okay, era da buttare, ma magari con un po’ di impegno il secondo tentativo sarebbe andato a buon fine. Si avvicinò al cestino e fece per rovesciare il tutto all’interno di esso. Come per ogni cosa, ci voleva pazienza; doveva soltanto non ascoltare quel...

 

«Che stai facendo?!» squittì isterico il cantante, facendolo sobbalzare sul posto.

 

Lo fissò scettico, non capendo cosa avesse da strillare tanto. «Lo butto, no?».

 

«E poi con che cosa pensi di fare la torta?».

 

Rimase basito. Lo stava forse prendendo in giro? «Con altre uova e altra farina».

 

«Non ne abbiamo a sufficienza. Devi aggiustare quello».

 

«Non si può aggiustare!»

 

Con molte probabilità, Bill non aveva mai preparato una torta in vita sua e perciò non sapeva neanche che recuperare un impasto come quello che Gustav aveva appena fatto era quasi impossibile; il tutto andava buttato e basta.

Com’era possibile che non avessero abbastanza ingredienti? David – che era stato messo al corrente della festa e che in quel momento era impegnato a tenere Simon lontano dal loro studio di registrazione – aveva fatto in modo di procurar loro il necessario; non poteva aver pensato veramente che tutto sarebbe andato liscio già al primo tentativo! E per gli imprevisti come avrebbero dovuto fare?

 

Il cantante, intanto, continuava a sbraitare come un ossesso. «Sei un incapace, Gustav! Adesso dovremo far a meno della torta ed una festa di compleanno senza torta non è una festa di compleanno!».

 

Il batterista digrignò i denti, ormai al limite della sopportazione. In un certo senso era abituato ad essere sottomesso e ad incassare silenziosamente gli insulti dell’altro, ma a tutto c’era un limite. «Bill, questa volta te lo devo proprio dire... Hai veramente rotto le-».

 

«Cos’è quell’ammasso informe? Il vomito di Scotty?». La voce di Tom, appena entrato nella stanza con Georg al seguito, evitò la probabile guerra che avrebbe sicuramente avuto luogo con l’affermazione di Gustav.

 

Erano appena tornati, un’enorme sporta fra le mani e un pacchetto al suo interno. Potevano ritenersi soddisfatti del loro operato, in fondo; purtroppo non si poteva dire lo stesso per gli altri due componenti della band, che erano sul punto di saltarsi addosso e sbranarsi a vicenda.

 

«Oh!» esclamò Bill sorpreso. «Avete preso il regalo?».

 

Tom gli sventolò davanti al viso la sporta che aveva fra le mani, fiero di se stesso. In teoria, era stato Georg a scegliere il tutto, ma... quelli erano soltanto dettagli, il cervello restava sempre lui.

 

«Almeno una cosa positiva...» sospirò sollevato il gemello.

 

Il bassista corrugò la fronte confuso e raggiunse Gustav vicino al tavolo, imbrattato completamente di farina. «Perché dici così? Cos’è andato storto?» chiese circospetto, guardando quasi disgustato l’impasto.

 

«Cos’è andato storto?!» ripeté Bill scettico. «Ma hai visto che cosa ha combinato?».

 

Il batterista sbuffò alterato, cercando di auto-controllarsi. Poteva farcela.

 

Georg gli prese il contenitore dalle mani e gettò l’impasto nel bidone sotto gli occhi sconvolti del loro cantante. «Beh, possiamo sempre chiamare una pasticceria e vedere se possono fare qualcosa loro per noi, no?».

 

«C-Cosa?» balbettò Gustav. «Mi vorresti dire che io ho fatto tutta questa fatica per niente? Non potevamo direttamente chiamare?!».

 

I tre amici lo ignorarono completamente. Tom afferrò il cellulare e si mise alla ricerca di un elenco telefonico; Bill si alzò dalla sedia e prese a rovistare per tutta la stanza, in cerca di qualcosa di indefinito; Georg li liquidò velocemente, dicendo di dover andare in bagno.

Decisamente, tutti sembravano essere contro di lui...

 

 

 

 

 

 

«Palloncini?».

 

«Pronti».

 

«Torta?».

 

«Pronta».

 

«Regalo?».

 

«Pronto».

 

«Il mio giacchetto di pelle?».

 

Tom guardò storto il gemello. «Il tuo giacchetto di pelle?» gli chiese scettico. Che diamine c’entrava il suo giacchetto di pelle in quel momento?

 

«Metti che faccia freddo, devo coprirmi ma essere elegante allo stesso tempo» gli spiegò l’altro, come se fosse la cosa più ovvia al mondo. Certe volte si sentiva proprio un genio incompreso.

 

«Sei un idiota!».

 

«Ragazzi!» li chiamò Georg, correndo verso di loro dietro al divano. «David mi ha mandato un messaggio... Stanno arrivando!».

 

Gustav, già posizionato insieme agli altri tre amici, si alzò e corse verso l’interruttore della luce. Una festa a sorpresa richiedeva... la sorpresa! Appena Simon sarebbe entrato, David avrebbe acceso la luce e loro quattro sarebbero saltati fuori urlando ‘Sorpresaaa!’. Tutto era pronto. Spense la luce.

 

«Che nessuno fiati» sibilò Bill, pressandosi contro il gemello per nascondersi meglio.

 

Nella stanza calò il silenzio e i quattro rimasero in ascolto. Il primo rumore che udirono fu quello di una macchina che veniva parcheggiata davanti alla porta, poi quello di due portiere che si aprivano e chiudevano.

 

«Eccoli» sussurrò Gustav, beccandosi una sberla sul braccio da parte di Bill.

 

Attesero ancora. Presto le chiavi girarono nella toppa e la porta venne aperta. I quattro trattennero il respiro.

 

«Oh... a quanto pare sono usciti» constatò Simon, cercando a tentoni l’interruttore della luce.

 

«Già» ridacchiò David, venendo in suo aiuto e accendendo la luce per lui.

 

Non appena la stanza fu completamente illuminata, Bill, Tom, Gustav e Georg si alzarono insieme e sbucarono fuori da dietro al divano con un enorme sorriso stampato sui loro volti.

 

«Sorpresaaa!» urlarono all’unisono.

 

Per un istante, Simon rimase completamente basito. La scena che gli si presentò davanti non se la sarebbe mai aspettata e quella era forse la prima volta che qualcuno lo lasciava completamente senza parole. Aveva persino pensato che tutti si fossero dimenticati del suo compleanno – anzi, se l’era quasi dimenticato lui stesso –. Quella sì che era una vera sorpresa! La stanza era invasa dai palloncini e al centro, su un tavolo, una torta con ventisette candeline faceva la sua bella figura.

Bill saltellò verso di lui con un enorme pacco fra le mani, sorridendo raggiante. Vedendolo così, Simon provò un moto di tenerezza nei suoi confronti; forse era la prima volta che lo vedeva sorridere veramente per lui.

 

«Buon compleanno!» esclamò il moro, porgendogli il regalo. «Naturalmente ho pensato a tutto io! Loro mi hanno soltanto aiutato» gli spiegò fiero, indicando con un cenno del capo gli altri presenti.

 

Tutti alzarono gli occhi al cielo, scuotendo la testa rassegnati. Bill non sarebbe cambiato mai e poi mai.

 

Simon sorrise divertito e prese il pacco. «Grazie» mormorò, ancora senza parole. Non sapeva veramente che cosa dire.

 

Si sporse in avanti, avvicinandosi al viso di Bill, che per un istante lo fissò confuso; con le labbra sfiorò una sua guancia con un lieve bacio. Il moro arrossì violentemente.

 

«Non hai ancora capito chi mi piace?» sussurrò il biondo al suo orecchio.

 

Bill rimase senza parole e cominciò ad annaspare. Dio, non poteva reagire veramente così... Simon, ridendo, si allontanò da lui, lasciandolo imbambolato in mezzo alla stanza, e si avvicinò al resto del gruppo, stringendoli uno ad uno in un abbraccio amichevole.

 

«Grazie davvero, ragazzi!».

 

«La torta l’ho fatta io» mentì Gustav, ridendo sotto i baffi. Almeno una soddisfazione, dopo quello che aveva passato quella mattina, doveva prendersela. In fondo ci aveva provato.

 

Tom e Georg si scambiarono un’occhiata divertita, scuotendo appena la testa. Quella era una gabbia di matti, non c’era dubbio.

 

 

 

 

 

 

«Gustav!» pigolò Bill, completamente ubriaco. Si era lasciato prendere dalla foga e aveva bevuto come una spugna per tutta la sera; ora il suo alito era insopportabile e lui completamente fuori di testa. Si adagiò sulle ginocchia dell’amico e gli soffiò sensualmente sulle labbra. «In questo momento ti scoperei» sussurrò malizioso.

 

Gustav sbarrò gli occhi, completamente sconvolto, e lo spinse sul divano, togliendoselo di dosso; considerando lo stato del cantante, non fece neanche fatica. Questo invece scoppiò a ridere istericamente, tenendosi la pancia con le mani.

 

«Idiota...» mormorò il batterista, allontanandosi frettolosamente.

 

Tom, seduto sul bracciolo del divano, guardò l’orologio che aveva al polso e sbadigliò stancamente. «Abbiamo fatto tardi» constatò stupito.

 

Georg, al suo fianco, gli accarezzò la schiena con affetto, sorridendo intenerito alla vista del suo viso stanco. «Vuoi andare a dormire?» gli chiese premuroso.

 

Il chitarrista rivolse lo sguardo al gemello e inarcò un sopracciglio: stava fissando il soffitto con un’espressione da ebete. «E questo cretino chi lo mette a letto?».

 

«Ci penso io!» esclamò Simon, sbucando fuori dalla cucina con in mano uno straccio. Buffo: la festa era per lui, ma si era voluto offrire a tutti i costi per pulire. Un ragazzo d’oro. «Davvero, non è un problema» ribadì. «Andate pure a dormire. Oggi avete fatto tantissimo per me; devo in qualche modo ripagarvi».

 

«Grazie» mormorò Georg, sorridendogli riconoscente.

 

Così facendo, Simon aveva appena dato loro la possibilità di darsi la buonanotte come si deve.

 

 

 

 

 

 

«Mmm, Georg...» ansimò Tom sotto il peso del compagno.

 

Esattamente come quella mattina nel camerino, Georg stava spingendo ritmicamente il proprio bacino contro il suo, facendo sì che i loro membri si scontrassero attraverso il tessuto dei boxer.

Il chitarrista, sdraiato sul proprio letto, la testa fuori dal materasso e le dita conficcate fra le scapole dell’altro, gemeva rumorosamente – al piano di sotto non lo avrebbero sentito, perché il volume della televisione era altissimo e poteva sentirlo da lì -, mentre nella sua testa vorticava un unico pensiero: sesso, sesso, sesso. Ricordava perfettamente quello che aveva detto al gemello, ma l’astinenza e il modo in cui si stavano masturbando a vicenda lo mandarono fuori di testa, facendogli dimenticare tutti i suoi buoni propositi. Se qualche settimana prima sarebbe rimasto disgustato dall’idea di fare quello che stavano facendo in quel momento, ora ne voleva sempre di più. Voleva che Georg aumentasse la velocità, che lo facesse venire come aveva fatto quella mattina.

 

«Senza boxer sarebbe ancora meglio» ansimò il bassista contro il suo orecchio, leccando il lobo.

 

Con un mugugno Tom inarcò la schiena e aumentò la pressione fra di loro. «Fallo» sibilò nello sforzo, non rendendosi neanche conto di ciò che gli stava chiedendo. «Toglimeli».

 

Georg alzò appena il capo e per un momento il suo sguardo fu confuso e stupito al tempo stesso. Non si sarebbe mai aspettato che l’altro si sarebbe offerto a lui così facilmente; era convinto che il chitarrista non apprezzasse a pieno quello che facevano, e invece...

Non si fece comunque pregare ulteriormente. Considerando il fatto che Tom fosse eccitato quanto lui, non si curò nemmeno di utilizzare la solita dolcezza che gli riservava ogni volta che lo sfiorava. Entrambi lo volevano e questo bastava. Afferrò l’elastico dei suoi boxer e glieli calò con uno scatto, liberando il suo membro già duro; fece lo stesso con i suoi e subito riunì i loro bacini. Quando il chitarrista sentì la propria pelle sensibile sfregare contro quella dell’altro, si morse il labbro inferiore a sangue, mentre un’ondata di brividi lo travolgeva da capo a piedi. Quel contatto era fantastico, lo stava facendo godere immensamente.

 

«Cazzo...» esclamò Tom, aggrappandosi con tutte le sue forze alle spalle del bassista.

 

Georg si piegò sul suo collo e leccò avidamente il pomo d’Adamo, succhiando la pelle in più punti attorno ad esso. Era certo di non aver mai desiderato così tanto una persona come in quel momento stava desiderando Tom.

Il chitarrista cominciò a spingersi violentemente contro di lui, mozzandogli il respiro.

 

«Tom... piano» gemette il bassista, aprendo la bocca in cerca d’aria.

 

Ma l’altro non lo ascoltò.

 

«Tom...».

 

Sentiva che sarebbe venuto da lì a poco. Nel momento in cui scorse il viso del chitarrista contratto in un’espressione di puro piacere e godimento, provò il desiderio di fare qualcosa in più, di spingersi ancora oltre. Troppi passi affrettati in un solo giorno? Eppure sentiva che era la cosa giusta. E se Tom lo desiderava, dove stava il problema?

 

«Tom, io posso...» prese un respiro profondo, puntando gli occhi sul suo viso. «Posso prendertelo in bocca, se vuoi». Come fosse riuscito a trovare il coraggio per pronunciare quelle parole non lo seppe mai. Sapeva soltanto che voleva farlo con tutto se stesso.

 

Per un momento, Tom sembrò bloccarsi. Le sue spinte rallentarono e i suoi occhi si sbarrarono improvvisamente, fissando il vuoto. Georg ebbe paura di averlo spaventato. Okay, forse era ancora troppo presto per quello, forse...

 

«Va bene» mormorò il chitarrista, interrompendo bruscamente il flusso dei suoi pensieri e mandandolo completamente in tilt. Lo vide sollevare il capo per fissarlo serio negli occhi. «Se vuoi».

 

«Tu lo vuoi veramente?» insistette per essere sicuro di non andare contro la sua volontà. Non avrebbe mai voluto fare qualcosa senza il suo consenso.

 

Lo vide annuire. In quel momento, mentre fissava i suoi occhi, non sapeva distinguere chi avesse davanti: il SexGott o il vero Tom? Aveva accettato soltanto per la sua voglia di sesso? Oppure lo voleva veramente? Fatto sta che glielo aveva proposto lui e tirarsi indietro dopo aver ottenuto il suo consenso sarebbe stato da idioti.

 

«Okay» sussurrò emozionato.

 

Cominciò a baciare i suoi pettorali appena pronunciati, seguendo con la lingua le linee naturali del suo corpo, e scese; succhiò l’ombelico, producendo un piccolo schiocco, e poi finalmente arrivò al suo membro. Era la prima volta che lo vedeva e sinceramente non sapeva che cosa pensare; in quel momento gli interessa soltanto di dargli piacere. Lo trovò duro e gonfio, la punta appena bagnata dal suo seme. Con una mano lo accarezzò per tutta la sua lunghezza, delicatamente, e già lo sentì fremere; arrivò alla base e gli solleticò i testicoli con le unghie corte, strappandogli un gemito sommesso.

 

«Georg...» si lamentò Tom, faticando a restare fermo sotto quel tocco. La lentezza di quei movimenti era una sofferenza, perché lo stavano facendo letteralmente impazzire.

 

Georg capì di starlo torturando troppo; in fondo era già prossimo al limite, considerando quanto lo avesse eccitato pochi secondi prima, strusciandosi contro di lui. Doveva liberarlo, ma doveva pensare contemporaneamente a se stesso: anche lui stava per esplodere.

Afferrò il proprio membro con una mano e cominciò a masturbarsi da solo con movimenti veloci e decisi lungo tutta la sua lunghezza; poi con l’altra mano libera afferrò il pene di Tom e se lo portò alla bocca, prendendolo dentro per metà.

 

«Georg!» urlò il chitarrista, sentendo come una scarica elettrica attraversare tutta la sua spina dorsale. Diamine se gli piaceva...

 

Si portò una mano alla bocca, tappandosela e cercando di controllarsi. Avrebbe voluto urlare di piacere, ma, per quanto la televisione al piano di sotto fosse alta, non se la sentiva di lasciarsi troppo andare.

Intanto Georg cominciò a succhiare il suo membro con dolcezza, muovendo la propria bocca su e giù; con la lingua solleticò la punta, gustando il sapore del suo sperma. Era dolce.

 

«Dio...» gemette Tom, spingendo i fianchi verso l’altro per far sì che il bassista prendesse tutto il suo pene in bocca.

 

Questo capì che il chitarrista stesse chiedendo di più. Aumentò la velocità, aiutandosi con la mano; con la bocca si staccò dal pene, producendo un sonoro schiocco, e si dedicò con essa ai testicoli, succhiandoli e leccandoli avidamente.

Questa volta Tom non riuscì a trattenersi ed urlò. Era arrivato al limite. Sentì il proprio corpo tendersi, mentre veniva scosso dai brividi e da profonde ondate di piacere. Georg prese in bocca il suo pene ancora una volta, appena in tempo per accogliere il suo sperma caldo; lo ingoiò un po’ alla volta, non meravigliandosi neanche un po’ di quanto fosse buono il sapore del chitarrista. In fondo, lo aveva immaginato.

Alzò il capo, rivolgendo lo sguardo al viso di Tom; non riuscì a vederlo perché questo aveva ancora la testa piegata oltre il materasso. Afferrò i suoi fianchi, tirandolo verso di sé e facendo in modo da portalo tutto sul letto; si stese sul suo corpo, arrivando con il viso al suo e baciandolo dolcemente in più punti. Lo strinse a sé mentre ancora tremava.

Tom puntò gli occhi nei suoi, le labbra dischiuse e l’espressione persa. Forse era confuso per quello che era appena successo, ma Georg fu felice di non intravedere pentimento nel suo sguardo. Si abbassò per baciargli delicatamente le labbra, accarezzandogli il viso con una mano. Quella era forse stata la notte più bella della sua vita. Sentiva il cuore scoppiargli in petto e capiva che tutto quello che avevano fatto era giusto, perché non era stato soltanto sesso. Non per lui. Era stato qualcosa di più, una dimostrazione di un qualche strano sentimento. Sapeva benissimo di cosa si trattasse.

Tom chiuse gli occhi, stanco, e si lasciò coccolare dal bassista ancora per un po’. Intanto Georg, dentro di sé, sentì l’irrefrenabile voglia di dirgli quello che provava da tempo ormai e che in quel momento era più forte che mai.

 

«Tom?».

 

«Mmm?» mugugnò quello, forse già nel dormiveglia.

 

«Io ti amo».









   
 
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