Fanfiction
partecipante alla “Challenge Sanremo 2011” organizzata da Taminia sul forum di EFP (per info: Challenge
Sanremo 2011).
Note – Un’idea davvero
originale, quella di Taminia, tanto che non ho resistito alla tentazione di
partecipare. Peccato che la mia canzone preferita di questo Festival (“Chiamami
ancora amore”, di Roberto Vecchioni) fosse già stata utilizzata. Poi ho
scoperto che anche la mia seconda preferita (“L’alieno”, di Luca Madonia e
Franco Battiato) era andata. E allora mi sono davvero trovata con l’imbarazzo
della scelta, perché amo molte delle canzoni della lista. E ho deciso di “ripiegare”
sulla bellissima “Yanez” di Davide Van De Sfroos. In fondo, amo il mio dialetto
(sono piemontese DOC), e mi batto con tutte le mie forze affinché non muoia:
non potevo non scegliere i ‘pirati vegnüü de Varees’.
La mia idea originaria
era di creare qualcosa di comico, o almeno allegro.
E invece, è uscito fuori questo ‘prodotto’ che a tratti mi ricorda molto “Aspettando
Godot” (da notare la mia modestia nel citare il maestro Samuel Beckett,
facendomi passare per la sua erede segreta), e a tratti un romanzo di Kafka
(per il senso di depressione generale).
Eventuali errori di grammatica o
sintassi (‘la Lisa’, ‘c’aveva’…) sono voluti: in fondo, i protagonisti
sono due vecchietti, che certamente non usufruiscono di un beta durante le loro
conversazioni. Vale lo stesso per quanto riguarda la narrazione: il narratore è
un uomo di circa sessantacinque anni, abituato a pensare e parlare in dialetto,
dunque non ci si può aspettare che parli un italiano accademico.
QUI
potete trovare il testo originale della canzone, QUA potete trovare
il testo tradotto in italiano.
Lascio anche il videoclip ufficiale della
canzone, casomai non l’aveste mai sentita.
Se Regordet Cume L'Era?
Dalla panchina si
vede il lago, con tutti i suoi riflessi.
Sono passati gli
anni, ma l’acqua del lago è sempre blu.
Lisa aveva gli
occhi blu.
Infatti la
chiamavano tutti ‘Lisa occhi blu’, come la canzone e come il film. Era venuta
anche la Lisa a vedere il film, quando il parroco aveva fatto sistemare il
proiettore nella saletta dell’oratorio. E la guardavano tutti, la Lisa sul telo
bianco, e provavano a trovarci una somiglianza con la Lisa vera, ma niente da
fare. Quella Lisa là era bionda e ricca, questa Lisa qua aveva i capelli scuri
e tanti soldi in meno. Però era bella, questa Lisa qua: più bella della Lisa
bionda del film. Questa qua era più bella perché sembrava più vera di quella là.
“Se regordet della Lisa?”
“Lisa? Che Lisa?”
“La ‘Lisa occhi
blu’, la figlia del fornaio.”
“Ah, la Lisa…
bella, la Lisa.”
“Se regordet che occhi?”
“La chiamavano ‘occhi
blu’.”
Lisa aveva gli
occhi blu come l’acqua del lago.
Glielo dicevano
tutti, prima o poi, alla Lisa. Specialmente i giovanotti, quando volevano fare
un po’ i cascamorti e farla innamorare, la bella Lisa. Ma la ‘Lisa occhi blu’,
che lavorava col suo papà al forno e aveva sette fratelli più piccoli da
accudire, non si innamorava di nessuno. Tanti figli e pochi soldi, e una mamma
stanca che faceva quel che poteva: e allora la Lisa aiutava il papà al forno, e
poi aiutava la mamma con i bambini. E di clienti ce n’erano tanti, al forno, e
quasi tutti ci andavano per vedere la Lisa.
“Se regordet del film?”
“Film? Che film?”
“Il film della ‘Lisa
occhi blu’, che il prete aveva messo il telo nella saletta dell’oratorio.”
“Ah, il film… c’era
Mario Tessuto, cantava bene.”
“Se regordet che guardavamo tutti la
Lisa, per vedere se assomigliava alla Lisa del film?”
“Era bella, la
Lisa.”
“Se regordet cume l’era?”
“Oh, era bella, la
Lisa. Piccinina, graziosa. Una bambolina.”
“Sempre col
fazzoletto in testa, che lavorava al forno già la mattina presto.”
“Se regordet del papà?”
“Oh, sempre
stanco, sempre stanco. E’ morto presto, povero diavolo.”
“Eh, la Lisa c’aveva
venticinque anni.”
“Nel ’75, è morto.”
“No, nel ’76. La Lisa
c’aveva venticinque anni.”
“Ah, è vero, che
la Lisa era del ’51.”
Lisa aveva gli
occhi blu come la carta da zucchero.
Lo pensavano in
tanti, ma questo non glielo aveva detto nessuno. Dire a una ragazza che aveva
gli occhi come la carta da zucchero non sembrava tanto romantico, e allora
nessuno glielo aveva mai detto. Beh, proprio nessuno no. Glielo aveva detto
Gino, il figlio del postino, una volta che per caso l’aveva incontrata alla
bottega. La Lisa gli aveva sorriso, contenta che per una volta non parlassero
del lago.
“Se regordet di Gino?”
“Gino?”
“Il figlio del
postino. Che aveva detto alla Lisa che c’aveva gli occhi come la carta da
zucchero.”
“Ah, Gino. Eh,
aveva ragione. Non gliel’ha mai detto nessuno, alla Lisa.”
“Che fine avrà
fatto Gino?”
“Ah, una brutta
fine. Girava sempre con quelli dell’altro rione… gente brutta, gente brutta.”
C’è sempre stata
rivalità, tra il loro rione e quello vicino. Una di quelle rivalità tra
quartieri che si capiscono solo se ci si sta dentro. Una rivalità nata chissà
quando e chissà dove. Una rivalità nata senza perché. Tutti, nel rione – in questo
e in quell’altro –, dicono che è iniziato tutto anni e anni prima, per colpa di
una ragazza. Una ragazza del rione – di questo o di quello, non si sa – che ha
fatto innamorare un ragazzo dell’altro rione. E di lì, giù pugni, calci e morsi
tra il ragazzo e il fratello di lei. E di lì, giù risse tra i ragazzi dei due
rioni. Se le suonano ancora adesso, certe volte. E ogni tanto vincono quelli di
qua, e ogni tanto vincono quelli di là.
“Se regordet de quando se le sono suonate
per la Lisa?”
“Quella volta
hanno vinto quelli di qua. Cos’era, il ’70?”
“Il ’71. La Lisa
aveva vent’anni.”
“Ah, già. L’anno
che è morto don Silvano.”
“No, don Silvano è
morto del ’70, d’autunno. D’estate aveva messo il telo per il film.”
“Ah, già.”
Lisa era bella, su
questo erano tutti d’accordo.
I vecchi la
chiamavano ‘la Lisetta’ perché era piccolina, come una bambina: roba che alle
processioni avevano paura di perderla, in mezzo alla gente. Però era bella, la
Lisa. Ben fatta, con le mani un po’ rovinate dal lavoro al forno, ma sempre
tutta elegante, da sembrare una signora.
Tanto piccola e tanto
bella da non toccarla per aver paura di graffiarla, la Lisa.
Però qualcuno l’aveva
toccata, perché a un certo punto si era trovata incinta, la Lisa, senza essere
sposata e senza avere un fidanzato. Non l’aveva mai avuto un fidanzato, la
Lisetta. Era successo un po’ dopo la morte di suo papà, e tutti in paese non
facevano che pensare a cosa gli avrebbero fatto, a quel mascalzone che si era
approfittato di lei.
Era una bella
bambina, la figlia della Lisa. Occhi blu, come la mamma. Occhi blu come il
lago, occhi blu come la carta da zucchero. Somigliava tutta alla mamma. Di sicuro,
non aveva preso niente dal papà, perché se gli avesse somigliato, tutti
avrebbero saputo chi era: in paese tutti sapevano tutto, tutti conoscevano
tutti, e da un dettaglio si capiva di chi eri figlio.
Ma la Giulia, la
figlia della Lisa, somigliava solo a lei. La Lisa le aveva dato il nome del suo
povero papà, e aveva continuato a lavorare al forno, facendosi aiutare dai
fratelli. Poi i fratelli erano diventati grandi, e finalmente la Lisa era
riuscita a godersi la figlia senza dover lavorare.
“Se regordet della Giulia?”
“Bella, anche la
Giulia. Abita a Milano, fa la professoressa.”
“Si è sposata
sette anni fa. Ha una bimba anche lei, la Francesca.”
“Bella, anche la
Francesca. Occhi blu, come la Lisa. Non l’ha mica mai detto chi era il papà della
Giulia.”
“Se regordet che scandalo?”
“Ma gliel’han
perdonato tutto. Si perdonava tutto, a una come la Lisa.”
“Eh sì, a una come
la Lisa…”
“Quanti anni è che
morta, anche lei?”
“Due. Due anni.
Del 2009.”
Sono due anni che ‘Lisa
occhi blu’ è mancata. Due anni proprio oggi.
La gente si ricorda ancora le campane, il lutto, la veglia e il rosario detto
in chiesa. Lisa la conoscevano tutti, Lisa piaceva a tutti. E allora, tutti a
casa a far la veglia e a consolare i fratelli, tutti maschi, che piangevano per
lei; e poi tutti al rosario, e tutti al funerale, anche se la Lisa vera non la conosceva nessuno.
“Eh, peccato. Era proprio
bella, la Lisa” sospira Bepi. “Proprio bella.” Si tira su dalla panchina. “Vado,
che mi aspetta mio figlio a cena. Ci vediamo, Fausto.”
Fausto lo saluta,
poi ritorna a guardare il lago. Il lago è vecchio, chissà quanti anni ha. Di
certo sono più dei sessantacinque che ha lui.
Non riesce a
staccare gli occhi dal lago: continua a pensare a Lisa. È tutto il pomeriggio
che tormenta Bepi con le sue domande, per sapere se l’altro si ricorda.
Perché lui,
Fausto, si ricorda tutto: gli occhi blu della bella Lisa, e il film nella
saletta dell’oratorio, e la carta da zucchero, e i pugni che ha dato a quelli
dell’altro rione.
E si ricorda del
forno, che ci andava sempre per vedere la Lisa e per chiederle se poteva
accompagnarla a messa.
E si ricorda di
quanto ci ha sofferto lei, quando il papà è mancato.
E si ricorda di
quella notte in riva al lago, quando tutti i parenti di lei credevano che
dormisse.
E si ricorda della
promessa di non dire niente, e di tutte le volte che l’ha avuta.
E si ricorda dei
suoi sorrisi, e dello scandalo quando lei è rimasta incinta.
E si ricorda del
dolore, quando la vedeva con quella bambina in braccio.
E si ricorda la
paura, quando sperava che non gli somigliasse.
E si ricorda della
Giulia, che correva e rideva in riva al lago con gli zii, e lui che era suo
padre non poteva fare nulla.
E si ricorda della
rabbia, quando la Giulia si è sposata ed è andata a vivere a Milano, e quando
poi è tornata in vacanza col marito e con la Francesca.
E si ricorda
quante lacrime, quando ha sentito le campane e ha capito che erano per Lisa.
Ha promesso di non
parlarne mai, Fausto, anche se gli brucia il cuore tutte le volte che ci pensa:
perché la ‘Lisa occhi blu’, la Lisetta, è sempre stata sua, e non l’ha mai
potuto dire.
Però la Giulia lo
sa, ne è sicuro. Quando è tornata per le ultime vacanze, col marito e la
Francesca che ha cinque anni, gli ha mostrato il piccolino che si teneva ancora
al collo, e gli ha detto: “Lui è Fausto”.
E al Fausto
vecchio, quello che tutti i pomeriggi si siede sulla panchina davanti al lago,
si è aperto il cuore. Perché la Giulia l’ha guardato dritto negli occhi, mentre
glielo diceva, e poi ha sorriso come sapeva sorridere solo la sua mamma. Gli si
è aperto il cuore anche perché il Fausto piccolino non ha gli occhi blu come il
papà e la mamma: ce li ha scuri, neri neri. E i capelli ce li ha biondi, un po’
rossi, proprio come ce li aveva lui da giovane.
E Fausto,
finalmente, guarda il lago con serenità, e pensa alla Lisa e sospira ancora.
“Ah, Lisa… se regordet cume l’era?”