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Autore: dirtytrenchcoat    10/03/2011    5 recensioni
La verità è che avevo pensieri strani da qualche giorno. Immagini di Frank che mi sorrideva mi vorticavano in testa e il suono del suo ti amo mi pulsava nelle orecchie. Quel suo ti amo lontano, che sembrava appartenere ad un’altra epoca e addirittura ad altre persone.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Frerard lives, never dies.'
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Tutto inventato e blablabla. Lo sappiamo. e.e
Non scrivevo da TROPPO tempo. È stato un po' un periodo di shit, ma è passato, dai. Lunedì sono stata al concerto dei Chem e ho visuto il mio best day ever. :') Per questo ero ispirata.
Ho in cantiere una RDJude per la mia caraH sister Susan e forse anche una Bike (sempre per Susan e.e). Bisogna vedere se trovo la forza e il tempo, dato che sono in depressione post-concerto e ansia pre-concerto di giugno!
AnyWay, spero vi piaccia. :D A me fa un po' schifo, come sempre, vvvvvabbé.
Peeeace!



«Cazzo, fantastico!»
L’entusiasmo era alto, quella sera. Il concerto era andato benissimo, ovviamente il pubblico italiano ci aveva fatto sentire il suo calore. ‘Welcome back home’, avevano scritto e noi ci eravamo davvero sentiti a casa, quel sette marzo.
Ray, in particolare, era molto entusiasta. Quel suo ‘cazzo, fantastico!’ aveva risvegliato Frank dal sonno profondo in cui era immediatamente caduto una volta seduto sul tour bus. E assicuro che svegliare Frank Iero dopo un concerto non è facile.
«Hey, Ray, potresti anche placare la tua gioia, qualcuno vorrebbe dormire.»
«Oh, andiamo, Frankie!» rispose sorridendo il riccio «non puoi dormire sempre!»
Frank, per tutta risposta, si infilò nella sua cuccetta e non diede segni di vita per un paio d'ore, escludendo, ovviamente, il suo leggero russare e qualche sussurro.
Mi sembrava sempre che sussurrasse il mio nome.
Smettila, pensai.
La verità è che avevo pensieri strani da qualche giorno. Immagini di Frank che mi sorrideva mi vorticavano in testa e il suono del suo ti amo mi pulsava nelle orecchie. Quel suo ti amo lontano, che sembrava appartenere ad un’altra epoca e addirittura ad altre persone.
Ma non dovevo pensarci. Non volevo pensarci, non potevo permettermelo.
Mi infilai anche io nella mia cuccetta, cercando di scacciare quei pensieri da ragazzina.
Quella notte, fra volti confusi e urla soffocate, spiccava la figura di Frank. Mi sorrideva e io pensai che avesse un sorriso bellissimo.


«Fantastico anche oggi!»
«Ray, per te è sempre e comunque tutto fantastico,» Mikey alzò un sopracciglio.
«Il tuo costante pessimismo non mi zittirà, amico, sappilo!»
Io ero stanco. Me ne stavo seduto con gli occhi chiusi sul divanetto di pelle con il mio caffè in mano, cercando di rilassarmi. Mi arrivavano le voci dei ragazzi, tutti esaltati e iperattivi per il meraviglioso show appena concluso. Ray e Mikey litigavano, Mike intanto leggeva loro alcune lettere dei fans con voce tremante d’emozione –quell’uomo è un tenerone– e Frank… Frank? Non sentivo la sua voce. Le mie palpebre erano diventate troppo pensanti perché chiedessi loro di alzarsi e vedere dove fosse il mio chitarrista.
Poi qualcuno si sedette di fianco a me. Seppi che era Frank prima ancora che parlasse, lo riconoscevo dal profumo, dal modo in cui si muoveva. Dopo tutto ciò che c’era stato tra di noi, insomma, penso sia una cosa normale.
«Distrutto, eh, Gee?» esordì con voce allegra.
Con uno sforzo immane aprii gli occhi e voltai la testa verso di lui. Sorseggiava una birra e mi guardava divertito.
«Perché quella faccia?» chiesi, leggermente irritato.
«Sei divertente» disse, semplicemente.
«Ah, divertente…»
Frank continuava a guardarmi.
«Be’, che c’è? Sono così divertente?»
«No, be’… però sei bello.»
Lo disse con una semplicità devastante; sgranai gli occhi.
«Oh, su! Come se non te l’avessi mai detto!» scosse la testa, visibilmente più divertito.
«Sì, ehm… grazie, Frank. Ora vorrei dormire, posso?»
«No.»
«No?!»
«Andiamo a prenderci un caffè!» scattò in piedi, pretendendo che lo imitassi.
«Ma ce l’ho in mano un caffè!»
Mi strappò di mano il bicchiere e ne rovesciò il contenuto sui capelli di Ray, poi scappò fuori prima che il riccio avesse il tempo di picchiarlo.
Alzai gli occhi al cielo e non mi mossi.
«Allora?» la testa di Frank fece capolino dalla porta, ma sparì subito una volta incrociato lo sguardo omicida di Ray.
Che uomo stressante. Mi alzai e lo raggiunsi fuori.
«Finalmente» esclamò, «forza, andiamo.»
Lo seguii riluttante. Non avevo per niente di voglia di andarmene in giro per Zurigo, ero troppo stanco. E, a dirla tutta, non avevo voglia di restare da solo con lui…
Entrammo nello Starbucks più vicino. Era semivuoto. Presi il mio caffè e uscii. Frank si attardò a scegliere il dolce con più cioccolato.
«Non è stato facile!» disse, una volta fuori.
«Eh, immagino… Il dilemma di Frank Iero: torta al triplo cioccolato o muffin al cioccolato con scaglie di cioccolato sopra?»
«Sfotti?» mi guardò accigliato.
«No, no… non lo farei mai» risposi con noncuranza, «bene, ho il caffè e tu hai la tua bomba calorica, ora possiamo tornare indietro» e mi avviai per la strada.
«Indietro? No no, non hai capito» mi afferò per un braccio e mi costrinse a seguirlo.
«Dove stiamo andando, scusa?»
«Non lo so!» mi guardò e mi sorrise. Quel suo sorriso da bambino perennemente contento.
«Trovi che anche questo sia divertente?»
«Molto.»
Camminammo per dieci minuti buoni, mentre Frank mi costringeva ad ascoltare le sue farneticazioni. ‘Oh ma quanto è bella l’Italia’, ‘oh ma quanto mi piace il cioccolato’, ‘oh ma che concerto meraviglioso abbiamo avuto oggi’, ‘oh ma come mi mancano i miei cani’ (e sottolineo cani, mica moglie e figlie, eh) e blablabla.
«Frankie, basta, ti prego! Mi fa male la testa.»
«Di già? Ma ho un sacco di altre cose da dire e-»
«Basta.»
«Va bene, Gee. Però sediamoci perché sono stanco.»
Si sedette su una panchina e io lo imitai.
«Torniamo indietro se sei stanco, no?»
«No.»
«Che strazio che sei, cristo.»
«Lo so benissimo! È per questo che mi vuoi bene, vero?» sorrise, di nuovo.
Ti voglio bene perché ci sei sempre quando ho bisogno di te, perché mi ascolti, mi fai ridere, perché sei bellissimo, perché anche il tuo sorriso lo è, perché quando mi sfiori mi sent- basta.
«Gee?»
«Oh, ehm, sì sì, per quello.»
Mi guardò interrogativo. «Sei strano in questo periodo.»
«Ah, è per questo che mi hai portato qui? Per parlarne?» pronunciai l’ultima parola con evidente irritazione.
«Be’, sì… anche» morse il suo muffin con noncuranza. Poi diede un morso anche alla torta. No, non era riuscito a scegliere un dolce solo.
«E suppongo che ora mi obbligherai a vuotare il sacco.»
«Esatto.»
Sorseggiai il mio caffè.
«Allora? Mi guardò impaziente. Aveva del cioccolato di fianco al labbro. Sorrisi.
«Aspetta, sei sporco qui…» mi avvicinai e allungai la mano, con la quale sfiorai la sua guancia, e appoggiai il pollice sulla macchia. Frank mi fissava negli occhi con un’intensità che faceva bruciare, mi sentii scrutato nell’anima e credetti, all’improvviso, che avesse letto tutti i miei pensieri di quegli ultimi giorni. Gli accarezzai piano la guancia e il labbro per togliere il cioccolato. Frank continuava a fissarmi, immobile. Incrociai il suo sguardo.
«Frank, scusa, io…»
Infilò le dita fra i miei capelli e mi attirò ancora più vicino a sé, appoggiando le sua labbra sulle mie. Sgranai gli occhi. Dovevo staccarmi, che cazzo stavo facendo? Eppure una parte di me mi diceva che era giusto così.
Posai la mano libera sulla sua schiena e dischiusi le labbra, approfondendo il bacio. La mia mente si svuotò da tutti i pensieri –il senso di colpa, la stanchezza, il concerto…– e si riempì di Frank. Frank, ovunque. Il suo profumo, il suo tocco sulla mia pelle, il suo respiro mischiato al mio, il suo sorriso e quei suoi occhi grandi che così tante volte si erano immersi nei miei per scrutarmi da dentro. Frank. C’era Frank ovunque.
Mi erano mancate così tanto le sue labbra sulle mie. Da quanti anni non si incontravano? Troppi, decisamente. Eppure sembrava fossero fatte per toccarsi, mordersi, incastrarsi fra di loro.
Quanto tempo siamo rimasti lì? Non lo so. Eravamo io e Frank, Frank ed io, su una panchina appena rischiarata dalla luna, le sue mani fra i miei capelli rossi, il mio tocco leggero sulla sua guancia e le mie dita che gli accarezzavano la schiena. Nient’altro, come se fossimo nati per quello, se si capisce cosa intendo.
Ad un certo punto, mi allontanai di qualche centimetro, senza aprire gli occhi.
«Frank…» sussurrai.
«Zitto, Gerard» e tornò a baciarmi, ancora più dolcemente –se possibile. Spostò le mani sul mio petto, tracciò figure immaginarie, con quel suo tocco leggero che però bruciava come il suo sguardo. Aprì i palmi e mi spinse giù, costringendomi a stendermi su quella panchina ruvida che era diventata improvvisamente il posto più comodo del mondo. Si sdraiò su di me, senza staccare le labbra un attimo dalle mie.
Ero in estasi, ma mi staccai nuovamente, sempre ad occhi chiusi.
«Frank, ascolta…»
«No, Gerard, ascoltami tu.»
C’era una fermezza nella sua voce che non avevo mai sentito. Aprii gli occhi, lui mi stava fissando. Mi persi un attimo in quel suo colore liquido, fra il verde e il nocciola, per poi tornare alla realtà, e lui mi stava ancora fissando. Mi morsi un labbro.
«Vedo come mi guardi in questo periodo…»
Oh, cazzo.
«… e immagino che tu sappia già quali sono i miei sentimenti. Voglio dire, lo hanno capito tutti, per quanto io abbia provato a nasconderli.»
Cosa?!
«Io ti amo, Gerard.»
Vuoto.
Dolore.
Il cuore che si ferma.
«Gerard?»
La voce di Frank mi richiama a me stesso. «Sì?»
«Ti amo, da sempre. Ti amavo quando sono entrato nei fottutissimi My Chemical Romance dieci anni fa; ti amavo quando abbiamo fatto il nostro primo tour; ti amavo quando dicevo di amarti mentre ci baciavamo nel parco di Belleville; ti amavo quando facevamo l’amore silenziosamente sul tour bus; ti amavo quando ci è piombato il successo addosso; ti amavo quando avevi problemi con l’alcool; ti amavo quando mi hai aiutato ad uscire dalla mia depressione; ti amavo quando ci strusciavamo sul palco; ti amavo quando ti sei sposato, ti amavo quando mi sono sposato io; ti amavo quando è nata Bandit, ti amavo quando sono nate Cherry e Lily; ti amavo cinque minuti fa. Ti amo ogni notte, quando sussurro il tuo nome, e ti amo adesso.»
Cazzo.
Di’ qualcosa, Gerard, cazzo. Digli che lo ami anche tu. Diglielo, merda!

«Frank… no.»
Sgranò gli occhi ormai lucidi. «No? N-no cosa?»
«Non devi dirmi così.»
«Ti dico solo la verità. La verità che anche tu sai, nel tuo profondo.»
«Sì, ma…»
«Non ci sono ma, se non li vogliamo.»
Ispirai a pieni polmoni. «Frank, mi sei mancato da morire in questi ultimi anni. Mi è mancato il tuo contatto sul palco e nell’intimità, il tuo respiro sul mio collo, i tuoi sorrisi maliziosi. Mi sei mancato tu, insomma. Ma abbiamo famiglia e figlie… non siamo più ragazzini, capisci?» espirai.
«Possiamo tenerlo nascosto…»
«Non siamo persone di quel genere.»
«Già… e allora non mi importa. Con mia moglie è uno schifo, con la tua è lo stesso da anni. Chiediamo il div-»
«No, Frank.»
«Ma io voglio stare con te, Gerard!» la sua voce iniziò a incrinarsi.
«Anche io voglio stare con te, Frankie» gli accarezzai il viso asciugandogli una lacrima, «ma non si può.»
«Io t-ti amo, Gee…»
«Non dirlo…»
«Sì, invece. Gerard Way, ti amo. Dimmi che mi ami anche tu. Perché è così, Gerard, lo so» mi guardò di nuovo negli occhi e sicuramente lesse la risposta. Ti amo, Frank. Forse per questo rimase così sorpreso quando dalle mie labbra uscì: «Io non ti amo.»
Ti amo, Frank.
Abbassò lo sguardo, poi appoggiò la testa al mio petto e pianse sommessamente. Non potei far altro che accarezzargli la testa mentre una lacrima amara rigava anche il mio viso.
Ti amo, Frank.
«Scusami» sussurrai.
«Niente… torniamo indietro.»
Ci alzammo e camminammo fianco a fianco, a testa bassa, senza proferire parola. Frank piangeva ancora e vederlo così mi spezzava il cuore. Quel bacio aveva reso tutto così difficile. Sei una merda, cazzo, Gerard! Diceva una vocina nel mio cervello. E quanto aveva ragione, quella vocina… ma non avrei potuto fare altrimenti.
Sì, invece.
No.
No, e basta.
«Frank…»
Si fermò, sempre a testa bassa.
«Non piangere, ti prego.»
«Dimmi che mi ami, allora.»
Ti amo, Frank.
Mi morsi il labbro.
Ti amo, Frank!
«Bene…» ricominciò a camminare.
Lo affiancai. Eravamo quasi arrivati e non sapevo cosa fare.
«Ti amo, Frank.»
Si fermò di scatto e alzò lo sguardo su di me. Mi sorrise tristemente. «Anche io, Gerard.»
«Però non possiamo torn-»
«Sì, lo so… ma mi bastava sentirtelo dire.»
Si alzò in punta di piedi e mi posò un leggero bacio sulla labbra; lo strinsi a me. Frank si staccò poco dopo e riprendemmo a camminare, per poi arrivare davanti al tour bus. Gli altri erano appena usciti dall’arena e ci aspettavano.
«Frank…»
«Sì?»
«Sei ancora sporco di cioccolato.»
Rise, come solo lui sa fare.




Okay. D: So, this is Susan and this is my twitter (tempo fa me l'avevano chiesto, boh ò__ò).
Mi scuso per eventuali errori, ma sono stanca e ho riletto solo una volta.
FRERARD LIVES.
Kisses!
   
 
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