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Autore: Sophie Hatter    11/03/2011    9 recensioni
Devo ammettere che un po’ è strano, comportarci in modo cordiale.
Implica una rivoluzione dei nostri rapporti interpersonali su scala mondiale.
Un po’ di tempo fa io ero quella con cui litigava, ora sono quella con cui trascorre diversi minuti del suo tempo libero a parlare di bagni intasati, di Pix a piede libero, di quadri che si rifiutano di fare il loro dovere, di insegnanti che non hanno mai tempo per ascoltare le nostre esigenze e di Silente che, tutte le volte che ci vede, ci offre da bere una bibita al caramello.
Insomma, chi se l’aspettava?

*
“Sai, in certi momenti riesci perfino a farmi dimenticare quanto tu riesca ad essere insopportabile”, mi dice, nel momento in cui io ho appena finito di imbottirmi dappertutto. All’inizio rimango a fissarla sbalordito, poi ritorno in me e scrollo la testa, esasperato.
“Suppongo che questi momenti in genere corrispondano alle mie pause di silenzio”, borbotto, e sento che lei scoppia a ridere di gusto. Ispiro proprio ilarità, non c’è che dire.
“Oh, no, per una volta ti giuro che non volevo essere cattiva …”
Io sbarro gli occhi senza ritegno, stupefatto. Non riesco a credere alle mie orecchie, è impossibile che abbia davvero detto una cosa del genere. Una frase simile non può realmente essere uscita dalla sua bocca.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is... (the only weapon which I got to fight)' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo 1
Nota d'inizio fanfiction: questa storia, per chi se la ricorda, è nata nel lontano 2007 (mamma mia, come sono vecchia ._.) ed era inizialmente divisa in due, ovvero la versione di James e la versione di Lily. Dopo anni di assenza ed infruttuosità, qualcosa ha fatto "scattare la molla"; ho così deciso di riprenderla in mano, revisionarla e modificarla in modo che risulti compatibile con HP7 (la precedente versione era stata scritta prima dell'uscita del libro, quindi per forza di cose conteneva delle incongruenze). Ho anche scelto di unire i due punti di vista, di modo da dare così una visione completa del complesso processo di maturazioni e cambiamenti che ho ideato: spesso mi ritrovavo a dover spiegare dei comportamenti di Lily nella storia scritta dal solo punto di vista di James, mentre così, a scapito della maggior lunghezza dei capitoli, quelle delucidazioni noiose non sono più necessarie. Porto ancora nel cuore con immenso orgoglio e affetto le bellissime e numerose recensioni che avevo ricevuto durante la prima pubblicazione, che mi avevano dato davvero tanto; sperando di ritrovare qualcuno dei vecchi lettori, inizio col ripubblicare questa storia che tanto mi è cara, e che mi auguro di aver reso ancora migliore di prima.




Capitolo 1 - Complotti

 
 

 
“È quello che accade a tutti, papà; una metà della gente non comprende i divertimenti dell’altra metà”.

(Jane Austen, Emma)
 
 
 
19 maggio 1977

“Sai … a vederti così, alle volte, sembra quasi che tu ci abbia davvero rinunciato”.
Alzo lo sguardo, che avevo fisso nel vuoto fino a un secondo fa, voltandomi verso Sirius.
“Dici sul serio?” gli domando, con una voce che suona intontita alle mie stesse orecchie. Nemmeno mi ricordo più quello a cui stavo pensando; mi ero completamente perso fra i miei pensieri dopo che, per l’ennesima volta durante il corso di quella noiosa lezione di Incantesimi, avevo fatto sollevare e muovere il corpo di Peter, alle volte divertendomi a fargli imitare i saltelli che Vitious eseguiva sulla cattedra mentre ci spiegava il corretto movimento della bacchetta.
“Già. Dico sul serio. Poi però basta aspettare il limpido suono della campanella di fine lezione …”
… e la campanella suona. Mi domando che razza di poteri di preveggenza abbia acquistato Sirius tutto d’un colpo, nonostante non abbia mai seguito con interesse una sola lezione di Divinazione. Con la coda dell’occhio catturo il riverbero di un ammasso di capelli rossi; storco lo sguardo solo leggermente, prima di tutto perché so che il mio caro migliore amico è sempre pronto a rimproverarmi per le eccessive attenzioni che le dedico e poi perché non voglio stare a fissarla a bocca aperta per fare davanti a tutti la figura dell’idiota, come facevo un tempo. Ultimamente, forse ho imparato ad acquisire un briciolo di amor proprio.
“… Lei si alza, tu la osservi …”
Sì, la osservo cercando di non farmi notare, anche se è praticamente impossibile. Le sue mostruosamente pettegole amiche, nonché nostre compagne di Casa, le stanno sempre attorno con lo sguardo puntato su di me, attente ad ogni mia singola mossa, per poi prendere la rincorsa e andare a riferirle ogni cosa. Le solite stonature in un panorama che potrebbe essere idilliaco.
“… e vieni immancabilmente attirato dal fondo della sua gonna, sperando che una volta o l’altra si sollevi quel tanto che basta a farti intravedere qualcosa là sotto”.
La mia faccia è pietrificata. Un fuoco mi sale alle guance, percorrendomi le orecchie fino alla punta. Mi volto lentamente verso Sirius e sono sicuro che in questo momento il mio sguardo è eloquentissimo.
Sento Peter scoppiare a ridere di gusto, divertito dalla fine battuta del mio migliore amico.
“Non dargli corda, Pete, ti prego”, lo imploro.
Torno a concentrarmi su Sirius, squadrandolo, come se volessi inchiodarlo al muro.
“Non guardarmi così, non dire che non è vero”.
Storco lievemente la bocca in una smorfia di disappunto.
“Stando a contatto con te, la tua abitudine legata alle osservazioni pervertite mi è ormai divenuta disgraziatamente familiare. Tuttavia, in questo caso, posso assicurarti che non stavo pensando a niente di quel genere”.
Calco le parole, sperando che capisca. E che sia in grado di comprendere che la sua indelicatezza non ha limiti, quando se ne esce con certe battute fuori luogo davanti a tutta la classe.
“Tranquillo, tanto non ci fa più caso nessuno. Il tuo è un classico di Hogwarts, ormai. Tra poco diventerai un noioso manoscritto in piena regola: gli sguardi innamorati e i languidi sospiri non ricambiati del giovane James Potter. Sicuro di non voler cambiare ragazza?”
Continuo a tenere lo sguardo puntato su di lui, senza cambiare espressione. È ovvio che non vuole capire.
“Cominci a diventare noioso anche tu. Perché non ti trovi un passatempo più costruttivo, invece?”
In questo momento vorrei baciare Moony, per ringraziarlo del suo pronto intervento. Ho sempre pensato che quelle poche parole che si lascia sfuggire con parsimonia riscuotano ogni volta la massima efficacia.
“Grazie di avermelo ricordato, giusto ieri stavo facendo programmi riguardo alla finale di Quidditch”, ribatte Sirius, mentre un ghigno compiaciuto gli affiora sul volto.
“Che programmi, Pads?” domanda eccitato Peter.  Io inclino il capo, incrociando le braccia con disappunto.
“Non è ancora detto tutto e gradirei che tu evitassi di fare la parte dell’uccello del malaugurio. Non vorrei dover ricorrere a rimedi estremi per scongiurare la sfortuna”.
“Vincerete, razza di idiota, i Serpeverde non sono certo alla vostra altezza”.
È quasi amorevole, il mio Sirius, quando mostra tutta questa sconsiderata e irrazionale fiducia in me, probabilmente con solo scopo di farmi tacere.
“Dato che non hai letto il mio destino nelle foglie di the, con quale giustificazione pensi di poter già organizzare qualcosa? Se dovessimo … insomma …”
“… perdere?”
“Shh, Pete! Non dirlo ad alta voce, non voglio che la sfortuna si abbatta su di me!” intimo a Wormtail, abbassando la voce.
“Scusa, James”.
“Non fa niente, ma dimenticati di averlo detto”.
“Sono solo congetture, James, lascia perdere le paranoie”.
“Te ne faresti anche tu al mio posto, caro Moony”.
“Beh, stammi a sentire. Ho pensato a tutto. Se vincete, facciamo scoppiare il casino per festeggiare e dimostrare la nostra superiorità di Grifondoro. Se le cose vanno diversamente, allora il casino scoppia per puro spirito sovversivo”.
Incrocio lo sguardo complice di Sirius, con un sorriso di soddisfazione.
“Ho un amico dotato di un’intelligenza perversa”.
“Non cercare di passare per l’angioletto di turno, stai già sbavando all’idea di quello che potremo combinare”.
Rido. È vero, Sirius mi conosce bene. Adoro questo lato della mia vita, questo modo di impiegare le mie capacità inventive, di cercare sempre un modo per inscenare l’ennesima malandrinata e poi scampare alle conseguenze. Ma anche quando veniamo inesorabilmente puniti, il castigo non è mai sufficiente a sedare i nostri spiriti inquieti; è una sfida costante, qualcosa che ci spinge a voler superare noi stessi.
“Che cos’hai in mente di preciso?” gli domando, chinandomi sul banco. Il capannello si forma in modo del tutto naturale, estraniando di colpo il resto del mondo. È un gesto automatico, un chiaro segno di riconoscimento del fatto che, seppure cercando di essere discreti, stiamo evidentemente architettando qualcosa di losco.
“Una cosa in grande stile. Vittoria o no, siamo alla fine dell’anno. Ci vuole un colpo grosso”.
Annuisco, scrutando gli occhi febbrili di Sirius. Probabilmente i miei stanno scintillando allo stesso modo. Peter fa da spalla a Sirius, che è comodamente appoggiato su di lui, dato che il nostro Wormtail gli arriva giusto a quell’altezza. Remus ci osserva tutti con il suo sguardo ermetico, penetrante. So già che non approva, ma in un modo o nell’altro coinvolgeremo anche lui, come al solito.
“Avanti, voglio i dettagli”.
“Non preferiresti che sia una sorpresa in tuo onore? Sai, per festeggiare il nostro Cacciatore preferito …”
Ma non ci penso neanche, non ho assolutamente voglia di morire dalla curiosità.
“Poche storie, vuota il sacco”.
“Bene, l’hai voluto tu. Allora, dato che è un piano complicato, sono previste diverse fasi …”
La tensione nel nostro capannello si fa palpabile, siamo tutti lì che pendiamo dalle sue labbra e lui, orgogliosamente fiero di avere in pugno la nostra attenzione, lascia che l’attesa ci logori per qualche secondo.
“La fase uno”, comincia Padfoot, con una pausa enfatica, “prevede l’organizzazione della festa clandestina più grande della storia di Hogwarts. Il che implica naturalmente di infiltrarci nelle cucine e di sgraffignare quanto più cibo possiamo”.
“E dimmi, Sirius, dove pensi di nascondere tutta questa fantomatica quantità di cibo, dentro i tuoi calzini?”
“Non fare il guastafeste, Moony, questi sono dettagli assolutamente irrilevanti al momento”.
“Come vuoi, ma ti proibisco di trasfigurare l'armadio del dormitorio in un frigorifero”.
Osservo divertito Sirius gettare un’occhiata interdetta a Remus con la fronte visibilmente corrugata.
“Che diavolo è un frigorifero?” gli chiede, storcendo la bocca.
“Un elettrodomestico”.
“Un che?!”
“Lo usano i Babbani, serve a … oh, lascia perdere”.
Scoppio a ridere, è più forte di me. Remus ci prova a non far sentire Sirius un ignorante in materia babbana, ma alle volte la tentazione diventa troppo forte anche per lui.
“La fase due”, ricomincia Sirius, catturando di nuovo la mia attenzione all’istante “prevede che ci intrufoliamo nelle cantine di Mielandia per portare via parecchie bottiglie di Idromele”.
Il discorso comincia ad entrare nel vivo. Sorrido, aspettando il seguito.
“La fase tre, infine, prevede che con un piccolo ed innocente incantesimo modifichiamo l’Idromele per conferirgli tutti gli effetti di una potente pozione lassativa”.
La risata mi deforma il viso. Non ce la faccio a rimanere serio, è più forte di me: sembriamo un branco di malintenzionati professionisti. È per questo che amo la vita di Hogwarts. Se c’è qualcosa che mi fa girare le scatole, se mi annoio a morte o se banalmente non so come impiegare il mio tempo in modo costruttivo, so che ho sempre la possibilità di divertirmi nel modo più eccitante e pericoloso possibile. Questo perché solo noi possediamo delle menti così diaboliche da inventare passatempi simili, ovviamente.
“E in che modo hai intenzione di …”
Un colpo di tosse volutamente forzato mi fa sobbalzare in modo talmente violento da farmi picchiare una ginocchiata contro il banco.
“Evans, che diavolo vuoi?” inveisce Sirius, seccato per essere stato interrotto sul più bello. Moony abbassa lo sguardo con aria lievemente contrita, mentre Peter mi si avvicina, come se volesse difendermi.
Io fronteggio l’oggetto dei miei più reconditi desideri calandomi sul volto una maschera di provocatoria curiosità.
“Potter e Black, credo debba esservi sfuggito che abbiamo lezione nei sotterranei, in questo momento. Slughorn mi ha mandato a cercarvi per assicurarsi che non vi siate dimenticati di lui”, dice, guardando me e Sirius. La sprezzante ironia che traspare dalla sua voce con aria di sfida mi fa quasi sorridere, ma mi mantengo serio e compunto, come ormai mi sono abituato a fare in sua presenza. Più di una volta mi sono ritrovato a riflettere sul fatto che crescere significa inevitabilmente cambiare, andare incontro a una maturazione più o meno definita. Ma io alle volte non mi riconosco più e questo fatto ha dell’incredibile: arrivo a domandarmi quale fosse in realtà il vero me stesso, quello che davvero rappresentava la mia essenza. Dopodiché, mi mando al diavolo. Sono tutte inutili elucubrazioni prive di importanza, finché sono soddisfatto di quello che sono ora.
“Perdonaci”, le dico, fissandola diritto negli occhi, con una sottile sfacciataggine che rappresenta solo l’ultimo stadio evolutivo di quell’ingenua boriosità che sfoggiavo in modo quasi innaturale di fronte a lei fino a un anno fa. “Sai com'è, troppe distrazioni. Colpa del Quidditch”.
La guardo prendere fiato e la blocco sul nascere: “Considera seriamente l’ipotesi di trascorrere una notte a sedare i festeggiamenti dei Serpeverde prima di augurarmi di perdere. Andiamo, Evans, fare un po’ di tifo per la tua squadra non ti farebbe male”.
Le sorrido, con aria totalmente innocente. Le cose tra noi non vanno granché bene, di progressi sostanziali pare che io non ne abbia fatti rispetto agli anni precedenti. Ora parliamo, ogni tanto, questo sì; ma si tratta pur sempre di conversazioni brevi e poco significative, in cui lei tenta comunque, più o meno sottilmente, di ridurmi al silenzio con una delle sue battute ad effetto poco carine. Che devo farci, io la prendo con filosofia.
Lily sostiene il mio sguardo con spavalderia. Una punta d’ira le colora le guance, la sua occhiata si fa più intensa, le sue labbra sembrano pronte a rovesciarmi addosso altro veleno, ma alla fine si limita ad inspirare profondamente.
“Se non vuoi rischiare di mandare a monte la finale ti conviene muoverti, oggi Slughorn sembra essere di pessimo umore. Inutile dirti che, se decide di metterti in punizione, nel migliore dei casi rischi di saltare gli ultimi allenamenti e di conseguenza di giocare da schifo, nel peggiore invece ti verrà preclusa anche la possibilità di partecipare alla partita, e allora sarai tu a dover fronteggiare i festeggiamenti dei Serpeverde”.
Rido, divertito. È sempre capace di tirare fuori il meglio di sé quando si tratta di rivolgermi la parola. Alle volte mi viene da pensare che certe frasi se le studi in segreto durante la notte e le provi davanti allo specchio tutte le mattine. Nemmeno quando si tratta di rispondere alle domande dei professori sembra impegnarsi così tanto.
“Grazie di avere così a cuore le mie sorti, per ripagarti ti dedicherò la vittoria”.
Lo dico in tono palesemente ironico, tenendo per me il fatto che, con ogni probabilità, tempo fa sarei stato davvero capace di umiliarmi gratuitamente in una maniera simile. Sorrido del bambino che era in me, che mi ha reso ridicolo ai suoi occhi. Ero diverso, profondamente diverso da adesso, ma ormai quel che è fatto è fatto.
“Muoviti, Potter”, mi dice, e sembra quasi reprimere un sorrisetto. Forse è appena un po’ meno disgustata dei tempi precedenti, o forse è solo una mia illusoria impressione. Poco importa, mi alzo e faccio segno ai miei amici di seguirmi. Giunti ad un bivio, salutiamo Remus e Peter, che hanno lezione di Cura delle Creature Magiche con Kettlebourne, ora. Fino al quinto anno abbiamo seguito tutti e quattro le stesse lezioni, abbiamo persino frequentato tutti Babbanologia per un anno perché Sirius voleva fare un dispetto alla sua famiglia; poi, però, i colloqui di orientamento professionale alla fine del quinto anno hanno sancito la nostra parziale separazione. Ora finiamo per ritrovarci tutti insieme a seguire Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure, ma di certo questo non è stato sufficiente ad indebolire la nostra attività malandrinesca. Mi volto a guardare Sirius con aria complice e lui mi rivolge il suo solito ghigno sinistro che gli attraversa il volto andando da un orecchio all'altro. Io gongolo tra me, soddisfatto, ripensando a come ho appena tenuto testa alla Evans riuscendo abilmente a sviare il discorso dalle nostre sospettabili macchinazioni. Ho fatto un buon lavoro su me stesso, tutto sommato.
 

***

Ero ancora intenta a perfezionare il mio Incantesimo Mobilicorpus su Elizabeth Lachey di Corvonero, quando finalmente è suonata la campanella di fine ora.
Non appena questo limpido trillo mi spacca i timpani mi alzo di scatto dal posto, saluto Elizabeth e mi allontano dal banco, con il desiderio impellente di uscire al più presto da quell’aula.
Faccio attenzione a non investire Vitious che, sgolandosi più che può, con la sua vocetta acuta sta cercando di richiamare l’attenzione della McGranitt. Ma lei ha appena transitato davanti alla porta dell’aula di Incantesimi con il suo abituale e sostenuto passo di marcia, perciò dubito che se anche Vitious si gettasse di corsa al suo inseguimento – cosa che sta effettivamente facendo – potrebbe mai sperare di raggiungerla.
Pazienza, io voglio soltanto andarmene da lì. Non posso permettermi di arrivare tardi a una lezione di Slughorn, purtroppo.
Il punto è che Slughorn mi perseguita. Crede che io abbia chissà quali doti straordinarie, e non fa che pretendere, pretendere, pretendere. E dato che dopo un po’ diventa ripetitivo continuare a dire che mi avrebbe preferito a Serpeverde invece che a Grifondoro, si ingegna per trovare qualcos’altro su cui avere da ridire nei miei riguardi.
Insopportabile.
Purtroppo per me la sua materia mi piace e non ho certo intenzione di mollarla l’anno prossimo, facendomi stupidamente condizionare da un professore pedante. L’unico aspetto spiacevole della questione sta nel fatto che non devo dargli modo di avere alcunché da ridire sul mio conto.
Motivo per cui non posso permettermi di perdere tempo, in questo momento.
“Ah, ah. Ho beccato Potter che ti guardava, di nuovo”, mi dice Margaret, raggiungendomi con un paio di falcate e prendendomi sottobraccio. Non è difficile, per Margaret. È alta, ha le gambe lunghe e si sente sempre perfettamente a suo agio anche con una gonna a pieghe indosso. Io, dopo sei anni quasi conclusi qui a Hogwarts, ancora non mi ci sono abituata del tutto.
“Davvero ti sta fissando?” domanda Delia, voltandosi platealmente all’indietro. Alzo gli occhi al soffitto, con aria di rassegnazione. Se non si facesse notare quando compie gesti poco opportuni, non sarebbe Delia.
“Ops. Credo mi abbia beccata in pieno”, mormora, imbarazzata, voltandosi di nuovo verso di noi e indirizzandomi un’occhiata di scusa.
“A giudicare dalla discrezione con cui ti sei girata a guardarlo, non l’avrei mai detto”, rispondo, sorridendo. In fondo, non è che mi importi quel granché. E dopo sei anni di amicizia, posso dire di essere più che abituata a fare i conti con le figuracce di Delia. Pare impossibile che sia sempre lei a farle, ma è così. La cosa meno umiliante che abbia mai fatto in vita sua credo sia stata andare a sbattere contro un Thestral durante una lezione di Cura delle Creature Magiche mentre ne cercava uno a tentoni, non essendo in grado di vederli, dato che non ha mai avuto la sfortuna di assistere alla morte di qualcuno. Mentre la cosa più umiliante … no, non credo di essere in grado di stabilirlo.
“È proprio stupido, comunque. Crede che non si capisca, che ti sbava ancora dietro?” sbotta Helen, assumendo un’espressione di sufficienza. Io mi limito a stringermi nelle spalle.
“Se non altro, quest’anno si è risparmiato l’umiliazione di venire a chiedermi di uscire. Tutto sommato qualche progresso l’ha fatto, devo ammetterlo”, affermo, in tono palesemente ironico. Le mie amiche ridono di gusto, divertite. Adorano quando mi metto a parlar male di Potter. Dicono che divento maligna fino all’inverosimile, e che qualcuno deve avermi somministrato una pozione che sia l’inverso del Filtro d’Amore quando ero piccola. Non hanno tutti i torti, in effetti.
“Come sei cattiva. Gli avresti ancora detto di no?” mi domanda Margaret, mentre ci incamminiamo per i corridoi. Le lancio un’occhiata scettica mentre si sistema una vistosa spilla a forma di fiore sopra la divisa, che probabilmente la McGranitt le farà togliere non appena la noterà.
“Ma dai, in fondo non è più così idiota come gli anni scorsi”, mi dice, e io intanto stringo le labbra. Mi sa che ci siamo. Sta per ricominciare la solita crociata pro-Potter. È una cosa di cui non si stancheranno mai, non c’è niente da fare.
“Poi è carino, decisamente carino”.
Ora la strozzo con le mie mani, se non la pianta.
“Potrebbe anche essere una Veela al maschile, la cosa non mi tange”, rispondo, ostentando un’espressione di disappunto.
“Tu non sai apprezzare questo genere di doni, ragazza mia”, mi dice Delia, assumendo una finta aria saccente e scuotendo il dito in segno di diniego. Io mi lascio sfuggire un sospiro, voltandomi verso Mary.
“Di’, qualcosa, per favore. Difendimi. Non ne posso più di queste qui”, la imploro, anche se lei non sta seguendo la conversazione. Cammina reggendo un libro aperto davanti agli occhi, come sempre. Oggi tocca a Il Signore Delle Mosche. Non ha mai perso l’abitudine di divorare romanzi babbani; sostiene che i libri della biblioteca di Hogwarts non sono abbastanza interessanti per sostituire le sue letture di svago. La capisco molto bene, essendo anch’io figlia di Babbani.
“Fai come faccio io, ignorale”, mi dice, senza staccare gli occhi dal libro. “Lascia che le loro voci si disperdano futilmente nell’aria e vai a goderti la tua lezione di Pozioni”.
Mi accorgo che siamo arrivate al punto in cui dobbiamo separarci. Non so come abbia fatto Mary a notarlo, dato che non smette di leggere nemmeno mentre fa le scale. Certo, ogni tanto questo le fa sfiorare delle cadute pericolose, ma non c’è mai stato verso di farle cambiare abitudini.
“Comunque, secondo me dovresti dargli una possibilità, in fondo è così tenero, ti sta ancora aspettando dopo sei anni di insulti di ogni tipo …”
“Oh, che peccato, devo proprio scappare. A dopo”.
Mi lascio sfuggire un sorriso perfido, mentre la prolissa filippica di Margaret viene bloccata sul nascere. Lieta di aver terminato il discorso, le abbandono ai piedi della scalinata che conduce ai sotterranei, lasciandole alle loro lezioni: Mary e Helen hanno Cura delle Creature Magiche, Delia e Margaret un’ora buca. Io scendo gli scalini più velocemente che posso, raggiungo l’aula e mi sistemo rapidamente al mio posto. Incrocio le braccia sul banco dopo aver sistemato la mia roba, ascolto distrattamente le chiacchiere degli altri che stanno entrando a lezione e sto molto attenta ad eludere lo sguardo di Slughorn.
Una volta tanto, mi piacerebbe davvero evitare di polemizzare con lui.
O quantomeno rimandare il più possibile il momento in cui questo avverrà.
“Signorina Evans …”
Sapevo che era troppo bello per essere vero.
“… sa per caso dirmi dove si sono cacciati Potter e Black?”
Eh?
“Uhm … no, a dire la verità …” mi guardo intorno, confusa, poi finalmente recupero il controllo di me stessa. “… a dire la verità, non è un’informazione essenziale per la mia sopravvivenza”, rispondo, squadrandolo con circospezione. Slughorn mi fissa con aria poco convinta.
“Li ha visti, a lezione, stamattina?”
“Sì”, rispondo. “Purtroppo”, aggiungo, a bassa voce, rendendomi conto che comunque non c’è nessuno in grado di apprezzare il mio sarcasmo; sono circondata dai Serpeverde, perché gli unici altri Grifondoro che seguono Pozioni guarda caso sono rimasti indietro e gli altri due Tassorosso che hanno intenzione di prendere un M.A.G.O. nella materia sono troppo indaffarati a chiacchierare tra loro.
Mi sta quasi venendo voglia di andare a chiamarli di mia iniziativa.
“Sarebbe meglio se andasse a cercarli, signorina Evans”, mi dice Slughorn, con aria rassegnata. Certo, non è che io abbia bisogno di loro, ma questa situazione non è divertente.
“Va bene”, acconsento, fingendo che la cosa mi pesi. Mi alzo ed esco in fretta dalla classe, dirigendomi a passo spedito verso l’aula di Incantesimi. Spero per il loro bene che siano rimasti lì, perché altrimenti credo proprio che li ucciderò con le mie stesse mani. E sarà una morte lenta, dolorosa e cruda.
Mentre mi avvicino rapidamente all’aula mi giungono delle voci e delle risate, segno inequivocabile del fatto che sono ancora lì dentro. Peccato, l’idea di trucidarli cominciava a sembrarmi allettante. Se non altro, avrei fatto un favore all’intera Hogwarts, anche se immagino che nessuno avrebbe davvero apprezzato il mio gesto: schiere di ragazzine inferocite sarebbero corse a cercarmi armate di coltelli per aver assassinato i loro idoli preferiti …
Sento un borbottio confuso dall’aria cospiratoria provenire dall’aula mentre mi avvicino. A un certo punto Potter scoppia sonoramente a ridere.
Perfetto. Vuol dire che ci risiamo.
Di nuovo alla carica con gli scherzi idioti, di nuovo con questi ridicoli attentati alle istituzioni.
Quando si dice che la gente ha la testa dura …
Ma adesso ci penso io.
“E in che modo hai intenzione di …”
“Ehm”.
Mi affaccio sulla soglia, osservando con perverso compiacimento le svariate reazioni che la mia inaspettata entrata in scena ha provocato. James Potter è stato letteralmente colto di sorpresa. Sirius Black sembra pronto a ringhiarmi contro, Peter Minus si è parato di colpo di fronte a Potter e Remus Lupin evita il mio sguardo, con l’aria di chi è stato appena colto con le mani nel sacco.
Magnifico.
“Evans, che diavolo vuoi?” mi apostrofa Black, in tono evidentemente ostile. Potter assume un’aria attenta, dopo essersi ripreso dallo stupore.
“Potter e Black, credo debba esservi sfuggito che abbiamo lezione nei sotterranei, in questo momento. Slughorn mi ha mandato a cercarvi per assicurarsi che non vi siate dimenticati di lui”, spiego, rivolta ai due soggetti in questione, sfoggiando il miglior sarcasmo tagliente di cui sono capace. Li squadro tutti e quattro con soddisfazione, dandomi l’aria di padroneggiare la situazione. In fondo non è altro che una sfida a chi esplode per primo.
“Perdonaci”, mi dice Potter, con un mezzo sorriso sottilmente sfacciato. “Sai com'è, troppe distrazioni. Colpa del Quidditch”.
Colpa del QUIDDITCH?!
“Considera seriamente l’ipotesi di trascorrere una notte a sedare i festeggiamenti dei Serpeverde prima di augurarmi di perdere. Andiamo, Evans, fare un po’ di tifo per la tua squadra non ti farebbe male”.
Mi sorride di nuovo, con quella sua candida faccia da schiaffi. La parte più istintiva e violenta di me sta già scalciando per poterlo prendere a pugni. Come se me ne potesse importare qualcosa, del suo accidenti di Quidditch. Ma tra Potter e me corre un’abissale differenza, e cioè che io porto la spilla da Prefetto, lui no. Potrei fargli scontare amaramente ogni parola di troppo che gli esce dalle labbra, se proprio volessi essere cattiva. Tuttavia, rimango pur sempre una persona ragionevole e, disgraziatamente, lui non ha detto nulla di male. Ultimamente non posso più nemmeno zittirlo quando si vanta, perché non si vanta più. Si limita ad esibire quell’azzardata ironia da sottile provocazione, ma perlomeno dà prova del fatto che gli si è affinato il cervello e che ha capito di non essere la reincarnazione di Godric Grifondoro.
Perciò sospiro e recupero la calma.
“Se non vuoi rischiare di mandare a monte la finale ti conviene muoverti, dato che oggi Slughorn sembra essere di pessimo umore”, lo avverto, poggiando le mani sui fianchi. “Inutile dirti che, se decide di metterti in punizione, nel migliore dei casi rischi di saltare gli ultimi allenamenti e di conseguenza di giocare da schifo, nel peggiore invece ti verrà preclusa anche la possibilità di partecipare alla partita, e allora sarai tu a dover fronteggiare i festeggiamenti dei Serpeverde”.
I miei pronostici suscitano la sua ilarità e lo guardo con indulgenza, anche se non capisco che cosa ci trovi da ridere. Mi sono persino preoccupata di fornirgli due previsioni alternative e per questo dovrebbe soltanto ringraziarmi. E invece no, lui lo trova divertente. Pazzesco. Quando riuscirò a scoprire secondo quale astruso meccanismo funziona il suo cervello, mi riterrò ampiamente soddisfatta di me stessa. Fino ad allora, per me Potter rimane un grande punto interrogativo.
“Grazie di avere così a cuore le mie sorti, per ripagarti ti dedicherò la vittoria”, mi risponde, in tono ironico. Io gli sorrido beffardamente. È anche diventato così educato da esprimere riconoscenza, ora? No, non mi convince per niente. È tutto l’anno che fa così, ma ci dev’essere di sicuro qualcosa sotto. Dopotutto, a parte quel modo di fare spontaneo fino all’irritazione e la tendenza a vivere come se fosse un gioco, per certe cose è cambiato davvero radicalmente. Lo stuolo di ragazzine adoranti lo trova ancora più affascinante, con questo nuovo modo di fare decisamente più misterioso ed ermetico, ma non ho idea di dove speri di arrivare. L’unica cosa che posso dire è che perlomeno si è fatto più sopportabile, e questo per me è sicuramente un vantaggio. Quindi, se l’ha fatto per farmi un favore, non posso fare altro che ringraziarlo.
“Muoviti, Potter”, gli intimo. Lui mi risponde con un muto sguardo enigmatico, poi si alza e i suoi amici lo seguono a ruota. Non mi soffermo ad attendere oltre e con passo rapido esco dall’aula e mi avvio verso i sotterranei. Ad un angolo ci dividiamo; Peter e Remus vanno a seguire Cura delle Creature Magiche, Potter e Black procedono. Loro camminano alle mie spalle, stretti l’uno all’altro. Ogni tanto mi giunge l’eco di qualche sussurro cospiratore. Come se non avessi già gli elementi sufficienti per capire l’aria che tira. Una cosa è certa: qualsiasi cosa stiano tentando di organizzare per la finale di Quidditch, sarà tutta fatica sprecata.
Perché anch’io ogni tanto mi diverto a mettere i bastoni fra le ruote.
 
 
 
 
And if it makes you less sad, we'll start talking again.
And you can tell me how vile I already know that I am.
I'll grow old and start acting my age.
I'll be a brand new day in a life that you hate.

(Brand New, The Boy Who Blocked His Own Shot)
   
 
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