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Autore: Letty Cullen    11/03/2011    2 recensioni
Isabella sta tornando da una breve vacanza insieme ai genitori. Poco prima di giungere nella sua citta', l'auto su cui viaggia precipita in un laghetto. Lei viene salvata miracolosamente ma dei suoi genitori non vi è nessuna traccia... per alcuni anni...
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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Eccomi di nuovo con un'altra mia "pazzia"! Spero vi piaccia! Buona lettura!

 




Seattle, Washington Mason Medical Center, 15 aprile 2004.

"Dottore dottore, la bambina non respira, dobbiamo intervenire o la perderemo!"
"Preparate la sala operatoria , presto!"

Bella


Mi sentivo stordita, la testa pulsava e mi doleva tanto da pensare che da li' a poco mi sarebbe esplosa.
Sentivo delle voci attorno a me ma nessuna che riuscissi a riconoscere e non capivo dove mi trovassi ma quell'odore lo ricordavo, mi disgustava troppo, ero gia' stata in un posto del genere: ero in ospedale.
Quel breve flusso di miei pensieri si interruppe nuovamente dato che tutt'ad un tratto nella mia mente fu il buio.
Nel periodo in cui non fui cosciente, credetti di essere morta. Voci su voci si accavallavano nella mia memoria, una strana luce mi avvolgeva e il mio corpo sembrava volteggiare sospeso da terra.
Quando ripresi conoscenza, i miei occhi faticarono ad aprirsi. Una fioca luce, che per me era comunque fastidiosa, proveniva da un lato della mia stanza. Voltai leggermente il capo verso quel fastidioso chiarore e notai che nella stanza non vi era nessuno.
Ero sola.
Percepivo un tepore alle braccia: la temperatura era gradevole ma l'odore di quel posto non lo sopportavo.
Mi chiesi cosa ci facessi li e perchè nessuno fosse stato accanto a me al mio risveglio. Non sapevo darmi una risposta.
Ma come poteva una bambina di 11 anni dare una risposta a tutte quelle domande?
Mi accorsi di avere un tubicino nel naso e un ago nel braccio. Dovevo proprio essere conciata male quando sono arrivata qui!
Provai a muovermi lentamente, ero scomoda e avevo dolori in tutto il corpo. Mossa assai sbagliata perchè venni attraversata da una serie di fitte che mi tolsero il respiro per alcuni secondi. Non potei evitare di urlare e subito una infermiera comparve accanto al mio letto.
"Tesoro, ti fa tanto male? Ti chiamo il dottore? Dimmi si o no con la testa"
Perchè mi diceva di risponderle con la testa ero, in grado di parlare.
Feci per aprire la bocca ma non usci nulla. Oddio cosa mi stava accadendo? Una lacrima sfuggi' al mio controllo e la donna al mio fianco mi accarezzo' una mano.
"Non ti preoccupare tesoro presto riuscirai a parlare di nuovo, è un fatto post-incidente ma tutto andra' a posto. Ora ti chiamo il dottore." e si allontano'.
Incidente??? E chi aveva fatto un incidente? Io ricordo che viaggiavo sull'auto coi miei genitori, eravamo quasi arrivati a casa e... avevamo avuto un incidente??!!
No non poteva essere, c'era sicuramente un errore. Ero una bambina ma non ero stupida. E i miei genitori dov'erano? Perchè non erano li' con me?
Il dottore non tardo' ad arrivare.
Era gentile e molto premuroso nei miei confronti. Aveva un viso familiare, mi sembrava di averlo gia' visto da qualche parte, mi sembrava di conoscerlo, ma non riuscivo a collocare il suo viso nei miei ricordi. Candido, come anche le sue mani. Incorniciato da capelli biondi dorati, in un'acconciatura impeccabile. Mi prese il polso per misurare il battito del mio cuore e in quell'istante ebbi un sussulto: le sue mani erano gelide.
Alzai lo sguardo e i miei occhi incontrarono i suoi: due pozzi profondi color del miele, sembravano tempestati di pagliuzze d'oro. M'incantai ad osservarlo. E lui mi sorrise, amorevole. Anche la sua voce, calda e cortese nonostante trillasse ad ogni parola, mi faceva pensare di conoscerlo.
Si.
Io lo conoscevo. Ma non sapevo nè dove, nè come, nè quando.
Mi visito' velocemente e mi rassicuro' sul fatto che sarei guarita e che dovessi solo riposare. La faceva facile lui, dormire per me era peggio che restare sveglia.
La notte passava tra gli incubi, il giorno non passava e io mi sentivo sempre piu' sola e stanca. Avevo bisogno di sapere dei miei genitori... un brutto presentimento aleggiava sul mio cuore.

   
 
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