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Autore: Darkshin    12/03/2011    7 recensioni
Medico e shinobi, ti ritrovi a somministrare vita e morte ogni giorno, impeccabile. Ma come ti comporterai quando scoprirai che non puoi salvare dalla morte uno che ha rinunciato a vivere?
Partecipante al contest "Contrari contest!" indetto da Akane Hirai.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Nick: Darkshin su EFP, darkshin87 sul forum
Titolo: Il fiume di cadaveri
Rating: giallo
Jolly: M
Coppia Contrari: Vita/Morte
Genere: Drammatico/sentimentale
Avvertimenti: nessuno
Breve Introduzione: 
Dopo l'ultima guerra, Sasuke è stato riportato a Konoha. Viste le ferite riportate nello scontro, viene curato nell'ospedale di Konoha da Sakura, la quale tuttavia dovrà scontrarsi con una amara verità. Come medico e come donna, riuscirà a strappare alla morte il suo compagno e amato?




  Il Fiume di Cadaveri


Seduti  su una panchina, Sakura guardò quasi di sbieco il suo "paziente".
Sasuke Uchiha. O almeno, quello che ne rimaneva.
Erano passati appena pochi mesi dalla fine della guerra, quando lo avevano recuperato assieme a Naruto sul campo di battaglia, praticamente entrambi più morti che vivi: non fosse stato per le doti straordinarie dei due ragazzi, entrambi non sarebbero riusciti a resistere all'arrivo dei soccorsi.
Ora invece, Naruto era stato ormai dimesso da un paio di mesi, felice come non mai di essere riuscito nel suo sogno, riportare Sasuke al villaggio.
Sakura invece non riusciva ad essere altrettanto felice e ottimista: è vero, fisicamente Sasuke era tornato, la sua salute era stabile e non c'era il minimo pericolo; agli occhi attenti del medico, però, il suo compagno non era affatto tornato.
Da quando aveva ripreso conoscenza, non aveva praticamente detto una parola, se non qualche vago mugugno; ma non era tanto quello a preoccuparla, onestamente sarebbe stato più inquietante un Sasuke logorroico, quanto la totale assenza del ragazzo. Il suo volto, un tempo freddo e bello come il marmo, ormai era una maschera grigia e spenta, come pure spenti erano gli occhi che le ricordavano quelli di suo fratello Itachi.
"Allora... come stai oggi, Sas'ke?" esordì forse un po troppo garrula, nel tentativo di spezzare quel silenzio che la opprimeva
"Sto."
Sto. Un modo come un altro per dire, sto ancora respirando, sfortunatamente non riesco ancora a convincere questo maledetto respiro ad abbandonarmi.
"Immagino siate contenti. Alla plebe spiacerebbe molto se io crepassi tranquillamente nel mio letto, credo".
Solito, stanco cinismo: fosse stato più in forma, avrebbe sicuramente potuto fare di meglio, rispetto al forzoso melodramma che aveva tirato fuori; ora invece, sembrava non importargli davvero nulla.
"Smettila, stupido. Nessuno vuole ucciderti." ribatté con poca convinzione ma in perfetta buona fede la rosa.
In un ipotetico bilancio dei pro e contro, Sasuke aveva commesso parecchi reati impossibili da liquidare totalmente con la scusa della giovane età e del suo dramma personale; tuttavia, questi elementi avrebbero sicuramente pesato in giudizio assieme al fatto che la Foglia aveva un disperato bisogno di ninja di alto livello per fare fronte alle sue necessità.
"Vedrai che Tsunade-sama troverà il modo di salvarti..."
"Chi ti dice che io voglia essere salvato?"
La domanda, proferita a bassa voce, spezzò in maniera irreversibile qualsiasi goffo tentativo della rosa di dare conforto ad entrambi, così il moro, sempre senza fissarla direttamente, proseguì.
"Pensi che cinque patetici ANBU siano in grado di fermarmi? So che mi sorvegliano, giorno e notte. Potrei anche dirti esattamente dove sono, in questo preciso istante, ma non me ne frega nulla, neanche di vivere."
Anche se abbattuto, rimaneva sempre un ninja straordinario, degno erede del suo clan.
"Sakura, io voglio morire."
"Io non... Sas'ke..."
Finalmente, il ragazzo si degnò a voltarsi vero di lei, per fissarla finalmente negli occhi che per un attimo acquistarono l'antica veemenza.
"Fino ad oggi, era la mia missione a tenermi in piedi. Vendicare il clan. Vendicare Itachi. Non ho saputo adempiere a niente: Itachi è morto perché si è lasciato uccidere e questo patetico villaggio è ancora in piedi. Ogni notte, da quando mi avete trascinato qui, sogno i membri del mio clan e mio fratello che nuotano in un fiume infernale, accusandomi di avere tradito tutti loro con le mie azioni e tendendo le loro mani per ghermirmi, chiamando a gran voce la loro vendetta.
Io... io voglio raggiungerli: voglio pagare il debito nei loro confronti.
Niente di più."
Tesa, la rosa si morse un dito, per impedirsi di tremare, mentre il moro rovesciava il capo all'indietro, gli occhi socchiusi nel riverbero del sole.
"Vattene, Sakura. Torna dai vivi, Naruto ti starà aspettando. Non perdere tempo con uno come me."
Meccanicamente, la giovane donna si ritrovò ad obbedire, anche se non aveva ascoltato una sola parola: arriva sempre, nella vita di un medico, il momento di affrontare il fatto che non si può sempre e comunque salvare tutti e che ci sono cose contro cui non si può vincere. Sakura, nella sua lunga carriera, non aveva mai perso una sola persona affidatigli ma il destino aveva deciso che la sua prima volta sarebbe stata la persona a cui più teneva al mondo e che per sua stessa volontà, questa persona non voleva essere salvata. Per la prima volta, non sapeva come salvare una vita.
"Così, il grande Sasuke Uchiha verrà ucciso come un qualunque criminale o un animale portato al macello?"
La rosa gli dava le spalle, il tempo di quelle poche, ultime parole prima di seguire il suo consiglio.
Non si voltò, ma se lo avesse fatto, non le sarebbe sfuggito l'improvviso rossore sulle gote del vecchio compagno.
 

Non c'era ancora luce, la sera, per le strade del villaggio: quel poco di corrente che si riusciva a generare, veniva impiegata esclusivamente per cose davvero importanti, come il palazzo dell'Hokage e l'ospedale ancora semiprovvisorio che sembravano brillare di luce tenue.
La notte comunque era limpida, rischiarata a sufficienza da una luna che, forte della sua esperienza millenaria, sapeva come fare il proprio lavoro, l'ideale per il giovane moro in tenuta bianca che altrimenti non avrebbe saputo orientarsi in un posto per lui completamente nuovo, piccole radure abbellite da qualche sparuto e rachitico arbusto e fitte file di casette di legno per lo più identiche.
Soltanto il palazzo faceva eccezione: la bizzarra struttura dall'ampio tetto su cui si riunivano i jonin e la forma panciuta era diventato una sorta di austera pagoda, scelta quantomeno discutibile, ma il chakra e le tecniche ce li aveva messi quel tipo inquietante, quindi se a lui veniva bene costruire così... non che gliene importasse molto, in effetti.
Ultima notte in quel villaggio che non aveva mai davvero amato ma in seguito aveva odiato più di chiunque altro, Sasuke decise almeno di apprezzare alcune piccole cose, come l'aria più salubre rispetto alla puzza asfissiante dei corpi ammassati, dei medicinali e del disinfettante, il morbido chiarore della luna sulle cose, un passante che si concedeva una sosta sotto un palo della luce...
Vedendolo arrivare, il passante si staccò dal suo appoggio, pur mantenendo una postura rilassata, costringendo l'altro a fermarsi: eterea nel suo camice bianco, Sakura si ravvivò leggermente i capelli, concedendosi un sorriso leggermente birichino alla vista della faccia indispettita del suo ex compagno di team.
"Dove stai andando, Sas'ke?"
Inespressivo, l'altro pensò per un secondo di non  darle risposta, ma le labbra si mossero da sole
"Mi sto godendo gli ultimi passi da vivo, ti spiace?" proruppe beffardo, sperando di incrinare con il solito cinismo la sua corazza di calma.
Ma l'altra, con suo disappunto, inclinò appena la testa, socchiudendo gli occhi.
"Come vuoi." accettò con sufficienza le sue parole, senza sembrarne più di tanto impressionata.
Non gli credeva, era palese: addirittura si era portata più al centro della strada, poggiando le mani sui fianchi.
Senza capire esattamente da dove venisse, Sasuke sentì l'impulso di giustificarsi, di dire almeno parte della verità.
"Ho un ultimo affare da sbrigare qui a Konoha, poi sarà tutto finito".
"Già... però potrei passare dei guai per questo, sai Sas'ke?"
Il tono della sua voce si era fatto leggermente più duro, tanto da indurlo ad inarcarsi leggermente, i muscoli contratti in attesa dello sforzo.
"Le abitudini non cambiano mai, vedo... sempre con questo vizio di fuggire in piena notte... e ora, Sas'ke?" chiese, pacata nell'osservare l'ex compagno stringere leggermente le mani "Mi darai una botta sussurrandomi grazie per poi lasciarmi su una panchina?"
"Non so, magari stavolta vorresti un tipo di botta diversa?"  sibilò.
Un linguaggio piuttosto esplicito per i suoi standard, con l'intento di lasciarla spiazzata per un attimo, il tempo necessario a dileguarsi senza perdere tempo ed energie in uno scontro che non gli interessava ma che ancora una volta diede ancora una volta un risultato completamente opposto.
"Allora a Oto hai anche imparato qualcosa di utile" chiocciò lei, quasi con le lacrime agli occhi, che involontariamente lo costrinsero a rilassarsi e a ricambiare, almeno con un vago sorriso che si sarebbe facilmente potuto imputare alle ombre.
"Non ci crederai, ma era l'unica cosa di cui Kabuto sapesse parlare senza infilarci un Orochimaru-sama"
"I-Immagino" ridacchiò la rosa.
Calmo, finalmente Sasuke si decise ad avvicinarsi, non più sospettoso e guardingo come un randagio.
"Sakura. Non voglio fare del male a nessuno. Non più. Soltanto... voglio farla finita a modo mio. Come ho sempre fatto."
Per un istante, il medico si sentì tornare dodicenne, quando ancora poteva perdersi in quegli occhioni neri e sentire le ali ai piedi.
"E... chi te lo impedisce?"
"?"
"Ti sembra che io ti voglia sbarrare la strada, Sas'ke?" spiegò, il cuore ancora a mille per quel contatto un pò troppo ravvicinato.
Si discostò leggermente, lasciando aperto un varco più ampio, ma quando Sasuke decise di oltrepassarla, con una estrema naturalezza prese a camminargli di fianco.
"Non voglio impedirti niente.Verrò con te."  aggiunse, con un tono che non lasciava spazio a contraddizioni di sorta.
Inconsapevole di quanto fosse bella, soprattutto in quel momento, il capo chinato eppure forte e deciso.
Perché Sasuke doveva ammetterlo: nel tempo l'aveva vista come un intralcio, raramente come una fonte di aiuto, poi come un ostacolo. Non aveva mai visto la Sakura donna, come in quel momento.

Nel suo ufficio, quella stessa notte, l'Hokage si dedicava ad una inconsueta attività: lavorare.
La pila di fogli già sbrigati e poggiati di lato sul pavimento ormai superava il livello della scrivania, mentre poche altre pratiche rimanevano da sbrigare.
Si interruppe giusto un momento, il tempo di accettare l'ennesimo tè verde che la sua fida assistente le porgeva in quelle lunghe giornate.
"Uff..." sbuffò "Ma questi cosi si riproducono, che voi sappiate? Non finiscono più" si lamentò rivolta verso Shizune e Kakashi, che ingannava il tempo leggendo, come il suo solito.
"Devo dire che in tutti questi anni non l'ho mai vista così attiva, Tsunade-sama" commentò distrattamente l'uomo, sfogliando attentamente una pagina.
"Per chi mi hai preso? Quando ho preso il posto di Sarutobi, non c'era un rotolo di troppo o un avanzo di lavoro" bevve con soddisfazione " Voglio fare solo lo stesso per Naruto, gli ho promesso che non avrebbe iniziato la sua splendida carriera con tutta questa roba sul groppone"
"Senza contare che non si può far firmare al Rokudaime documenti che dovrebbero portare la firma del Godaime..." aggiunse piano Shizune, in un sorriso.
"Kakashi... sei ancora single,se non sbaglio. Perché non porti questa qui a fare un giro, che non mi lascia concentrare in pace?"
"AIIIII"
"Trent'anni e single, hai un tipo del genere a portata di mano e cosa fai? Strilli? Sei un caso perso..."
"Ehm, scusate..."
Kakashi, leggermente spiazzato dall' essere preso in considerazione praticamente quanto un soprammobile, decise che forse era il caso di dire la sua... oddio, non che Shizune non fosse a modo suo una bella donna e... ma non era questo il punto.
Il punto non arrivò.
Prima che potesse decidersi a dire una parola, la porta dell'ufficio venne aperta con violenza.
"Hokage-sama! C'è un emergenza!"
"Genma!"
Il jounin, solitamente calmo, sembrava sconvolto
"Il quartiere degli Uchiha è in fiamme!"
"Cos..."
Istintivamente la donna si voltò verso le ampie vetrate, in direzione di pochi edifici che ancora facevano parte dell'ex ghetto del clan ma nulla, l'unica cosa che interrompeva il velo steso dalla notte era l'ospedale.
"Le fiamme... non sono fiamme normali! Vi prego credetemi... sono nere! Per questo nessuno se n'è accorto prima!"
Per la testa dei due shinobi più esperti passò la stessa parola: Amaterasu.
E Amaterasu, non poteva che significare Sasuke Uchiha.

I peggiori sospetti non tardarono ad avere conferma: al di là del muro provvisorio che serviva a delimitare la zona, si apriva un posto in prima fila per uno sguardo sull'inferno. Le squadre di pompieri, gli shinobi, i vicini allarmati, contemplavano con orrore quelle fiamme tremende, forse nemmeno catalogabili come fiamme quanto come oscurità pura, velo di notte che danzava e distruggeva quelle poche misere abitazioni che Naruto aveva supplicato dal capitano Yamato per il vecchio amico e fratello, come se questi fosse una rondine tornata dopo il lungo inverno a cui si vuole preparare un nido dove riposare.
I pochi che li videro arrivare tirarono un impercettibile sospiro di sollievo.
Era arrivato l'Hokage, ora si sarebbe sistemato tutto, era impossibile che il ninja più saggio della Foglia non spesse come rimediare a quella catastrofe che minacciava  di radere ancora una volta al suolo il villaggio.
"Hokage-sama..." la salutò, rispettoso e ansioso, il capo degli shinobi pompieri: come tutti i suoi colleghi, portava con sè un barile d'acqua sul quale esercitare le sue tecniche e che in quel momento, come mostrò all'Hokage con un cenno, era tristemente vuoto.
"Non è servito a niente, neanche tutti insieme siamo riusciti a smorzare le fiamme! Siamo appena riusciti a bagnare il terreno intorno, ma con questo calore non ci vorrà molto, prima che..."
"Kakashi! Conosci questa tecnica meglio di me, come diavolo si può fermare?"
Lo shinobi rimase ancora un pò ad osservare le fiamme, prima di commentare, quasi casualmente:
"Non preoccupatevi. Non avete notato che le fiamme non si espandono?"
Effettivamente, sembrava che il fuoco ardesse al di là di una sorta di vetro: nemmeno un filo d'erba, al di là di una certa linea, prendeva fuoco.
"Itachi era un genio assoluto nei genjutsu, non aveva assolutamente rivali. Il suo Tsukiyomi si poteva definire l'arte illusoria perfetta, credetemi, lo so per esperienza diretta" continuò, come se stesse tenendo una lezione davanti ai suoi genin e non ad una folla di gente che lo fissava con gli occhi sbarrati mentre si avvicinava al muro di fiamme "Ma Sasuke, ha raggiunto un grado di controllo ancora più elevato sul suo Katon... anche se dubito che questo possa essere chiamato Katon. Deve avere manipolato le fiamme in modo che queste bruciassero solo quello che si trovi in un dato perimetro. Assolutamente incredibile, quel ragazzo..."
"In altre parole... non c'è pericolo?"
"No. Sono praticamente certo che non vi sia pericolo, comunque prepariamo in caso di necessità shinobi in grado di usare il Doton., nella peggiore delle ipotesi seppelliremo il quartiere"
"Kakashi-sensei!"
Mentre l'Hokage distribuiva nel migliore dei modi gli uomini, dalla folla spuntò la zazzera bionda dell'Eroe della Foglia, il suo ex allievo e ora notoriamente molto più forte di lui Naruto Uzumaki., sconvolto nel vedere quello spettacolo agghiacciante.
"Ma che..."
"Opera di Sasuke. Mi chiedo cosa abbia in mente".
"Possiamo aiutare?" chiese una terza voce: anche Shikamaru e tutti gli altri coetanei di Naruto avevano deciso, chi più chi meno volentieri, di abbandonare i letti per andare a vedere cosa era successo.
Kakashi scosse il capo: non pensava che in quel frangente le loro abilità potessero servire a qualcosa, ma lasciò che almeno facessero compagnia all'allievo, che tanto, con la testaccia dura che si ritrovava, non sarebbe schiodato da lì tanto presto, quando si sentì richiamare indietro da Neji Hyuga
"Kakashi-sensei , ci sono due fonti di chakra, là dentro!"
Il Byakugan non mentiva mai: al di là della spessa coltre nera, i suoi occhi potevano distinguere due figure, in piedi al centro della sala principale, immobili ma vive, come confermato immediatamente da sua cugina.
"Riuscite a individuare a chi appartengono?" chiese, allarmato.
I giovani Hyuga si concentrarono di più, lasciando che tutto il chakra a loro disposizione confluisse nei loro occhi per consentire loro di vederci più chiaro, ma anche alla scarsa luce delle torce, a nessuno sfuggì il moto di orrore sulle loro facce.
"Sono... sono l'Uchiha e Haruno-san..." esalò Neji, pietrificato dall'orrore.
Quello che successe poi, si può chiamare frutto di strenui allenamenti. Riflessi straordinari. Anche paranoia, si, anche quella potrebbe essere una ragione valida.
Comunque sia, nell'istante esatto in cui Naruto si stava per lanciare contro Amaterasu per riavere indietro le persone più importanti della sua vita, Shikamaru lo trattenne giusto quel secondo che serviva agli Hyuga per sfiorargli gentilmente, con un ampio movimento, la parte superiore delle gambe: sarebbe crollato a terra semiparalizzato se Neji non lo avesse preso per un braccio e Hinata non gli si fosse parata davanti cingendogli il torace con le braccia sottili, mormorando scuse che il biondo non sentì minimamente.
Nemmeno si accorse di non avere più l'uso delle gambe, cercava di afferrare qualcosa davanti a sè che solo lui vedeva, lanciando urla e ruggiti da fare impallidire il demone che gli dormiva dentro.
Neji si accorse che le persone all'interno avevano percepito la sua presenza, voltandosi verso di lui e muovendo le labbra, per scandire bene alcune parole che il giovane non fece fatica a decifrare.
"...Naruto."
La voce dell'amico acquietò, anche se di poco, la belva, consentendogli di ascoltare quello che aveva da dire: con enorme pena, il castano si decise a proseguire
"Haruno-san... Sakura-san dice... che le dispiace."
"Le... le dispiace?"
La voce dell'amico, roca dal pianto, gli smosse qualcosa nel profondo.
Non ci poteva fare niente.
Le lacrime si stavano per fare prepotentemente strada, anche nei suoi occhi così gelidi, ma si fece forza.
"Uchiha, invece ha detto soltanto... grazie."

Non ci furono più parole.
In piedi, i ragazzi passarono le ore che li separavano dall'alba a vegliare su quella sorta di pira funebre in onore di non si sa che: di un uomo, un clan, una storia che nel bene o nel male era stata epica?
Kiba provava rispetto: non era abituato a ragionamenti troppo astratti, ma il suo istinto ferino lo aiutava ad arrivare più in profondità degli altri e avvertiva quindi il selvaggio desiderio di libertà dell'ultimo Uchiha; Shino, più freddo, pensò che era quello che ci si poteva aspettare da uno come lui, un uomo che non ha mai consentito agli altri di scegliere per lui.
Lee era affranto, Tenten si appoggiava a Neji fissando triste da sopra la sua spalla la scomparsa dei due.
Ino si nascose nell'enorme abbraccio di Choji, combattuta tra il dolore e l'ammirazione per l'amica che in amore e in arti mediche le era stata superiore, mentre Shikamaru, voltò lo sguardo, per il dolore che gli causava la vista di quella roccia ormai franata in lacrime, facendo sua la tristezza del biondo e maledicendo di mille morti il moro.
Dal canto suo, Naruto non alzò nemmeno più la testa, nascondendo il volto nel collo di Hinata per avere la presunzione di potere piangere senza che nessuno lo guardasse con rimprovero.
Ma quella notte, nessuno osò mai accennare alla dottrina numero venticinque.
Soltanto all'alba, con uno schiocco secco, i robusti edifici cominciarono a crollare, uno dopo l'altro mentre le fiamme, che ormai avevano svolto il loro lavoro, cominciavano a estinguersi da sè.
Per precauzione, si decise di lasciare passare almeno un ora prima di cominciare i lavori di recupero, diretti da Kakashi stesso: l'argenteo avrebbe voluto trovarsi in mille altri posti, in quel momento, ma come shinobi non poteva permettere che qualcuno rimanesse ferito da residui incendiati con quel fuoco maledetto.
Come sensei, invece, era il minimo che potesse fare per loro.
Doveva essere lo scotto per la sua incapacità di fare qualcosa per quel ragazzo tanto potente quanto solo e infelice, ascoltare il rumore delle vanghe e dei picconi che raspavano il terreno con tonfi sordi, suoni che alle sue orecchie suonavano come campane a morto.
"Kakashi-sensei, li abbiamo trovati..."
Delicatezza di un uomo davanti alla morte e al dolore, Kakashi accettò passivamente quelle parole appena udibili, per dirigersi verso il punto indicatogli seguito dall'Hokage, da Shizune e dai consiglieri, dove si erano riuniti tutti gli addetti al recupero.
"Kami-sama..."
I corpi dei due giovani non erano, per quanto orribilmente, ustionati: erano completamente carbonizzati, cenere che manteneva solo una forma vagamente umana dalla quale alcune ossa, scampate alla furia, sporgevano.
La cosa che però lasciò senza fiato tutti i presenti era che nella morte, i due giacevano abbracciati, ormai ciascuno carne dell'altro.
Gli addetti non sapevano bene cosa pensare in quel momento: era vero che Sasuke era un ninja traditore che aveva combattuto contro di loro nell'ultima guerra per ravvedersi, pare, solo alla fine; anche il più feroce dei detrattori, però, non poteva che provare compassione per una fine tanto brutale.
Tsunade fu la prima a riacquistare parvenza di autocontrollo: si chinò sui cadaveri, in modo da esaminarli.
"Le strutture ossee corrispondono a quelle della kunoichi Haruno Sakura e a quelle del mukenin Uchiha Sasuke".
"Tsunade-sama, come volete regolarvi per la sepoltura?"
"Prendete una... una bara abbastanza grande per entrambi, saranno seppelliti nel cimitero di Konoha"
"Ridicolo! Un traditore nel nostro sacro cimitero, è inaccettabile" sbottò Koharu Utahane
"Dato che non ci è possibile districare i corpi, si farà come ho detto" replicò secca il capovillaggio
"Seppelliamoli entrambi fuori dal cimitero, allora: se ha scelto di morire con un traditore, è la scelta più opportuna" proruppe con arroganza l'altro consigliere, Homura Mitokado, sdegnando tutti i presenti.
Lo sguardo tagliente della donna, però, lo portò a più miti consigli.
"Sakura Haruno ha fatto molto più per il villaggio nella sua breve vita di quanto possiate avere fatto voi in tutta la vostra inutile esistenza. Una sola altra parola contro di lei e proseguiremo questa conversazione in un altro luogo." sibilò, prima di dare le ultime disposizioni e di allontanarsi.
A distanza di sicurezza, Shizune si decise a prendere parola per la prima volta dalla scoperta dei cadaveri.
"Tsunade-sama... siete sicura che siano proprio loro?" chiese dubbiosa
"Osi mettere in dubbio la parola del più grande ninja medico mai esistito?"
"Io... io non... mi scusi"
"Brava Shizune. Fai bene." mormorò piano la donna.

Dall'alto della rupe,  si godeva dii una vista sul villaggio senza pari.
Sakura lasciò che il suo sguardo scorresse sulle case in legno, i palazzi e i giardini, a imprimersi nella memoria tutto come un viaggiatore nel deserto beve a sazietà non sapendo quando e se troverà un'altra oasi.
In lontananza, si alzava ancora un esile filo di fumo nel punto in cui erano morti: le strinse leggermente il cuore al pensiero delle persone che stavano facendo soffrire, ma sentiva che quella che aveva intrapreso era l'unica strada possibile.
"Sakura, andiamo".
Con ferma gentilezza, Sasuke le porse un largo cappello di paglia, un kasa, che la donna si sistemò in capo.
"Che hai?"
"Pensavo.... pensavo a Naruto"
"Sei pentita?"
"No, solo che..." si sfiorò sorridendo mestamente la guancia "Se mai lo incontreremo di nuovo, penso che per la prima volta sarà lui a prendermi a pugni" concluse,  mentre le sue labbra si increspavano in un sorriso incerto quasi non potesse credere all'immagine che le era passata per la testa.
"Te lo meriti. Potevo lasciarmi morire in pace..."disse seriamente Sasuke, distogliendo lo sguardo con aria seccata.
"No, bello, troppo facile, così!" protestò, quasi oltraggiata, la rosa "Mi devi ancora scontare tutti gli anni passati a rincorrerti!" aggiunse alla fine, solo per accorgersi che il compagno si era già incamminato.
Sbuffando e aggiustandosi il lungo mantello, la donna raggiunse il compagno.
"Dove hai imparato quella roba di conservare i cadaveri negli occhi?"
"Madara. Mi ero completamente dimenticato di  quel paio che ho tirato fuori, li avevo assorbiti per allenamento. Alla fine si sono rivelati utili" illustrò con assoluta, brutale indifferenza.
"Non hai altre cose del genere in serbo, dopo serpenti e cadaveri? Sai, sto considerando l'idea di dormire in letti separati, alla prima locanda che incontriamo"
Dei. Adorava l'espressione di Sasuke quando reagiva in quel modo a certe uscite!
"Mi pare il minimo"
"Che stronzo. A proposito... dobbiamo trovarti un nuovo nome, visto che Sasuke Uchiha è ufficialmente morto"
"Sasuke è più che sufficente, Sakura".
Ma la sua donna, colta da un dubbio, si era fermata, perplessa, per poi uscirsene con uno splendido, lo stesso che lo aveva convinto a provare ad andare avanti.
"Come ti sembra, Sasuke Uzumaki?"
Un modo gentile per omaggiare l'unica altra persona che aveva contato davvero qualcosa nella sua vita e che lo aveva amato quanto il suo vero fratello.
"Che suona da schifo. Però... me ne farò una ragione".


Il vecchio Sasuke Uchiha in quel momento, lento e deciso, arrivò finalmente sulla riva del fiume, dove i suoi sanguinari familiari nuotavano. Senza esitazione, si lasciò andare al loro desiderato abbraccio colmo di ardente ira.
Solo un istante, si voltò ad osservare Sasuke che, tenuto per mano da Sakura, da lontano lo fissava.
Morire per vivere... che strana soluzione aveva trovato in fondo alla sua strana vita, ma in fondo, perchè no?
Il Sasuke che odiava sarebbe morto nella fonte del suo odio: quello che ne rimaneva, senza forma e senza sostanza perchè mai nato, con il tempo forse avrebbe iniziato ad imparare a vivere e ad amare., anche grazie a una donna la cui volontà era più forte di un intero fiume di cadaveri.
  
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