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Autore: Michelle Roberts    12/03/2011    1 recensioni
I ricordi della mia adolescenza sono avvolti da un velo d'odio, una patina di rancore che mi impedisce di riportarli alla luce in modo razionale, senza essere sopraffatto dalla rabbia.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Un assassino. Questo è il marchio che mi porterò addosso per tutta la vita, un marchio persino più indelebile del disegno nero che mi ha trapassato la carne viva quel giorno di molti anni fa.
Quel simbolo di morte, che la magia ha inciso per sempre sopra il mio corpo di adolescente. Il mio patto col Diavolo.
Ero solo un ragazzo allora, un giovane disadattato che aveva come unica valvola di sfogo del suo dolore lo studio delle Arti Oscure.
Sembra passato un secolo da allora, anche se ricordo certe cose come se risalissero solo a qualche giorno fa. Gli scherzi e le prese di giro a cui ero soggetto quando ero studente,  l’umiliazione.
Quel sentirmi sempre e costantemente preso di mira, perseguitato da quella banda di idioti. I sorrisi di scherno, le loro frecciatine.
I ricordi della mia adolescenza sono avvolti da un velo d'odio, una patina di rancore che mi impedisce di riportarli alla luce in modo razionale, senza essere sopraffatto dalla rabbia.
Una rabbia che con la mia dedizione alla freddezza e al gelido cinismo credevo di aver soffocato per sempre.
Mi lascio cadere sulla sedia e il mio sguardo vaga distrattamente nello spazio attorno a me. Un’altra giornata è finita: le lezioni, le missioni per l’Ordine e quelle per il Signore Oscuro.
Ora sono finalmente solo, nel silenzio del mio ufficio avvolto nell’oscurità della notte. Non ho intenzione di accendere la luce: l’oscurità rilassa la mia mente e il mio corpo martoriato dalla Cruciatus.
Non sono stato abbastanza utile al mio padrone oggi, non ho saputo dargli le informazioni che cercava. Non ho voluto, in realtà.
A volte penso di abbandonare del tutto, dentro di me non sono più un Mangiamorte da molto tempo ormai. Ma poi mi rendo conto che il mio ruolo di spia è l’unica cosa che mi rende tollerato all’interno dell’Ordine della Fenice. E soprattutto che non posso fare una cosa del genere a Silente, quel vecchio pazzo è l’unica persona che mi abbia dato un minimo di fiducia e di supporto. La persona che ha garantito per me, impedendomi di ottenere un biglietto di sola andata per Azkaban.
Mi serve qualcosa di forte. Cerco disperatamente una bottiglia di vecchio Whisky Incendiario nel mobiletto sotto la scrivania.
Il liquido scende lungo la mia gola, riscaldando il mio corpo ma non la mia anima stanca.
Silente è anche l’unica persona che dia ancora un minimo di valore alla mia esistenza. Evidentemente è proprio vero quello che dicono in giro, deve essere un genio con qualche rotella fuori posto per essersi affezionato ad uno come me.
Anche lei era pazza. Bella ed incredibilmente pazza.
Quando era imbarazzata le sue guance si coloravano di un magnifico rossore e quando sorrideva i suoi occhi verdi sorridevano con lei, luccicando come i miei due pozzi neri privi di luce non sarebbero mai riusciti a brillare.
Era perennemente in ritardo e arrivava alle lezioni quando l’insegnante aveva già iniziato a spiegare, ma nonostante questo Silente le aveva assegnato il ruolo da Prefetto al quinto anno. A lezione arrivava in ritardo, è vero, ma appena si sedeva al suo posto la sua mano sottile scivolava sulla pergamena ad una rapidità incredibile senza mai perdere neanche una frase pronunciata dall’insegnante. Seguiva le lezioni incantata come una bambina a cui si narra una fiaba. Era incredibilmente curiosa, sinceramente interessata a tutto ciò che non sapeva.
Veniva considerata una secchiona, ma non per questo era disprezzata come lo ero io. Nessuno avrebbe potuto disprezzarla dopotutto. Sono certo che anche Lupin, che all’epoca era il suo collega Prefetto Grifondoro, la trovasse incredibilmente adorabile.
C’erano momenti in cui, senza un motivo ben preciso, le sue labbra di rosa sfioravano il mio viso scarno posando sulle mie guance piccoli attimi di felicità.
Guardo il bicchiere davanti a me. Vuoto.
Come ogni sera non riesco ad evitare di sentirmi dannatamente solo. Persino più solo di quando ho firmato il mio patto col Diavolo.
  
  
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