Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
Ricorda la storia  |      
Autore: bannie    12/03/2011    7 recensioni
«Non sembrava importargli delle persone che avrebbe lasciato sole, di chi avrebbe versato lacrime amare per lui, di quelle che l’avevano seguito per tutta la vita e che ne avevano fatto il loro punto fermo, della vita in cui aveva irrotto prepotentemente. Rimaneva lì, impassibile, senza espressione e forza, sdraiato in quel letto mentre continuamente individui si susseguivano al suo capezzale.»
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

pairing: Dino x Hibari
avvertenze: shonen-ai ; OOC ; Hibari centric

consigli: leggetela ascoltanto Breathe no More degli Evanescence

Sarebbe bastato un soffio

Avrebbe dato qualsiasi cosa per rivedere quello sguardo brillare di allegria, per incrociare nuovamente le labbra sorridenti, per essere solleticato dai suoi capelli d’oro.

Avrebbe rinunciato a tutto pur di rivederlo almeno un’altra volta, nulla in quel momento contava quanto lui. Nulla.

Non voleva essere sommerso dall’oro, ma accarezzato dai ciuffi morbidi. Non voleva essere confortato, soltanto abbracciato dalle sue braccia. Non voleva niente, soltanto quell’inutile erbivoro.

Quando avrebbe aperto gli occhi lo avrebbe picchiato talmente tanto da farlo ricadere in coma, se mai avrebbe rivisto la loro lucentezza.

 

Stringeva convulsamente quella mano inerte, solcata da intricati tatuaggi, che ormai aveva imparato a memoria, tante erano le volte che li aveva fissati aspettandolo. Ma lui non si muoveva, non un tremito, non un bisbiglio scuoteva quel corpo che mai aveva pensato potesse sembrare fragile, eppure, in quel momento sembrava potersi distruggere anche soltanto urtando un sospiro.

Come fosse un albero Hibari aveva visto Cavallone attraversare le più belle stagioni e fermarsi, adesso, all’improvviso in un precoce autunno. Sembrava una foglia dorata scossa dal forte vento, che sta per lasciare per sempre l’albero, lasciando il posto ad una più rigogliosa foglia verde. Ma rimpiazzare quella foglia senza boccioli sarebbe stato impossibile, sarebbe rimasto il vuoto sul ramo di quell’albero.

Il Decimo dei Cavallone giaceva inerte in un letto d’ospedale,

sarebbe bastato un soffio per far staccare il picciolo dal ramo,

il possente petto scosso soltanto da piccolissimi respiri artificiali,

facendo cadere la foglia dall’albero per sempre.

 

Non sembrava importargli delle persone che avrebbe lasciato sole, di chi avrebbe versato lacrime amare per lui, di quelle che l’avevano seguito per tutta la vita e che ne avevano fatto il loro punto fermo, della vita in cui aveva irrotto prepotentemente. Rimaneva lì, impassibile, senza espressione e forza, sdraiato in quel letto mentre continuamente individui si susseguivano al suo capezzale.

 

Gli sarebbe bastato un sospiro, un fugace battito delle palpebre, per farlo finalmente felice. Ma non gli regalava nulla, solo una mano fredda da stringere e bagnare di lacrime. Un piccolo brivido avrebbe eguagliato una montagna d’oro, un’increspatura in quel volto dormiente lo avrebbe fatto salire in paradiso. Qualsiasi cosa lo avrebbe riempito di speranza, voleva solo vederlo sorridere con calore, in fondo.

 

«Ohi, Kyoya, per oggi niente allenamento, mi dispiace, ma devo andare» lo aveva liquidato dispiaciuto, lasciando velocemente l’edificio scolastico.

«Aspettami domani!» aveva poi aggiunto, mentre l’altro lo sentiva correre per le scale e salire sulla macchina nera che lo aspettava fuori. Come sempre Hibari non aveva né detto né fatto nulla, oltre che sbuffare annoiato, e tornare a dormicchiare sul tetto. Però aveva obbedito a quella richiesta e lo aveva atteso. Per minuti, per ore, per giorni, per interminabili giorni. Ogni fruscio era la sua frusta, ogni sussurro del vento una sua parola, ma di lui nessuna traccia, sparito, come cenere nel vento.

 

«È morto, è morto» gemevano alcuni suoi sottoposti, in lacrime «no, si riprenderà sicuramente» ribatteva fiducioso uno stremato Romario. «D-Dino-san» piangeva Tsunayoshi guardando il volto e il busto coperto di sangue del suo fratellone. Lui invece sembrava non crederci, semplicemente non riusciva a realizzarlo: vedere Cavallone ridotto in quelle condizioni e non per mano sua era un’assurdità, un’illusione. Peccato fosse la realtà.

 

Non aveva mai versato tante lacrime per qualcuno, quello stupido erbivoro invece gliele stava facendo consumare tutte. Non ne sarebbe rimasta una, se avesse continuato così, ma cullato dalla fioca luce lunare che illuminava il volto muto dell’italiano non poteva far altro che lasciarsi andare al dolore. Di giorno si sfogava picchiando, di notte piangeva, stringendo quell’arto freddo.

Voleva rivedere soltanto il suo sorriso solare, voleva solamente sentire ancora una volta il suo abbraccio caldo, scambiare ancora dei colpi con lui, ascoltare la sua voce suadente, baciare quelle labbra tanto care. Non poteva lasciarlo così, non all’improvviso, non ne aveva il diritto, non dopo che lo aveva fatto affezionare così tanto.

Ma a Cavallone ciò non sembrava importare, e rimaneva immobile in quella luminosa stanza ricoperta delle più varie specie di fiori, che piano piano appassivano, come la speranza che accompagnava il suo risveglio.

 

Non si abbandona mia una battaglia. E questo Hibari lo sapeva bene, con decisione e rabbia le avrebbe vinte tutte, avrebbe superato qualsiasi sfida e ostacolo, e non sarebbe stato sicuramente quell’asino a impedirglielo. Non avrebbe abbandonato il suo fianco fino alla fine, sarebbe rimasto lì, a guardare quel volto sfiorire di ogni espressione, fino a che non si sarebbe spento definitivamente.

Ma gli sarebbe restato accanto, fino in fondo.

 

«Mmmm» sentì mugolare mentre la pallida luce lunare illuminava due deboli occhi castani, che si erano coraggiosamente aperti. Lo sguardo appannato di Dino incrociò gli occhi consumati dalla tristezza del giapponese, abbozzando un sorriso rassicurante.

 

«Ti morderò a morte, ti ammazzerò io, quando ti sarai rimesso» lo minacciava il giapponese, poggiando la testa sul suo petto bendato, mentre il biondo dolcemente gli accarezzava la testa. «Sai, » esordì tranquillo il biondo, con la voce tremante dalla convalescenza, «prima di perdere i sensi ho avuto paura di non rivederti». E un sorriso si disegnò sul suo volto, mentre sentiva la mano del suo allievo stringere la sua camicia.



 writer's square~
 Ecco un'orribile D18 venuta fuori per sbaglio, e soprattutto per colpa di mia sorella, che mi ha fatto ascoltare tutta la sera una canzone tristissima >O<  degli Evanescence Breathe no More che vi coniglio di ascoltare leggendo quest'affare . Hibari è schifosamente OOC, ma non c'è niente da fare, il mio cervello ormai si è fissato che reagirebbe in questo modo e quindi non 'è niente da fare >.<

Vi confesso che soffrivo per Dino, scrivendo di com'era ç.ç è stato un miracolo che sia riuscita a finirla, infatti arrivata a metà ci avevo rinunciato, ma mi sono decisa e l'ho portatta a termine. *Urla di sottofondo: Barbara~ FIGHT!* Ma tralasciando tutto ciò ringrazio chiunque abbia il coraggio di leggere questa schifezzina ♥ Non è un gra che ma è scritta col cuore  pardòn, con le mani XD

 

  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn / Vai alla pagina dell'autore: bannie