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Autore: Invader_from_Hell    18/01/2004    2 recensioni
Costruire un rapporto che si sa destinato a finire. DEcidere di arrampicarsi sulla montagna della felicità con lo scopo di capirla, ignorando pacificamente il burrone. Questo e altro. In linea con la precedente "ritornerò martedì", che nn sarebbe male che leggeste XD
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Felice Sprofondare

Felice Sprofondare

“ Muore il poeta… il visionario…”

Quando si inizia una meravigliosa ascesa, è sempre necessario mettere -insieme alle corde, ai moschettoni e ai viveri- una ragionevole dose di tristezza e malinconia, tale che pensare alla discesa risulti naturale, e benchè lontano, necessario.

Noi invece, fin dall’inizio abbiamo dimenticato quanto tale bagaglio ci sarebbe potuto servire in futuro, e abbiamo seguito una condotta discutibile sotto molti punti di vista.

Abbiamo scelto di bruciare fino all’ultimo passo il nostro itinerario, illuminato da una proverbiale proiezione di volontà. Quando si è fatto notte abbiamo alzato lo sguardo, distogliendolo dallo strenuo tentativo di distinguere il sentiero dal burrone, così simili nella notte, ma conducenti a due realtà del tutto diverse.

Tuttavia, come sappiamo bene, neanche in pieno giorno saremmo riusciti a distinguere i due diversi ambienti. Burrone e sentiero ci sarebbero sembrati entrambi inevitabili e uniti da un itinerante senso di necessità, probabilmente oggetto di speranza e terreno fertile per delusioni. E illusioni.

La logica che abbiamo seguito è piuttosto elementare. Senza preoccuparci di vedere a fondo nel nostro incontro e carpirne l’essenza puramente casuale e sfuggente, destinata ad un passaggio rapido ed intenso, ci siamo avventurati in territori che avrebbero richiesto anni per essere esplorati. Senza comunque la pretesa di esplorarne ogni angolo e di capire la motivazione celata dietro l’apparente felicità della gente che là abitava.

Tuttavia sapevamo benissimo come la gente si sarebbe comportata al nostro passaggio tenevamo fermamente sotto controllo ogni minimo errore di percorso, definendolo “variazione sul tema” o comunque ornamento tipico del fuoriclasse. Noi potevamo.

Le abilità liriche delle stagioni ci hanno inebriati di freddo pungente in un pomeriggio fiero e altezzoso, sfondo prestabilito del nostro segreto accordo. Il momento nel quale tutti ci siamo guardati pur non fissandoci e abbiamo stabilito che sarebbe stato il più lungo possibile, e possibilmente eterno. Testimone il freddo. E l’erba fresca.

Forgiati poi dal bagno di convenienza e di calore umano da cui il beneficio più grosso che potessimo trarre, fu proprio il fatto stesso di essere riusciti ad essere partecipi.

Ma se nel caso di alcuni poteva essere una novità, nel caso di altri non lo era.

Nondimeno, i giorni che ne seguirono furono all’insegna di un generale senso di insoddisfazione, o più precisamente, di soddisfazione che svaniva, sicuramente indotto dalla vanità che infondo non aveva mai smesso di stringerci e farci addormentare tra le sue braccia sicure. Una piccola parentesi in questo senso poteva essere rappresentata da una sorta di piccola gerarchia venutasi a creare tra di noi, e che sicuramente fu molto utile per smorzare la situazione che andava precipitando.

E a questo punto, stanchi del sentiero, decidemmo di lanciarci a capofitto in quel meraviglioso prato fiorito, quei fiordalisi tinti di sangue e di orgoglio. Noi li tingemmo di affetto. Ma anche di grande vanità, per farli diventare i fiori più ricercati di tutta la città, i più costosi e i più difficili da mantenere. Ma per noi era del tutto innato saperli nutrire e tenere in vita il loro aroma dolce.

E i sogni non mancarono nelle serate stese come coperte su un prato fiorito. E ti sognavo spesso, ricordandomi tristemente ogni sublime particolare della tua visione, ogni movimento del tuo viso, la più piccola sfumatura azzurra dei tuoi occhi. Per giorni non mangiavo. Avevo il sapore della tua pelle stampato sulla lingua. Il sapore di ciò che la pelle lasciava scoperto in seguito ai miei frenetici movimenti. Mi svegliavo coi crampi al braccio e la spalla che bruciava dal troppo attrito.

Non mancai di portare a casa alcuni dei fiori di quel prato, ma finii per gettarli tutti nel burrone, per preparare l’ornamento alla nostra tomba da vivi.

E quello fu l’apice di tutto. Il trionfo del senso di completamento e stabilità, che tanto aveva condizionato la nostra ricerca.

E qui si andò a posizionare lo sfondamento nella ringhiera.

Mancava l’accordo. Il caldo ci aveva portato via l’orgoglio arrecatoci dal rigido inverno, lasciando nel nostro cuore solo tanta neve sporca e prossima alla scioglimento. Ci guardavamo spesso negli occhi in quel periodo, e i miei erano ormai conficcati nei tuoi. Lo ammetto: senza possibilità di dare a quei due smeraldi sporchi una possibilità di salvezza. Li avrei trascinati con me. E soprattutto, con te.

Ricordo che ci sedemmo e guardando il cielo promettemmo. Fissando la Luna. O la Terra?

  
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