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Autore: Sun_Tk    13/03/2011    5 recensioni
Lei. Troppi problemi; una madre persa da poco tempo, una sorella che invidia per la sua nonchalance nell'affrontare la vita e un padre costretto a cambiare spesso città per lavoro.
Lui. Il ragazzo più strano della scuola, affascinante e misterioso. Un fratello che deve spesso difendere dai bulli di turno, una madre perfetta, un padre che non vuole vedere per il semplice fatto che nella sua mente li ha abbandonati e costretto a rinunciare a molto per occuparsi della sua famiglia, il suo sfogo sul sacco da boxe che riesce a distrarlo.
Basta un'entrata in ritardo e una caduta per loro. Due opposti che si conosceranno tra litigi e cruenti avvenimenti.
Una trasformazione, un matrimonio e una grande scoperta li attende.
Sta a loro capire cosa fare delle loro vite e dei loro pensieri.
Spero vi abbia incuriosito con questa presentazione. E' la mia terza FanFiction ed è la migliore che io abbia scritto fino ad ora: la meglio articolata e la più profonda e descrittiva. Spero di non deludervi!
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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New Life.

 

Macchie. Quel pavimento era formato da macchie che decoravano delle mattonelle verdi. Non quel verde acceso che mette allegria, no, quel verdino omonimo che ti fa salire i nervi solo a guardarlo.

Nemmeno le macchie bianche, nere e arancioni la entusiasmavano.

Da questo piccolo particolare dedusse che quella scuola non le sarebbe piaciuta.

Nemmeno Amburgo le piaceva: pensava che fosse una città caotica e allo stesso tempo morta. Nessuno capiva come ti sentivi, nessuno riusciva a vederti, ma solo a guardarti. Nessuno a cui importasse davvero comprendere le paure, i problemi e i sogni del prossimo.

A suo padre e a sua sorella piaceva; soprattutto a quest’ultima, l’esatto contrario di lei.

Chanel aveva di particolare solo il nome e qualche sguardo malizioso che teneva per sé e per l’ enorme specchio attaccato al muro della sua camera da letto, proprio affianco alla finestra.

Non era altissima, sarà stata alta un metro e sessantacinque centimetri ed era magra a causa della sua ossessione per la dieta e la salute. I capelli marroni che ospitavano qualche filo d’oro qua e là le ricadevano morbidi sulle spalle, fino ad arrivarle sotto il seno, né enorme né inesistente e le contornavano il visino innocente e minimamente pallido, caratterizzato dai suoi occhi grandi e verdi che le diventavano gialli quando piangeva o quando pioveva; dal suo naso piccolo e un po’ all’insù che teneva stabilmente quella montatura quasi invisibile che le permetteva di scrutare attentamente il mondo; dalle sue labbra carnose che nascondevano quei denti perfettamente bianchi che alle volte giocavano con la stecchetta di metallo che le perforava la lingua da quando aveva tredici anni e amava trasgredire.

Quella volta che era tornata a casa con la lingua gonfia, il padre le aveva segnato la guancia con un bel ceffone, mentre la madre la tenne segregata in casa per un mese intero.

Ora però era cambiata, era diventata la figlia che tutti i genitori vogliono: taciturna, buona e diligente. Era la più brava nella sua vecchia scuola e ora cambiarla con anche le sue abitudini a causa del lavoro del padre la indispettiva: non le sembrava giusto.

Avvocato. Un lavoro stimato da tutti, ma a lei dava terribilmente fastidio il continuo trasferimento per le sedi più agevolate e comode della società.

‘Abbiamo già troppi grattacapi noi, ora dobbiamo risolvere anche quelli degli altri’, pensava ogni volta che ragionava su quel lavoro.

Alzò gli occhi e li puntò attenti sulla figura del padre che gesticolava animatamente – come suo solito quando parlava - mentre discuteva con una donna anziana, seria, composta, elegante e rigidamente dritta dall’aria severa che doveva essere la preside e le spiegava le varie esigenze delle ragazze.

Non aveva seguito il discorso e certamente non aveva intenzione di iniziare ad ascoltare ora.

Passò gli occhi sulla sorella e nei suoi due oceani poté leggere eccitazione e divertimento allo stato puro e non riusciva a capire questa felicità che la colmava.

Improvvisamente le si avvicinò fremente e quasi le urlò in un orecchio.

- Questa scuola mi piace un casino e anche i ragazzi che passano ogni tanto non sono niente male. Non vedo l’ora di conoscere!-

‘Si, fortunata lei che fa amicizia subito, ma io? A me non pensa?’ si chiese Chanel, ma non lo fece uscire dalle sue labbra ; le dispiaceva spegnere l’entusiasmo della sorella che poi sarebbe stata antipatica tutto il resto della giornata.

- Si, sarà curioso conoscere gente nuova.-

Ma non le importava minimamente di conoscere delle Barbie e dei Ken che al posto del cervello avevano una rotella di plastica mossa ogni tanto da un criceto vecchio e grasso.

- Ok ragazze, potete cominciare da oggi. Ora vi mostreranno le vostre classi. Buona giornata.-

Aveva detto la donna, seria e inespressiva, ed era sparita dietro la porta di legno scuro del suo ufficio.

Il padre le guardò e chiuse rumorosamente le mani per poi strofinarsele, segno che sarebbe partito con le raccomandazioni.

- Allora, niente attacchi isterici o urlanti, niente parolacce, niente staffe perse, niente fumo, niente emarginazione.- disse, puntando gli indici contro le figlie – Stasera voglio sentire solo “Wow, papà! Che bella questa scuola, la adoro!” ok? –

‘A lui sembra facile’, pensò Chanel.

Dopo poco arrivò una bidella giovane e silenziosa che aveva annunciato loro che dovevano seguirla per le classi.

L’uomo le abbracciò e posò un bacio sulla testa di ognuna, per poi augurare loro un “in bocca al lupo” sussurrato  e quasi nostalgico.

Camminava per quel corridoio lungo e spoglio sola, con l’unica compagnia degli armadietti di metallo e della donna taciturna che la precedeva.

Si fermarono davanti una porta su cui era attaccato un cartello sul quale leggeva 4°F e capì subito che si trattava della sua classe.

La donna bussò e dall’altra parte del pannello, una voce diede loro il permesso di entrare.

Appena dentro, la bidella annunciò l’arrivo in classe di Chanel e se ne andò velocemente sbattendo la porta dietro le sue spalle; l’unica via d’uscita della ragazza era stata chiusa severamente ed ora era costretta a rimanere un anno con quegli occhi puntati addosso.

Chanel iniziò a scrutare timidamente le facce che la studiavano con curiosità e constatò che le sue ipotesi sulle Barbie erano fastidiosamente corrette.

La professoressa si presentò e le chiese di fare lo stesso. Stava per parlare, ma si girò di scatto verso la porta che era stata aperta frettolosamente.

- Buongiorno prof., scusi il ritaWOOO!! –

Un tonfo, poi le risa della classe e un corpo pesante sopra di lei.

Aprì lentamente gli occhi, realizzando solo dopo aver visto quel viso sfocato che nella caduta aveva perso gli occhiali.

- Ciao! - si sentì dire dal ragazzo e percepì la vicinanza dei loro visi dal soffio del suo alito alla menta sulle labbra. Cercò di individuare le sue, quindi strizzò leggermente gli occhi; poté riconoscerle da un affarino nero che doveva trattarsi di un piercing che non faceva altro che muoversi lentamente da destra a sinistra.

- C-ciao.. – ricambiò impacciatamente Chanel , per poi sentire il corpo del ragazzo spostarsi in avanti su di lei, mentre rimaneva ferma a contatto con il pavimento, impotente.

Il ragazzo smise di avanzare sul suo corpo e tornò al posto di partenza, sempre sopra di lei, per poi poggiarle qualcosa sul naso.

- Ci vedi ora? – le chiese il ragazzo, sorridendole.

Si, ora vedeva. E la prima cosa che pensò di quell’immagine fu che quel sorriso era dannatamente perfetto, quelle labbra incredibilmente carnose ed invitanti e quel piercing maledettamente azzeccato e sexy.

- Si,ci vedo..G-grazie.. –

Il sorriso di lui ora era ancora più smagliante.

Il ragazzo si alzò e le porse la mano destra per aiutarla ad alzarsi a sua volta. Lei accettò cordialmente e ringraziò in modo impacciato.

Ora che lo guardava da una maggiore distanza, notava che non solo la sua bocca era attraente.

I suoi occhi nocciola e un po’ a mandorla erano così profondi; il suo viso caratterizzato da lineamenti marcati ma allo stesso tempo dolci e minimamente femminili era incredibilmente singolare; il suo naso piccolo e leggermente all’insù che visto di profilo faceva una curva perfetta e dei rasta biondo cenere che ricadevano lunghi sulla sua spalla sinistra poiché legati in una coda che sbucava dal foro di regolazione dell’ampiezza del cappellino della New York che indossava. I suoi vestiti erano larghi, troppo larghi per i gusti di Chanel e lasciavano intravedere minimamente il fisico ipoteticamente scolpito del ragazzo.

Continuava a fissarlo e non riusciva a capire perché il ragazzo insisteva con quel sorriso da ebete a muovere quel piercing.

- Che c’è? Ti sei già innamorata? Mi hai appena conosciuto, almeno chiedimi come mi chiamo! – ironizzò quello strano tipo che ora iniziava ad essere irritante con quei suoi sguardi languidi e i suoi sorrisini da cretino.

Chanel non sapeva se offendersi a quell’affermazione o assecondare il suo ego narcisista. Ma perché assecondarlo? Infondo nemmeno lo conosceva.

Stava per rispondergli a tono, ma venne bloccata dalla voce severa della professoressa

- Oh Kaulitz, insomma! Mica girano tutte intorno a te! Non vedi che la ragazza ha molto buonsenso? E ora vai a sederti prima che ti faccia fare un’altra interessantissima gita nell’ ufficio della preside! E lei invece, signorina…- ma la donna comprese solo in quel momento che Chanel non si era ancora presentata, quindi la guardò esigente, facendo in modo che la moretta capisse e dicesse il suo nome.

Come sperato, Chanel colmò subito la lacuna di quelle persone che la fissavano curiose.

- Ok, signorina Trümper, sono molto contenta di averla nella mia classe e spero che possa essere il primo buon elemento che incontro. – le disse in un sorriso plastico la donna dalla chioma bionda – ora può sedersi; mi dispiace, ma l’unico posto disponibile è all’ultimo banco, vicino il signor Kaulitz. Non si preoccupi,sembra pericoloso, ma in realtà è innocuo.- le disse la bionda, dandole una leggera spinta sulla schiena per intimarla ad andare a sedersi vicino quel tipo che reputava strano ed odioso.

Attraversò la classe sempre con gli sguardi irritanti dei compagni puntati addosso. La cosa le piaceva sempre meno e faceva fatica a tenere lo sguardo fisso sulla sua destinazione.

Come se non bastasse, il ragazzo alternava ai suoi attimi menefreghisti in cui guardava fuori dalla finestra alla sua sinistra, dei sorrisetti languidi e terribilmente frustranti.

Arrivò al banco e si sedette in pochissimi attimi per cercare di distogliere l’attenzione dalla sua persona.

Un attimo dopo che il suo sedere ebbe toccato la sedia di legno e i suoi gomiti il banco bianco, tutte le attenzioni fissate sul suo corpo scomparvero; tutte eccetto quella più vicina a lei, che la fissava incessantemente.

Non le piaceva quell’insistenza e il suo carattere ribelle e combattivo in quei casi era solito venir fuori senza troppe opposizioni.

Si girò di scatto, puntando i suoi occhi verde smeraldo in quelli nocciola di lui, riconoscendoci curiosità e interesse nel conoscerla.

Lui dal canto suo ebbe un impercettibile sussulto non appena quegli smeraldi incrociarono le sue nocciole; non aveva mai visto occhi così espressivi. Era bravo a leggere le persone dagli occhi, ma l’unica cosa che riusciva a leggere in lei era che si sentiva terribilmente frustrata da quelle attenzioni e riuscì a percepire anche una vena di dolore non attinente a quel contesto.

- La smetti di fissarmi? Sono una persona normale: ho due occhi, un naso e una bocca. Ora finiscila! –

Era stata terribilmente scortese, ma non le importava della sua opinione.

- Hey, non agitarti! Volevo solo fare conoscenza. Sai, condivideremo un banco per tutto il resto dell’anno, vorrei sapere chi farò sbellicare con i miei commenti! – le sorrise il ragazzo, come se non avesse colto quella vena d’acidità che regnava nella sua frase.

Le porse la sua mano destra, ripetendo il suo nome. Lui la strinse e la informò che il suo nome fosse Thomas, ma lei doveva chiamarlo Tom.

- Ok Tom, mettiamo in chiaro una cosa: mi piace la scuola,ok? E non vorrei perdere delle spiegazioni a causa dei tuoi commenti. Potresti farli dopo, durante la ricreazione, ok? - propose la ragazza in maniera dolce e impacciata, riacquistando la sua calma e bontà.

Il ragazzo si trovò spiazzato di fronte ad un cambio così repentino di personalità, ma accettò senza chiedere spiegazioni.

Nel cervello iniziarono a balenargli mille domande che si impose di farle una volta rotto completamente il ghiaccio. Le passò un ultimo sguardo e la vide già intenta nell’ascoltare la lezione di biologia che lui faticava a seguire. Come poteva una ragazza così banale suscitargli così tanti pensieri e così assurde curiosità? Non lo sapeva e tantomeno voleva saperlo. Si limitò a prendere un blocchetto e scarabocchiare disegni senza un nesso logico, aspettando il suono alle sue orecchie melodioso della campanella.

 

 

 

 

Ok, lo so non sono brava e non mi aspetto subito recensioni. Solo che ci sto mettendo molto impegno per questa cosa, quindi spero che almeno a qualcuno piaccia!

Baci, Sun_Tk!

  
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