Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh
Ricorda la storia  |      
Autore: Ed1505    18/01/2004    5 recensioni
Nel Regno dei Duellanti, a causa di un'improvvisa e misteriosa nebbia, Jonouchi/Joey si separa da Yugi e gli altri, perdendosi nel bosco. Ma troverà un'inaspettato aiuto e non solo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PROMESSE

 

Sull’isola ospitante il grande torneo organizzato da Pegasus, Yugi e il suo gruppetto di amici camminavano per il bosco in cerca di qualche sfidante. Il giovane protagonista aveva raggiunto la quota di sei stelle, mentre Jono-uchi era ancora a quattro.

“Uffa!! E’ mai possibile che da queste parti non ci sia nessuno? E io che mi sentivo pronto per conquistare qualche nuova stella!”

“Ma piantala! Se prendi le cose troppo alla leggera, finirai per farti soffiare anche quelle poche stelline che sei riuscito faticosamente a conquistare!”

“Sei noiosa, Anzu! Noiosa come questo bosco!”

“Comunque, Jono-uchi ha ragione. E’ da un pezzo che non incontriamo nessuno. Non vorrei che ci fossimo inoltrati troppo all’interno della vegetazione…”

“Stai tranquillo, Yugi! Ho sempre la mia guida di sopravvivenza nei boschi!”

Yugi, Jono-uchi, Anzu e Bakura guardarono Honda sconcertati, con un grosso gocciolone che pendeva loro dal capo.

“Lasciamo perdere, va’…”

“Ehi, ma perché?! Vedrete che prima o poi questa guida ci sarà utile e voi rimpiangerete di averla snobbata!”

“Sì, sì…Piuttosto…Non sembra anche a voi che l’aria si sia fatta più umida?”
“Già. Ed anche la visibilità è ridotta…”

“Credo che stia scendendo la nebbia. Ci conviene stare attenti, altrimenti rischiamo di perderci.”

“Stiamo tutti vicini, ragazzi.”

In pochi minuti i cinque amici erano circondati dalla nebbia più fitta che avessero mai visto. Non riuscivano a vedere ad un palmo dal naso e scorgevano vagamente le sagome di chi avevano vicino.

“Presto, prendiamoci per mano, altrimenti ci perderemo!”

Così fecero e si fermarono, per non rischiare di inoltrarsi ulteriormente nella boscaglia. Yugi, che si trovava in capo al gruppo, disse, a voce molto alta:

“Ehi, ci siamo tutti, vero? Anzu?”
“Ci sono, Honda?”
“Eccomi, Bakura?”
“Sono qui. Jono-uchi?”
Rispose solo il silenzio totale.

“Oh, no…”

“Non si sarà allontanato, spero!”

“EHI, JONO! CI SEI?!”
Ancora nessuna risposta. Provarono ad urlare il nome dell’amico per altri cinque minuti, quindi si rassegnarono.

“Niente da fare…”
“Deve essersi perso.”
“Che facciamo?”
“Se provassimo a muoverci per cercarlo, rischieremmo solo di perderci anche noi. Conviene fermarci ed attendere che la nebbia passi.”
“Speriamo solo che Jono-uchi non si cacci in qualche guaio…In queste cose è uno specialista…”

 

“ETCHI’!”
Jono-uchi tirò su con il naso. Poi lo soffiò.

“Accidenti…qualcuno sta parlando di me…Speriamo solo che sia una bella donna!”

Quindi riprese il cammino, urlando, di tanto in tanto, i nomi dei compagni.

“YUGI! ANZU! HONDA! BAKURA! DOVE DIAVOLO VI SIETE CACCIATI?!”
Continuò a vagare in mezzo alla nebbia per qualche minuto, poi si rassegnò.

“Niente da fare. Li ho persi. Maledizione!”
Si sedette a terra, deciso ad aspettare che la nebbia si diradasse, per poi ricominciare le ricerche. E, puntualmente, la nebbia scomparve, soltanto pochi minuti dopo.
“Che strano…Non ho mai sentito che la nebbia venisse e andasse tanto repentinamente. Su questa isola accadono troppe cose strane…Non vorrei fosse un altro trucchetto di quel bastardo di Pegasus!”

Ed infatti era proprio così. La nebbia era stata creata proprio con lo scopo di separare il gruppetto, per il divertimento personale del proprietario dell’isola.

Jono riprese il cammino, orientandosi meglio senza quella fastidiosissima nebbia. Ma non era facile ripercorrere la strada. Ogni albero era uguale agli altri e di sentieri nemmeno l’ombra. Camminò alla cieca per qualche ora. Poi, esausto, si sedette appoggiato ad un albero per riprendere fiato.

“Accidenti…Non riesco a trovarli! Se solo trovassi il modo di uscire da questo cavolo di bosco, potrei aspettarli…Ma stare fermo qui è inutile, potrebbero non trovarmi mai! Devo riuscire a trovare una soluzione. Ad ogni modo, per il momento, non mi conviene muovermi di qua. Ormai è scesa la notte, è troppo buio per trovare la strada. L’unica cosa da fare è accamparmi fino a domattina.”

Così si distese, appoggiandosi all’albero. Per qualche minuto stette immobile a rilassarsi poi, all’improvviso, si alzò di scatto.

“Merda…Non mi piace tutto questo buio. E poi c’è troppo silenzio. Non sono abituato a stare da solo in queste situazioni…Già il buio non mi piace di suo, ma se sono solo…Yuuugiiii! Dove sei?!”
Improvvisamente, un rumore alle sue spalle lo paralizzò. Sentiva i cespugli dietro l’albero muoversi in modo sospetto e la paura gli impediva persino di respirare.

<>

Il rumore cessò e dai cespugli uscì una figura che gli si parò davanti. Tremando, Jono-uchi cadde all’indietro e si raggomitolò su se stesso, sperando di essere dimenticato dal mostro. Poi, inaspettatamente, udì una risata. Non sembrava la risata tipica di un mostro. Era una voce più acuta, femminile. E, si rese conto con un brivido, terribilmente familiare…

Lentamente si voltò e improvvisamente l’idea di trovarsi davanti un mostro divenne allettante. Piuttosto che la persona che aveva davanti, avrebbe preferito essere sorpreso da qualsiasi bestia feroce esistente al mondo. Di fronte a lui, piegata in due per le risate, c’era Mai, che si teneva stretta la pancia e rideva a più non posso.

“AH AH AH!! Che spasso! Non avrei mai creduto di terrorizzarti in quel modo! Mamma mia, non mi sono mai divertita così tanto! E pensare che di solito ti dai tutte quelle arie da indomito guerriero…E invece sei solo un bamboccio fifone!”

“GRRRR…SMETTILA SUBITO, MAI! Io non sono un bamboccio fifone! Chiunque si sarebbe spaventato!”

“Tu dici? Io non credo proprio…”

“E invece ti dico di sì! In un bosco come questo potrebbe esserci ogni genere di belva feroce!!”

“Io credo invece che tu sia solo un fifone. Anche l’altra volta ti lamentavi perché non ti piace il buio…Dì, piccolino, vuoi che la sorellina Mai ti tenga per manina?”
“Vai al diavolo, Mai!”

E si voltò da un’altra parte, con una vena che gli pulsava sulla fronte. Pian piano Mai riuscì a calmarsi e a riprendere fiato dopo quella risata.

“Comunque ti devo ringraziare, Jono-uchi. Questa bella risata mi ha proprio fatto bene! Erano anni che non mi sentivo così felice!”

“Ripeto: vai al diavolo, Mai!”

Con un’ultima risata, Mai si guardò un po’ intorno. E solo allora si rese conto che il ragazzo era solo.

“Beh? Dove sono Yugi, Anzu e gli altri? Non mi dirai che sei tutto solo…”
“E invece è proprio così!”

“Wow! Ero convinta che vi muoveste solo in gruppo! Che è successo, non mi dirai che avete litigato!?”
“No, e comunque non sono affari tuoi!”
“Dai, non fare il bambino…Non te la sarai mica presa per quello scherzetto innocente…Ti chiedo scusa, va bene?”
“Non mi seccare!”

“Dai, Jono-uchi caro! Dì a zia Mai cos’è successo!”

“Smettila di prendermi in giro! Non sono un bambino!”

“Piccolino…”

Mai continuava a prenderlo in giro e questo fece innervosire Jono-uchi ancora di più. Il ragazzo tornò a sedersi ai piedi dell’albero, continuando a voltare le spalle alla ragazza. Lei, allora, si sedette al suo fianco e rimase ad aspettare in silenzio, certa che prima o poi avrebbe ceduto. Ed infatti, dopo alcuni minuti passati in assoluto silenzio, Jono si decise a raccontarle tutto. Finito il racconto lei sospirò. Aveva assunto un’espressione più seria, finalmente.

“Capisco. E’ facile perdersi, in questo bosco. E poi, ogni tanto, all’improvviso cala una strana nebbia. Fortunatamente ora si è diradata, ma ormai è notte e incamminarsi adesso equivarrebbe a perdersi ancora di più. Ti conviene aspettare domattina e poi cercare di uscire dal bosco. E’ inutile continuare a vagare a casaccio.”
“Ci avevo già pensato, che ti credi? Perché pensi che stessi qui disteso? Per aspettare qualcuno disposto a farmi fare un infarto?”
“Ah, ma te la sei proprio legata al dito, eh?”
“Esatto! E stanne certa…Jono-uchi non dimentica facilmente…”
“Chissà perché, ma ho i miei dubbi…Vabbè, ora riposiamoci. Domattina, se vuoi, ti darò una mano a cercare la strada. Ti potrei condurre a manina, che ne dici?”
“Dacci un taglio, sei noiosa! E comunque, no grazie. Preferisco arrangiarmi. Piuttosto…non vorrai mica fermarti anche tu qui, spero!”
“Invece è proprio ciò che intendo fare. Questo posto è perfetto per passare la notte.”

“Ma qui ci voglio stare io!”
“E allora? Se ti da tanto fastidio la mia presenza, trovati un altro posto.”
“Ma c’ero prima io!”
“Allora datti una calmata e siediti. Se mi prometti di non comportarti male ti do il permesso di fermarti qui. Così avrai compagnia e non ti sentirai solo, Jono caro.”
“Non chiamarmi Jono! Solo Yugi e gli altri amici mi chiamano così!”

“Allora, vuoi sederti o te ne vai?”

Il ragazzo fece per protestare ancora, ma un brontolio del suo stomaco gli suggerì che non era il caso di continuare. Si sedette, seppur indispettito, e prese a fissare dalla parte opposta di Mai. Lei rise sommessamente, poi cominciò a tirare fuori alcune cose dalla sacca.

“Ehi, grand’uomo! Visto che non hai nulla da fare, accendi il fuoco. Io intanto preparo qualcosa da cena. E se sarai gentile darò qualcosa anche a te!”
La stanchezza e soprattutto la fame erano troppe perché lui riuscisse a protestare. Quindi eseguì ciò che gli era stato ordinato.

“Ecco fatto. Il fuoco è pronto.”
“Bravo! Vedi che con queste cose riesci anche a cavartela?”
“Tsk!”

Mangiarono in silenzio, con Mai che ogni tanto lo guardava e rideva e lui che cercava di evitare di guardarla in ogni modo. Così finì pure per procurarsi un bel torcicollo.

Terminata la cena, sistemarono tutto e si appoggiarono entrambi ad un tronco caduto, fianco a fianco, a fissare il fuoco, persi ognuno nei propri pensieri.

Dopo lunghi minuti di silenzio, Mai voltò la testa verso Jono. Era assorto nei suoi pensieri, non si accorse del movimento della giovane. Quindi, con qualche esitazione, Mai parlò.

“Senti, Jono-uchi…”
“Che c’è?”
Lui non distolse lo sguardo dal fuoco nemmeno per un istante ed anche lei tornò a fissare le fiamme.

“C’è una cosa che volevo chiederti…E’ vero che tu…combatti per guarire gli occhi di tua sorella?”
Si aspettava di vederlo scattare in piedi, sorpreso per la domanda così personale, ed invece lo vide rimanere immobile, senza staccare gli occhi dalle fiamme. Soltanto la sua espressione mutò, diventando molto più cupa. Per qualche minuto rimase in silenzio. Poi, con voce sprezzante, disse solo:

“T’interessa?”

Mai colse perfettamente il sarcasmo di quella domanda e si offese.

“Certo che sei proprio scorbutico! Io volevo solo fare un po’ di conversazione! Ma se a te non va, fatti tuoi! Persisti pure nel tuo silenzio! Tsk!”

E, così dicendo, si voltò da un’altra parte, dando la nuca al ragazzo. Jono voltò leggermente il capo, per spiare la sua reazione. Fece un sorrisetto soddisfatto poi, intristendosi, cominciò.

“Mio padre è un alcolizzato. Credo che lo fosse anche da giovane, ma che avesse smesso dopo aver conosciuto mia madre. Però, dopo la nascita di mia sorella minore, ricominciò.”
Jono era riuscito ad attirare l’attenzione di Mai, che ricominciò a guardarlo, ascoltando in silenzio.

“Per qualche anno si trattò solo di bevute occasionali, ma con il passare del tempo la situazione peggiorò. Le volte in cui tornava a casa ubriaco si intensificarono e mia madre cominciò a dare segni di intolleranza. Mia sorella Shizuka ed io passavamo quasi tutto il tempo da soli. Nostro padre era sempre fuori, a lavorare, diceva, ma in realtà si limitava ad andare a bere. Mia madre doveva mantenere tutta la famiglia, quindi era sempre al lavoro. Quando aveva cinque anni, a Shizuka fu diagnosticata una malattia agli occhi, che la sta gradualmente rendendo cieca. Questo fu uno dei motivi per cui mia madre prese la decisione di lasciare mio padre. Ormai eravamo arrivati ad un punto in cui lui passava ogni minuto del giorno a bere, senza occuparsi minimamente di noi o della mamma. Le poche volte che era sveglio, ci picchiava. E così, un giorno, lei disse basta. Affrontò mio padre, dicendogli che ci portava via con lei. Che non ci avrebbe mai lasciato nelle sue mani. Ma lui si oppose. Cercò di fermarla, arrivando alle mani, ma lei lo minacciò, dicendo che se avesse sfiorato lei o noi due una sola volta lo avrebbe denunciato. Lui si calmò, ma non accettò di lasciare andare sia me che Shizuka. Le disse “Prendi Shizuka, ma almeno lui lasciamelo! Non posso restare completamente solo!”. Per qualche istante, stupidamente, pensai che in fondo mi voleva bene. E che non voleva separarsi da me. E dev’essere stato ciò che ha pensato anche mia madre. Mi guardò, dicendomi di decidere. Mi disse che lei mi amava, e che mi avrebbe portato via, se lo avessi voluto. Ma che non voleva obbligarmi. Illuso dalle parole di quell’uomo, decisi di restare. Adoravo mia sorella e volevo bene a mia madre, ma non volevo che papà restasse da solo. In fondo, volevo bene anche a lui. Ma ben presto scoprii che la sua decisione non era dettata dall’affetto paterno. Semplicemente, si era reso conto che da solo non sarebbe riuscito a sopravvivere. Aveva bisogno di qualcuno che gli procurasse dei soldi. Che si occupasse della casa. E che gli facesse trovare pronto da mangiare. Mi aveva tenuto con sé perché aveva bisogno di uno schiavo, non di un figlio. Quando me ne resi conto, avrei voluto avvertire mia madre, chiederle di farmi andare da lei. Ma lui mi minacciò. Mi disse che se avessi cercato di contattare la mamma, mi avrebbe picchiato fino a farmi pentire di essere nato. Mi ordinò di non sentirla più, di comportarmi male con lei e di fingere di odiarla. E io non potei fare altrimenti. Così, sono cinque anni che non sento mia madre, nemmeno per telefono o per lettera. Invece, ho continuato ad avere qualche contatto con Shizuka, anche se sporadico. L’ultimo, è stato prima della partenza per quest’isola. Mi è arrivato un suo video, in cui dice che il suo tempo è scaduto. Tra breve non avrà più alcuna possibilità di recuperare la vista. Diverrà cieca per sempre. Sai, a dire il vero, esiste un’operazione che potrebbe guarire i suoi occhi. Ma costa tantissimo. Troppo, per le tasche mie o di mia madre. E’ per questo che ho deciso di partecipare a questo torneo. Un po’ perché non volevo lasciare solo Yugi, che è il mio migliore amico. Ed un po’ perché, con i soldi del premio, spero di poterla guarire.”

Mai tornò a fissare il fuoco, fingendo di non essersi accorta delle lacrime formatesi agli angoli degli occhi del ragazzo. Rimase in silenzio, riflettendo su ciò che aveva appena sentito. A vederlo non si sarebbe mai detto che avesse un passato, ed un presente, così terribili. Era un allegrone, un buffone, che scherzava e rideva in continuazione. E spesso faceva pure l’antipatico. Come quando aveva cercato di fregarsi le sue stelle. Improvvisamente, Mai ebbe come un’illuminazione. Tornò a guardarlo, mentre lui teneva gli occhi chiusi, e chiese:

“Senti, ma…Quando Yugi ha recuperato le mie stelle…E tu te le sei prese perché io non volevo accettarle…L’hai fatto apposta, vero?”
“Uhm? Che intendi?”
“L’hai fatto perché sapevi che in quel modo me le sarei tenute…”

Jono non rispose. Si limitò a sorridere, con aria di superiorità.

“Sai, ho pensato che se tu non le avessi prese non saresti più riuscita a recuperarle…Era impossibile per te vincerne altre, non avresti creato chissà quali problemi a me o Yugi…”

Mai stette al gioco, fingendo di arrabbiarsi.

“Ma come, scemo che non sei altro!? Dovresti ringraziare il cielo per essere riuscito a prendere quelle quattro stelline! Non accetto certi commenti da un buono a nulla come te!”

Poi entrambi scoppiarono a ridere. Per qualche minuto ripiombò il silenzio. I due si sentivano tranquilli, in buona compagnia. Ormai erano diventati amici. Entrambi ne erano consapevoli e, in qualche modo, felici.

“Sinceramente, Mai…Mi sarebbe dispiaciuto vederti fuori dal gioco in quel modo assurdo. Se mai sarai eliminata, vorrei che fosse da Yugi o da me. Perché sono convinto che la sconfitta può diventare meno pesante, se ad infliggertela è qualcuno che ti conosce e che, in qualche modo, tiene a te. So bene che, una volta arrivati alla conclusione, io e Yugi dovremo sfidarci. E so anche che per entrambi sarà molto dura. Lui sa di mia sorella…Ed io conosco il motivo per cui lui combatte. E’ un motivo che sta a cuore anche a me…Tuttavia so che nessuno dei due porterà rancore all’altro, se verrà sconfitto. Combatteremo lealmente e la nostra amicizia ne uscirà addirittura rafforzata. Ne sono convinto. Comunque, a parte questo discorso…Ecco perché ho finto di volermi prendere le tue stelle. Capisci?”
“Certo. Beh, l’avevo immaginato. Comunque grazie.”
Jono-uchi sorrise gentilmente.

“Figurati. E poi, sai…”

Mai lo guardò, mentre lui si distendeva a terra per dormire, voltandole le spalle.

“Mi vedo costretto ad ammettere che, nonostante tutto, non sei niente male, come persona. Anzi, la tua compagnia può risultare persino piacevole. Eh, già.”

E non disse più una parola, limitandosi a sorridere senza farsi vedere. Mai era visibilmente arrossita, a causa di quelle parole. Il cuore le batteva forte, non le era mai capitato di ricevere un complimento simile. Perché, nonostante il tono e le parole, quello era sicuramente un complimento. Il più dolce mai ricevuto. Sorrise, senza che il rossore scomparisse dal suo volto. Poi, stendendosi a sua volta e voltandogli le spalle, rispose:

“Beh, in fin dei conti…nemmeno tu sei così male, Jono-uchi. Sotto ogni aspetto.”

E non parlarono più, addormentandosi entrambi con il sorriso sulle labbra.

Il mattino dopo, Mai si svegliò per colpa di un raggio di sole che la colpiva direttamente sugli occhi. Si mise a sedere, stiracchiandosi e sbadigliando rumorosamente. Non era un atteggiamento troppo femminile, ma non gliene importava nulla. Era solo un’occasione in più, per Jono-uchi, di prenderla in giro. Si voltò a guardare il punto che la sera prima era stato occupato dal giovane, certa di trovarlo ancora profondamente addormentato. Invece si sorprese non poco quando si accorse che lui non c’era. Si guardò un po’ intorno, ipotizzando si fosse alzato per sgranchirsi le gambe o per qualche bisogno fisiologico. Invece di lui nemmeno l’ombra. Si alzò, e compiendo quel gesto fece cadere qualcosa che era appoggiato su di lei. La sua giacca le era stata posata sulle spalle, durante la notte. Immaginò fosse stato Jono e arrossì leggermente, sorridendo a quel pensiero. Indossò la giacca e, mettendo una mano in tasca, toccò qualcosa che prima non c’era. Estrasse l’oggetto e vide che era un pezzetto di carta, piegato in quattro. Lo aprì, leggendone il contenuto.

-Ora posso orientarmi, riuscirò a trovare gli altri senza disturbarti ulteriormente. Anche perché, come ci tengo a precisare, non sono un bambino che ha bisogno della zietta per essere accompagnato a manina…Ad ogni modo, grazie mille per l’aiuto e per la tua compagnia. La serata si è rivelata infine più piacevole del previsto. Magari, quando ce ne saremo andati da quest’isola assurda, potrei anche prendere in considerazione l’idea di invitarti ad uscire…Beh, sempre che tu non mi batta, ovviamente!!

PS

Un’ultima cosa…La prossima volta che ci incontriamo, se ti va, puoi anche chiamarmi Jono! Buona fortuna con il torneo.-

Mai sorrise, con dolcezza. Poi, tornando a sedersi, ripose il biglietto in tasca e, tra sé e sé, mormorò:

“In guardia, Jono…La considero una promessa…”

FINE

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh / Vai alla pagina dell'autore: Ed1505