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Autore: OnlyHope    13/03/2011    14 recensioni
Per Sanae tutto iniziava davanti ad una fermata d'autobus, quello stesso giorno Tsubasa partiva per il viaggio che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. E mentre Sanae cercava la sua strada in Giappone, Tsubasa inseguiva con caparbietà il suo sogno in Brasile. Ma anche questa è la storia di un ragazzo che ama incondizionatamente una ragazza. Perché questa è la storia di Tsubasa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly '
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FLY AWAY (Butterfly reprise)

Capitolo 18

100 per cento












Mi guardo intorno per l’ennesima volta, in attesa, com’è giusto che sia e come vuole la tradizione.
La chiesa è semideserta, sono quasi tutti all’esterno, in attesa di lei mentre io sono confinato all’interno, come mi ha ordinato mia madre, per evitare che il caldo mi faccia sudare e rovini il mio aspetto.
Eccola di nuovo, si affretta a raggiungermi per l’ennesima volta.
Sistema la cravatta al mio collo, aggiusta il colletto della camicia, poi si allontana di nuovo, sorridendomi dolcemente e dandomi un buffetto delicato sul petto.
Grazie, mamma...
Finito di occuparsi, per il momento, del figlio maggiore, si dedica al più piccolo, che adrenalinico, non ne vuole sapere di stare fermo.
Sorrido divertito, godendomi la scena di mia madre che cerca di raggiungere Daichi, che sfugge dalle sue mani, come un gattino dispettoso.
Papà interviene, finalmente e lo acciuffa per il colletto della camicia, proprio come se fosse la sua collottola.
Daichi non protesta ma ride divertito, tra le braccia di papà, mentre la mamma si pone l’indice alle labbra, per intimargli il silenzio.
Mio fratello imita il suo gesto con il piccolo indice paffuto, ridacchiando e incassando il collo nelle spalle, fasciate nella giacchetta blu elegante.
Distolgo lo sguardo dalla mia famiglia e torno a guardare i banchi occupati da qualche anziana parente, i girasoli che illuminano la navata e il viavai di persone, che mi salutano con gesti d’incoraggiamento.
Al mio fianco Taro, vestito di tutto punto, da perfetto testimone, m’incoraggia con un sorriso disteso, anche se lo vedo benissimo che è agitato, e una stretta vigorosa all’altezza della spalla.
Rispondo sorridendo e liberando un leggero sbuffo, carico di attesa e agitazione.
Colmo di quell’incredibile emozione, che a stento riesco a contenere.
D’improvviso però noto un trambusto proprio in direzione dell’ingresso.
La morsa che attanaglia il mio stomaco, si stringe un po’ di più, tanto per gradire.
Mi volto a guardare il mio migliore amico, che con occhi stupiti, fissa in direzione della confusione, sistemandosi involontariamente la giacca, i polsini e il minuscolo fiore all’occhiello, identico al mio.
Quando si volta, mi sorride di nuovo.
Abbozzo una smorfia, mentre le mie mani sono diventate gelide e respiro un po’ a fatica.
“Ci siamo!” bisbiglia allontanandosi di qualche passo, lasciandomi così solo davanti all’altare.
Sto entrando nel panico ora, lo ammetto.
Tutti gli invitati si sistemano veloci nelle panche di legno scuro ed io vorrei che rallentassero questa loro corsa, ma non per posticipare l’evento, semplicemente perché mi agitano da morire, tutti questi gesti frettolosi.
Ciliegina sulla torta, in lontananza scorgo una figura familiare precipitarsi in chiesa, con aria circospetta.
Auricolare all’orecchio, vestito impeccabile e maniacale ossessione per il particolare, fosse anche una foglia leggermente sproporzionata in una decorazione, che nessuno mai noterà.
Mendo si aggira con fare deciso per la navata centrale, osservando, anche, la disposizione degli invitati.
Lo vedo sbuffare, osservando un punto preciso tra la folla.
Temo che abbia notato qualche accostamento di colore sbagliato nelle sedute, se potesse, temo ancora, farebbe spostare parenti e amici, in base alle sue regole cromatiche.
A un tratto nota l’anziano sacerdote, che con passo calmo, si appresta a raggiungere l’altare.
Lo affianca sicuro, prendendolo a braccetto per accelerare la sua camminata.
“Per fortuna che per i matrimoni indossate questi adattissimi paramenti bianchi! Non oso immaginare se fosse stato il viola, il colore di rito! L’avrei obbligata a cambiarsi!” lo sento distintamente mormorare all’orecchio del parroco, quando sono davanti a me.    
Il povero prete lo guarda perplesso, la bocca aperta in un moto d’incredulità.
“Oh carissimo e devotissimo servo del Signore! Avrebbe fatto a pugni con il giallo dei fiori!” e sorride ammiccante, come se l’avesse l’illuminato, su non so quale dogma o mistero.
Il sacerdote aggrotta le sopracciglia bianche e folte, fissandolo interdetto.
Mendo alza gli occhi al cielo, come se avesse appena finito di parlare con un marziano, perdendo preziosissimo tempo e si congeda da noi, non prima, però, di aver lisciato ben bene il paramento dell’allibito celebrante e, ovviamente, aver sistemato il mio fiore all’occhiello.
“Eccola che entra!” esclama in maniera stridula, quando raggiunge Tadai e la Minase.
D’istinto mi volto a guardare dalla parte opposta alla mia.
Dall’entrata, ora completamente libera, entra un bagliore accecante, che non permette di distinguere nulla all’esterno.
Deglutisco nervoso, vendendo delle piccole ombre, stanziarsi contro la luce.
Ok... ci siamo...
Per l’ultima volta, per farmi forza, forse, mi volto in direzione di Taro, della mia famiglia seduta nei primi banchi e della famiglia di Sanae, al lato opposto.
Torno a guardare la luce, le ombre si fanno più nette.
Ora le distinguo bene, ma mi concentro solo su una.
Riesco a vedere solo lei.
Lei distinta, tutto il resto sfocato e confuso.
Si avvicina, deglutisco.
Quando è a un passo da me, mi sorride.
Rispondo al sorriso e sento gli occhi velarsi di lacrime emozionate.
Perché in nessun momento ancora, avevo avvertito così forte il senso di quello che sta per accadere.
Ora, in quest’istante, che la vedo vestita di bianco, mi rendo davvero conto che sto per sposarmi.
E che non mi separerò più da lei.
Sanae è al mio fianco, il sacerdote inizia il rito.
La guardo ancora e le stringo la mano, fredda come la mia.
Da oggi sarà per sempre.
Le sorrido, di nuovo.
Per sempre.







Sanae si allontana da me sorridendo allegra, la ringrazio simulando con il labiale, per avermi risparmiato l’imbarazzo di un ballo al centro pista, con gli occhi di tutti puntati addosso.
Raggiunge Mendo, Tadai e la signorina Minase accanto alla piccola orchestra, che sta suonando un repertorio di classici, altamente romantici, degni di un matrimonio.
“Tsubasa!” mi volto in direzione della voce inconfondibile, che ha pronunciato il mio nome.
Roberto sorride avvicinandosi e quando mi raggiunge, circonda affettuosamente le mie spalle.

“Allora come procedono le grandi manovre in Brasile, sarà tutto pronto per il nostro arrivo?” gli chiedo, senza tanti preamboli.
Oltre all’organizzazione del matrimonio lampo, ho avuto pochissimo tempo per sistemare le cose a Sao Paulo ma, per fortuna, Roberto mi ha aiutato tantissimo, specialmente nella ricerca dell’appartamento, dove andare a vivere con Sanae.
Prima che si mettesse in moto, però, ho dovuto aspettare che si riprendesse dallo choc di dover tornare in Giappone in brevissimo tempo, per il mio matrimonio.
“Stanno impacchettando le tue cose a casa nostra, cioè mia, ormai...” lo dice con un tono di voce un po’ mesto, immagino che per lui sia come vedere un figlio, andare via di casa.
“Eh prima o poi dovevo pur spiccare il volo dal nido, no?” chiedo con fare allegro, per sdrammatizzare.
Roberto annuisce sorridendo.
“Solo che tu tendi leggermente ad accelerare i tempi, rispetto alla media... mondiale!” esclama infine, ridendo divertito.
Arrossisco, portando la mano alla nuca, nel mio classico gesto d’imbarazzo.
“E’ tutto ok anche per la sorpresa, la consegneranno in tempo...” aggiunge, riferendosi al mio regalo di nozze per Sanae.
Un pianoforte a coda Steinway & Sons, che mi è costato una fortuna e che mi ha suggerito Mendo, visto la mia ignoranza in materia, dichiarando pomposamente che, se volevo regalarle quello strumento, dovevo puntare sull’eccellenza.
Sorrido all’idea di mostrarlo a Sanae, nella nostra nuova casa, curioso di vedere l’espressione del suo volto, di fronte a tanta magnificenza.
Con la coda dell’occhio la cerco di nuovo e la scovo mentre si dirige verso il palco dell’orchestra.
Bellissima nel suo vestito candido e con le gote arrossate dalla gioia.

“Roberto... Pensi che Sanae si troverà bene in Brasile?” chiedo, quasi non rendendomi conto di aver lasciato emergere un po’ di ansia.
Il mio allenatore mi guarda serio poi si volta verso il palco.
L’orchestra ha smesso di suonare e Tadai sta aiutando Sanae a salire i gradini, per raggiungere, noto, il microfono vicino al piano.
“E’ una ragazza forte e coraggiosa, se la caverà alla grande...”
Annuisco, continuando a fissarla curioso mentre sistema, visibilmente imbarazzata, l’asta avanti a sé.
“E vivace da morire, si divertirà da matti!” mi rassicura il mio allenatore, mentre continuo a fissare l’orchestra.
Tadai si siede al pianoforte, guarda Sanae e con un cenno d’assenso, una melodia prende a riempire l’aria, diffondendosi per tutto il parco.
Sanae mi guarda sorridendo, gli occhi irradiati di luce brillante e le gote ancora più rosse.
La guardo imbambolato, sbattendo le palpebre più volte.
“E questo credo che sia il tuo, regalo di nozze...” sussurra Roberto al mio orecchio, prima di allontanarsi di qualche passo e confondersi tra gli altri.
Sanae inizia a cantare.
“Treated me kind, sweet destiny, carried me through desperation, to the one that was waiting for me...”*
Per me...







La notte è calda, piacevole.
Ma mai come la sensazione della sua pelle contro la mia.
Una leggera brezza estiva attraversa la stanza.
Ma non è nulla a confronto del suo respiro, che mi solletica il petto.
Mi stringo a Sanae, baciandole la fronte, gli zigomi e scoprendo il suo corpo nudo, allontanando le lenzuola dalla sua pelle accaldata.
La guardo mentre mi sorride e si stringe a me.
Lei è mia moglie ora e quest’appellativo esalta in maniera incredibile, quel possesso di cui sono un po’ vittima, quando c’è di mezzo lei.
“Non riesci a dormire?” mi chiede innocentemente, come se fosse possibile addormentarsi dopo questa giornata, dopo aver fatto l’amore da sposati.
“Come te...” rispondo, Sanae guarda di traverso ridendo, colta in fallo.
Assaporo questa sensazione magnifica di pace.
Come se fosse la prima volta che la sento, come se riuscissi, per la prima volta ancora, a provare la tranquillità.
Sanae si muove tra le mie braccia, strofinando il suo corpo al mio.
All’improvviso però, si separa da me e scende dal letto.
Perplesso, sbatto le palpebre osservandola mentre nuda, armeggia con la piccola valigia, accanto al comò.
Ne estrae un indumento bianco e quando lo indossa con gesti veloci, mi rendo conto che si tratta di una vestaglia da camera corta.
Si volta verso di me, chiudendo i lembi di tessuto davanti al petto e mi sorride, mentre stringe in vita la cintura di seta, in un morbido fiocco sproporzionato.
Mi dà le spalle di nuovo e lentamente si dirige verso la terrazza, dalla quale entra un venticello tiepido.
Il tempo di vederla scomparire oltre la vetrata semiaperta e mi precipito anch’io fuori dalle lenzuola.
Afferro i pantaloni dell’abito, abbandonati a terra e una volta indossati, la raggiungo in terrazza.
Sanae è appoggiata alla balaustra di pietra e guarda il panorama notturno del parco.
Non si volta quando la raggiungo alle spalle, circondando la sua vita e il mio mento si posa leggero sulla sua testa.
Si limita a stringersi di più nel mio abbraccio, posso chiaramente distinguere però che sta sorridendo.
“Non è bellissimo?” mi chiede, continuando a osservare la lussureggiante vegetazione davanti ai suoi occhi, colma di richiami orientali, in contrasto con l’edificio in stile occidentale che ci ospita.
Le fronde degli aceri giapponesi si muovono dolcemente seguendo il vento che li spinge, il loro riflesso si specchia nelle acque calme di un laghetto sottostante.
Annuisco, spostando il mio viso nell’incavo del suo collo.
“Bellissimo...” ripete piano, la voce leggermente velata da un’indefinibile sfumatura.
Scorgo tra gli alberi un luccichio debole, fatto di fiammelle mosse dal vento.
“Scendiamo in giardino!” esclamo, attirato dalle luci, come se fossi un bambino attratto dalle lucciole.
Sanae mi guarda per un attimo, perplessa, poi i suoi occhi s’illuminano d’entusiasmo e annuisce allegra.
La prendo per mano con fare sicuro e velocemente usciamo dalla stanza.
In piena notte.
Senza badare a come siamo vestiti, o meglio, svestiti.
Ci infiliamo in ascensore, ridacchiando come due mocciosi che stanno per combinarne delle belle e quando le porte si chiudono, bacio Sanae come succede nei film romantici, quando gli innamorati si trovano soli, a scendere i piani, lentamente.
Quando le porte si aprono a piano terra, faccio capolino per vedere se la via è libera.
Non notando nessuno, riprendo mia moglie per mano e di corsa, letteralmente, oltrepassiamo la veranda che porta al giardino.
Corriamo scalzi sull’erba morbida, ridendo divertiti, andando incontro a quelle luci tremule, nascoste tra gli alberi.
Quando le raggiungiamo, le nostre lucciole misteriose, prendono la forma di lanterne di carta.
Bianche e dalla luce calda ma tenue, emanata dalla piccola candela all’interno di ognuna.

Sanae si avvicina agli aceri, dalle foglie simili a mani aperte, tese verso di noi e prende una lanterna, staccandola dal ramo basso cui oscillava.
Poco lontano da noi, avverto il rumore dell’acqua che cade nel laghetto circondato dagli alberi, che abbiamo visto dalla terrazza della nostra camera.
Mi avvicino anch’io all’acero e prendo un’altra lanterna.
“Vieni con me...” sussurro all’orecchio di Sanae, che continua a osservare quella piccola luce che trema tra le sue mani.
Insieme ci avviciniamo all’acqua placida del piccolo lago, quando siamo sul bordo, mi abbasso e lascio che la mia lanterna sfiori la superficie, lasciandola galleggiare.
In silenzio, Sanae si mette al mio fianco, accovacciandosi e m’imita, abbandonando la sua cupola di carta, accanto alla mia.
Rimaniamo a osservare le luci tenui, che rischiarano debolmente la superficie dell’acqua.
Sanae si sporge e con un gesto delicato spinge le lanterne, che dondolando, si allontanano dalla riva, danzando sulla superficie dell’acqua.
Seguiamo il loro volteggiare, sempre senza dire una parola.
Mi guardo intorno e mi sento circondato dal mio Paese.
Che non è solo grattacieli e luci, ma anche silenzio.
Natura e lanterne che galleggiano nelle notti di agosto.
Osservo Sanae, che segue il movimento delle luci sull’acqua, sorridendo dolcemente.
Pensavo che il Giappone non mi sarebbe più mancato, perché lei lo rappresentava e ci teneva legati, indissolubilmente.
Quel legame sta per spezzarsi ora e adesso ho la certezza che sentirò più netta la mancanza.
Degli aceri dalle dita lunghe e rosse.
Della neve sul Monte Fuji quando è inverno.
E di quel sole che sorge rosso a levante...






Le ore in aereo non sono così interminabili.
Sorvoliamo il Pacifico, immersi nelle nuvole candide, che come cuscini, accompagnano il nostro viaggio, quasi volessero renderlo il più confortevole possibile.
Non siamo partiti da soli stavolta, non ce n’era bisogno, anche se non è mai bello separarsi da chi si ama.
Mentre il tapis roulant ci allontanava dai nostri affetti, ci siamo presi per mano, Sanae ed io, continuando a scorgere, sempre più lontani, le nostre famiglie e gli amici, stretti in un saluto collettivo.
Sanae ha pianto.
Una piccola lacrima ha solcato la sua guancia ma le mie dita l’hanno asciugata, nel ricordo di quella che bagnò, un tempo, il mio viso.
Ha sorriso quando ha incrociato il mio sguardo, poi i suoi polmoni si sono gonfiati d’aria e con un sospiro, è tornata a guardare avanti a sé, senza più voltarsi.
Ho stretto di più la sua mano e non mi sono più voltato, nemmeno io.
Stiamo puntando al futuro.
Una nuova vita, ancora.
“Ehi ti va di ascoltare un po’ di musica?”
Mi volto a guardare Sanae che mi sorride, appoggiata al bracciolo che divide il suo sedile dal mio.
Annuisco convinto e lei prende a frugare nel bagaglio a mano, estraendo un Ipod bianco, dalle cuffiette tutte attorcigliate.
La osservo per qualche tempo, senza degnarmi di reprimere un sorriso divertito, cercare di venire a capo del groviglio di fili.
Quando temo che tirando troppo, strappi i fili ricoperti di gomma, riesce finalmente a venire a capo della matassa.
Mi passa una cuffietta mentre appoggia l’altra al suo orecchio destro.
La imito e dopo poco sento partire la musica, Sanae appoggia la testa al mio braccio e chiude gli occhi.
Guardo fuori dal finestrino mentre mi lascio trasportare dalle note di una canzone, che Sanae canticchia di continuo negli ultimi tempi.
Un po’ troppo spesso, a essere sinceri.
Quando la sua canzone preferita però parte da capo, per la seconda volta, alzo gli occhi al cielo.
“Ehi ancora!” mi volto verso di lei, per rimproverarla bonariamente ma mi blocco.
La sua cuffietta giace abbandonata sulla sua spalla, mentre le sue labbra sono socchiuse, come Daichi quando dorme esausto, dopo un pomeriggio di giochi al parco.
Chiedo all’assistente di volo di darmi una coperta, sorrido quando la copro e Sanae si sposta nel sonno, rannicchiandosi sul sedile.
Le sfioro la fronte con un bacio leggero, poi m’impossesso dell’Ipod, rimettendo entrambe le cuffie alle orecchie.
Scorro le canzoni nella memoria, mi fermo incuriosito da un titolo sconosciuto, nel senso che proprio non c’è e dalla scritta demo.
Faccio partire la traccia e la voce di Sanae arriva decisa alle mie orecchie.
Non ho mai sentito questa canzone, ma ascoltandola è come se mi appartenesse...
Appoggio la testa al finestrino e chiudo gli occhi sereno.
Al cento per cento...

**My life ain’t defined by limits
I Don’t need no permission to live it
I’m a break thru the door til I get in
Everything that I got I’m a give it
100 Percent and I ain’t stopping til I reach the finish

I’m a believer not just a dreamer
I’m givin everything I got
I’m a go getter
100 Percenter
Undoubtedly I can reach the top and I ain’t gonna let nothing discourage or dissuade me
Cuz I’m walking out of here a champion either way babe
I am givin 100 Percent
So go on put your ones up

If you’re putting in a hundred put your ones up, ones up
If you know that this is something, put your ones up, ones up
If you really comprehend this feel, your ones up, your ones up
If you’re walking into victory keep on shining
One hundred percent

You can only do it if you do it like I did
Cause’ suffering ain’t easy
But if you can turn your wounds into living proof that you’ve survived the fight and you no longer defined

My life ain’t defined by limits
I Don’t need no permission to live it
I’m a break thru the door til I get in
Everything that I got I’m a give it
100 Percent and I ain’t stopping til I reach the finish

I’m a believer not just a dreamer
I’m givin everything I got
I’m a go getter
100 Percenter
Undoubtedly I can reach the top and I ain’t gonna let nothing discourage or dissuade me
(Nothing can discourage me)
Cuz I’m walking out of here a champion either way babe (Eh)
I am givin 100 Percent so go on put your ones up

If you’re putting in a hundred put your ones up, ones up (Put your ones up)
If you know that this is something, put your ones up, ones up (Everybody)
If you really comprehend this feel, your ones up, your ones up (Put your ones up)
If you’re walking into victory keep on shining (One hundred)
One hundred percent

Don’t you ever be discouraged, let nobody take your courage
If you gonna pray don’t worry,
If ya gonna wait don’t pray
You just keep the faith and listen to me

If you’re putting in a hundred put your ones up, ones up (Put your ones up)
If you know that this is something, put your ones up, ones up (If you know you were)
If you really comprehend this feel, your ones up, your ones up (If you ever hear something)
If you’re walking into victory keep on shining
One hundred percent

I’m a believer not just a dreamer
I’m givin everything I got
I’m a go getter
100 Percenter
Undoubtedly I can reach the top and I ain’t gonna let nothing discourage or dissuade me
(Percent I will share with you)
Cuz I’m walking out of here a champion either way babe (Either way)
I am gotta givin 100 Percent
So go on put your ones up

If you’re putting in a hundred put your ones up, ones up
If you know that this is something, put your ones up, ones up
If you really comprehend this feel, your ones up, your ones up
If you’re walking into victory keep on shining
One hundred percent







*"Vision of Love" - Parole & Musica: Mariah Carey, Ben Marguiles © 1990 Sony Music Entertainment Inc.
** “100 Percent” – Parole & Musica: Mariah Carey, Crystal Johnson, Jermaine Dupri, Bryan-Michael Cox  © 2010 Island Records



Tutti i personaggi originali di "Captain Tsubasa" sono © di Yoichi Takahashi e Shueshia.
I personaggi di Keysuke Mendo, Takeshi Seii, Akane Minase e Yoichi Tadai sono invece frutto della mia immaginazione e appartengono a me.^^



In Giappone ad agosto si celebra l’Obon, ovvero la commemorazione dei defunti.
Si accendo lanterne nei giardini, si lasciano scivolare nei fiumi...
Il terremoto ha distrutto tante vite, proprio in questi giorni, in quel Paese lontano, che io amo tanto.
La scena delle lanterne non esisteva, l’ho inserita solo ora.
Le mani di due giovani giapponesi hanno lasciato la mia lanterna nell’acqua... lascio che galleggi.
In ricordo di chi non c’è più, sicura che il Giappone risorgerà... ancora una volta...  




I miei Tsubasa e Sanae si congedano, da me e da chi ha seguito la mia/loro storia. Tutto quello che avevo da dire su di loro, ora è davvero stato detto, nel completo, al 100%. Mi separo definitivamente da loro, con un po’ di malinconia ma con la consapevolezza che mi hanno regalato tante cose importanti. Ringrazio tutti i lettori di Fly Away, chi ha recensito, chi ha segnalato, a suo tempo, questa storia per le Scelte e l’amministrazione che l’ha inserita. Ne sono infinitamente grata. Ringrazio Tsubasa e Sanae per avermi dato la possibilità di mettermi in gioco, di crescere e migliorare. Li ringrazio per avermi dato modo di far entrare nella mia vita delle persone favolose, che stimo e adoro. Che mi sono vicine, nonostante i chilometri di distanza tra noi.

Grazie infinite di cuore a tutti, questo non è un addio ma solo un arrivederci...

A Sara, Elena, Betta e Grazia... che sono molto di più di un nickname!^^


Dont’be afraid to fly, open up the door, so much more outside...
OnlyHope

 
   
 
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