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Autore: Ginnever    14/03/2011    1 recensioni
Si inginocchiò e con un dito la toccò.
Lentamente, come fosse anche lei fatta di acqua, si sciolse, mischiandosi ad essa e al prato e alle pietre e alla terra.
Era diventata Natura. Era diventata parte del mondo, del suo mondo.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti!

L’ho appena finita di scrivere e non so neanche come definirlo. Credo possa anche essere una non-sense, ma non ne sono sicura.
Ditemi cosa ne pensate. L’ho scritta di getto e con Mozart in sottofondo.

Vi consiglio di ascoltare Beethoven e la sua ‘Per Elisa’ mentre leggete - o anche Mozart. Comunque qualcosa. Dà ispirazione e vi aiuta a comprenderla meglio.

Spero la apprezzerete almeno un pochino.

Ginnever





















Eden



























Aprì gli occhi.

C’era silenzio.


Il cielo era scuro.

Le nuvole bianche coprivano in parte la luna che, come una perla argentata, le bagnava viso di una luce brillante.

Non sapeva dove si trovava o come fosse finita lì.

Il bosco attorno a lei era nero e muto. Non le era familiare.

Si alzò in piedi, ma le gambe non la reggevano.
Era debole, molto debole. Troppo debole.

Guardò in basso.  C’era solo sangue.

Però non sentiva alcun dolore. Sapeva di essere debole, di non poter far nulla per evitarlo, ma non provava nulla.

Doveva muoversi. Non sapeva perché, ma doveva.

Striscò con le braccia nel tentativo di raggiungere il bosco nero a pochi metri da lei.

Non provava nulla. Non aveva paura o terrore. Sapeva solo che quella era l’unica possibilità di salvezza.

All’improvviso però si fermò.

Salvezza?

Da che cosa? Da cosa stava scappando?

Subito una fitta terrificante alla testa la fece sbattere a terra, rantolante.

Se solo avesse raggiunto la foresta… se solo ci fosse arrivata…

Ginny non capì più nulla.

Il dolore alla testa era lancinante. Improvvisamente sentì dolore anche alle gambe martoriate. E alle braccia. Al petto.

Era una tortura.

Come se una mano invisibile la infilzasse ovunque con un coltello piccolo e affilato.

Ginny urlò.

Ma dalla sua bocca non uscì niente.

Ci riprovò, senza ottenere alcun risultato.

Cominciò a sudare, gli occhi le si riempirono di sangue, come il naso e la bocca.

Stava soffocando con il suo stesso sangue.

Non sapeva più cosa fare. Si sentiva persa, non poteva fare nulla.

Però non si arrese. Continuò a lottare, a sperare di poter raggiungere quella foresta, di poter raggiungere la pace.

E quando ormai si sentì perduta, però, il dolore cessò, come il sangue, che sparì del tutto.

Dalle gambe, dal viso, dalla bocca. Il dolore lancinante alla testa finì all’stante.





Ginny spalancò gli occhi verdi e tutto intorno a lei cambiò.

C’era luce, fiori, il sole splendeva inondando di calore gli alberi, i prati, le rocce, facendo brillare le acque dei ruscelli e le pietre bagnate sulle sue rive bagnate.

I capelli rossi della fanciulla esplosero di colore non appena toccati dalla potente luce della sfera infuocata in cielo.

Non capiva bene, Ginny, ma non ne sentiva il bisogno.

Aveva tutto ciò che le serviva.
Una forza da dentro la spinse a seguire il fiume e a dirigersi verso ciò che faceva più paura a tutti gli uomini.

Ma lei ormai non provava più paura. Era felice. Lì, nell’Eden, nel suo Eden.

Sorrise.

Finalmente aveva trovato se stessa.

Camminò verso l’acqua limpida e fresca a pochi passi da lei.

Si inginocchiò e con un dito la toccò.

Lentamente, come fosse anche lei fatta di acqua, si sciolse, mischiandosi ad essa e al prato e alle pietre e alla terra.
Era diventata Natura. Era diventata parte del mondo, del suo mondo.

Ginny sorrise. Sorrise e sapeva che non avrebbe mai più smesso di sorridere finchè avrebbe avuto la possibilità di farlo.

Dal suo letto caldo, la brezza leggera che entrava dalla finestra, Ginny sorrise, accarezzata dagli elementi di cui lei stessa faceva parte e da cui mai più si sarebbe divisa.

Lei era mondo. E il mondo era lei.



   
 
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