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Autore: eclinu    14/03/2011    19 recensioni
Bella nasconde un segreto. Un segreto che la distrugge, che la uccide.
Nessuno sa cosa le è successo, sanno solo che la ragazza vivace ed allegra di un tempo non esiste più, sostituita da una figura sfuggente e timorosa, coperta da camicie più grandi della sua taglia e pantaloni sempre più larghi.
E' diventata androfoba, Bella, a causa di quel segreto, teme gli uomini come i lupi temono il fuoco.
Tutti la evitano, tutti la giudicano pur non sapendo; tranne una persona: il suo compagno di banco del corso di latino.
[...]Rabbrividii, ma non perché non mi piacesse la materia, l’unico motivo di disagio stava nel fatto che quello era l’unico corso in cui avevo un compagno di banco, maschio per di più. (Capitolo 1)
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Papilio Ulysses

Regressus -us

(5/5)

 

Scendere le scale del palazzo con un sorriso sul volto è ormai diventato facile.

Esco in strada e ricambio i saluti che mi vengono rivolti mentre mi avvio verso il punto di incontro.

Aspetto sotto il grosso orologio della piazza, sedendomi sul bordo della fontana, sotto l’ombra di un grande albero di nocciole.

La giornata è magnifica, il mese di aprile mi piace: sbocciano i fiori, l’aria si riempie di polline e le farfalle iniziano a volare da una corolla all’altra, confondendosi fra i mille colori; il sole è alto ma non bollente e la brezza leggera che mi accarezza le braccia scoperte mi solletica la pelle.

Guardo le nuvole bianche e sorrido loro.

Gli ultimi mesi sono stati davvero movimentati ed una giornata tranquilla come questa serve solo a rilassarmi ulteriormente.

Tante cose sono avvenute in quattro mesi e non riesco a rimpiangerne neanche una, perché tutto sta prendendo il giusto posto grazie a quegli avvenimenti.

Sto tornando a vivere, ad esempio.

Quattro mesi prima, la mattina di Natale, mio padre trovò me ed Edward addormentati sul mio letto: io accucciata contro il suo petto, avvolta tra le coperte e lui in pigiama che stringeva il mio corpo contro il suo anche durante il sonno; quando ci svegliammo, scendemmo in cucina ed ascoltai Edward parlare con mio padre di ciò che mi era successo.

Avevo tenuto lo sguardo basso per tutto il tempo e scoppiai a piangere solo quando mio padre mi venne in contro, mi abbracciò stretta al suo corpo e mi chiese scusa fra le lacrime: mi chiese scusa di non aver capito, mi chiese scusa di essere stato così poco attento, mi chiese scusa di non essere stato un buon padre.

La denuncia per stupro venne raccolta da Mark, il sottoposto di mio padre e dopo un mese di indagini si venne a sapere che non ero stata l’unica vittima del mio carnefice –pensare al suo nome mi procurava ancora turbamenti-, che vi erano anche altre denunce a Port Angeles e Seattle.

Il carnefice fu accusato e condannato a castrazione chimica per diversi casi commessi e alla reclusione di qualche mese.

Sono in cura da uno psicologo: all’inizio ero contraria ma poi, dopo qualche seduta, mi sono resa conto che non c’è nulla di male nell’andare da un professionista; lo psicologo è qualcuno che ti aiuta, che ti ascolta e che ti consiglia. E’ l’angelo custode del cervello di soggetti particolarmente sensibili.

Il dottor Collins mi sta aiutando a superare i miei traumi e mi sta aiutando a tornare alla ribalta, più forte di prima ma non mi sta aiutando a tornare in vita.

Avevo detto che dalla morte non si torna: mi sbagliavo.

Sto tornando in vita e tutto grazie ad una persona: non a mio padre, non a Mark, non al dottor Collins.

«Bella»

Abbasso delicatamente gli occhi che tenevo ancora sulle nuvole e li porto su quel verde prato che mi fa battere il cuore.

Mi chiama sempre prima di avvicinarsi, non mi prende mai di sorpresa, sa che potrei spaventarmene; è così premuroso.

Sorrido mostrando i denti e sentendomi completa quando si avvicina e mi stringe fra le sue braccia: il suo profumo è celestiale ed il suo calore è confortevole.

Poggio la testa sul suo petto, l’orecchio sul suo cuore e mi perdo nell’ascoltarlo.

Così vivo, così forte, così grande.

Edward è stato decisivo lungo il mio cammino, senza il suo sostegno non sarei riuscita a fare nulla, sarei ancora chiusa nella mia stanza, rannicchiata sul mio letto a piangermi addosso, senza avere la voglia o la forza di agire.

«Com’è andata dal dottor Collins?» Chiede, accarezzandomi i capelli alla nuca dolcemente, quasi temesse di rompermi.

«Bene. Sai cosa? Mi ha parlato di sua moglie, mi ha detto che anche lei come me… è stata violentata e mi ha detto che ora non vede l’ora che cali la sera.» Ridiamo entrambi. «Il dottor Collins ha tre figli, lo sai?»

Annuisce e mi bacia i capelli.

Mi allontano dal suo petto e mi alzo sulle punte per poggiare le mie labbra sulle sue chiudendo gli occhi: le sue labbra sono morbide, calde, dolci e delicate, mi piacciono. I suoi baci mi piacciono.

Mi scosta dal suo corpo e mi guarda negli occhi come aveva fatto la prima volta che mi aveva baciato, proprio sotto quel nocciolo, seduti proprio sul bordo di quella fontana: era emozionato, felice e innamorato; proprio come lo ero io.

Como lo sono ancora e –il suo sguardo me lo conferma- come lo è ancora lui.

«Anche noi un giorno avremo dei bambini, vero?» Domando. So che è troppo presto parlare di bambini e matrimonio ma l’idea di avere un piccolo Edward fra le braccia mi alletta, mi mette allegria.

Non voglio pensare che un giorno potrebbe lasciarmi, mi piace pensare che il nostro amore durerà in eterno ed una parte di me sa che quella è l’assoluta verità.

Edward non mi lascerà mai, io non lo lascerò mai; il sentimento che ci lega è qualcosa di molto più profondo e forte dell’amore, qualcosa che non ha nome o consistenza ma che, entrambi, sappiamo esiste.

Non è il dolore passato che ci unisce ma è la volontà di andare avanti insieme, di affrontare ogni giorno con il sorriso sulle labbra.

«Quando sarai pronta, avremo tutti i bambini che vuoi, te lo prometto» Bisbiglia, prima di prendere il mio viso fra le mani e baciarmi dolcemente.

«Sei bellissima» Mi sussurra accarezzandomi gli zigomi pudicamente arrossati, «Sei la Papilio Ulysses più bella che abbia mai visto.» Dice guardandomi negli occhi.

«Allora non sono un granché, dato che non ne hai mai vista una» Scherzo.

«Non è vero, ce n’è una proprio lì» Mi voltò verso il cespuglio di fiori che sta guardando e la vedo: una Farfalla di Ulisse poggiata su di un fiore.

«Qui è impossibile vederle volare, questo non è il loro habitat, com’è possibile che si trovi qui?» Chiedo emozionata.

«Ti sta dando il bentornato proprio come lo diede ad Ulisse tanti anni fa, è felice del tuo ritorno» Sussurra al mio orecchio.

Mi appoggio ad Edward e guardo la farfalla prendere il volo: svolazza un po’ davanti ai nostri nasi e poi prende la direzione del cielo, mimetizzandosi grazie alle sue grandi ali blu.

 

___

Grazie, grazie infinite per il supporto che mi avete donato.

All’inizio ero timorosa di pubblicare questa ff, perché l’argomento non è facile ed io non mi ritenevo –e tutt’ora ritengo di non essere stata in grado- di raccontare un avvenimento così catastrofico per una ragazza.

Spero che il finale sia stato di vostro gradimento e vi ringrazio di cuore per chi ha commentato, chi ha letto solamente ed anche chi se n’è fregato, perché no? XD

Chiedo scusa se non ho risposto a tutti i commenti ma sono stata impegnata.

Bene, con questo chiudo.

Alla prossima mini-ff :D

Sara.

 

 

 

 

 

 

   
 
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