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Autore: EffieSamadhi    14/03/2011    11 recensioni
[Keanu Reeves, Sandra Bullock]
“Odio il tuo cappotto.”
“Come?”
“Odio il tuo cappotto” ripeto. “E’ rosso.”
“Sì, so di che colore è.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Casa Sul Lago Del Tempo.

[Disclaimer] Non conosco Keanu Reeves né Sandra Bullock, e certamente non li possiedo. La vicenda narrata è frutto della mia fantasia.

[NdA] Per riuscire ad entrare nello spirito della scena, dovreste aver visto “La casa sul lago del tempo” (2006, di Alejandro Aménabar). Comunque, le note a fine capitolo spiegano molte cose.

 

 

 

La Casa Sul Lago Del Tempo

 

 

Inspiro. Espiro.

Il mio fiato si condensa in una nuvoletta bianca che sale rapidamente verso l’alto.

Inspiro. Espiro.

Chiudo gli occhi. Li riapro.

Inspiro ancora. Espiro, e in quell’istante qualcuno si siede accanto a me. “Caffè nero senza zucchero.”

“Io bevo caffellatte.”

“Lo so. Ti conosco da dodici anni. Ma è un ottimo rimedio per far passare il mal di testa.”

“Non ho mal di testa.”

“Pensavo di sì. Respiravi come la mia istruttrice di yoga.”

“Fai yoga?” le chiedo, sorpreso.

“Non più. Bevilo comunque, o ti gelerai le chiappe.”

Sandra è la migliore amica che abbia mai avuto. E nonostante ciò che dicono le malelingue, non è mai stata di più. Accetto il caffè e ne bevo un sorso, poi accenno con la testa verso il lago. “E’ un peccato, vero?”

“Cosa, la casa?”

“Già.” Una squadra di uomini dalle spalle troppo massicce per essere vere hanno appena iniziato a smantellare la casa nella quale abbiamo appena finito di girare. “Mi mancheranno, le palafitte.” Beve un sorso dalla propria tazza. “Sai, quello è proprio… è il genere di casa nella quale mi piacerebbe vivere.”

Scoppio in una risata. “Tu, vivere in una casa su palafitte? Su un lago immerso nel nulla? No, non fa per te.”

“Perché no, signor Agente-Immobiliare-Delle-Star?” mi chiede, divertita.

“Perché questo è un posto per gente solitaria, per qualcuno che vuole interrompere i contatti con il mondo. Tu sei troppo estroversa per confinarti in un posto del genere. Senza contare che non credo che Jesse apprezzerebbe il panorama.”

Annuisce. “Sì, Jesse è un animale cittadino. E in effetti, questo posto è un po’ troppo silenzioso. Più adatto a un vecchio lupo solitario.” Una breve pausa. “Magari un vecchio gobbo con la barba bianca.”

“Magari.”

“O magari un uomo nel fiore degli anni con qualcosa da dimenticare. Uno come te, magari.”

Abbasso lo sguardo fino a guardarmi le scarpe. “Forse.”

Seguono parecchi minuti di silenzio. Una delle cose che amo di Sandra è che non forzerebbe mai nessuno a parlare dei propri problemi. È una donna che sa ascoltare senza fare pressioni, e che sa dare sempre i consigli giusti. Aspetterebbe una mia parola in eterno, probabilmente. Ma questa volta, incredibilmente, viene meno alla sua regola. “Come stai?”

“Sto bene” mento.

“Come stai?” ripete.

“Te l’ho detto, sto bene.”

“Voglio sapere come stai davvero.” Altro silenzio. “Sempre se ne vuoi parlare.”

Ancora silenzio. Poi, finalmente, la verità. “Ho pensato molto, ultimamente.”

“A che cosa hai pensato?”

“Ho pensato ad Ava. E a Jennifer. Di più ad Ava, però” specifico.

“Che cosa hai pensato?”

“Beh, più che pensieri erano… domande. Mi sono fatto un sacco di domande.”

“A che proposito?”

Inspiro. Espiro. “Mi sono chiesto come sarebbe stata. Sai, a chi avrebbe somigliato… cose così.”

“Credo sia normale” mi rassicura.

Annuisco debolmente, la testa appena rivolta verso di lei. Indossa il cappotto rosso che portava anche durante le riprese. Il cappotto di Kate Foster. In realtà, quel cappotto è suo. Un giorno è arrivata sul set vestita così, e la costumista e Alejandro hanno deciso che era perfetto per il personaggio di Kate.

Distolgo lo sguardo. Il rosso del cappotto mi ricorda il rosso del sangue di Jennifer. Ne ha perso così tanto, quando Ava…

Stringo le labbra, cercando di contenere le lacrime.

Ho perso mia figlia sette anni fa, prima ancora di poterla guardare negli occhi, prima ancora di poterla stringere tra le braccia, ma ancora non mi rassegno all’idea. Ava era sana, Ava era praticamente perfetta. Ricordo l’ultima ecografia. Andava tutto bene: il cuore batteva regolare, ogni particolare era completamente formato. Aspettava soltanto di nascere.

E invece, Ava è morta. Ricordo ogni dettaglio di quella giornata. Jennifer ha una forte contrazione, e io da vero stupido mi convinco che stia per partorire: non mi accorgo che non si sono rotte le acque. La faccio salire in auto, corriamo in ospedale. Quando gli infermieri la adagiano sulla barella, vedo il sangue.

Il sangue di Jennifer, rosso come il cappotto di Sandra.

Solo Dio sa quanto ho sofferto, nel vederle addosso quel cappotto durante le riprese. Il rosso continua a ricordarmi il sangue di Jennifer. Continua a ricordarmi la morte di Ava. Continua a ricordarmi la notte in cui, dopo ore di dolore e di attesa, ho perso l’opportunità di diventare padre.

Perdere Ava mi ha allontanato da Jennifer. Non riesco a non pensare a che cosa sarebbe successo se Ava fosse nata. Forse ci saremmo separati lo stesso, forse sarebbe finita comunque, però… So che non è possibile vivere di ‘se’ e di ‘ma’, eppure non ci riesco. Non riesco a non pensarci.

E poi ho perso anche Jennifer. La donna che amavo, l’unica in grado di avvicinarmi all’idea di formare una famiglia. Tutto svanito in una notte di eccessi, tutto finito con uno stupido incidente d’auto.

Tiro su col naso. Espiro.

“Puoi piangere, se ti fa sentire meglio” commenta Sandra in tono piatto, senza staccare gli occhi dalla casa, ormai smantellata per metà.

“Piangere non le riporterà indietro.”

“Questo è vero.”

Di nuovo silenzio tra di noi.

“Però, sono veloci” osserva.

“Odio il tuo cappotto.”

“Come?”

“Odio il tuo cappotto” ripeto. “E’ rosso.”

“Sì, so di che colore è.”

“Mi ricorda il sangue. Quando Ava è… Jennifer ne ha perso molto.”

Sorride. “Non è stato facile affrontare le riprese, vero?”

Scuoto la testa. “Non quando ti ho dovuta abbracciare.”

“Mi dispiace. Mi dispiace che tu abbia sofferto per una mia decisione casuale. Se quel mattino non fossi…”

“No, Sandra. Non devi fartene una colpa. Non dipende da te. Insomma, è stato un caso.”

Finisce il proprio caffè e si appoggia la tazza vuota in grembo. “E’ stato bello lavorare con te.”

“Meglio questo o Speed?”

“Non c’è paragone. Insomma, qui sei un uomo super figo con un lavoro super creativo e una casa bellissima, ma in Speed decapiti un terrorista super cazzuto e per metà film vai in giro coperto solo da una maglietta bianca coperta di benzina. Oh, e guidi come un pazzo su un’autostrada trafficata e ti infili sotto un autobus in corsa.”

“Finito?”

“Sì, credo di sì” sorride. “E io, meglio qui o in Speed?”

“Oh, fammi pensare. Qui sei un medico frustrato che si scambia appassionate lettere d’amore con un uomo che non ha mai visto. E hai un fidanzato super palloso. In Speed sei una ragazza dell’Arizona che guida un autobus che sta per esplodere, e un terrorista ti carica di esplosivo e ti ammanetta alla metropolitana.”

“Certo, se la metti così Annie sembra molto più cazzuta di Kate” osserva divertita.

Sorrido e finisco il mio caffè. “Tu invece hai fatto sembrare Alex molto più cazzuto di Jack.”

“Stai scherzando? Il personaggio di Jack Traven è entrato nei sogni erotici del settanta per cento delle donne americane.”

“E tu come lo sai?”

“L’ho letto su… People, mi sembra. Hanno stilato una classifica dei cento personaggi immaginari più amati dalle donne, e Jack Traven era al nono posto, se non sbaglio.”

“Chi era il primo?”

“John Grey” risponde, con un sorriso.

“Beh, Mickey Rourke è Mickey Rourke.”

La casa sul lago è ormai completamente smantellata. Credo che questo simboleggi la fine delle riprese. Mi mancherà, questo posto. Mi sono affezionato a questo lago, a questo panorama. Mi piace il clima, mi piace il senso di solitudine che si respira. Forse Sandra ha ragione: forse davvero questo è il posto per me.

Improvvisamente, mi rendo conto di essermi affezionato anche ad Alex. In fondo, ho riversato in lui molto di me: la solitudine, il senso di inadeguatezza, la voglia di fare qualcosa di diverso…

“A che pensi?”

“Pensavo ad Alex.” Una breve pausa, poi la guardo. “Ci ho messo molto di me.”

“E’ per questo che hanno scelto te.”

“Perché sono problematico?”

Sorride. “Perché sei vero.” Si alza. “Tu fai come vuoi, ma io mi sto gelando le chiappe a stare seduta qui.”

Sorrido. Amo parlare con Sandra: con poche parole è in grado di ribaltare una giornata storta. Mi alzo anche io. “Grazie di tutto, Sandy.”

“E di che?”

“Lo sai.”

Un ultimo sorriso. “Sì, lo so.”

 

 

[1] I protagonisti sono ovviamente Keanu Reeves e Sandra Bullock, che non conosco e che purtroppo non possiedo. La scena descritta è frutto della mia immaginazione, ma è basata su fatti reali.

[2] La scena è ambientata al termine delle riprese del film “La Casa Sul Lago Del Tempo” (The Lake House, 2006), diretto da Alejandro Aménabar e interpretato da Reeves e dalla Bullock.

[3] La casa sul lago, vera protagonista della storia narrata nel film, è stata costruita apposta per le riprese, ed è stata smantellata alla fine delle stesse. La scena è ambientata appunto dopo la fine delle riprese.

[4] Jennifer Syme è stata a lungo fidanzata con Keanu Reeves. La loro storia è giunta al termine nel 1999, quando la loro bambina, Ava Archer Syme Reeves, è nata morta poco prima del termine naturale del parto. Jennifer e Keanu si sono lasciati, ma sono rimasti in buoni rapporti, fino a quando, nel 2001, la Syme non è morta in un incidente d’auto (di ritorno da un party organizzato da Marilyn Manson, era sotto l’effetto di alcol e sostanze stupefacenti).

[5] Non so quale tipo di caffè prediliga Keanu Reeves (non so nemmeno se lo beva, in effetti). Io amo il caffè nero senza zucchero, e quando ho mal di testa, è l’unica cosa che me lo faccia passare.

[6] Jesse è Jesse James, marito di Sandra Bullock dal 2005 al 2010.

[7] Sandra Bullock e Keanu Reeves si sono conosciuti nel 1994 sul set di “Speed”, e da allora sono molto amici. Sottolineo, amici e basta (come da loro più volte sottolineato). Al tempo della ff, si conoscono quindi da dodici anni.

[8] La classifica stilata da People non esiste (non che io sappia, almeno). L’ho inventata di sana pianta. Ad ogni modo, se mai stilassero una classifica del genere, Jack Traven sarebbe sicuramente in cima alle mie preferenze.

[9] John Grey è il personaggio interpretato da Mickey Rourke nel celebre “9 settimane e mezzo” (1986), pellicola che lo consacrò come sex-symbol a livello mondiale. Sì, lo so, a vederlo ora, non si direbbe…

   
 
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