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Autore: Dita d_Inchiostro    15/03/2011    3 recensioni
Remus Lupin, reduce dalla trasformazione in Lupo Mannaro della notte prima, è solo nella Stamberga Strillante. A raggiungerlo sarà l'amico James, che tenterà di aiutarlo.
"Sai, non credevo che lo fossi davvero diventato." "Diventato cosa?" "Un codardo."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Angolo autrice: questa storia ha partecipato al contest "A come Amo... Per una volta no! A come Amicizia contest" indetto da mazza94 (http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9587393&p=1) classificandosi quarta :)
Spero vi possa piacere, buona lettura!
Ele



Le ore più buie

Anche l’ora più buia dura solo sessanta minuti



h 3:00

Il silenzio aleggiava all’interno della Stamberga Strillante. Non un suono si udiva nella vecchia abitazione vicino a Hogsmeade. Si sarebbe detta completamente deserta, se non fosse stato per quel ragazzo rannicchiato in un angolo della stanza.

Remus Lupin si stringeva nei propri abiti sdruciti, tentando di ripararsi dagli spifferi d’aria fredda. Nonostante la trasformazione in Lupo Mannaro fosse avvenuta la sera prima, Remus non aveva ancora trovato la forza per ritornare a Hogwarts.

Forse era una sua impressione, ma ogni volta la metamorfosi diventava più dolorosa e la convalescenza più lunga. Remus si domandava sempre se al villaggio udissero prima le urla e poi gli ululati lancinanti che provenivano dalla Stamberga. Silente gli aveva assicurato che non vi era alcun pericolo che qualcuno lo scoprisse, ma lui non poteva fare a meno di porsi dei dubbi.

Rabbrividendo, si strinse le ginocchia al petto. Il suo movimento non provocò il minimo rumore. Se davvero gli spiriti abitavano quella catapecchia non potevano avvertire altro che un vuoto silenzio.

I suoi amici iniziavano ad intuire qualcosa, rifletteva Remus. Più di una volta aveva visto Sirius e James seguirlo fuori del castello, ma, per un motivo o per l’altro, i due ragazzi non si erano mai avvicinati al Platano Picchiatore. In quei momenti Remus non poteva fare a meno di ringraziare la silenziosa discrezione e la codardia di Peter, che lo nascondevano nel dormitorio. Tuttavia sapeva che anche lui, come James e Sirius, era preoccupato per l’aspetto sempre malato dell’amico.

Remus, però, non aveva nessuna intenzione di confidare ai suoi compagni il proprio segreto. Era infatti convinto, nella sua mente di adolescente, che presto i tre fedeli Malandrini l’avrebbero allontanato dal gruppo, come un reietto. Lupin preferiva quindi ripararsi nel suo silenzio, sicuro come una coperta pesante in una notte fredda, e allo stesso tempo soffocante.



h 4:00

I minuti sembravano dilatarsi. Ognuno di essi durava un’ora, per il povero Remus Lupin, con le membra ancora doloranti e contratte. Non vedeva che l’ora che il sole sorgesse, cosicché avrebbe potuto far ritorno al castello. Nonostante la notte stesse scemando verso l’alba, il freddo era intenso quanto prima, e il sottile golf che indossava non bastava a ripararlo da quel gelido vento d’aprile.

I pensieri del giovane Lupo Mannaro erano per ora concentrati sulla calda sala comune di Grifondoro, sul camino acceso e le fiamme che danzavano come allegre ballerine.

Un rumore improvviso destò la sua attenzione. Uno lieve scricchiolio, proveniente dalle scale, aveva spezzato l’innaturale silenzio della Stamberga Strillante. Di primo acchito Remus pensò ad un fantasma, ma si ricordò che, in cinque anni che si rifugiava in quella casa, aveva visto solo un vecchio spirito che risiedeva nelle cantine.

Solo quando intravide un ciuffo di capelli neri e il luccichio di un paio di lenti, capì di chi si trattava. Alla fine ce l’aveva fatta, James Potter aveva scoperto il nascondiglio, e con esso il segreto, di Remus.

Lupin se l’aspettava già da tempo, ma non poté fare a meno di sentirsi irritato.

“Che ci fai qui?” domandò bruscamente.

James, per tutta risposta, sorrise ed entrò nella stanza. Le sottili assi di legno del pavimento cigolarono ai suoi passi.

“Ciao, Remus,” disse.

Il mannaro borbottò un saluto tra i denti. Era arrabbiato. Arrabbiato e infastidito dal fatto che l’unico posto in cui poteva essere davvero se stesso era stato violato.

“Perché sei qui?” chiese di nuovo, questa volta più gentilmente. Nonostante la sua irritazione, la maschera da burbero non faceva per lui.

Quella notte, però, James non sembrava intenzionato a rispondere alle domande. “Hai freddo? Ti ho portato una coperta.”

Con estrema tranquillità, posò una coperta di lana scozzese sulle spalle infreddolite dell’amico. Remus rimase per un attimo stupito da quel gesto. Con i suoi amici i gesti affettuosi erano praticamente proibiti, nonostante lui spesso ne risentisse. James, in particolare, era quello che li odiava di più di tutti. Remus non riusciva quindi a capire cosa l’avesse spinto ad un gesto di gentilezza tanto semplice ma allo stesso tempo intenso.

Si portò la coperta sulle braccia, proteggendo così anche il torace. I brividi e gli spasmi di freddo che l’avevano perseguitato fino a quel momento si attenuarono.

“Grazie,” mormorò.

James scosse la testa, noncurante. “E di che?”

Per qualche istante rimasero in silenzio, entrambi troppo persi nei propri pensieri. Remus era ancora stupito dall’improvvisa comparsa dell’amico; nonostante cercasse di mascherarlo, infatti, era felice che qualcuno dei Malandrini l’avesse raggiunto.

James era invece stranamente imbarazzato. Non si era mai trovato in una simile situazione, nessuno dei suoi amici aveva mai dimostrato di aver serio bisogno d’aiuto. Nemmeno con Sirius, il più tormentato del gruppo, si era mai spinto a tanto.

Aveva discusso a lungo con i due compagni su chi fosse il più adatto per andare a parlare con Remus, e alla fine la scelta era ricaduta su di lui. Peter, nonostante fosse affezionato all’amico quanto gli altri due, si era mostrato riluttante sin dall’inizio: era terrorizzato dalla profonda oscurità che circondava Hogwarts durante le ore notturne. Per Sirius non sarebbe stato un problema, ma aveva riconosciuto di non avere abbastanza tatto per parlare con un Remus provato sia psicologicamente che fisicamente. Era rimasto solo James che, grazie anche al Mantello dell’Invisibilità, quella notte era sgattaiolato fuori del castello per raggiungere la Stamberga Strillante.

James non sapeva molto sui Lupi Mannari oltre a quello che aveva imparato a scuola, non conosceva gli effetti che la trasformazione aveva su un quindicenne. E anche se li avesse conosciuti non avrebbe saputo preparare una pozione che li alleviasse, anche se l’ipotesi di costringere Mocciosus a farlo per lui l’allettava. Con sé aveva portato quindi solo una vecchia coperta recuperata nel dormitorio che, se non altro, avrebbe protetto l’amico dal freddo.

Ben presto il silenzio, da un semplice momento per riflettere sui propri pensieri e ricordi, si era trasformato in una scusa per non parlare.

“Perché sei venuto?” irruppe nuovamente Remus.

“Per portarti la coperta, no?”

Improvvisamente James si ritrovava a corto di parole; il bel discorso che si era preparato durante la cena sembrava svanito dalla sua memoria.

Remus, nonostante la battuta fosse piuttosto stupida, sorrise. “Dico sul serio, James. Perché?”

James inspirò profondamente. Era venuto il momento. “Remus, noi vogliamo aiutarti.”

“Aiutarmi in cosa?” domandò il Lupo Mannaro, stupito.

“Beh, per il tuo… Il tuo piccolo problema, ecco.”

“Il mio cosa?” chiese di nuovo Remus. Questa volta la sua voce tradiva una scintilla d’irritazione.

James decise di procedere cauto. “Per la tua trasformazione, la metamorfosi mensile.”

“E tu lo chiami ‘piccolo problema’?”

James capì che la naturale pacatezza dell’amico si stava dissolvendo. Remus era sempre stato un tipo tranquillo, era raro che s’infuriasse. Ma quando avveniva, essere prudenti era la cosa migliore da fare.

“Ecco, io penso non sia nulla di grave. Possiamo risolverlo…”

Remus stentava a credere alle proprie orecchie. Si era aspettato qualcosa di simile: compassione, addirittura pena, ma mai si sarebbe immaginato James che sminuiva la sua piaga chiamandolo ‘un piccolo problema’.

“Risolverlo! E come credi di poterlo risolvere?”

“Non so… Io e gli altri pensavamo di poterti restare vicino, quando sei trasformato.”

Remus rimase in silenzio per qualche istante, poi disse: “James, ti ricordi cos’ha detto il professor Smith a proposito dei Lupi Mannari?”

“Che c’entra adesso il professor-"

“Rispondi!”

“Si, me lo ricordo!”

“Bene. Saprai quindi che quando un Lupo Mannaro è trasformato ha una percezione della realtà completamente distorta. L’unico istinto che prevale in lui è quello di uccidere e di sbranare chiunque gli si trovi intorno. Non riconosce nessuno, nemmeno il suo migliore amico. James,” Remus afferrò le spalle dell’amico, mentre la coperta cadeva a terra. “Se tu, Sirius o Peter vi trovaste con me quando sono trasformato, vi ucciderei all’istante. Non avreste neanche il tempo di fuggire!”

James ammutolì. Gli occhi marroni dell’amico luccicavano. Aveva immaginato che Remus avrebbe reagito così, era nella sua natura. Ma lui e gli altri due Malandrini avevano discusso su come convincere l’amico che la loro voglia di aiutarlo era sincera.

“Lo so Remus, ma io, Sirius e Peter abbiamo pensato anche a questo. Con il dovuto allenamento potremmo diventare degli Animagi, non riconosciuti naturalmente, e in questo caso non ci sarebbe nessun problema, potremmo restare tranquillamente con te e…”

“Tornatene al castello, James.”

Il ragazzo s’interruppe, ancora con la bocca aperta. “Cosa?”

“Torna nel tuo dormitorio, i Prefetti potrebbero accorgersi della tua assenza. Io ritornerò domani mattina.”

James, a quel punto, si spazientì. “Allora non riesci proprio a capire!” esclamò, alzandosi in piedi. “Anzi, non vuoi capire!”

Remus, punto sul vivo dall’affermazione dell’amico, saltò in piedi. “Non voglio capire cosa?”

James si portò una mano tra i capelli, spettinandoli ulteriormente. “Allora vedi che è come dico io! Sei troppo orgoglioso per capire che noi vogliamo solo aiutarti!”
”Io orgoglioso? Ma smettila James, sei ridicolo! Voglio solo che tu, Peter e Sirius rimaniate fuori dagli affari miei. Non-potete-aiutarmi!”

L’ultima frase fu quasi un urlo, che fece tremare le fragili pareti dell’abitazione.

James lo guardò intensamente, poi disse: “Sai, non credevo che lo fossi davvero diventato.”

Remus osservava il Malandrino contrariato. “Diventato cosa?”

“Un codardo.”

Remus lo guardò furente. Avrebbe accettato tutto, persino di essere aiutato come volevano loro, ma essere definito ‘codardo’ dopo tutto quello che aveva passato e che ancora affrontava da un suo amico no, era troppo.

La mano del ragazzo sembrava presa da un fremito incontrollabile. Avvenne tutto nel giro di pochi secondi: appena James ebbe chiuso la bocca, Remus gli sferrò uno schiaffo. Il suo eco risuonò nella piccola stanza. Le pareti parevano vibrare, così come la mano del ragazzo.

Entrambi rimasero per qualche istante a bocca aperta, stupiti dall’inaspettato gesto. Quando il silenzio si fu rimpadronito del locale, James si portò la mano alla guancia, proprio nel punto in cui Remus l’aveva colpito. Era certo che le impronte delle cinque dita del ragazzo erano ancora impresse sul suo viso.

Remus, dal canto suo, si risedette a terra e lanciò la coperta a James.

“Riprenditela, io non ho freddo.”

Era chiaro che l’incontro tra i due ragazzi era terminato.



h 5:00

Dopo l’ultima frase di Remus, James aveva raccolto con uno scatto la coperta da terra per poi uscire furiosamente dalla Stamberga Strillante.

L’aria fuori era gelida, di un gelo sottile e silenzioso, che s’infila sotto i vestiti e penetra nelle ossa. James, nonostante indossasse strati e strati di maglioni e stesse bruciando di rabbia, si ritrovò costretto a proteggersi con la coperta che Remus gli aveva bruscamente rifiutato.

Non aveva voglia di tornare subito al castello. Non se la sentiva di dover subire le interminabili domande di Sirius e Peter su come fosse andato l’incontro, su come l’avesse presa il loro amico. Aggiustandosi gli occhiali sul naso, iniziò a camminare a passo spedito attorno alla Stamberga Strillante.

Odiava Remus, odiava la sua presunzione, il suo orgoglio. Odiava il fatto che non accettasse l’aiuto di un amico.

Ma quale aiuto? D’ora in poi Lupin si arrangerà da solo! pensava rabbiosamente James. Il mannaro aveva chiuso con lui. Peter e Sirius potevano fare ciò che volevano, ma con lui aveva chiuso!

Si ritrovò ben presto a correre accanitamente, prendendo a calci tutto ciò che si ritrovava davanti.

Lui era fatto così, aveva bisogno di sfogarsi quando qualcuno lo faceva arrabbiare. E pensò, orgogliosamente, che lui non avrebbe mai tirato uno schiaffo ad un amico.


Nello stesso istante, Remus si raggomitolava nel suo orgoglio e nel suo silenzio, solo all’interno della Stamberga Strillante.

Aveva freddo, e in quel momento non avrebbe desiderato altro se non la coperta che aveva freddamente reso a James.

O forse c’era qualcosa che desiderava di più: non avrebbe voluto tirare quello schiaffo all’amico. Se ne vergognava già, naturalmente, era nel suo modo di essere. Non gli era mai capitato di trovarsi in una situazione simile e capiva di aver esagerato. Si era reso conto in fretta che le intenzioni di James, così come quelle di Sirius e Peter, erano sincere. I suoi tre migliori amici volevano davvero aiutarlo, sebbene i pericoli ai quali si esponevano fossero enormi, per dei ragazzini come loro.

Immaginava già James che correva verso il castello, entrava nella Sala Comune e raccontava adirato a Peter e Sirius il loro incontro. Tremò, con la certezza che dopo quella notte avrebbe perso i suoi migliori amici.

Calde lacrime iniziarono a scendere dagli occhi del Lupo Mannaro.



h 6:00

James si trovava ancora nei pressi della Stamberga Strillante, quando l’alba iniziò a fare capolino tra le fronde degli alberi.

L’aria era ancora fredda, e il ragazzo comprese che, avendo ormai smaltito la sua rabbia, poteva tornare al castello. Peter e Sirius avevano promesso che avrebbero aspettato il suo ritorno svegli, nella Sala Comune, ma dopo ore e ore di inutile attesa dovevano essersi addormentati.

Meglio così, pensò James, almeno non avrebbe dovuto fare il resoconto completo di ciò che era successo con Remus. Che in verità non molto.

James si chiese cosa sarebbe accaduto, ora. Non l’aveva detto a Remus, ma era già da un po’ che lui e gli altri due Malandrini si esercitavano per diventare Animagi. Lui era già a buon punto, Sirius aveva qualche problema con la coda, mentre Peter era ancora in difficoltà. E adesso cosa avrebbero fatto? Tutti i loro sforzi sarebbero stati inutili.

Sbuffando, si sistemò la coperta sottobraccio e si avviò verso il passaggio sotterraneo per raggiungere Hogwarts. Nemmeno gli uccelli cantavano, tutto era avvolto nel silenzio.


I primi debbi raggi di Sole illuminavano fiocamente la Stamberga Strillante.

Remus, dopo un tempo gli parve interminabile, sollevò il capo da terra. Doveva essersi addormentato, pensò mentre si stropicciava gli occhi. Il tempo era passato troppo in fretta.
Lentamente si alzò in piedi, seppur con le membra doloranti. E fu proprio il pensiero della recente trasformazione in Lupo Mannaro a permettergli di ricordare ciò che era accaduto durante la notte.

James, la coperta che gli aveva gentilmente portato, la sua proposta di fargli compagnia durante le notti di Luna piena… E poi il suo brusco rifiuto, accompagnato dallo schiaffo.

Remus era ancora più imbarazzato per ciò che aveva fatto. E pian piano, iniziò a farsi strada nella sua mente l’amara idea che, se non avesse risolto tutto subito, quella situazione sarebbe durata per sempre.


Il lungo passaggio sotterraneo per raggiungere il castello era quasi terminato. James poteva già avvistare un puntino di luce in lontananza. Doveva essere quasi mattina; poche ore più tardi sarebbero iniziate le lezioni e lui non aveva tempo da perdere.

All’improvviso udì dei passi veloci dietro di sé. Si girò, ritrovandosi a faccia a faccia con Remus, sfinito a causa della lunga corsa.

“E tu che ci fai qui?” domandò aspramente.

Lupin impiegò qualche istante prima di poter rispondere. Gli mancava il fiato, e dovette appoggiarsi alla dura parete di roccia per sostenersi.

“Volevo… Volevo spiegarti.”

“Spiegarmi cosa?” chiese James, incrociando le braccia sul petto.

“Il mio comportamento di questa notte.”

“E allora spiega. Sono curioso di sentire la tua giustificazione.”
Il tono gelido di James annullò del tutto i pensieri di Remus. Come poteva scusarsi? In un amicizia non c’era nulla di peggio che dubitare della sincerità di un compagno.

“In realtà non ho una giustificazione…” mormorò. Pensò che James se ne sarebbe andato, ma lui non lo fece.

Remus si sentì improvvisamente rincuorato.

“La verità è che da quando sono diventato un Lupo Mannaro ho imparato a non fidarmi più di nessuno. Persino i miei genitori, coloro che mi hanno messo al mondo, hanno iniziato a vedermi diversamente. L’unico negli ultimi cinque anni ad aiutarmi con il mio problema è stato Silente; è stato lui a costruire questo passaggio per consentirmi tutti i mesi di trasformarmi in tutta tranquillità. Ed è per questo che non volevo che voi scopriste cosa sono in realtà. Tutti, quando vengono a conoscenza del fatto che sono un Lupo Mannaro, mi allontanano, come un reietto, come un mostro”.

James stava per dire qualcosa, le sue labbra tremavano nel tentativo. Ma Remus lo fermò con un gesto della mano.

“Ed è anche per questo che non mi fidavo di te, della tua voglia di aiutarmi. Da troppi anni sono abituato a non fare affidamento su nessuno.”

Si fermò un momento, per riprendere fiato. Gli effetti della trasformazione erano duri a svanire. “Mi dispiace,” concluse.

Remus era pronto a ricevere di tutto da James: insulti, schiaffi, perfino l’accusa di essere un codardo non l’avrebbe particolarmente toccato. Ma James rimase in silenzio. Per alcuni interminabili istanti non disse una parola.

Il gesto che fece in seguito fu quello meno sospettato da Remus. Con silenziosa comprensione, gli poggiò nuovamente la coperta sulle spalle.

“Dovresti fidarti di più delle persone, Remus,” sussurrò. “Io e gli altri Malandrini non vogliamo altro se non aiutarti”.

Remus fissò per alcuni istanti l’amico.

“Lo so,” mormorò infine.


“Sirius! Sirius!”

“Che c’è Peter?”

“Secondo te com’è andata? Perché James non si è ancora fatto vedere?”

Sirius si passò stancamente una mano sugli occhi. Trascorrere tutta la notte sveglio con l’instancabile parlottio di Peter non era molto riposante. Ormai era quasi l’alba, ed entrambi erano sgusciati fuori dalla Sala Comune di Grifondoro per sistemarsi in un cortile esterno.

“Non lo so, Peter. Non lo so,” disse.

Peter Minus ammutolì per qualche istante, mordicchiandosi nervosamente un’unghia.

“Sirius?”

“Che vuoi?”

“Ma quelli non sono Remus e James?”

Sirius si alzò di scatto, improvvisamente rianimato. In lontananza, proprio dopo un piccola collinetta, passeggiavano tranquillamente due ragazzi. Il primo era molto pallido, avvolto in una coperta, e camminava sorreggendosi al secondo. Entrambi sorridevano e scherzavano allegramente.

Sirius sorrise, mentre Peter si alzava e si avvicinava all’amico.

“Si, sono loro.”

E ora non rimaneva che attendere che i due ragazzi percorressero la breve distanza che li separava. Nel frattempo, il dolce silenzio dell’aurora faceva loro compagnia.



  
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