Obsession
Ciao! Ecco una nuova storia, una one-shot nata dopo aver riletto il Capitolo 49. Buon divertimento!
I passi di Kaname sul lustro pavimento
di marmo rimbombavano con cadenza regolare, amplificati dal
profondo silenzio che dominava quella antica dimora, disabitata da
più di dieci anni, ormai.
Il sangue puro avanzava lentamente,
tenendo ben saldo tra le sue braccia il suo più prezioso tesoro
che, in stato di semi incoscienza, teneva le braccia strette al collo
di suo fratello, appoggiando la testa al suo petto, lasciandosi cullare.
Kaname aveva una presa forte ma al
tempo stesso delicata, la portava in braccio come se fosse una sposa
che stava attraversando per la prima volta la soglia della nuova casa,
ed in un certo senso per lei era proprio così.
Era finalmente tornata a casa, ma il
fatto che non riconoscesse nulla di quel luogo la faceva sentire
un'emerita intrusa in casa propria.
Con la schiena, in modo da non dover
lasciare la sua Yuuki, Kaname aprì la porta di una stanza,
fermandosi poi sulla soglia, in modo che la sua amata sorellina potesse
guardare agevolmente.
“Yuuki, sai dove siamo?”, le chiese dolcemente.
Lei scosse il capo.
“No. Non riconosco questa stanza.”, disse con voce triste.
Si voltò verso Kaname, temendo di averlo ferito.
“Mi dispiace, non ricordo quasi
nulla di questa casa. Scusami se ti dò altro dolore, dopo tutto
quello che hai fatto per riportarmi qui sana e salva...”
Kaname sorrise e mosse qualche passo all'interno di quella sontuosa camera da letto.
Il camino era acceso, Seiren era stata
efficiente come al solito, e diffondeva un piacevole tepore,
nonché una soffusa luce che illuminava debolmente il sontuoso
letto a baldacchino, la scure tende di velluto blu, i mobili antichi ma
estremamente raffinati.
Mentre procedeva con il dolce peso tra
le braccia, Kaname strusciò delicatamente una guancia contro la
chioma di sua sorella, cercando di tranquillizzarla.
“Piccola Yuuki, non puoi ricordare questa stanza, non l'hai mai vista!”
“Davvero? Eppure io mi ricordo la scala...” rispose lei, un po' perplessa. Che avesse sognato?
“Sì, può essere.
Spesso sgattaiolavi fuori dalla stanza in cui vivevi e venivi a
cercarmi, quindi sicuramente la scala è nei tuoi ricordi,
però sia io che i nostri genitori siamo stati attenti a non
farti raggiungere nessuna stanza del piano superiore.”, le
confidò Kaname.
“Certo, capisco, le finestre...”
“Esatto. Perdonaci, ti abbiamo
costretto ad un'infanzia senza luce”, le disse Kaname, posandola
dolcemente sul letto e sedendosi vicino a lei.
Rimase un po' in contemplazione della figura della ragazza.
I capelli sparsi in modo disordinato
sul cuscino e sul copriletto damascato, il corpo rilassato, con le
gambe lievemente rannicchiate, una mano stretta alla sua per
intrappolarlo e non lasciarlo andare via, e quello sguardo limpido,
lucido, umido, che insieme a quelle gote arrossate e alle labbra
leggermente dischiuse gli stavano facendo perdere il controllo.
“Kaname, non ti devi scusare. Io
ero felice, avevo te, eri tu la mia luce”, gli disse lei,
arrossendo ancora di più.
La battaglia interiore che Kaname
stava silenziosamente portando avanti dentro di sé lo stava
lacerando, e per un breve istante pensò di lasciarsi
sconfiggere, di mettere a tacere i suoi freni inibitori.
Passò ciascun braccio ai lati
del corpo di Yuuki, poi fece lo stesso con le gambe, rimanendo
però sollevato con il corpo, in modo da poterla guardare negli
occhi.
Yuuki, nel vedere Kaname a gattoni
sopra di lei, sentì il cuore mancarle dei battiti, per poi
cominciare a galoppare furiosamente nel suo petto.
“Kaname...cosa fai...?”, gli chiese con la voce ridotta ad un sussurro.
“Non avere paura, non ti
farò...nulla...voglio solo...guardarti”, cercò di
rassicurarla, avendo capito perfettamente che Yuuki non era ancora
pronta per quello che lui, invece, desiderava con ogni centimetro di
pelle del suo corpo.
Kaname spostò una mano sul viso
di Yuuki, dapprima accarezzandole una guancia, spostandosi poi
lentamente verso le labbra, che accarezzò solo con i
polpastrelli delle dita, strappando un gemito sommesso.
“Tu parli di luce, ma in
realtà non sai quanto abbia desiderato, fino a star male,
l'oscurità della nostra vita notturna. Siamo vampiri, Yuuki, la
notte è il nostro mondo. A volte ho desiderato sentire il calore
del sole sulla mia pelle ma, credimi, non era nulla confronto alla
brama di te che mi assaliva durante le mie notti solitarie. La mia vita
è iniziata con te, nel momento in cui ti ho vista per la prima
volta, una buffa neonata tra le braccia di nostra madre, e
finirà con te, nelle tenebre di questa casa che ci
appartiene.”
Yuuki era paralizzata dall'emozione,
non riusciva a dire una parola, riusciva solo a guardare fisso negli
occhi il suo adorato Kaname, completamente travolta da quelle parole e
dai quei gesti che l'avevano ipnotizzata.
E Kaname, consapevole dell'ascendente
che aveva su di lei, continuò a stuzzicarla, facendo scendere la
mano fino al colletto del cappotto che Yuuki ancora indossava,
sbottonandolo lentamente, aprendolo, in modo da liberarla da quel
fastidioso quanto inutile indumento.
Yuuki lo aiutò e si tolse il
cappotto, gettandolo sul pavimento della stanza, per poi ristendersi ed
appoggiare le mani sugli avambracci di Kaname, accarezzandoli
lentamente mentre risaliva verso le sue spalle forti e una volta
intrecciate le mani dietro al suo collo, fece una leggera pressione,
invitandolo a stendersi su di lei.
“Yuuki...è pericoloso...stai giocando con il fuoco...”, le intimò lui, sorridendo.
“Lo so...ma so anche che saprai fermarti al momento giusto”, sussurrò Yuuki.
“Sei crudele, Yuuki, lo sei
sempre stata. Ti osservavo tutte le notti, durante i tuoi giri di
ronda. Stavo sempre di spalle, appoggiato alla grande vetrata della
classe perché sapevo che tu eri fuori a guardarmi. Sentire il
tuo sguardo su di me, notte dopo notte, era una tortura alla quale non
sapevo rinunciare, e vederti sparire nella nebbia del mattino,
scappando via veloce ed agile come un leopardo era una sofferenza, ma
anche uno spettacolo al quale non mi sarei mai sottratto.”
“Kaname...non ne avevo
idea...io...mi sentivo così ridicola vicino a te, pensavo che
non ti saresti mai potuto interessare veramente a me.”
“Non sai quanto sbagliavi,
piccola!”, le disse lui, baciandola languidamente sulle guance,
sul collo, risalendo lentamente verso i lobi dell'orecchio, mentre
Yuuki lo stringeva sempre più a sé, aggiustando il
proprio corpo sotto il peso del suo, arrossendo nel momento in cui
sentì senza possibilità di errore il desiderio che Kaname
aveva di lei.
Un gemito di sorpresa, le sue piccole
mani che si posarono sul viso, i suoi occhi spauriti dentro quelli di lui, dal
taglio felino ed elegante e poi un bacio, languido, passionale ma
delicato, lento lento.
Yuuki sentì il bisogno di
riprendere fiato, si sentiva come se avesse corso per chilometri e
chilometri, pur non essendosi mossa da quel letto.
“Mi fai uno strano effetto, Kaname”, disse sorridendo.
“L'effetto che tu hai sempre
fatto a me mi ha quasi ucciso, Yuuki”, le confessò lui,
spostandosi di lato, prendendole una mano e portandosela alle labbra.
“Mi dispiace per tutti i
problemi che ho causato a Cross, ma devo ammettere di essere stato
estremamente felice quando Shizuka si è presentata al collegio,
perché mi ha dato modo di cominciare quel gioco che avevo
preparato con così tanta cura. Grazie a lei, ho potuto
cominciare a sperare che ti avrei riavuta, prima o poi, che ti avrei
finalmente fatta mia.”
“Non dire così, Kaname.
Quell'evento ha portato tanta sofferenza in troppe persone, anche a
noi. Dimentichi che abbiamo rischiato di perderci
definitivamente?”, gli ricordò Yuuki, rabbrividendo al
ricordo del ricatto di Shizuka, del successivo intervento di Rido, che
l'aveva quasi fatta impazzire.
“No, certo, come faccio a
dimenticarlo? Vedevo che ti torturavi nel tentativo di ricordare il tuo
passato e non potevo fare nulla per aiutarti. Sapevo che l'unico modo
di salvarti era risvegliarti, ma non volevo, desideravo che tu
continuassi a vivere come un'umana. Ma poi ho ceduto, non ce la facevo
più a vederti soffrire.”
Yuuki lo attrasse di nuovo a
sé, baciandolo. Aveva bisogno di sentire ancora quelle labbra
sulle sue e voleva ancora sentire quella sensazione sconosciuta,
provata durante il bacio precedente, alla quale non era riuscita a dare
un nome, presa com'era a godersi il contatto con lui. Ma questa volta
fece più attenzione a quella morsa nello stomaco, a
quell'illanguidirsi dei muscoli e quando si staccò da Kaname
sentì i propri occhi diventare rossi: quella sensazione era sete.
Lo fece stendere sotto di sé,
gli aprì il colletto della camicia, gli leccò il collo
con lentezza e poi affondò i canini, stringendosi a lui,
sentendosi stringere a sua volta.
Mentre gli ripuliva la ferita,
continuando a leccare quel collo tanto agognato, gli chiese se era solo
la sua sofferenza che lo aveva portato a decidere di risvegliarla.
Kaname rise, sapeva che Yuuki aveva già visto la risposta nel suo sangue.
“No...ti volevo...non riuscivo
più a trattenermi. Starti vicino diventava sempre più
difficile, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui
avrei ceduto al mio istinto e ti avrei presa.”
Kaname le accarezzava i capelli e poi le leccò il mento, per ripulirla dal sangue.
“Te l'ho detto, Yuuki, non sono
solo io quello crudele.... Lentamente, man mano che crescevi, hai fatto
in modo di farmi diventare la tua preda, lo sai?”
Yuuki rimase a bocca aperta, mai si
sarebbe aspettata delle simili parole da Kaname. E così anche
per lui era stata una sofferenza e una tortura così grande il
fatto di essere separati? Davvero lei era stata così crudele da
infliggergli così tanto dolore?
Sentì gli occhi riempirsi di
lacrime, si chinò su di lui e nascose il viso nell'incavo del
collo, nel vano tentativo di non farsi vedere mentre piangeva.
“No, Yuuki, ti prego, non
piangere. Non ha più senso, ormai, credimi. Ho fatto di tutto
per riportarti a casa, ho cercato di vegliare su di te meglio che
potevo, ho fatto del mio meglio perché la situazione fosse
sempre sotto controllo e tu non corressi pericoli, Yuuki. Adesso, ti
prego, ho solo bisogno di tenerti vicina, di sapere che sei
mia...”
Non smetteva di accarezzarle la testa,
di tenerla stretta vicino a sé e Yuuki non riusciva a staccarsi,
ad allontanarsi da quell'uomo che aveva annullato completamente la sua
vita per dieci lunghi anni solo per lei, per costruirle un mondo nel
quale potesse crescere felice, al riparo da ogni sofferenza.
Pianse ancora un po', godendosi
l'infinita tenerezza di Kaname, quella tenerezza che da sempre lo
contraddistingueva e che aveva preso il posto di quella passione e
lussuria sfrenata di poco prima.
“Kaname”, gli disse appena
riuscì a calmarsi un po', “hai ragione, sono stata
crudele. Ti ho condannato a dieci anni di solitudine, per colpa mia ti
sei isolato da tutti, anche dai tuoi amici...”
“No, sono loro che non hanno mai
potuto competere con te..., non hanno mai capito quanto realmente fossi
importante per me, reputavano il mio attaccamento a te solo il bizzarro
desiderio di un altezzoso sangue puro annoiato, non hanno mai capito la
profondità e la purezza dei miei sentimenti per te...”
“Aidoh sì, però...”
“E' vero, Aidoh sì, è stato l'unico che mi ha capito.”
“E' stato l'unico che hai lasciato avvicinare...”
“Sì, è stato
l'unico che ho lasciato avvicinare a me e a te. Temevo che gli altri ti
avrebbero contaminato, sporcato...”
Mentre parlava, Kaname lasciava che le
sue mani vagassero sul corpo di Yuuki, e lei non opponeva resistenza,
si faceva accarezzare sapendo che anche quello era un modo per
conoscersi, per accorciare quella distanza che ancora li separava, e
poi era una sensazione così bella, così appagante.
Kaname si accorse che Yuuki era
distratta, la chiamò sorridendo, e si tirò su sui gomiti,
chiedendole a cosa stesse pensando, e lei arrossendo ammise che non
stava pensando a nulla, ma che non riusciva ad ascoltarlo perché
le sue mani continuavano a distrarla.
Il vampiro si gettò ridendo sul
cuscino e Yuuki si mise in ginocchio, mordicchiandosi un'unghia,
arrossendo ancor di più ma sorridendo alla vista di un Kaname
sereno, felice e perdendosi in quel sorriso meraviglioso che purtroppo
vedeva sempre così di rado.
Persa nella contemplazione non si
accorse che lui la tirò giù, facendola stendere vicino a
sé, fianco a fianco e, senza smettere di fissarla, aveva
cominciato a far scendere una mano lungo il fianco, lentamente, sempre
più giù, lungo una coscia, per poi spostarla davanti per
farla risalire altrettanto lentamente, sfiorando punti proibiti che la
fecero sobbalzare.
Il fiato corto per l'eccitazione, le
guance in fiamme, Yuuki aveva la tentazione di chiudere gli occhi, ma
Kaname glielo impedì.
“Guardami, Yuuki, non chiudere gli occhi.”
E lei non riuscì a non obbedirgli, soggiogata all'incantesimo di quelle iridi cremisi così profonde.
Kaname si avvicinò a lei, i
loro corpi attaccati, le loro mani intrecciate e i loro visi vicini, a
sfiorarsi reciprocamente, ad accarezzarsi con il naso, ad avvicinare le
labbra senza però toccarsi.
“Io ti voglio, Yuuki, ma so che
non sei pronta. E' tutto troppo confuso per te...se andassi avanti,
rischierei solo di farti un male tale che non riusciresti mai a
perdonarmi, e mi allontaneresti da te per sempre.”
Yuuki sapeva che ciò che Kaname
le stava dicendo era vero, però anelava lo stesso contatto che
voleva lui, e respingerlo le sembrava un'ulteriore crudeltà.
“Kaname...io...ti voglio...ma ho paura...hai ragione...forse...”
“Piccola Yuuki, abbiamo tutta
l'eternità, non ho fretta, anche se devo fare appello a tutto il
mio autocontrollo per lasciarti, adesso.”
Yuuki si aggrappò a lui e lo tirò ancora di più verso di sé, non voleva che la lasciasse.
“Kaname, non te ne andare. Fammi
sentire ancora quelle mani che amo tanto, ti prego. Siamo stati
separati per così tanto tempo che adesso sento anche io il
bisogno di te. Ci siamo volontariamente imprigionati in questa gabbia
dorata, in compagnia dei nostri errori e dei nostri peccati. Te l'ho
detto prima, appena arrivati in questa casa, Kaname, io amo le tue mani
e anche se sono sudice come dici, voglio continuare a sentirle su di
me, voglio che mi contamini con tutto quello che sei, perché sei
tu, e io non voglio altro che te.”
E come era successo poche ore prima,
quando Yuuki lo aveva afferrato impedendogli di scappare, anche in quel
momento Kaname si gettò su di lei, imprigionandole le labbra in
un bacio rovente, mentre con una mano avvicinò i fianchi di lei
ai suoi, intrecciando una gamba alla sua, impedendole di allontanarsi e
regalandole tutte le carezze che lei voleva, che lei chiedeva, che lei
accettava contraccambiando con timido pudore, infiammandosi sempre di
più man mano che approfondiva la conoscenza con lo sconosciuto
corpo di lui.
Lentamente Kaname si riportò a gattoni sopra di lei, e si staccò dalle sue labbra per guardarla nuovamente.
“La buffa neonata che ha fatto
iniziare la mia vita ha lasciato il posto ad una donna che sta
sbocciando, una donna che adesso è qui con me, emozionata,
confusa, eccitata...”, le disse guardandola negli occhi, mentre
lei gli afferrava le spalle per riportarlo vicino a sé.
“Lasciati inghiottire dalle
tenebre della nostra vita notturna, Yuuki, lasciati trascinare a
fondo...da me...”, sussurrò al suo orecchio, lasciando
scivolare una mano verso il suo seno, senza trovare ostacoli ad
interrompere il percorso, mentre sentiva Yuuki stringere le braccia
attorno alle sue spalle sospirando, mentre sentiva le gambe di lei
arpionargli saldamente i fianchi, approfondendo troppo audacemente il
contatto tra i loro bacini.
“Lasciati andare...non lo
saprà nessuno...sarà il nostro segreto”,
sussurrò, mentre i suoi canini affondarono nel bianco collo di
Yuuki.