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Autore: samek    16/03/2011    3 recensioni
Castiel viene strappato dal suo tramite e ha bisogno dell’aiuto di Dean per recuperarlo. Per parlare con lui, però, gli serve un altro corpo e sembra che l’unico disponibile sia quello della piccola Claire Novak.
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
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L’aria era tanto piena di vapore da essere quasi irrespirabile e lo scroscio della doccia riempiva la stanza, a malapena soffocato dalle parole di una canzone

Fandom: Supernatural.

Pairing: Castiel/Dean.

Altri personaggi: Claire Novak, Jimmy Novak, Sam Winchester.

Rating: Pg13.

Genere: Angst, Comico, Introspettivo, Romantico.

Warning: Fluff, Slash, Spoiler!.

Words: 6046 (fiumidiparole).

Summary: Castiel viene strappato dal suo tramite e ha bisogno dell’aiuto di Dean per recuperarlo. Per parlare con lui, però, gli serve un altro corpo e sembra che l’unico disponibile sia quello della piccola Claire Novak.

Note: Scritta sul prompt 07. “Se questo è il tuo volere, non aprirò più bocca”, preso dal mio set di syllablesoftime e per la quinta settimana della COW-T di fiumidiparole e maridichallenge, Team Maghi – Missione 2: Fluff.

Il titolo della fic è quello della bellissima ed omonima canzone dei Bon Jovi, da cui è tratta anche la strofa tradotta che fa da introduzione alla storia.

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

 

I Am

 

Non ho nessuna aureola appesa alla mia testa
non ti giudicherò, sono qui solo per amarti
sono io, sono io
.

 

L’aria era tanto piena di vapore da essere quasi irrespirabile e lo scroscio della doccia riempiva la stanza, a malapena soffocato dalle parole di una canzone. Canticchiando Ramble On, Dean chiuse la manopola dell’acqua e scostò la tenda di plastica, sgocciolando sul tappeto mentre si avvolgeva un asciugamano attorno ai fianchi.[1] Aprì la porta del bagno per tornare in camera da letto, chiudendo le palpebre mentre con le dita suonava una chitarra immaginaria, ma le spalancò subito dopo, quando qualcuno lo interruppe.

«Ciao, Dean» lo salutò una voce squillante.

Lui strabuzzò gli occhi, portando istintivamente una mano a stringere meglio la stoffa che nascondeva le sue parti più intime. Davanti a lui c’era una ragazzina bionda dall’aria familiare, apparsa – a quanto pareva – dal nulla, visto che la porta era chiusa a chiave e non l’aveva sentita aprirsi.

Ci mise qualche secondo a fare mente locale e ricordare dove l’avesse già vista, poi la riconobbe: era Claire Novak, la figlia di Jimmy, il tramite di Castiel. Solo in quel momento il cacciatore si rese conto che la piccola l’aveva salutato in modo alquanto distintivo e lo stava osservando con la testa inclinata da un lato, in maniera inquietantemente riconoscibile.

«Cas?» replicò incredulo e dubbioso.

«Ho bisogno del tuo aiuto» rispose lui – lei – confermando i suoi sospetti.

«Cosa… cosa diavolo ci fai nel corpo di una bambina?!» esclamò stralunato.

«È proprio questo il problema, Dean. Devo ritrovare Jimmy» cominciò l’angelo, ma lui lo interruppe.

«Okay, andiamo con ordine. Ora mi vesto, poi mi spieghi» decise. «Ti volti per favore?»

«Perché?» chiese Castiel perplesso, inclinando di nuovo il capo.

«Perché sei nel corpo di una ragazzina che non dovrebbe vedere un uomo nudo per almeno un’altra mezza dozzina d’anni» rispose esasperato «Probabilmente anche per una decina, se dipendesse dal volere di suo padre. E so che è cosciente, anche se la stai occupando, quindi girati. E copriti gli occhi, Cristo!» aggiunse imbarazzato.

Cas alzò le mani in un gesto di resa, con l’aria di star assecondando una questione davvero stupida, ma si voltò e si posò anche un palmo sugli occhi. Dean ne approfittò subito per afferrare un paio di boxer ed infilarseli sotto l’asciugamano, poi iniziò a vestirsi con rapidità.

«Possiamo riprendere il discorso, ora?» propose intanto l’angelo, dandogli ancora le spalle.

Lui ne approfittò per osservarlo – osservarla: nonostante fosse inverno inoltrato e fuori nevicasse, non indossava alcun cappotto, ma solo un vestitino di lana blu cobalto sopra dei leggings neri, abbinati ad un paio stivaletti verde petrolio. Le forcine che le fermavano i capelli erano dello stesso colore delle scarpe e, nel complesso, era piuttosto… graziosa.

Senza riuscire a controllarsi, il maggiore dei Winchester cominciò a ridacchiare, iniziando ad essere solleticato dall’ironia della situazione, ora che non era più nudo. «Oh, sei davvero carina, Cas» sghignazzò, attirando la sua attenzione.

Lui – lei – si voltò con un espressione curiosa dipinta sul visetto pallido. «Cosa ci trovi di tanto divertente?» lo interrogò.

«Ma scherzi? Sei nel corpo di una mocciosa, amico» gli fece notare, ma l’angelo continuò a non capire.

In quel momento, la porta della camera del motel di aprì e Sam rientrò con un sacchetto di cibo in mano. Si bloccò non appena si accorse della ragazzina, accigliandosi perplesso e, dopo pochi secondi, la sua fronte si spianò mentre sgranava gli occhi. «Castiel?» domandò con lo stesso tono allibito che aveva avuto il fratello maggiore.

«Non capisco tutto questo stupore, ma suppongo che avrei dovuto immaginarlo. È proprio il motivo per il quale ho scelto il corpo di Jimmy per rapportarmi con voi» replicò, rispondendo implicitamente all’interrogativo.

«Non è adorabile?» ironizzò Dean, all’indirizzo del fratello minore.

Questi gli scoccò un’occhiata di rimprovero, prima di rivolgersi ancora all’angelo: «Cos’è successo a Jimmy?»

«Raphael è riuscito a strapparmi via dal suo corpo. L’ha fatto per rallentarmi, ovviamente. Ma il problema non è questo, potrei rientrare nel mio tramite in qualunque momento, solo che – mentre lottavo contro mio fratello – Jimmy è stato catturato da un demone» spiegò con urgenza. «Per questo ho dovuto rivolgermi a Claire. Lei ha accettato di aiutarmi per ritrovare suo padre».

«Catturato da un demone? È stato posseduto?» domandò il maggiore dei Winchester, ritrovando uno sprazzo di serietà.

«No, lo sentirei se fosse così. Purtroppo temo gli riserveranno qualcosa di peggio» rispose cupo.

«Torture» dedusse Dean e Castiel annuì.

«L’hanno preso per cercare di strappargli più informazioni possibili» concluse.

«Quanto può sapere?» replicò Sam.

«Non ne ho idea. Essere il tramite di un angelo è diverso dall’essere posseduto da un demone. Tu dovresti saperlo» rispose lui… Lei.

Il più giovane si morse un labbro e Dean passò uno sguardo interrogativo dall’uno all’altro. «Che intende dire?» chiese al fratello.

«Uhm… ricordi quando Jimmy disse che avere un angelo dentro di sé, è come essere incatenati ad una stella cometa? Be’, aveva ragione. Essere posseduto da un demone è terribile, perché ti trovi in conflitto con lui e sei cosciente di tutte le cose orribili che fa, ma non puoi lottare» iniziò a spiegare «Avere un angelo dentro e più… doloroso, in un certo senso. Non c’è ragione di combattere, perché l’hai accettato tu, ma è come essere legato a qualcuno che sta andando a fuoco. L’essenza di un angelo è incandescente e tu ne senti il calore, ma non bruci per davvero e questo ti distrae, ti… assorda. Vedi attraverso i suoi occhi, ma non sei veramente cosciente».

Dean rabbrividì visibilmente, felice di essersela scampata. Fanculo a Michael e grazie tante al libero arbitrio. «Non abbiamo molto tempo» asserì riscuotendosi. «Finché riuscirà a resistere ed a far credere loro di avere delle informazioni, Jimmy resterà vivo. E speriamo che il demone che l’ha preso non sia un tipo fantasioso» confidava abbastanza sul fatto che il tramite di Castiel avesse una buona resistenza al dolore, visto tutto ciò che aveva subito, ma ora era di nuovo – e soltanto – umano, non si sarebbe rigenerato finché l’angelo non fosse tornato dentro di lui, il che voleva dire che era molto più fragile.

«Aspetta un attimo» intervenne Sam «Non capisco. Perché hai bisogno del nostro aiuto? Va bene, sei nel corpo di una ragazzina, ma dovresti essere comunque abbastanza potente da rispedire all’Inferno quei bastardi, no?»

Castiel gli scoccò uno sguardo che sembrava dire “con chi credi di aver a che fare?”, che sul visetto bianco di quella biondina faceva un’impressione davvero bizzarra. «Il problema non sono i miei poteri, Samuel. Potrei esorcizzarli tutti senza venire a disturbarvi, se solo non avessero chiuso l’edificio con sigilli enochiani. Non posso entrare ed avevo bisogno di un corpo per comunicare con voi. Non ho avuto altra scelta che rivolgermi a Claire».

I Winchester si scambiarono uno sguardo d’intesa, comunicando senza parole. Erano in quella città perché stavano seguendo un caso, ovviamente, e non lo avevano ancora portato a termine.

«Vai con lui, Dean. Posso occuparmi io di questa faccenda» asserì il più giovane.

«Ma…» cominciò l’altro.

«È solo un fantasma, non avrò problemi. È Cas ad avere bisogno di te, adesso» gli fece presente Sammy, fermandolo sul nascere.

«D’accordo» si arrese Dean.

L’angelo non intervenne, lasciando che si accordassero, poi si avvicinò al maggiore sollevando due dita per toccargli la fronte, ma non appena questi capì quali fossero le sue intenzioni gli – le – piantò una mano sulla testa, stendendo completamente il braccio e tenendolo – tenendola – a distanza di sicurezza.

«Uoh! Non ci provare, Barbie!» sbottò, approfittando slealmente della propria stazza.

Castiel sembrò sul punto di chiedergli chi fosse questa Barbie, ma preferì lasciar perdere per rivolgere la propria attenzione a questioni più pressanti. «Qual è il problema?»

«Il “problema” è che sono umano, Cas. Non sono fatto per svolazzare in giro, chiaro?»

La ragazzina si accigliò. «Il teletrasporto non da problemi gastrointestinali, a te fa quest’effetto perché hai paura di volare».

Sam per poco non scoppiò a ridere, mentre Dean rimase a bocca aperta. «Castiel non è un aeroplano, dubito che precipiterete» gli fece notare il fratello minore e l’altro gli gettò un’occhiataccia. 

«Se vuoi il mio aiuto, si fa a modo mio» replicò il maggiore dei Winchester all’indirizzo del loro angelo e quest’ultimo – ultima – si arrese, non potendo fare altrimenti.

Dean si affrettò a riempire la propria sacca con le cose che avrebbero potuto essergli più utili. «Prendi dalla macchina tutto ciò che ti può servire» consigliò a Sammy, che uscì per recuperare dal cofano quel che gli occorreva.

«Non hai preso una giacca?» chiese alla piccola, una volta che fu tutto pronto.

«Non ne ho bisogno e andavo di fretta» rispose spiccio Cas.

«Una ragazzina che gira senza soprabito sotto la neve è strana» gli fece presente l’amico.

«Finché sono nel suo corpo, non si ammalerà e non sentirà freddo» concluse l’angelo, come se quello fosse tutto ciò che contava, in barba a ciò che poteva pensare chiunque li avesse visti.

Il cacciatore rinunciò a fargli capire che avrebbe dovuto essere più prudente e preferì rivolgersi di nuovo al fratello. «Se ci fosse qualunque problema…» cominciò.

«Ti chiamerò» concluse Sam per lui, esasperato dal fatto che l’altro continuasse a trattarlo sempre come un moccioso. «Andate, su» gli diede una pacca sulla spalla per incoraggiarlo, poi si voltò a guardare Castiel. Sembrò soppesare la sua figuretta per qualche secondo, poi le si accostò e la strinse a sé. «Buona fortuna, Cas» gli augurò.

In un primo momento l’angelo rimase immobile, preso in contropiede, poi gli cinse il collo ricambiando l’abbraccio. «Pensavo lo considerassi un gesto imbarazzante» osservò perplesso. Era così minuscola, in confronto a lui, da sembrare una bambina tra le braccia del gigante buono.

«In questa forma è tutta un’altra cosa e… insomma, te lo dovevo» rispose imbarazzato, lasciandola andare, per poi incontrare lo sguardo stranito del fratello maggiore.

«Non credo di voler sapere a cosa vi riferiate» asserì quest’ultimo stralunato, prima di voltarsi e salire sull’Impala. «Allaccia la cintura» ordinò poi, quando Castiel si accomodò al suo fianco.

«Tu non lo fai mai e non mi hai mai chiesto di farlo, prima» ribatté questi in una vaga protesta.

«Prima non eri nel corpo di una mocciosa. Allacciala, non voglio essere costretto ad attaccare sul vetro posteriore l’adesivo “Bimbo a bordo”» rispose lui con sguardo severo.

«Sai che, seppure avessimo un incidente, non mi accadrebbe nulla, vero?» gli ricordò l’angelo, assecondando tuttavia il suo volere.

«Questo non impedirebbe alla polizia di fermarci e farci perdere tempo» gli fece notare di rimando il cacciatore e, a quel punto, Cas esaurì le recriminazioni.

Dean mise in moto e rimasero in silenzio per qualche minuto. Ogni tanto, senza poterne fare a meno, si voltava a guardare il compagno – compagna – di viaggio. Era così strano credere che lì dentro vi fosse Castiel. Razionalmente lo sapeva, ma crederlo era tutt’altra questione. Non solo perché quello era il corpo di una bambina, ma anche perché la piccola Claire era identica alla madre e non aveva quasi nulla del padre. Se non avesse saputo che la linea di sangue adatta ad accogliere Cas era quella di Jimmy, avrebbe quasi potuto pensare che non fosse davvero figlia sua.

Ormai si era abituato a pensare all’angelo nel corpo di un uomo, a vedersi osservare attraverso quegli incredibili occhi blu che, solo in parte, erano un pregio di Jimmy Novak; la loro intensità, infatti, era tutta dovuta all’essenza di Castiel.

«Allora,» esordì per rompere il silenzio «com’è stare nel corpo di una ragazzina?»

Due occhioni grigi e perplessi si posarono su di lui, diversi per colore, ma identici per profondità a quelli che conosceva tanto bene. «Stretto» rispose Cas, conciso come sempre.

L’amico ridacchiò, era convinto che non fosse l’unica cosa diversa dal tramite che occupava in precedenza, ma in effetti per lui – una volta aveva detto che la sua vera forma aveva approssimativamente le dimensioni del Chrysler Building, no? – doveva essere ancora più angusto.

La ragazzina allungò una mano ed accese la radio e lui la osservò sorpreso. «Da quando sai smanettare con quella?»

«Me l’ha suggerito Claire» rispose l’angelo.

Dean strabuzzò gli occhi. «Puoi sentirla?» chiese stupito.

«Certo che posso. Controllo spesso se l’anima del mio tramite sta bene, anche quando sono nel corpo di Jimmy» rispose, come se fosse ovvio.

«Uhm… non dovrebbe tipo essere distratta, o star soffrendo, o che so io?» continuò curioso.

«Voi umani, da piccoli, avete una capacità di adattamento maggiore. Jimmy, essendo adulto, ci ha messo più tempo ed è stato molto più difficile, per lui. All’inizio soffriva molto e pregava spesso, ora dorme per la maggior parte del tempo» spiegò, pigiando qualche bottone.

D’istinto, Dean gli – le – schiaffeggiò una mano. «Smettila» l’ammonì.

«Aveva detto anche che probabilmente ti avrebbe infastidito» ammise Castiel atono.

«Ma che mocciosa sveglia» ironizzò Dean, mordendo le parole tra i denti. «Allora perché te lo ha suggerito?»

«Secondo lei mi aiuterà a stare più a mio agio» riferì l’angelo, con l’aria di non comprendere lui stesso cosa volesse dire.

«È pure premurosa» considerò il cacciatore, inserendo una cassetta nel mangianastri. «Okay, Barbie, hai vinto tu» annunciò.

Passò forse una mezz’ora, poi Castiel cominciò a mugugnare qualcosa e Dean si voltò a guardarlo.

«Stai canticchiando?» chiese conferma incredulo.

L’interpellato – interpellata – gli rivolse un sguardo tra il colpevole ed il sorpreso, a quanto pare allibito lui stesso dallo star facendo una cosa così umana. «È Claire a farlo. Le da coraggio».

Il ragazzo scosse il capo, non riuscendo proprio a capacitarsi della situazione, era troppo bizzarra. «Be’, spero per te che non stia cantando qualcosa di Justin Bieber» si concesse una smorfia al solo pensiero.

«Non so di chi sia la canzone, ma fa più o meno così: We're just who we are, there's no pretending. It takes a while to learn to live in your own skin. Say a prayer, that we might find our happy ending. And if you're in, you know I'm in, I'm ready and I'm willing» citò, anche piuttosto intonato.

Riconoscendola, Dean riprese il ritornello con lui: «I Am, when you think that no-one needs you, sees you or believes you, no ones there to understand, I Am. I'll be there to be that someone, when you think that no one, is there to hold your hand. I Am» e continuarono a cantare insieme per un po’.[2]

Diamine, era da un pezzo che non faceva qualcosa del genere. L’ultima volta era stato con Sammy, anni prima.

«I Bon Jovi!» esclamò alla fine, soddisfatto. «Quantomeno la piccola ha buon gusto. Vi state divertendo voi due, lì dentro, eh?»

Castiel non rispose, si limitò a sorridere lievemente. All’improvviso, però, strizzò gli occhi e si premette le mani sulle tempie, come colpito da una fitta lancinante.

«Stai bene?» chiese Dean preoccupato, alternando lo sguardo tra lei e la strada. Purtroppo non c’era nemmeno una piazzola di sosta dove fermarsi.

«Possiamo accelerare, per favore?» replicò l’angelo, con uno sguardo sofferente.

Lui non era geneticamente portato per andare piano, quindi la velocità era già piuttosto sostenuta. «Che succede?» domandò, sempre più ansioso.

«È Jimmy. Sta urlando» spiegò conciso.

Linea telefonica sempre aperta fra angelo e tramite, ricordò in quel momento il cacciatore. «Cazzo» ringhiò, premendo il piede sull’acceleratore. «Puoi sentirlo?» Gli occhi disperati della ragazzina furono una risposta più che esplicita. «Anche lei?» chiese allora.

«Sì, e sta piangendo» confermò Castiel.

«Merda!» sbottò, dando un colpo al volante. «Siamo quasi arrivati» cercò di rassicurare entrambi, sia l’angelo che la bambina. «Cosa faremo una volta lì?» domandò per distrarli.

«L’edificio è coperto da sigilli enochiani. Se riuscirai a spezzarli potrò entrare con te, altrimenti dovrai vedertela da solo» asserì Cas.

«Hai idea di quanti demoni ci siano all’interno?» chiese allora il ragazzo.

«Almeno quattro di basso livello, più il capo» rispose la ragazzina.

«Splendido» ironizzò Dean, superando finalmente il cartello che annunciava l’ingresso in città.

 

*°*°*°*°*

 

Il nascondiglio dei demoni era un vecchio scannatoio abbandonato; davvero poco originale. Su ogni accesso era stato disegnato un simbolo enochiano ed il sangue rosso spiccava fin troppo vivido sulla tinta grigia delle porte e sui vetri impolverati delle finestre.

Lo sguardo di Castiel s’indurì fino a divenire duro come granito, assumendo il suo distintivo cipiglio da battaglia, che stonava terribilmente sul viso delicato di Claire.

«Hanno usato il sangue di Jimmy per tracciarli, posso sentirlo» gli notificò stringendo le labbra in una linea pallida e sottile. Ovviamente il sangue umano era l’unico che avrebbe funzionato, quello dei demoni non avrebbe avuto alcun effetto.

Dalla gola di Dean risalì un suono graffiante e selvaggio, pieno di rabbia. «Dimmi cosa fare» lo incoraggiò.

«Devi spezzare i sigilli con altro sangue. Dovrai usare il tuo, il mio non andrebbe bene» lo istruì l’angelo ed il ragazzo si affrettò e tagliarsi un palmo con un coltello e fare il giro dell’edificio per rompere tutti i sigilli.

«Bene» concluse a lavoro finito «Andiamo a fare il culo a quei figli di puttana».

Impaziente e dando l’ennesima prova del proprio potere, Castiel alzò una mano e spalancò l’ingresso principale facendo uso solo della propria mente, poi avanzò con calma e Dean lo seguì, armato soltanto d’acqua santa e del pugnale di Ruby.

La visione che si parò loro davanti era orrenda: Jimmy era appeso al soffitto per i polsi, uniti insieme e stretti da pesanti catenacci arrugginiti. I suoi piedi toccavano a malapena terra, cosicché era costretto a stare in bilico sulle punte per non stirarsi le braccia con il proprio stesso peso, e la sua fronte era ormai madida di sudore per lo sforzo. Il soprabito e la giacca che indossava sempre erano scomparsi e la camicia aperta lasciava vedere chiaramente il petto pallido coperto di tagli, lividi ed ustioni.

«Bene, bene, bene… cosa abbiamo qui?» ironizzò, quello che doveva essere il capo dei demoni, racchiuso nel corpo di un anonimo uomo di mezz’età. «Ti sei persa, Dorothy? Sei molto lontana dal Kansas» canzonò la bambina.[3]

Per tutta risposta, la fredda stanza si riempi dell’agghiacciante rumore di tuoni e fulmini, che fecero scuotere i ganci arrugginiti pendenti dal soffitto, mentre Castiel faceva mostra delle proprie ali. Dean non aveva ancora capito se fosse un modo per palesarsi o se succedesse senza che l’angelo lo volesse, quando era molto molto incazzato. E decisamente ora lo era.

Accadde tutto molto in fretta: la ragazzina camminò con passo sicuro verso il demone, senza quasi far caso agli altri scagnozzi che le si scagliarono addosso. Schivò la presa del primo che tentò di afferrarla e lo esorcizzò premendogli una mano sulla fronte, mentre Dean conficcava il pugnale nel petto di un altro. Il secondo demone, chiuso nel corpo di una donna, tentò di afferrarla per i capelli, ma Claire la rimise al proprio posto con un pugno al diaframma che la fece piegare in due dal dolore, poi l’afferrò per il collo, facendo fuori anche lei.

Allora il quarto, che stava attaccando il cacciatore, pensò bene di abbandonare la scena e fuggì via in volute di fumo nero, mentre l’angelo raggiungeva infine il boss dei cattivi, il quale ora pareva decisamente meno baldanzoso. Come suo solito, Cas non sprecò tempo a parlare, si limitò ad atterrarlo con un calcio volante degno di Chuck Norris o di Cameron Diaz, per poi rispedirlo all’Inferno per direttissima.

Dean rimase a godersi lo spettacolo a bocca aperta e, quando la ragazzina si rimise dritta, non riuscì a trattenersi: «Ehi, angelo, ti ha chiamato Charlie?» ironizzò, perché davvero aveva bisogno di una battuta per affrontare quella scena pazzesca.[4]

Lei inclinò il capo con sguardo perplesso. «Non conosco nessun Charlie» asserì, facendogli alzare gli occhi al cielo.

«Castiel…» esalò Jimmy in un rantolo sofferente.

«Ora ti libero» lo rassicurò lui, accostandosi all’uomo.

Il cacciatore si avvicinò per aiutarli e sostenne tra le braccia il corpo di Jimmy, mentre l’angelo rompeva le manette con il proprio potere, poi lo aiutarono a stendersi a terra. Dean individuò in un angolo del magazzino il resto dei suoi abiti e glieli drappeggiò addosso, e Cas lo toccò con gentilezza sul viso, scostandogli i capelli dalla fronte.

«Mi dispiace per il ritardo» asserì sincero.

«Castiel… mia figlia… come hai potuto?» replicò il suo legittimo tramite, incurante delle proprie condizioni.

L’interpellato abbassò colpevolmente il capo. «Non avevo altra scelta» rispose contrito.

«Avrei… avrei preferito morire» smozzicò Jimmy, voltando il capo per tossire un grumo di sangue.

«Non potevo permetterlo» rispose l’angelo, ora con un tono più duro. «Sta’ fermo» lo ammonì, prima di toccargli di nuovo la fronte e guarirlo completamente. Perfino i vestiti tornarono immacolati.

«Maledizione, Cas!» sbottò l’uomo, portandosi subito seduto. «Sì tratta sempre di te e della tua guerra, non è vero? Ma non avevi alcun diritto di prendere la mia bambina!»

«Sai che non avrei potuto, senza il suo consenso» gli ricordò l’interpellato.

«E so anche quanto tu sia bravo a convincere le persone, quando serve» sibilò Jimmy rabbioso.

«Sta bene, te lo assicuro. Anzi, reagisce molto meglio di quanto faccia tu, a dire il vero. La riaccompagnerò subito a casa, se mi consentirai di riprendere il tuo corpo» cercò di rassicurarlo l’angelo, senza rendersi conto che così non faceva altro che rendere l’uomo più furioso.

«Ehi, Cas» intervenne Dean, cercando di arginare l’insensibilità angelica di cui l’amico alato non si rendeva nemmeno conto di fare sfoggio. «Perché non lasci loro un minuto, uhm? Permetti alla piccola di riabbracciare suo padre, sono certo che poi Jimmy ti aiuterà di buon grado» propose, scambiando uno sguardo con quest’ultimo, che quasi non riusciva a credere in quell’aiuto insperato.

Castiel tentennò e, a quel punto, il suo tramite gli si rivolse accorato: «Ti prego, Cas. Me lo devi» gli ricordò in poco più di un sussurro.

«D’accordo» accettò questi con un sospiro. «Chiudi gli occhi» avvisò il cacciatore, prima di alzare lo sguardo al cielo.

Dean eseguì subito l’ordine e vide il nero del retro delle proprie palpebre incendiarsi di luce, quando l’angelo lasciò il corpo della ragazzina, illuminando la stanza come un piccolo sole. Gli parve di sentire l’aria sfrigolargli attorno, mentre qualcosa di simile ad un vento caldo lo accarezzava in un turbinio, facendogli rizzare i capelli sulla nuca come una pressione elettrica. Poi la luce diminuì.

«Papà!» esclamò la voce di Claire e la piccola si gettò tra le braccia di Jimmy.

Il ragazzo li osservò un momento, prima di allontanarsi di qualche passo per lasciare loro un po’ d’intimità.

«Claire! Tesoro, stai bene?» replicò subito il padre, stringendola a sé con preoccupazione convulsa.

«Sì, io sto benissimo, papà. E tu? Cas ti ha guarito, vero? Non prendertela con lui, era così preoccupato! E anche io… oh, papy!» sciorinò tutto d’un fiato, accoccolandosi contro di lui.

«Claire,» la richiamò lui, scostandola appena da sé per incontrare il suo sguardo «non puoi fidarti di Castiel. Lui non è come gli angeli di cui ci parlava Padre Louis. È pericoloso» cercò di spiegarle.

«Lo so, papà. Era già stato dentro di me, ricordi? Sapevo chi fosse, quando è venuto a chiedermi aiuto. Lui non è come i suoi fratelli, è… buono e mi ha tenuta al sicuro, davvero. E poi c’era Dean a proteggermi» controbatté convinta «Mi ha – ci ha – perfino obbligati ad allacciare la cintura, in macchina» gli raccontò, scoccando uno sguardo al cacciatore, con un tono che alle orecchie di quest’ultimo parve quasi canzonatorio. «E ha rimproverato Cas perché non aveva preso un cappotto» aggiunse divertita.

«Ehi! L’ho fatto perché una bambina senza giacca sotto la neve è strana, okay?» si sentì in dovere di ricordarle, punto sul vivo, e Claire ridacchiò graziosamente.

«Visto?» concluse la piccola all’indirizzo del padre, dimostrandogli che aveva ragione lei.

«Non è questo il punto, tesoro» le fece presente Jimmy. Era chiaro che sapesse che Castiel non era egoista e meschino come gli altri angeli, ma doveva essere difficile per lui non portargli rancore, visto che gli stava impedendo di vivere la propria vita.

«Lo so, e lo sa anche la mamma. Ma lui ha bisogno di te, papà. Noi riusciamo ad andare avanti perché sappiamo che, nonostante tutti i disastri e l’Apocalisse sempre alle porte, tu stai combattendo per salvarci. Castiel è un soldato e tu sei un eroe… un martire» ribatté la ragazzina, con una convinzione ed una maturità davvero fuori dal comune.

Il padre l’abbracciò con le lacrime agli occhi, rivolgendo a Dean e poi al cielo uno sguardo disperato. Il ragazzo fece lo stesso, chiedendosi dove fosse l’angelo in quel momento. Era tornato in Paradiso?

«È sopra di noi» rivelò Claire, interpretando la sua espressione.

«Sta tenendo le particelle della sua essenza disgregate come aria, per non ferirti gli occhi. Riunendole diverrebbe pura luce e ti accecherebbe» gli spiegò Jimmy; evidentemente entrambi riuscivano a vederlo, o a percepirlo, anche in quelle condizioni.

«È sempre molto attento nei tuoi confronti» gli fece notare la ragazzina con un sorriso tenero.

«Voglio che tu mi faccia una promessa» la richiamò il padre, afferrandola con fermezza per le spalle. «Se dovesse accadermi di nuovo qualcosa, qualunque cosa, e Castiel dovesse venire di nuovo da te, tu non lo aiuterai».

«Ma papà…» cercò di obiettare la piccola.

«Non lo farai» ripeté Jimmy in tono duro. «Promettimelo, Claire. Ne ho bisogno o non riuscirò ad andare avanti. È già abbastanza orribile sapere che non potrò mai vederti crescere, non posso sopportare il pensiero che anche tu venga privata della tua vita».

La ragazzina tirò su col naso ed annuì, sgranando gli occhi lucidi, prima di abbracciare di nuovo il genitore, smarrita. «Ti voglio bene, papà» mormorò contro il suo petto.

«Anch’io, tesoro. Anch’io» sussurrò lui, stringendola forte e lisciandole i capelli dorati.

Dean diede loro le spalle, sentendosi di troppo. Tutto quello non era giusto. “Non è affatto giusto, Cas” si disse tra sé, osservando il soffitto di lamiere. Di nuovo un mulinello caldo lo avvolse, facendolo rabbrividire e trasmettendogli, stavolta, un’intensa malinconia. Inquietante, a dir poco. Sospirò comunque, perché aveva capito il messaggio. “Scusa, so che non è colpa tua” pensò ancora.

«Temo sia arrivato il momento» constatò Jimmy, rimettendosi in piedi e cingendo le spalle della figlia con un braccio. «Dean, posso chiederti un favore?» cercò l’attenzione del cacciatore, che gli rivolse uno sguardo curioso.

«So di domandarti molto, ma… ogni tanto, potresti controllare che la mia famiglia stia bene? Castiel si prende cura di loro, però… sai com’è lui con le faccende umane» abbozzò un sorriso ed il ragazzo gli rispose con uno sbuffo divertito.

«Farò il possibile» gli assicurò, stringendogli la mano.

«Dean, mi dai il tuo numero?» esclamò Claire, tirando fuori un cellulare da chissà dove. Lui era certo che quel vestitino non avesse tasche… bah, misteri femminili!

«Non sei un po’ troppo giovane per questo?» ironizzò.

«No, sei tu ad essere troppo vecchio per me» rispose lei mordace, facendolo accigliare. «Per favore, almeno saprò chi cercare per assicurarmi che papà e Cas stiano bene» aggiunse poi in tono più mite.

«Sono diventato un dannata balia angelica» borbottò incredulo, prima di accontentarla. «Ehi, Barbie, vedi di non tartassarmi di SMS, eh!» l’apostrofò burbero.

«Prometto che non ne approfitterò» replicò lei, arricciando le labbra in una maniera che, invece, prometteva guai. Poi, scioccandolo del tutto, gli gettò le braccia collo. «Prenditi cura di loro, okay? E tratta bene Cas, lui vorrebbe essere “quel qualcuno” per te» gli sussurrò all’orecchio, riprendendo le parole della canzone che avevano cantato in macchina, prima di tornare dal padre.

Lui aggrottò la fronte, stordito dal sottinteso di quelle parole. Non poteva dire sul serio, giusto?

Jimmy alzò lo sguardo al cielo e prese un respiro profondo. «Sono pronto» annunciò, e la figlia lo strinse forte. «È meglio che tu chiuda gli occhi» consigliò a Dean, mentre ricambiava l’abbraccio, riscuotendolo da quelle elucubrazioni.

Il cacciatore eseguì subito ed una luce intensa riempì di nuovo la stanza. In pochi secondi tutto finì e, quando socchiuse le palpebre, l’uomo stava ancora abbracciando la piccola, ma il suo aspetto era decisamente diverso: più rigido, più stoico. Osservava la bambina con occhi intensi e pregni di cose non dette, e lei gli restituì uno sguardo lacrimoso.

«Oh, Cas… lo so» mormorò, senza staccarsi da lui.

«Io… la riaccompagno a casa» questi informò il suo protetto, rivolgendogli una breve occhiata e lui annuì.

«Ci vediamo più tardi» replicò a mo’ di saluto, e con un battito d’ali gli altri due scomparvero.

 

*°*°*°*°*

 

L’acqua scorreva in un vortice continuo, risucchiata dallo scarico del lavandino. Dean l’osservava assorto, con la mente immersa in tutt’altri pensieri ed il volto ancora striato di goccioline fresche. Lo immerse sotto il getto ancora una volta, prima di arraffare alla cieca un asciugamano e soffocarci il viso in mezzo.

Alla fine era rimasto in quella città per la notte, non era molto lontano dal motel in cui si trovava il fratello, ma si sentiva emotivamente prosciugato e non dormiva da… be’, un numero indecente di ore. Sam aveva già risolto il caso a cui stavano lavorando in precedenza e si sarebbero ricongiunti la mattina dopo. Per ora, tutto ciò a cui riusciva a pensare era stappare una birra e tuffarsi in un letto.

Ma quando abbassò la morbida spugna ed incrociò il proprio riflesso, un’imprecazione semi-soffocata gli sfuggì dalle labbra, scorgendo alle proprie spalle una sagoma familiare.

«Comincio a pensare che ti piaccia cogliermi in situazioni imbarazzanti, Cas» asserì infastidito, voltandosi per incontrare il suo sguardo.

L’angelo inclinò la testa perplesso, prima di far scorrere gli occhi su tutta la sua figura, soffermandosi un momento di troppo sulle gocce che gli colavano sulla gola per infilarsi nel collo della camicia. Il ragazzo deglutì a fatica, ricordando con disagio quello che Claire gli aveva sussurrato meno di un’ora prima.

Eppure, quando le iridi blu di Castiel tornarono ad incontrare le sue, Dean dimenticò tutto ciò a cui stava pensando in precedenza. Se lui si sentiva sfiancato, non c’erano parole adatte a descrivere quanto l’amico sembrasse esausto e sconfitto; con tutta probabilità, se fosse stato umano, non si sarebbe retto nemmeno in piedi.

«Volevo ringraziarti» esordì Cas «Per avermi aiutato e per… essere stato così disponibile con Jimmy e Claire».

Il cacciatore inarcò un sopracciglio, non era cosa di tutti i giorni ricevere la gratitudine di Castiel. Di solito non la esternava o, perlomeno, non lo faceva in modo così esplicito.

«È tutto okay» lo rassicurò. «Ci copriamo le spalle a vicenda, no?» domandò retorico. «Ora, pensi di potermi lasciare uscire dal bagno?» aggiunse, cercando di alleggerire la conversazione.

L’angelo annuì, ma quando lui gli si accostò, cercando di oltrepassare la porta di cui gli sbarrava il passaggio, non si mosse di un solo passo, continuando a fissare il pavimento.

Dean si schiarì la voce, cercando di attirare la sua attenzione. «Dovresti spostarti, sai?» gli fece presente e, quando ancora l’amico non si mosse, gli posò una mano sulla spalla, mormorando un flebile «Ehi…» d’incoraggiamento, mentre cercava il suo sguardo.

«Mi dispiace» asserì Castiel mesto e non sembrava riferirsi al fatto di essere in mezzo ai piedi.

Il ragazzo sospirò, non era a lui che avrebbe dovuto rivolgere quelle parole. «Immagino che la moglie di Jimmy non ti abbia proprio trattato con i guanti, uhm?» ipotizzò. «Le donne incazzate ed abbandonate sanno essere spaventose» concluse convinto. E lui di creature terrificanti ne conosceva parecchie.

«Ne aveva tutto il diritto» osservò l’altro.

«Sì, è vero» convenne lui e, nonostante fosse convinto di ciò che lui stesso aveva detto, l’angelo parve incupirsi un po’ di più.

«Ma…» continuò il suo protetto «Stammi a sentire, perché c’è un “ma”. La colpa non è tua, Cas. Cioè, sì, tecnicamente è tua, ma sei stato costretto dagli eventi e stai facendo il possibile per salvare la vita di tutti, non di una sola famiglia. Diamine, se non fosse per te forse nemmeno esisterebbe più un mondo in cui potrebbe vivere quella famiglia. Okay? Quindi smettila di fare il bambino, sei un soldato e hai appena spaccato il culo ad una combriccola di demoni, dovresti festeggiare!» cercò di riscuoterlo.

L’angelo abbozzò un sorriso e, finalmente, lui riuscì a superarlo e tornare in camera da letto. Prese due birre ghiacciate dal frigobar e le stappò entrambe, prima di porgerne una all’amico e lasciarsi cadere su di una delle due sedie accanto all’unico tavolo della stanza. Dopo qualche secondo, Cas fece lo stesso, accomodandosi con più controllo ed una certa intramontabile rigidità.

Dean l’osservò con attenzione, soppesandolo. Era di nuovo Castiel, il suo Castiel. Cristo, gli faceva ancora strano pensare che aveva parlato con lui tutta la sera attraverso il corpo di una mocciosa; era fin troppo facile dimenticare che l’uomo che aveva davanti era una creatura eterea e potente. Poteva essere così tangibile, così presente – quasi asfissiante, in un certo senso – così imbranato. E poi altre volte scompariva per settimane senza mai farsi vivo e ritornava tra i piedi nei momenti più imprevisti, gettandogli una di quelle rogne tra capo e collo, e mostrandogli quanto potesse essere pericoloso.

Diamine, forse lui non lo avrebbe mai compreso veramente – ed altre volte il fatto di capirlo con tanta semplicità lo spaventava a morte – ma ormai quello sfigato alato era parte della sua vita e non sapeva più farne a meno.

«Ehi, Cas» lo chiamò, «cosa intendeva dire Barbie?» lo interrogò, perché ormai doveva sapere, non poteva continuare a far finta di niente.

«A cosa ti riferisci?» replicò l’interpellato perplesso.

«A quello che mi ha sussurrato all’orecchio, prima di salutarmi» spiegò lui.

«Dean, sono etereo, non onnisciente» gli ricordò con una punta di divertimento.

Il ragazzo si accigliò, non sapendo bene se fosse il caso di continuare o meno. Forse poteva lasciare tutto così, permettersi di nascondere la testa sotto la sabbia ancora per un po’. Ma poi Castiel l’osservò con quegli occhi blu e curiosi, ora così gentili, e lui capitolò.

Deglutì a fatica, prendendo un lungo sorso di birra ed asciugandosi le labbra con il dorso di una mano, prima di rivelare: «Ha insinuato che tu provi dei sentimenti per me… che mi ami».

Oh, e quegli stessi occhi divennero enormi, quasi spaventati, prima di essere calamitati dal pavimento con irresistibile attrattiva.

«Intendeva dire che mi vuoi bene, no? Provi sicuramente dell’affetto nei miei confronti, non sei… innamorato, uhm?» aggiunse concitato, cercando di limitare i danni o forse d’ingannare se stesso, ma l’angelo non rispose e allora lui lo richiamò con durezza: «Cas?!»

«Cosa vuoi che ti risponda, Dean?» ribatté questi, scuotendo il capo ed evitando il suo sguardo, cosciente che la verità non gli sarebbe piaciuta.

«Niente, sta’ zitto!» sbottò questi, terrorizzato.

«Se questo è il tuo volere, non aprirò più bocca» sentenziò l’amico, e lui sentì un’improvvisa ondata di frustrazione ruggirgli nelle vene. Avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa, preferibilmente Castiel, ma non sarebbe servito a nulla. Cazzo, quanto odiava quel suo fare condiscendente!

Si alzò in piedi, cominciando a fare su e giù con rabbia, ma dopo un paio di minuti si fermò, piantandosi davanti a lui e fissando la sommità della sua testa ancora abbassata. «È vero?» sputò quasi come un’accusa.

«Ha importanza?» svicolò l’angelo, distogliendo lo sguardo per scrutare un interessante punto della parete spoglia.

«Mi prendi in giro?!» replicò il cacciatore iniziando ad incazzarsi sul serio, e finalmente gli occhi di Castiel tornarono sui suoi.

Aprì le braccia in un gesto impotente. «Tu sei un umano e ti piacciono le donne» asserì «Ed io…»

«Tu sei Cas» lo interruppe lui e, nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, si rese finalmente conto che nel corpo di un uomo, di una bambina, o perfino intangibile come aria, era sempre il suo Castiel. «Sei Cas» ripeté quasi con stupore e voce più sommessa, incorniciandogli il viso.

«Questo non sono io» sbuffò l’angelo, stropicciandosi il collo dell’impermeabile.

«Io ti ho visto» rispose allora Dean, mordendosi nervosamente un labbro. Posò un ginocchio a terra per essere sulla stessa linea del suo sguardo, poi continuò: «Ricordo l’Inferno e ricordo te. All’inizio non sapevo cosa tu fossi – vedevo solo luce, troppa luce – avevo paura che fossi l’ennesimo figlio di puttana venuto per farmi a pezzi. Ma ricordo i tuoi occhi…» rivelò «e sono blu, proprio come questi, anzi più blu».

E quegli stessi occhi ora erano spalancati, pieni di meraviglia. Poi l’angelo seguì l’istinto, gli posò una mano dietro la nuca attirandolo a sé e lo baciò, stropicciando la stoffa della sua camicia nell’altra mano, e – Dio! – stava piangendo e ridendo, e cercava le sue labbra come se non potesse più farne a meno.

Il ragazzo lo trattenne, cercando di rallentarlo. «Ehi, vacci piano, tigre» sussurrò, sfiorando con i pollici la traccia di barba sulla sua mascella, poi gli bisbigliò all’orecchio: «Perdonami, Jimmy» prima di catturare di nuovo la sua bocca, coinvolgendola in una bacio più affamato e più profondo.

«Non è qui» gli rivelò affannato Castiel, quando lui si scostò per riprendere fiato.

«Eh?» replicò molto acuto Dean, ormai con la testa da tutt’altra parte.

«Ho stretto un accordo con Jimmy» gli spiegò. «Non volevo che fosse ancora cosciente mentre combatto, che fosse costretto a sentirsi colpire, tagliare, sparare, esplodere… quindi l’ho lasciato in Paradiso. E potrà tornare nel suo corpo quando io non ne avrò più bisogno, se lo desidererà ancora. Lì sta bene o, perlomeno, molto meglio che incatenato a me».

«Ah… e quando il gatto non c’è i topi ballano, eh?» ironizzò il cacciatore, sollevato.

«Quali topi?» replicò Cas perplesso e Dean sorrise.

«Lascia perdere» sbuffò, prima di ricominciare a baciarlo.

 

 

FINE.

 

 



[1]. Led Zeppelin Ramble On.

[2]. «Siamo solo quelli che siamo, non c'è finzione. Ci vuole un po’ per imparare a vivere nella tua stessa pelle. Dì una preghiera, in modo che possiamo trovare il nostro lieto fine. E se tu ci sei dentro, sai che anche io ci sono, sono pronto e sono volenteroso».
«Sono io, quando tu pensi che nessuno ha bisogno di te, che ti guarda o che crede in te, che nessuno sia lì per capirti, sono io. Sarò lì per essere quel qualcuno, quando pensi che non ci sia nessuno lì per stringere le tue mani. Sono io.» (Bon Jovi – I Am).

[3]. Riferimento a “Il Mago di Oz, film del 1939 ispirato al libro omonimo, e alla celeberrima battuta di Dorothy, la protagonista: «Toto, ho l’impressione che non siamo più in Kansas».

[4]. Ovviamente si tratta di Charlie’s angels (anno 2000), trasposizione cinematografica del celeberrimo telefilm degli anni sessanta, in cui la detective Natalie – l’angelo biondo – è interpretato da Cameron Diaz.

   
 
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