4. Labbra
Il sole si
alzò tra gli
alti edifici londinesi. Draco, ancora sdraiato nel suo letto, sorrise.
Il sole
avrebbe sciolto quell’odiosa neve. Alzandosi,
sperò sinceramente che la sua
vita tornasse quella di un tempo. Dopo l’incontro con Potter
non aveva avuto un
attimo di pace. E soprattutto, per la prima volta in vita sua, non si
era
divertito ad una rimpatriata scolastica. Maledicendo i calzini che si
erano
dispersi in qualche meandro del letto, si alzò. Necessitava
di una doccia. E
probabilmente, se solo non avesse dovuto correre al lavorare, anche di
dormire
un po’ di più. Aveva passato tutta la settimana ad
evitare gli inviti morbosi
di Potter a cena ed a divertirsi nei pub londinesi più alla
moda. Avrebbe
scommesso il suo boccino sinistro che nessun uomo della Terra si era
mai
divertito quanto lui nell’ultima settimana. E tanti saluti a
Potter ed alle sue
lamentele amorose! Non fece in tempo ad infilarsi sotto
l’acqua calda della
doccia, che gli tornarono in mente strani flash. Il bel sorriso di
Potter mentre
lo osservava scacciare il cameriere, le sue lacrime mentre parlava di
Ginny,
l’abbraccio fraterno in
cui l’aveva
stretto quando l’aveva salutato sulla soglia di casa una
volta terminate la
festa e la tristezza… A
questo punto,
Malfoy, per la sua salute mentale, decise che probabilmente sarebbe
stato
meglio farsi una doccia fredda. Anzi gelida. Potter non aveva un bel sorriso. E, cosa ancora
più
importante, non aveva un bel paio di tette.
***
Sesso ed alcool.
Ecco
di cosa aveva bisogno anche quella notte. Voleva sentire le mani di una
donna
stringersi intorno alle sue deliziose parti intime, voleva sentire
l’eccitazione sfuggirgli dalla bocca sotto forma di gemiti
animaleschi, voleva
dimenticare ogni singolo giorno a cui erano legati orribili ricordi. La
pista
da ballo era gremita di gente. Tredicenni truccate si dimenavano
compresse nei
loro abiti con disgustose paillettes, fottuti gay si strusciavano ad
altri
fottuti gay senza pudore, donne dal viso avvizzito dal tempo e dal fumo
scrutavano qualche angolo remoto della sala, in attesa di essere
chiamate a dare
sfoggio del loro corpo in un ultimo ballo. Draco, in quel delirio di
corpi, si
muoveva appena, cercando di raggiungere in piano bar. Si sentiva un
idiota: non
era mai stato il tipo che affogava la disperazione
nell’alcool. L’avrebbe
volentieri affondata nel sesso, o meglio lui sarebbe voluto affondare
in un
prosperoso decolté.
- Ehi, Malfoy!
Qualcuno lo
stava
chiamando. Qualcuno stava praticamente urlando il suo nome al di sopra
della
massa informe di uomini e donne di dubbia sessualità. Si
voltò, instabile a
causa dell’alcool. E lì, in mezzo a fiumi di
alcool, di corpi sudati, di
sorrisi sbiaditi nascosti dietro maschere affamate di lussuria,
c’era Potter.
Il cuore di Malfoy perse un battito. Poi riprese a pulsare forte,
premeva senza
pietà all’altezza dello sterno.
- Potter-
biascicò
l’ex-Serpeverde, incredulo. Si passò una mano tra
i capelli e lasciò che Potter
si avvicinasse.
- Ti ho cercato
per
tutta la settimana.
La voce di
Potter era
rude. Quasi disgustata.
- Ero impegnato.
Malfoy si
nascose
invece dietro un tono glaciale. Non capiva perché, ma
sentiva il bisogno
irrazionale di prendere Potter e sbatterlo nella pista da ballo. Voleva
ballare
con lui. Dimenticare ogni freno inibitorio. Voleva mandare a quel paese
tette,
lavoro, lacrime, tristezza. E ciò non comportava
necessariamente il fatto che
fosse ormai passato all’altra sponda. Era su una barca alla
deriva. E lui
voleva remare verso la sponda giusta. Però quel maledetto
organo che sentiva battere
dentro spingeva dall’altra parte. Prepotente. Doloroso.
Lacerante. E quando
Potter si fece più vicino, lui lo prese rudemente per un
polso per spingerlo
tra quei corpi urlanti. E non ci furono più domande,
più indugi. Solo il
bisogno basilare di sentirlo vicino. Solo la voglia di dimenticare per
una
volta l’organo situato appena sotto la cintola che da anni
reclamava prepotentemente
donne a non finire.
***
Londra non era
mai
stata bella come quella sera. Le luci soffuse dei lampioni rilucevano
appena
dietro una pesante foschia. Gli alti palazzi svettavano inermi in un
cielo nero
e claustrofobico. C’era ancora una volta aria di neve. Malfoy
si accostò al
Tower Bridge, trattenendo a stento il vomito. Aveva ancora una volta
bevuto
troppo. Potter, accanto a lui, era pallido come un fantasma. Bere in
quel modo
spropositato non aveva giovato a nessuno dei due. Dopo pochi secondi,
il vomito
ebbe la meglio. E poi andò meglio.
- Potter,
toglimi una
curiosità. Perché eri in quel locale Babbano?
La voce di Draco
questa
volta era fievole ma incuriosita. Potter, cercando di spazzare via gli
ultimi
schizzi di vomito, sorrise.
- Avevo bisogno
di
divertirmi.
Malfoy
scoppiò in una
risata poco lusinghiera e gli diede una pacca sulla spalla. Potter, a
quel
gesto, sussultò. Malfoy non ritirò la mano, anzi
la fece scivolare intorno alle
spalle dell’altro. Da lontano potevano sembrare due allegri
fidanzatini che
stavano tubando con in sottofondo la loro melodia d’amore.
- Il
braccio…-
bisbigliò Potter, cercando di scansarsi.
Malfoy rimase
per un
attimo interdetto, poi lo ritirò. Ovviamente quello era un
rifiuto bello e
buono. L’ennesima prova del fatto che nessuno dei due era gay.
- Non voglio che
l’alcool ti faccia fare cose che da sobrio non faresti.
La spiegazione
di Potter
giunse puntuale come un orologio svizzero. Ed ancora più
immediata fu la
risposta di Draco.
- Potter? Taci.
E,
così dicendo, si
voltò nella sua direzione. A separarli c’era la
distanza di un respiro. Le loro
labbra erano a pochi centimetri. E, in quella Londra illuminata, sotto
la prima
neve che cadeva, le loro braccia si intrecciarono. Potter chiuse gli
occhi,
aspettando in silenzio l’inizio della sua dannazione. E
Malfoy, ormai privo di
ogni istinto razionale, gli sfiorò le labbra con un dito. Si
arrestò, a pochi
millimetri dal bacio. Quell’attimo di esitazione, in cui
miliardi di tette
parvero scorrergli davanti agli occhi, fu quasi fatale. Un gufo si
fiondò tra
di loro, nel momento esatto in cui Draco aveva ripreso coraggio.
Sussultando,
si allontanarono. Potter si avvicinò al gufo, senza
proferire parola. Lesse in
fretta un biglietto scarabocchiato velocemente e lo lasciò
cadere nel vuoto.
Atterrò sul marciapiede spruzzato appena di neve. Draco lo
raccolse, cogliendo
un segnale di allarme negli occhi vitrei ed immobili di Potter.
L’inchiostro
non lasciava scampo. Vi erano una manciata di parole.
“Ron
sta malissimo.
Corri al San Mungo. Hermione”.
Ed
all’improvviso,
anche quella notte perse senso.