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Autore: SognatriceCullen_182    16/03/2011    1 recensioni
Breve one-shot sui pensieri e i sentimenti che può aver provato Taylor prima di scrivere l'omonima canzone.
Sì, è sul tristanzuolo xD
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If it was a Movie If it was a movie.


Una ragazza dai lunghi capelli ricci e biondi, raccolti in uno chignon disordinato, preme un tasto rosso sul telecomando, facendo spegnere così la piccola televisione davanti a sé in un lampo.
-Mamma, scusami, vado un attimo in camera.-
Sul viso dai lineamenti delicati, un sorriso leggero. 
La donna con lei nella stanza si volta, distraendosi un momento dal suo lavoro di lavaggio dei piatti, e le rivolge un grosso sorriso. -Allora ti saluto, tesoro, io tra dieci minuti esco.-
La ragazza annuisce, sempre con quel sorriso un po' fragile. Si volta, sale le scale, apre una porta. Si butta sul letto.
Non è possibile star così male.
No, non è possibile. Non dopo sei mesi. Non dopo tutto questo tempo.
Chiude gli occhi, strizzandoli quasi fra loro.
Quante bugie! Quante bugie! Avrebbe bruciato quello stupido film. Lui che non solo fa la proposta di matrimonio a una ragazza, ma in più se la sente accettare.. E nello stesso pomeriggio lei scappa, sentendosi affogare nelle responsabilità e lo lascia solo come un cane. Lui ci rimane teoricamente malissimo, però poi di fatto la sera è su un aereo per andare dalla sua migliore amica, che capisce essere l'unica donna che ama davvero.
Una lacrima sfugge dalla barriera delle palpebre, finendo direttamente sul cuscino.
Bu. Gi. E.
Non è vero che dopo che la ragazza con cui stavi ti lascia tu sei subito pronto a buttarti fra le braccia della migliore amica. Non è vero. Dopo nemmeno un giorno, poi! Lei, Taylor, non era nemmeno innamorata di lui. Sa perfettamente cos'è l'amore, l'ha già provato sulla sua pelle, e non era quello. Certo, lui stava diventando aria, per lei, ma si frequentavano da troppo poco per poter davvero dire di amarsi..
Si rivolta nel letto, mettendosi a pancia in su, le braccia spalancate sul copripiumone.
Smettila di piangere, sei ridicola. E se ti vedesse adesso?
Già, se la vedesse adesso? Vedrebbe la stessa ragazza di Teardrops on My Guitar? Stesa sul letto senza un capello fuori posto, e i glitter agli occhi? No, chiaro che no. I suoi fan non lo sanno, ma gli occhi le si arrossano velocissimamente, quando piange. Le ciglia si uniscono fra loro, e il suo sguardo diventa ancora più piccolo di quanto non sia già.
Si morde un labbro. Dovrebbe smetterla di pensare a cosa lui penserebbe di lei se la vedesse. Perché lui non la vedrà. Perché lui non tornerà.
Perché mi troverebbe patetica, e sarebbe contento di essersene andato.
Non se ne è andato proprio per questo? Perché lei si stava attaccando troppo a lui? E adesso non vorrà mica farsi vedere che dopo sei mesi ancora ci piange su, come una bambina! Basta un film romantico a farle aprire i rubinetti, che tristezza.
E' impietosa, Taylor, prova quasi un piacere perverso nel fustigarsi a questo modo, nell'auto flagellazione. Ma non basta. Si sistema meglio sul letto, poggiando la testa sulla testiera, piegando le gambe in un certo modo. Guarda il copripiumone. Se lo ricorda, lui, di quando lei era seduta così, fra le braccia di lui? Era lo stesso, dovrebbe ricordarlo. E' importante che se lo ricordi! Così che lei non sia l'unica a portarsi dietro quei ricordi. Lui di sicuro li ha lasciati alle spalle, come ha lasciato alle spalle anche lei.
Essere famosa in tutto il mondo ogni tanto non serve proprio a niente. Non per questo i ragazzi ti lasciano di meno. Non per questo lui ti ama di più.
Le lacrime continuano a scendere, mentre a cento chilometri da lei una porta sbatte. Sua madre è uscita.
No, non è proprio possibile star così male.
Mi sto spezzando in due.
La sensazione è proprio quella. Come se non potesse reggere ancora un minuto.
Non è nemmeno vagamente triste come quando avevano discusso e lui le aveva detto che il loro appuntamento saltava. Allora se lo sentiva, dentro, che sarebbe passato tutto. Ora, dopo sei mesi, è passata anche quella speranza. Non tornerà. Ne ha avuto in abbondanza, di tempo, e non l'ha fatto. Non l'ha fatto.
Lancia un'occhiata al telefono. Aveva già organizzato un'uscita con i suoi migliori amici, per quella volta. Così non avrebbe pensato al litigio eccetera. E poi lui le aveva scritto, avevano iniziato, cauti, a scambiarsi qualche messaggio. Nessuno dei due se la sentiva di cedere. Naturalmente.
Poi lei gli aveva buttato lì un accenno sul fatto che nel pomeriggio sarebbe andata da Abigail, e poi forse da Forever 21, il suo negozio preferito. Pioveva. Era tutto così in linea con il suo umore.. Poi il telefono era stato silenzioso per un po'.
Bzz, bzzz. Bzz, bzzz.
Si era voltata, l'aveva afferrato. Aveva aperto il messaggio. "E allora io cosa ci faccio a fare sotto la pioggia, scusa?"
Era scoppiata a ridere, dal nulla era spuntato quel pallone d'aria che le gonfiava il petto tutte le volte che sentiva di morire di felicità. "Sei venuto!" aveva scritto. Come se in fondo se lo aspettasse. Forse era così.
Era uscita di casa, senza trucco, con le pantofole ai piedi. Aveva spalancato la porta, e lui era apparso. Sotto l'ombrello, quel sorriso un po' storto, felice ma sempre un po' contenuto, come se non fosse concesso mostrare troppo la propria felicità. E invece lo era, felice.
Lei gli era corso incontro, lo aveva abbracciato stretto. Quando lo vedeva, semplicemente non riusciva a smettere di sorridere. Lui la prendeva sempre in giro.
"Dai, entriamo, mi sto gelando".
Lei gli aveva preso la mano, lo aveva condotto dentro.  Su per le scale, sul letto di lei. Si erano abbracciati. lei aveva inspirato così forte il profumo di lui! Ogni volta era più buono - ogni volta sentiva di non poterne più fare a meno. E come un'anima che è stata a lungo in pena, lei si era sentita finalmente a casa.

Gli occhi ora erano asciutti. L'azzurro cupo dei suoi occhi è comunque più malinconico che mai. Afferra il telefono, controlla se ci sono messaggi. Naturalmente no.
Lo ributta sul comodino, detestando quello stupido apparecchio.
Ero così felice.
Le stesse parole che d'altronde aveva detto a lui, quando l'aveva lasciata. Non ce l'aveva fatta, Taylor, le lacrime avevano fatto di testa loro - proprio come avevano appena fatto adesso. Era stata in silenzio, odiando sentire la propria voce tremare.
Lui le aveva detto di non fare così. Lei non aveva la minima intenzione di farlo sentire meno in colpa. Avrebbe potuto dirgli qualcosa, sì, avrebbe potuto. Chiedergli perché, dirgli che era un bastardo, rifilargli tutte le frasi che si dicono di solito a colui che rompe la bolla di felicità nella quale ti eri immersa - anzi: colui che era la causa, di quella bolla.
Ma non l'aveva fatto. Sempre per la solita paura di sentirsi dire che era "come le altre". Non gli avrebbe detto cose che si era già sentito dire. Lei non era "le altre". Davvero non può assicurarsi che lui si ricordi per sempre come farà lei? Che pensiero detestabile.
L'aveva solo guardato, con infinita tristezza, e poi aveva bisbigliato: "Ero così felice."
Basta, poi non era riuscita a fare altro. Si era voltata, era andata a casa. Lui non l'aveva chiamata indietro. Non l'aveva trattenuta. Si era sentito in colpa? Era dispiaciuto? Per quanto tempo i ricordi l'hanno assillato nel sonno? Per quanto tempo ha aspirato forte il profumo della sciarpa che lei aveva dimenticato da lui l'ultima volta? Ne ha mai sentito la mancanza? Di lei, del suo profumo che diceva amare tanto, del suono della sua risata?

Taylor si alza dal letto. Fuori la luce è azzurrina, saranno le sei. Possibile che si sia addormentata?
Come in trance, si alza e va alla scrivania, ignorando il grosso riflesso che le restituisce lo specchio da star, di quelli che ha sempre amato da piccola e che ora possiede.
Afferra una matita di legno, dalla punta arrotondata da diversi utilizzi ma ancora dal tratto preciso. Un foglio bianco.
E mentre scrive un'altra canzone, cerca di ignorare le lacrime che ancora riprendono a scendere - quando si inizia è difficile smettere.


Come back, come back, come back to me like
You would, you would if this was a movie
Stand in the rain outside 'till I came out.

Chissà se lui la sentirà. Chissà se la riterrà ossessiva, chissà se riderà di lei.

Come back, come back, come back to me like
You could, you could if you just said you're sorry
I know that we could work it out somehow

Chissà se sentirà una fitta al petto. Chissà se rimpiangerà i momenti con lei. Chissà se penserà di averle voluto bene.
Una lacrima scende, mentre nel suo solito corsivo arricciolato scrive un'ultima frase ancora.

But if this was a movie you'd be here by now.

E invece non ci sei.


*****


Ciao :)
Tanto per cominciare, grazie di aver letto fin qui. Quando non scrivi da tanto tempo, tornare su un sito e trovare tutte le proprie vecchie storie - soprattutto quelle che non ho mai completato, che ho lasciato a metà deludendo me stessa per prima e tutte le persone meravigliose che le seguivano - si ha sempre una certa inquietudine. Ti chiedi se qualcuno la leggerà, la tua one-shot depressa, ti chiedi se a qualcuno ricorderà qualcosa del proprio passato, ti chiedi se sarà troppo personale o se sarà credibile che la protagonista abbia avuto questo tipo di pensieri.
Non è un tipo di FF che punta alla fama, questa. Non è su Edward e Bella, né su Draco e Hermione. E' su una cantante che qua in Italia non è nemmeno apprezzata come dovrebbe, e che io amo per il modo in cui riesce a leggermi dentro.
In effetti, questa canzone ha molto peso per me. Ma non per questo dovete trattenervi dal darmi consigli e suggerimenti, anzi!.. Vi supplico, scriveteli.
Un bacio a tutti.
Grazie ancora <3

Marta
  
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